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LaSicilia non si era mossa, nel 1860. O, se si mosse, dove si mosse,non fu certo nel senso unitario voluto dai piemontesi. Fu perproclamare una Sicilia indipendente, repubblicana, nella quale lapovera gente potesse vivere in pace senza essere sfruttata danessuno. Ma questi movimenti non potevano piacere. E così, primaancora che terminasse il 1860, Bixio, mandato da Garibaldi, dovettecorrere a Bronte e in molti altri paesi, con truppe non siciliane,per domare la vera, autentica rivoluzione siciliana che incominciava.A Bronte fece fucilare cinque persone. Altrove, di più. Imposetaglie e multe alla popolazione, che cercò di atterrire in tutti imodi. “Missione maledetta (confessò più tardi lo stesso Bixio)alla quale un uomo della mia natura non dovrebbe mai esseremandato!”. Poi gli italiani scesero in Sicilia. Luogotenenti,Commissari civili, stati d’assedio e altre misure eccezionaliimperversarono in Sicilia a partire dall’unificazione.
Il primostato d’assedio fu proclamato in Sicilia nel 1862; ed esso, comedisse Crispi, lasciò terribili tracce. Nell’anno seguente, si ebbedi fatto il secondo stato d’assedio con la missione del generaleGovone il quale apertamente violò le leggi dello Stato.
Sotto ilgenerale Govone, per combattere i renitenti alla leva, i Comunisiciliani venivano cinti da cordoni militari o presi addiritturad’assalto; senza mandato di cattura venivano arrestati sindaci econsiglieri comunali; venivano presi ostaggi, comprese le donneincinte, una delle quali (Benedetta Rini, di Alcamo), quasi altermine della gravidanza, morì in carcere dopo quattro giorni diconvulsioni. Fu persino applicata la pena dell’acqua! E quantiinnocenti furono martoriati! Un disgraziato operaio, AntonioCappello, sordomuto dalla nascita, venne sottoposto alla torturanell’Ospedale Militare di Palermo, come se fingesse d’esser mutoe sordo per sottrarsi al servizio militare: sul suo cadavere sipoterono contare 154 bruciature fatte col ferro rovente! Tutti questisono fatti. Fatti documentati. Basta sfogliare il libro diZingali:“Liberalismo e fascismo nel Mezzogiorno d’Italia”,volume primo, da pagina 232 in poi: ci troverete questo ed altro! Enon è un separatista che scrive, badate, ma un fascista il quale èstato persino segretario federale!
Nel 1866 la pazienza finì. Ilpopolo di Palermo si ribellò come un solo uomo.
“Una masnada diladroni ha governato per sei dolorosissimi anni la patria nostra. Unamasnada di uomini feroci l’ha insanguinata”: così incominciavail proclama rivoluzionario del 1866. Nella città e nella provinciadi Palermo, la rivoluzione assunse, dal 16 al 22 settembre,proporzioni tali, da costringere il governo ad inviarvisollecitamente, con la qualità di Regio Commissario, il generaleRaffaele Cadorna, alla testa di due divisioni di fanteria, unreggimento di cavalleria ed una brigata di artiglieria. E vinseroloro, i ladri e gli assassini del popolo. Fucilarono senza processomigliaia di cittadini. Mentre invece gli insorti siciliani, cheavevano preso prigionieri duemila soldati, non avevano ad essitoccato un capello.
“Repressa la rivolta e ristabilito l’ordine,le cose continuarono come prima. Non una legge fu votata, non unprovvedimento fu preso per portare qualche rimedio ai mali esistenti,che andavano continuamente aggravandosi”. Sapete chi scrive questeparole? Non un separatista; ma dei bravi fascisti, unitari, Libertinie Paladino, a pagina 752 della loro “ Storia di Sicilia”.
Nel1875 le cose continuavano a peggiorare. Il governo italiano proposemisure eccezionali di polizia contro la Sicilia. I deputati sicilianiinsorsero. Ascoltate quel che disse Paolo Paternostro: “Voi parlatedelle condizioni eccezionali in cui si trova la Sicilia, delmalcontento che vi regna. Ma, domando io, voi che cosa avete fattoper la Sicilia? Cosa ha fatto il governo? Nulla. O tutto il contrariodi quel che doveva.
Se voi date un’occhiata a tutti i servizidella Sicilia, a tutte le amministrazioni, voi troverete chedappertutto, e sempre, il governo si è condotto male.
Sceglieròqualche esempio. Sapete voi come è stata trattata la magistratura inSicilia?
Quando ci sono stati i pretori che non hanno volutosecondare gli ordini dell’autorità politica, sono statiminacciati, talvolta traslocati. E dei nostri impiegati che cosa neavete fatto? Ve lo dirò in due parole. Quando voi spedite in Siciliaqualcuno, voi fate supporre che lo mandate per castigo, come se lomandate in esilio, e gli dite: – Andate laggiù, andate in Sicilia;poi, se vi comporterete bene, se sarete zelante, allora provvederemo.Questi signori vanno laggiù coll’idea di trovarsi in mezzo a genteche non valga la pena di dover rispettare come tutto il restod’Italia; e fanno dello zelo eccessivo; e diventano spesso agentiprovocatori; ed accrescono il malcontento.
E dei nostri impiegatidi laggiù, degli impiegati siciliani, che cosa ne avete fatto? deipiccoli impiegati, soprattutto? Perché a un vostro prefetto èsaltato in capo di fare un rapporto più o meno insolente e offensivoper la Sicilia, voi credete sul serio che molti disordini si debbanoalla così detta mafia, che si sarebbe infiltrata tra gli impiegati,e ... botte da orbo, traslocazioni, sbalzando gente con uno stipendiodi fame in lontani paesi, senza neanche indennità di viaggio,spostando e rovinando tutti i loro interessi. Che ne avete fattodelle nostre ferrovie? E delle nostre strade obbligatorie? E dei benidei Gesuiti e dei Liguorini, che erano destinati alla pubblicaistruzione?
Nelle nostre amministrazioni non c’è che ildisordine, il caos. E le popolazioni si abituano a pensare e a dire:– Ma questo non è un governo; le imposte se le fanno pagare; ilfiscalismo ci perseguita sotto tutte le forme, ci assedia e citortura; ma quando si tratta di amministrare, amministrazione non cen’è. Che cosa si fa? Si ricorre a mezzi eccezionali di polizia, siricorre al governo militare, invece di migliorare economicamente ilpaese!”.
Ecco quel che gridò in Parlamento il deputatosiciliano Paolo Paternostro. Le sue parole sembrano scritte oggi. Etutti noi siciliani, oggi, potremmo gridarle al governo fascista.Dopo Paternostro parlò, nello stesso senso, Colonna di Cesarò. PoiDiego Tajani. Quest’uomo, patriota, esule e volontario delle guerred’indipendenza, era stato dopo il 1860 Procuratore Generale allaCorte d’Appello di Palermo. E poiché era un uomo onesto e senzapaura, aveva sentito il dovere di spiccare mandato di cattura controil questore di Palermo, e di mettere sotto processo il prefetto diPalermo, colpevoli ambedue di abominevoli abusi. Il governo,naturalmente, si era messo contro di lui. Egli aveva dato subito ledimissioni chiudendosi in uno sdegnoso silenzio. Eletto deputato, fupiù tardi per due volte Ministro di Grazia e Giustizia. Orbene,quando vide che la Sicilia veniva nuovamente provocata e calunniata,Diego Tajani non seppe più tacere. Per due giorni, innanzi alParlamento esterrefatto, espose l’una dopo l’altra tutte leingiustizie, le canagliate, le infamie di cui il governo italiano siera macchiato: stupenda requisitoria che tutti i siciliani dovrebberoimparare a memoria! Concluse con questo avvertimento solenne:Ricordatevi che la Sicilia è un’isola, e le isole si consideranocome qualcosa di distaccato, di autonomo!
Parole sprecate! Lalegge contro la Sicilia fu approvata. E nuove violenze si abbatteronosulla nostra disgraziata patria. La Sicilia è stata sempreconsiderata come terra nemica, terra conquistata, da conservare conla forza. Per questo motivo, nel 1875, si tenevano in Siciliaventitré battaglioni di fanteria e bersaglieri; due squadroni dicavalleria; quattro plotoni di bersaglieri montati; 3.130 carabinierie numerose altre forze sussidiarie, fra le quali principalmenteguardie di pubblica sicurezza e guardie a cavallo! Si giunse così aiFasci siciliani dei lavoratori, fondati e diretti da Giuseppe DeFelice. Che cosa voleva la Sicilia nel 1893 – 94? Quel che hasempre voluto: giustizia e libertà. Il governo presieduto daGiolitti, riversò nell’isola una moltitudine di soldati, i qualinon fecero che accrescere il malumore nel popolo.
L’inevitabileaccadde: sul principio del 1893, uno scontro ebbe luogo a Caltavuturotra la folla e la truppa. La truppa osò sparare sui pacificipaesani, un gran numero dei quali rimasero uccisi. Promise Giolittidi far aprire un’inchiesta contro i militari che avevano fattofuoco; ma non mantenne. Al contrario, durante l’intero anno, lasciòche la polizia e l’esercito si abbandonassero a tutti gli eccessi:nelle giornate di dicembre, che furono particolarmente accanite, piùdi 200 siciliani vennero uccisi, mentre la forza pubblica ebbe unsolo morto. Vedendosi assassinati, i siciliani insorsero dappertutto.Ruppero fili telegrafici; incendiarono municipi, preture, esattorie,uffici del registro e del catasto, agenzie delle imposte, archivinotarili, casotti daziari; liberarono i carcerati; tentarono didisarmare carabinieri e soldati.
A questo punto, il Re concepì lamostruosa idea di affidare a un siciliano la repressione delmovimento siciliano. Crispi accettò la parte di Caino.
Proclamòlo stato d’assedio; e nominò commissario straordinario con pienipoteri il generale Morra Di Lavriano, che pochi giorni prima avevamandato a Palermo come prefetto. Venne richiamata alle armi la classedel 1869; e più di 40.000 uomini vennero sbarcati in Sicilia. I capidel movimento furono gettati in carcere: e primo fra tutti De Feliceche, essendo deputato, non poteva neppure essere arrestato senzal’autorizzazione della Camera. I Fasci siciliani dei lavoratori(che erano ormai 166 con 300.000 associati) furono sciolti e le lorosedi occupate militarmente. Proibiti gli assembramenti e le riunioni.Istituita la censura.
Per più di sette mesi la Sicilia fusottoposta alla legge marziale. Gli arresti si facevano senza bisognodi prove. E le condanne venivano appioppate, il più delle volte,senza che gli accusati potessero neppure difendersi.
Le accuse,del tutto immaginarie. “Avere cooperato alla emancipazionemateriale e morale dei lavoratori” era un reato severamenterepresso!
Nel giugno 1894, più di 1800 siciliani erano stati giàcondannati al domicilio coatto. Molti, a pene più gravi. De Felice a18 anni di carcere, Bosco, Barbato e Verro a 12 anni. Alla Camera deiDeputati, Felice Cavallotti dichiarò che il governo aveva violato leleggi e lo stesso Statuto. Poi prese la parola Matteo RenatoImbriani:
“Voi (disse rivolto a Crispi) avete stracciato ad unaad una tutte le pagine dello Statuto. Avete fatto scempio di tutte lenostre libertà…
Ci sono molti che dicono: – I Borbonibombardavano. – Ma bombardavano quando una città era in pienaribellione. Ma i Borboni non hanno mai fatto tirare sopra folleinermi ed affamate…”.
La Sicilia elesse deputati De Felice,Bosco e Barbato, che languivano in carcere. L’elezione, si capisce,venne annullata. Così continuarono le cose, male sempre, fino allaguerra. Dal 1915 al 1918 anche e soprattutto in Sicilia i contadini egli artigiani, i professionisti e gli studenti vennero strappatidalle loro case e mandati al macello.
Ma quando la guerra finì,chiedemmo la resa dei conti. E l’avremmo ottenuta, per Dio! sequesto miserabile governo fascista non avesse rinnovato un sistema dipoliziesca tirannide sopprimendo le ultime libertà e raddoppiando lenostre catene.
diAntonio Canepa – da “LaSicilia ai Siciliani!” (1944, firmato con lo pseudonimodi “MarioTurri”)
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