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I vantaggi dell'unità d'Italia

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Messaggi del 05/11/2010

Per il rilancio del Sud servono opere per 49 miliardi

Post n°1130 pubblicato il 05 Novembre 2010 da luger2

“Un Mezzogiorno in piena crisi con in atto un processo di deterioramento e sociale che deve puntare alle grandi infrastrutture per uscire dalla crisi”. A sostenerlo il direttore dello Svimez, Riccardo Padovani, oggi pomeriggio a Palermo, commentando i dati sull’occupazione per il Mezzogiorno che a meta’ 2010 nel Sud sono calati piu’ del doppio rispetto al Centro-Nord (-1,4% contro -0,6%), con punte del -2,5% in Sicilia. Per il report della Svimez una persona su due al Sud e’ fuori dal mercato del lavoro regolare e, a farne le spese, e’ sopratutto l’industria: dal 2008 al 2010 si sono persi 100mila posti di lavoro.

I dati sono stati presentati oggi pomeriggio a Palermo nell’ambito delle “Giornate dell’economia del Mezzogiorno”. “Il Sud -ha affermato Padovani- deve essere visto come frontiera, luogo delle opportunita’ da fruttare per riscattarsi dalla crisi economica, e non soltanto area di fuga. Le opportunita’ di rilancio devono guardare ai settori come ricerca e innovazione, energie rinnovabili e recupero edilizio. E’ essenziale, pero’, puntare alle infrastrutture se si vuole uscire dalla crisi”.

Per rilanciare l’economia la Svimez stima necessari 49 miliardi di euro per la realizzazione di opere al Sud. Solo undici miliardi sarebbero gia’ disponibili e quasi 38 andrebbero reperiti per interventi quali il potenziamento dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria, della statale “Jonica”, per l’estensione dell’Alta Capacita’ nel tratto ferroviario Salerno-Reggio Calabria-Catania-Palermo.

Short URL: http://www.ilsud.eu/?p=1833

 
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Dietro l’emergenza: i veleni di Pianura

Post n°1129 pubblicato il 05 Novembre 2010 da luger2

Il 2 Novembre il Gip dovrà decidere se archiviare o meno l’inchiesta sui veleni della discarica di Pianura, rischiando di lasciare senza giustizia le tante famiglie colpite da rarissime patologie tumorali.

Tra un bunga bunga e l'altro sembra che Berlusconi sia riuscito finalmente a ritagliare un po' di tempo peroccuparsi dell'emergenza rifiuti in Campania, tornata incredibilmente sulla scena. Il premier non se lo aspettava, probabilmente, e infatti non ha fatto altro che ribadire le stesse decisioni prese in passato, confermando semplicemente la chiusura di ogni interesse del governo sui siti di Serre e di Cava Vitiello e l'accelerazione dei lavori per gli inceneritori di Salerno e Napoli Est insieme a quello nuovo da realizzare a Somma Vesuviana, in piena area rossa.

Insomma niente è cambiato: zero compostaggio (sebbene si sia promesso di aprire un impianto a Somma, ma l'affare vero è l'inceneritore), zero riciclaggio, zero utilizzo di tecnologie come Vedelago.Il piano, infatti, si basa semplicemente sull'utilizzo di una piazzola da 10mila tonnellate all'interno del sito di (eco)balle di Taverna del Re, ma nulla vieta che quest'ultimo possa essere ulteriormente ampliato. Per quanto riguarda Terzigno, si aspettano i risultati delle analisi disposte dall'Arpac, nonostante i tecnici della Provincia abbiano già constatato l'inquinamento delle falde acquifere provocato con tutta probabilità dalla presenza della prima Cava Sari, la vecchia discarica utilizzata tra gli anni '80 e la metà degli anni '90, i cui proprietari erano vicini al clan camorristico dei Fabbrocino. A Chiaiano invece sono aumentati i conferimenti di immondizia.

Tuttavia questo è solo un aspetto della crisi; ne esiste un altro, tuttora aperto nelle aule della magistratura e non mi riferisco soltanto al processo contro Impregilo e Bassolino in via di un'inesorabile prescrizione, bensì ad un altro filone giudiziario aperto due anni fa e che rischia anch'esso di cadere in prescrizione.

Agli inizi del 2008, il Commissariato di Governo decise di fronteggiare l'ennesimo riacutizzarsi della crisi rifiuti ordinando la riapertura della discarica di Contrada Pisani presso Pianura, un quartiere periferico della città di Napoli in gran parte abusivo. La mega discarica, oggi inserita nella lista nera dei Siti di Interesse Nazionale, non venne aperta a causa delle forti proteste della popolazione e dell'avvio di indagini da parte della Procura di Napoli. Secondo i dati forniti dalle relazioni del geologo Franco Ortolani, il mega invaso ospita una quantità di rifiuti pari a circa 50 milioni di mc e interessa un'area di 70 ettari; in pratica è stato colmato un intero cratere vulcanico dei Campi Flegrei, il cratere Senga, e sullo strato di liquami insistono ora case, campetti e maneggi, senza contare la presenza intorno di altri grossi sversatoi abusivi in cui per circa 40 anni sono stati gettati rifiuti provenienti da tutta Italia.

Il pm Stefania Buda, responsabile dell'inchiesta in corso, si è vista costretta a disporre l'archiviazione dell'inchiesta sulla discarica di Pianura a causa del sopraggiungere dei termini di prescrizione per le indagini. O meglio, ha disposto l'archiviazione della parte riguardante la correlazione tra malattie e rifiuti. L'indagine, occorre ricordare, partì in seguito alla scoperta di ben 60 casi di pazienti affetti dalinfoma non Hodgkin, senza contare gli ammalati di leucemie e altre patologie tumorali rarissime. Queste persone vivono tuttora nei pressi della discarica e continuano, insieme ai comitati sul territorio, a tenere alta l'attenzione sulla vicenda (è merito loro se, sul Fatto Quotidiano, la questione sia stata riportata all'attenzione del Paese) e proporranno un ricorso contro la chiusura delle indagini.

Il pubblico ministero chiederà dunque l'archiviazione al Gip il 2 novembre. Ma nel frattempo ha disposto unostralcio di questa inchiesta, ovvero quello riguardante il reato di disastro ambientale. In pratica non si è in grado di procedere sul fronte sanitario dell'inchiesta a causa della mancanza di un Registro Tumori su tutto il territorio napoletano, unico in grado di fornire dati giuridicamente validi sulla correlazione tra l'insorgere di patologie tumorali e la sussistenza di fattori inquinanti (anche se esisterebbero altri metodi per poter dimostrare comunque un rapporto di causa - effetto); ma si può benissimo continuare a procedere sul fronte ambientale, dove peraltro devono ancora essere inclusi i nomi degli indagati. 
Ma esattamente cosa emerge dalle indagini della magistratura?

Pianura è stata la discarica dei rifiuti industriali del Nord Italia, gestita completamente dalla camorra. La commissione bicamerale sul ciclo dei rifiuti lo ha ribadito più volte, raccogliendo le testimonianze di quei camionisti che in primis andavano a sversare tutti i tipi di monnezza tossica: i famosi fanghi dell'Acna di Cengio, delle concerie e delle fabbriche di mezza Padania sarebbero stati sotterrati tutti lì sotto, comprese le terre di spazzamento della capitale economica e "morale" d'Italia, Milano.
Dall'inchiesta del pm Buda sono emersi nuovi dati. Prima di tutto bisogna ricordare che gli atti sono coperti da segreto istruttorio e formano un copioso corpo cartaceo di 14 faldoni. Da essi emergono i risultati delle analisi compiute dai 2 pozzi di rilevamento rimasti in vita, gli altri 9 sono crollati per via della pressione del biogas. I carotaggi effettuati hanno portato alla luce una serie di indizi utili a provare il reato di disastro ambientale.
La discarica risulta completamente priva dell'impermeabilizzazione sottostante e soprastante; dunque in 40 anni di attività il percolato ha abbondantemente contaminato le falde acquifere. Per capirci, bisogna immaginare lo sversatoio come un gigantesco panettone che si gonfia ad ogni pioggia e scarica il suo contenuto nel terreno, il che provoca l'emissione di orrendi miasmi avvertibili specie nei periodi invernali. I consulenti della Procura hanno poi prelevato dei campioni di percolato dal fondo e lo hanno classificato come "liquido altamente radioattivo", accertando così le indiscrezioni circolate per anni sulla radioattività del sito (il famoso fascicolo dell'Enea sulla contaminazione radioattiva scomparso misteriosamente nel nulla). Hanno inoltre verificato definitivamente la presenza di fanghi di ogni tipo (compresi quelli di Cengio) e dei famigerati camion sotterrati con i loro fusti tossici. In parole povere? A Pianura è più difficile non trovare che trovare, e là sotto è stato probabilmente tombato del materiale nucleare, altrimenti come spiegare gli elevati livelli di radioattività riscontrati.

Ciò che emerge dai risultati, purtroppo, è l'impossibilità della bonifica. Troppo grande il disastro, troppo pesante lo sfacelo commesso ai danni di un quartiere abitato da 100mila persone, un posto considerato una volta il giardino di Napoli, luogo di villeggiatura e di passeggiate campestri. Uno sfacelo commesso per giunta in un territorio vulcanico: sotto la discarica insistono dei soffioni geotermici che di fatto, mischiandosi col biogas, producono fumi velenosi e rendono fortemente instabile il sottosuolo della discarica. E molti politici, qui, sono stati votati con la promessa della immediata rimozione dei rifiuti nell'area, promesse elargite spesso a famiglie i cui membri si erano ammalati di cancro: quei 50 milioni di mc rimarranno lì per sempre. L'unica cosa da fare è mettere in atto una serie di contromisure: ad esempio si potrebbe impermeabilizzare soltanto la fascia superiore della discarica, impedendo così alle pioggie di filtrare attraverso l'ammasso putrescente. Ma, tenendo conto della inerzia fraudolenta delle nostre istituzioni, è probabile che le popolazioni limitrofe si vedranno costrette ad andarsene.

Insomma l'inchiesta del pm Buda si ferma al disastro ambientale (il che non è poco) però è costretta ad interrompersi sul reato di epidemia colposa. Eppure la magistratura, in mancanza del Registro Tumori, potrebbe accedere ai dati raccolti dalle varie Asl e dal Sebiorec: basterebbero 14mila euro che la Procura non vuole pagare di tasca propria. E a ciò bisogna aggiungere altri ostacoli.
Sebiorec è uno studio epidemiologico biomonitoraggio effettuato dall'Istituto Superiore di Sanità con la collaborazione dell'Osservatorio Epidemiologico della Campania e di altri importanti istituti sanitari. Lo studio mira ad eseguire una serie di analisi del sangue, in persone di età compresa tra 20 e 64 anni, e del latte, in donne alla prima gravidanza, per un totale di circa 900 persone. Avviato nel 2008, subisce un lungo periodo di oblio, in cui ci si chiede se le analisi stiano effettivamente procedendo. Alla fine ne viene annunciato il completamento durante quest'estate; lo studio è pronto e manca solo di essere divulgato.Eppure continua a non emergere.

Il noto oncologo dell'ospedale Pascale di Napoli, Antonio Marfella, contesta le modalità di raccolta e di campionamento dei dati, realizzati su un sistema "a pool di sieri" e non presi singolarmente (in pratica l'analisi si basa su un solo risultato ogni dieci sieri raccolti: dunque 90 analisi per 900 persone), il che occulterebbe la verità dei fatti. Lo studio Sebiorec viene definito errato anche dallo stesso prof. Donato Greco, in passato Capo Dipartimento della prevenzione e della Comunicazione presso il Ministero ed ora consulente presso l'Istituto Superiore di Sanità.

Intanto, se le ricerche non escono fuori, significa che si vuol nascondere qualcosa. Le "male lingue" (e non solo) vociferano che svelare queste ricerche vorrebbe dire fornire un'arma in più alla magistratura e contribuire ad impedire l'archiviazione del fronte sanitario dell'inchiesta, e quindi pare si stia aspettando il fatidico giorno dell'archiviazione del Gip per poter stare tranquilli (meglio premunirsi!). Tenendo conto anche che lo studio Sebiorec è patrocinato dalla Protezione Civile, l'intuito aiuterà il lettore a fare i dovuti collegamenti.

Giunto alla fine del mio articolo, domando a chi di dovere quando intende organizzare un bunga bunga anche sulla discarica di Pianura. Non sarà come gli idromassaggi di Arcore o i festini di Villa Certosa, ma il flusso costante del biogas e dei terapeutici soffioni vulcanici mescolati insieme promettono una calda atmosfera e tantissime persone pronte ad accoglierla come si deve. Che ne pensa, presidente?

tratto da: http://www.agoravox.it

 
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COME SI MUORE IN CAMPANIA

Post n°1128 pubblicato il 05 Novembre 2010 da luger2

Condannati per decreto n.90 del 2008 del Governo della Repubblica Italiana.

Mappa_dei_rifiuti_in_Campania[1].jpg

ALTRO CHE NAPOLETANI SPORCHI E INCAPACI DI DIFFERENZIARE E SMALTIRE. LE DISCARICHE STANNO ACCOGLIENDO FANGHI ALTAMENTE TOSSICI, COME RIVELANO LE RILEVAZIONI DI METALLI PESANTI IN TUTTA LA PROVINCIA DI NAPOLI E CASERTA.

Ovviamente non è casuale, qualcuno usa la TARSU del campano per aprire discariche dove sversare rifiuti industriali/tossici a pagamento. ma chi incassa dalle industrie? AGLI ITALIANI: NON SONO SOLO I NAPOLETANI CHE AMANO SEPPELLIRSI DI MONNEZZA, E' LA MONNEZZA DI UN PAESE A SOTTERRARE LORO e donne e bambini lanciano pietre alla polizia per questo, non per sovversione. Siciliani, calabresi ecc.: attenti, siete nel mirino.

 Decreto n.90 del maggio 2008 (http://www.normativasanitaria.it/jsp/dettaglio.jsp?id=257...)

Art. 9. DiscaricheAllo scopo ... siti da destinare a discarica presso i seguenti comuni: Sant'Arcangelo Trimonte (BN) - localita' Nocecchie; Savignano Irpino (AV) - localita' Postarza; Serre (SA) - localita' Macchia Soprana; nonche' presso i seguenti comuni: Andretta (AV) - localita' Pero Spaccone (Formicoso); Terzigno (NA) - localita' Pozzelle e localita' Cava Vitiello; Napoli localita' Chiaiano (Cava del Poligono - Cupa del cane); Caserta - localita' Torrione (Cava Mastroianni); Santa Maria La Fossa (CE) - localita' Ferrandelle; Serre (SA) - localita' Valle della Masseria. Gli impianti di cui al comma 1 sono autorizzati allo smaltimento dei rifiuti contraddistinti dai seguenti codici CER: 19.12.12; 19.05.01; 19.05.03; 20.03.01; 19.01.12; 19.01.14; 19.02.06; presso i suddetti impianti e' inoltre autorizzato lo smaltimento dei rifiuti contraddistinti dai seguenti codici CER: 19.01.11*; 19.01.13*; 19.02.05*, nonche' 19.12.11* per il solo parametro «idrocarburi totali», provenienti dagli impianti di selezione e trattamento dei rifiuti urbani, alla stregua delle previsioni derogatorie di cui all'articolo 18. 

 I CODICI CER CORRISPONDONO A QUESTI TIPI DI RIFIUTI NON CIVILI:

19 01 11* ceneri pesanti e scorie, contenenti sostanze pericolose

19 01 12 ceneri pesanti e scorie, diverse da quelle di cui alla voce 19 01 11

19 01 13* ceneri leggere, contenenti sostanze pericolose

19 01 14 ceneri leggere, diverse da quelle di cui alla voce 19 01 13

19 02 05* fanghi prodotti da trattamenti chimico-fisici, contenenti sostanze pericolose

19 02 06 fanghi prodotti da trattamenti chimico-fisici, diversi da quelli di cui alla voce 19 02 05

19 05 03 compost fuori specifica

19 12 11* altri rifiuti (compresi materiali misti) prodotti dal trattamento meccanico dei rifiuti, contenenti sostanze pericolose

19 12 12 altri rifiuti (compresi materiali misti) prodotti dal trattamento meccanico dei rifiuti, diversi da quelli di cui alla voce 19 12 11

20 03 01 rifiuti urbani non differenziati

di NC SOLAR tratto da:http://napoilitania.myblog.it

 
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Intifada Italia

Post n°1127 pubblicato il 05 Novembre 2010 da luger2

Acerra, Terzigno, Giugliano, Venhaus, Sessa Aurunca, Messina, Cagliari, ecc.,ecc., cosa hanno in comune? La difesa del territorio, delle proprie radici. Le persone capiscono che il luogo in cui vivono sarà distrutto per sempre, avvelenato, militarizzato, l'economia devastata e reagiscono. Non hanno scelta. La città, la campagna, i monti dove hanno vissuto i padri e dove vivranno in futuro i figli e nipoti sono il loro unico vero patrimonio, spesso la ragione di vita. Le cento Italie, ognuna con una storia di millenni, tutte diverse tra loro, possono convivere in questo "baraccone unitario" se non ne viene messa in discussione l'identità o la stessa sopravvivenza. Quando saranno resi noti i siti delle centrali nucleari ci sarà la rivoluzione civile, non sarà sufficiente l'esercito per costruirle .La difesa del territorio di fronte a opere insensate come la TAV in Val di Susa e il Ponte di Messina fa riemergere dal passato il senso di comunità, legami sociali e produttivi di secoli e provoca una separazione improvvisa, netta, tra i cittadini e lo Stato che reagisce con la forza, con la violenza dei celerini, dei fumogeni ad altezza d'uomo, con i manganelli sulle donne italiane con le braccia alzate. Le conseguenze sono una frattura sempre più grande che consegna il Paese, o quello che ne rimane, che è molto poco, ai separatismi e alle mafie. Le forze dell'Ordine hanno il dovere di far rispettare la legge. Ma il cittadino accetta questo principio solo se le leggi sono considerate giuste dal comune sentire, dalla coscienza popolare, se non sono scritte per proteggere interessi personali, di gruppi economici o criminali. Se le leggi sono il parto di persone inquisite, condannate, giudicate in primo e secondo grado, le leggi non hanno alcuna credibilità. Un popolo che non rispetta la legge, anche se questa è ingiusta, è un popolo di fuorilegge? E chi usa violenza sui cittadini per far rispettare leggi ingiuste "svolgendo un ruolo di supplenza" al posto della politica è realmente legittimato a farlo? E in nome di cosa? Del mantenimento dell'ordine costituito? L'Italia si sta frammentando in isole separate, di autodifesa, di legittima difesa. Cittadini con l'elmetto contro uno Stato cialtrone e incapace. Una disgregazione dalla quale può nascere di tutto. Un nuovo fascismo conclamato o la nascita di Stati su base storico e territoriale come la Repubblica di Venezia, il Granducato di Toscana, la Sardegna indipendente, il Regno di Napoli, la Sicilia indipendente. C'è un senso di sfinimento che accompagna la celebrazione dei 150 anni dell'Unità d'Italia. Molti si chiedono chi ce lo ha fatto fare!

 
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L’OPINIONE:TEANO DOPO 150 ANNI UNA CONVENTICOLA DI STREGONI CI TENDE LA MANO

Post n°1126 pubblicato il 05 Novembre 2010 da luger2

di Antonio Perrucci

Non trovo di meglio che dare inizio a queste righe con un brano di Angelo Manna:” Ed ha le meningi imbottite di puttanate, l’Italia. Ad imbottirgliele sono e sono stati i nord-dipendenti politicanti del Sud,gli eredi dei pragmatici e immorali traditori del fatal sessanta. E sono stati e sono gli untori servitori del Mendacio: gli storiografi e i giornalisti,ciucci e venduti”. Teano ha visto in questo mese di ottobre la più alta concentrazione di cervelli ed eccelsi cattedratici, un centinaio di potenziali premi Nobel. Antropologi (per non dimenticare Lombroso), storici e sociologi, economisti e sindacalisti, politici indigeni ruspanti e razzolanti oltre a qualche decina di sindaci ed assessori in ordine sparso provenienti quasi tutti dalle regioni del nord. Presenza di tanti giustificata dalla importanza se non unicità del problema da risolvere. Ricostruire l’unità d’Italia. Era necessario attendere la conclusione dell’ottobrata di Teano, leggere e approfondire le conclusioni cui sarebbe giunto uno stuolo di eminenti cattedratici,politici di grido,associazioni varie e penne di punta del giornalismo. Parto travagliato, ma infine ha visto la luce la panacea di ogni problema del Sud: Una stretta di mano e un decalogo, quasi nuovi Dieci Comandamenti dettati in quel di Teano e che hanno avuto l’onore di essere “santificati” da una delle tante Anite Garibaldi e da un Savoia. Perché aspettare 150 anni per risolvere miracolosamente la famosa “questione meridionale”? Dal 26 ottobre, grazie al decalogo teanese niente più disoccupati, lavoro per tutti, scuole come al nord, strade, ferrovie, aereoporti tutto il meglio, malasanità un ricordo, la monnezza mai più, addirittura i polentoni emigreranno al Sud. Un’orgia di convegni, interventi dottissimi, proposte illuminanti, un lessico infarcito di termini astrusi e desueti, ottimi per meravigliare, con il risultato di produrre un vuoto a perdere. Basterebbe venire a Teano, produrre un documento e Al Qaeda per incanto sparirebbe, le due Coree non sarebbero più divise dal 50° parallelo, Palestina e Israele vivrebbero in pace. Ma quale Camp David, Onu, UE, rottamiamo tutto, a Teano si sforna la pace nel mondo, scompare la fame del terzo e quarto modo. A Teano si fa l’Italia e udite udite anche “gli italiani”. E’ sufficiente uno sculettamento principesco, la presenza dell’Anita di turno, uno sproloquio sgarbiano e tutto va al suo posto. A Teano ci si aspettava il parto del solito topolino ma hanno saputo fare di meglio, Teano ha partorito una colossale “puttanata”. Una puttanata che dovrebbe far contento quel popolo bue, così considerato da 150 anni.Ci tenderanno la mano nella stretta di Giuda e di Caino, ma è troppo tardi, noi quella mano dovremo amputargliela, quella mano gronda del sangue dei nostri progenitori, si è ingrassata con il sudore di 26 milioni di emigranti, ha stretto per troppo tempo quella dei suoi padroni capitalisti e voraci predoni del Nord. Quella è la mano dei soliti ascari collaborazionisti traditori della propria terra. Non possiamo dimenticare il messaggio che Angelo Manna indirizzò ai giovani del Sud,quasi un rimprovero,un incitamento. Quel messaggio è stato raccolto ha prodotto i suoi frutti,e non sarà facile limitarne gli effetti e le conseguenze per coloro che persistono pervicacemente nell’ignorare e infangare la memoria di un passato orgoglioso e che ritornerà.“Ma noi abbiamo un dovere da compiere. Una Mamma offesa, tradita, maltrattata, calunniata e in catene sta chiamando dal 1860 i suoi figli attorno alle sue piaghe fisiche e morali che ormai l’hanno ridotta allo stremo. E’ possibile che nessuno di essi ne oda il rantolo, che giorno dopo giorno si fa sempre più forte, e accorra al suo capezzale?”.Come tanti rigagnoli che vanno a confluire a formare un grande fiume, l’appello di Angelo Manna è stato raccolto e fatto proprio da innumerevoli giovani, ha risvegliato in loro quella coscienza sopita da una storia menzognera. La Nazione Napoletana, quella dei Popoli del Sud si allontana sempre più da uno Stato artificioso, distante e che mai ha rappresentato l’ex Regno.                                    

(nella foto: Angelo Manna)

 
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Il divario Nord-Sud nasce dopo l'Unità d'Italia

Post n°1125 pubblicato il 05 Novembre 2010 da luger2

di MARCO ZAMBUTO*                                                                                                  Come accade quando qualcuno, come il Presidente della Regione, pone un tema essenziale, trionfano retorica e denigrazione. Che è il modo per continuare a non sapere e lasciare che le cose scorrano come sempre. Interrogarsi sul valore da attribuire all'Unità d'Italia e alle sue conseguenze rimane un passaggio imprescindibile. Ecco perché, invece di sbandierare vuoti proclami o di indossare la maschera della sudditanza, occorrerebbe stare ai fatti, nella consapevolezza che non può esistere coscienza nazionale senza verità storica. Una storia di parte sarà sempre al servizio di una parte del paese. E l'UDC, come partito della Nazione, sa che la storia non è materia da lasciare agli storici e serve ad unire, non a dividere. Secondo un'autorevole tesi il divario tra Nord e Sud si sarebbe determinato a distanza di cinquant'anni dall'Unità d'Italia, a causa dell'industrializzazione del Nord-ovest.Non si è però spiegato perché quell'industrializzazione sia stata limitata solo a determinate aree geografiche. Si trattò di un caso o di una precisa scelta strategica? E, per esempio, Mongiana (Calabria), una delle migliori industrie siderurgiche d'Europa, con 1.200 operai all'attivo, chiusa all'indomani dell'Unità, non rientrava forse in quella politica industriale che prevedeva, fin dall'unificazione, che un'area del paese dovesse produrre i beni ed un'altra li dovesse consumare? E tale industrializzazione non ha avuto bisogno di un sistema infrastrutturale (viario, ferroviario, portuale, energetico, ecc…) che si è infatti realizzato al Nord e non al Sud? E non continua ad averne bisogno ancora oggi? Senza dire che, dal punto di vista industriale, non è vero che, al 1861, esisteva un divario tra Nord e Sud. «La percentuale di popolazione attiva addetta all'industria era superiore al Sud che al Nord», ha scritto Amedeo Lepore. Nel 1856, alla Mostra di Parigi, il Regno delle Due Sicilie veniva premiato come paese più industrializzato d'Italia. E, come hanno dimostrato Daniele e Malanima, i dati sui saggi salariali a Nord e a Sud, sia urbani che rurali, non rivelavano, al 1861, sostanziali differenze.Tutto questo per dire che, sul piano industriale e infrastrutturale, sono state le scelte di politica economica post-unitarie a gettare le basi di quel divario che, inevitabilmente, ci portiamo appresso. Il fascismo ha fatto solo il resto: da un lato, creando coi soldi pubblici l'IRI per salvare dalla crisi le grandi industrie del Nord e, dall'altro, obbligando, per esempio, i siciliani, che praticavano da tempo l'agricoltura specializzata, a tornare a produrre grano. Né l'Italia Repubblicana ha invertito la tendenza: si confronti quanto è stato speso al Nord e al Sud negli ultimi sessant'anni in scuole, strade, ferrovie, aeroporti, rete energetica, ecc… La tanto vituperata Cassa per il Mezzogiorno spendeva ogni anno solo lo 0,5 per cento del prodotto interno lordo.Ma c'è un altro aspetto che non viene ricordato abbastanza e che è alla base di quello spaventoso fenomeno che ha svuotato di decine di milioni di persone le terre del Sud e che non si era mai conosciuto fino al 1861. Al Sud l'Unità d'Italia venne realizzata a vantaggio di una ristrettissima cerchia di proprietari terrieri. Lo Stato sabaudo confiscò le terre ecclesiastiche e demaniali e, infischiandosene della massa di contadini che reclamavano un pezzo di terra, le vendette per fare cassa a chi poteva comprarle. Con la conseguenza che una classe di ex gabelloti divenne più ricca e, nonostante le promesse di Garibaldi, venne impedito che nascesse una diffusa classe di piccoli proprietari terrieri. La conclusione drammatica fu la fine degli usi civici: ossia, di quell'istituto che per secoli, all'interno delle terre ecclesiastiche e demaniali, aveva consentito ai contadini di vivere. In conclusione, a volerli conoscere, i fatti dicono che la questione è reale e sentita. E che, i fatti, serve ricostruirli, metterli insieme ed evidenziare come gli uni non si spieghino senza gli altri. Serve soprattutto a capire che per troppo tempo i siciliani sono stati privati di quel complesso di infrastrutture necessario per sottrarsi all'infido giogo dell'assistenzialismo e per esprimere, anche attraverso la fiscalità di vantaggio, quelle energie che, in breve tempo, lo porrebbero al pari di qualunque popolo d'Europa.                                     *sindaco di Agrigento

 
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I fondi per le strade del sud dirottati sulla tangenziale di Asti

Post n°1124 pubblicato il 05 Novembre 2010 da luger2

Mancano i fondi per completare la Salerno-Avellino, mentre la tangenziale di Asti che è lunga solo 5 chilometri ha ottenuto un finanziamento di 375 milioni di euro con un costo di 62 milioni per chilometro. Per la Salerno Avellino mediamente occorrono tra i 23 e i 25 milioni a chilometro. E invece «Ci sono stati scippati 190 milioni di fondi Fas per l’adeguamento della Salerno - Avellino», dice Luigi Ciancio segretario della Feneal Uil di Salerno. Insomma là dove l’Anas intende passare al pedaggio manca la terza corsia o i lavori procedono a ritmo lento. E annche sulla Salerno Reggio il tratto campano risulta assolutamente incompleto. Circa cento chilometri punteggiati da cambi di corsia, grandi cantieri, restringimenti e bruschi passaggi da tre corsie ad un’unica corsia con conseguente serpentone. Ogni fine settimana soleggiato, ogni lunedì mattina, tutti i pomeriggi dalle 17, l’arteria si blocca. Tra Pontecagnano e Battipaglia è ingorgo a causa del traffico tra Salerno e la zona industriale di Battipaglia. E nel week end a poco serve l’Aversana (ancora incompleta) dato che la statale Cilentana è invasa da un’unica coda di auto che da Battipaglia si snoda fino ad Agropoli. E proprio nei tratti fino a Buonabitacolo- Sala Consilina è prevista l’apposizione del pedaggio. C’è da chiedersi se dato che ancora oggi il traffico si blocca a Pontecagnano, a Contursi e a Buonabitacolo, sia possibile proporre un pedaggio. A dieci chilometri a sud di Salerno, tra lo svincolo di Pontecagnano e quello dell’aeroporto ci sono 1,8 chilometri a ancor a a due corsie. Dei 48 interventi previsti sui 450 chilometri solo una trentina sono ultimati, secondo un approfondito studio della Feneal Uil di Salerno. Sono dieci gli interventi con progettazione in corso. Come il nuovo svincolo di Eboli (e la delocalizzazione dell'esistente svincolo). L’importo dell’intervento è pari a 24 milioni e la conclusione parziale dell’opera è prevista a fine anno. Ma c’è anche il nuovo svincolo di Sala Consilina Sud (località Trinità) al chilometro 95 (costerà 21 milioni). Progettazione in corso anche per il nuovo svincolo di Padula-Buonabitacolo (con delocalizzazione dell'esistente) che costerà 26 milioni, la conclusione dei lavori è prevista nel 2012. Si tratta di aree interessate alla realizzazione di grandi opere per l’ammodernamento della Salerno-Reggio, quindi che richiedono la presenza di cantieri che non possono essere rimossi nei periodi di grande esodo. In sostanza occupano grandi spazi di carreggiata e rallentano la circolazione. Infatti una delle difficoltà dei lavori sulla Salerno-Reggio è che non si può interrompere mai il traffico e bisogna proseguire l’attività di costruzione della terza corsia contemporaneamente alla presenza degli automezzi in transito. E ancora in progettazione sono i 21 chilometri in Calabria sulla quarta parte del terzo macrolotto (costo 598 milioni). E la progettazione prosegue sulla prima parte del quarto macrolotto ancora in Calabria e che costerà 588 milioni e ancora interventi per 437 milioni in Calabria per l seconda parte del macrolotto E così ad andare verso sud, alla media di 300 milioni ogni venti chilometri.

 
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Jean Noel Schifano PARLA DI NAPOLI

Post n°1123 pubblicato il 05 Novembre 2010 da luger2
 

Riportiamo un articolo da "Il Mattino" di Napoli sui rifiuti con l'intervista a Jean Noel Schifano (scrittore ed intellettuale francese, indimendicato Direttore dell'Istituto Grenoble di Napoli) dove ribadisce il suo amore e stima per la città che lo ha accolto per anni, dimostrando un'invidiabile conoscenza della verità storica, ancora così disattesa da tanti suoi colleghi italiani!L'INDIGNAZIONE DELLO SCRITTORE :" IL NORD DISPREZZA LA CITTA' PERCHE' SA DI ESSERE INFERIORE! "di Pietro TreccagnoliPietro Treccagnoli È appena uscito dallo studio di registrazione di France Culture, dove s’è parlato dell’Italia e della monnezza e lui, Jean-Noel Schifano, s’è fatto in quattro per spiegare che Napoli non va lasciata sola, che va amata. Lo scrittore francese ha scritto numerosi libri su Napoli, ama firmarsi Civis Neapolitanus e al Sud ha dedicato anche l’ultima sua opera, «Le vent noir ne voit pa où il va») uscita in Francia il 5 maggio («L’anniversario della partenza dei Mille, una sciagura nazionale»). SCHIFANO vorrebbe pure provarci a mettere tra parentesi la tragedia dei rifiuti napoletani, ma non ci riesce è più forte di lui. E la curiosità nella sua Parigi è sempre alta. E gli tocca sfogarsi, con l’irruenza che gli è abituale. «Quando il sangue dei napoletani scorre sul Vesuvio, la situazione è allarmante» esordisce amaro. Be’, adesso scorre anche più a Nord, a Giugliano... «Lo so, lo so. Quello che hanno fatto nelle campagne tra Caserta, Castelvolturno e Napoli, è il Ground Zero della storia contemporanea dell’Italia, che ormai possiamo ribattezzare come il Brutto Paese». Che impressione le fanno i cumuli di monnezza che stanno imbrattando di nuovo la «sua» Napoli? «Una grande dolore. Ma trovo ancora peggiore la frase di Bertolaso per il quale ”l’eruzione del Vesuvio non sarebbe una tragedia”. Ha mostrato il disprezzo del bravo leghista e la suprema inciviltà del capo della Protezione civile. Voglio neronizzare Napoli e tutta la Campania con la monnezza. Odiano Napoli per la sua trimillenaria intelligenza, per la sua civiltà. Così la sfruttano, come l’hanno sfruttata in questi 150 anni di Unità». È diventato, per caso, un leghista del Sud? «Per niente. La Lega è razzista. I napoletani, invece, sono stati gli unici nel mondo cattolico a rifiutare l’Inquisizione e non hanno mai costruito ghetti per gli ebrei. E ora non ne possono più. È come se fosse resuscitato il generale Bixio e volesse bruciare vivi i nuovi briganti, contadini, operai, studenti, professionisti e artigiani del ventunesimo secolo. Ma Napoli, la sua terra e il suo vulcano, tormentati, violentati e straziati, resisteranno con tutte le forze. Questa gente è ancora lì, al potere, perché Napoli e il Sud non hanno ancora trovato il tempo di civilizzare il Nord dell’Italia». Lei ama giocare con i paradossi. «Possiamo anche chiamarli paradossi, ma non è così». Sogni, magari speranze. «Io ragiono sulla Storia, fuori dagli schemi imposti dagli altri. E dico che tutti i mali di Napoli nascono a Roma. In un secolo e mezzo hanno fatto di tutto per trasformare la grande capitale che nei secoli è stata Napoli in una città-bonsai, privandola di banche, ferrovie, cantieri navali e opere d’arte. L’hanno trasformata in una città assistita da tenere al guinzaglio. E ora gli lasciano la monnezza, dopo che gli hanno portato per decenni i rifiuti tossici delle fabbriche del Nord». Ma, in tutto questo caos, i napoletani non hanno nessuna responsabilità? «I napoletani oggi sono più vittime che mai. E meno male che hanno cominciato a ribellarsi. Non ne possono più e anche chi, come me, ora ama Napoli non ne può più». Cosa pensano i francesi di questa nuova tragedia dei rifiuti? «Non capiscono niente. Vedono solo il lato burattinesco di Berlusconi. E si sono convinti che l’Italia sia un paese poco serio». E magari non verranno più a Napoli. «Verranno, verranno ancora. I voli Parigi-Napoli sono sempre pieni. Per i francesi la bellezza di Napoli sono i napoletani e non il suo paesaggio». Magari vengono a scattare foto dei cumuli di monnezza. Un turismo in cerca dell’oleografia nera. «Non è così. I francesi sono troppo tirchi per buttare soldi per andare a visitare luoghi brutti. Avete un patrimonio culturale e umano invidiato in tutto il mondo» Ma non è, come al solito, troppo benevolo. «Dovete smetterla di ingiuriarvi da soli». Rivolga un appello ai napoletani, allora. «Siate ancora più napoletani di quanto siate mai stati. È l’unico modo per vincere una partita che gli altri stanno giocando con carte truccate. Siate napoletani e non fatevi sommergere dalle menzogne che sono peggiori della monnezza. Napoli si salverà dall’Italia solo ridendo dei bunga-bunghisti».

 
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è guerra tra Gaeta e Formia

Post n°1122 pubblicato il 05 Novembre 2010 da luger2

 Cosa sta succedendo nelle due città di mare? A cosa è dovuta la diatriba che divide gli amministratori dei due centri distanti una manciata di chilometri uno dall’altro?

E’ presto detto: il 4 novembre del 1860 iniziò l’assedio di Gaeta da parte dei piemontesi, guidati dal “sanguinario” Generale Cialdini, che durò fino al 13 febbraio del 1861.
In quei lunghi mesi si scrisse una delle pagine più oscure del Risorgimento italiano, raccontate lucidamente dallo scienziato francese Charles Garnier nel suo celebre Journal du siège de Gaëte Dentu, (Parigi, 1861).
Nelle pagine del suo “giornale”, Garnier racconta una storia inedita e ripulita dalla retorica risorgimentale, parla di feroci crudeltà che vennero perpetrate nei confronti dei civili come l’avvelenamento dell’acquedotto e il bombardamento indiscriminato della città.
Ma parla anche del dopo assedio, quando i bersaglieri entrarono nella città e si dedicarono alle più efferate violenze.
Dell’argomento, ultimamente, si è occupato anche lo storico Gigi De Fiore, premio Saint Vincent per il giornalismo nel 2001, con il libro dal titolo: Gli ultimi giorni di Gaeta – l’assedio che condannò l’Italia all’unità, edito da Rizzoli.
De Fiore mette a nudo le verità storiche volutamente nascoste, citando documenti inediti dell’archivio militare e di quello dell’allora ministro della guerra.
Da questo cartaceo emerge che il generale Cialdini ordinò il bombardamento indiscriminato della città con l’unico scopo di testare i nuovi cannoni a lunga gittata; Gaeta fu rasa al suolo proprio da quell’esercito che era sceso al Sud per liberarlo.
Quindi la città ha ben poco da festeggiare e il 6 novembre inaugurerà un monumento dedicato a tutti i comuni che furono distrutti dai piemontesi.
Ed ecco che a pochi chilometri, se non metri, sorge un’altra città, Formia, che al contrario ha conferito la cittadinanza onoraria ai Granatieri di Sardegna, protagonisti di quelle stesse battaglie.
L’amministrazione comunale di Gaeta, guidata da una formazione meridionalista, il Partito del Sud, contesta tale onorificenza, data a chi, secondo loro, si è rivelato solo un carnefice.
Quindi si scontrano due scuole ormai accertate: una morente, quella della retorica risorgimentale, e una innovativa che narra la storia “altra”, quella mai raccontata. 
Come andrà a finire? Altri storici, tra 150 anni, lo scriveranno. Si spera non a modo loro! 

 
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