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Messaggi del 16/03/2024

Konnichiwa

Post n°115 pubblicato il 16 Marzo 2024 da Silentvoid
Foto di Silentvoid

Facciamo finta che io mi trovi chiuso in una stanza con un foglio di carta tutto coperto di ideogrammi giapponesi. Supponiamo inoltre che io non conosca il giapponese (ed è proprio così), scritto o parlato, e che io non sia nemmeno sicuro di riuscire a distinguere la scrittura giapponese dalla scrittura, diciamo, cinese o da segni privi di significato: in effetti per me gli ideogrammi giapponesi sono ahimè segni privi di significato. Ora supponiamo che, dopo questo primo foglio in giapponese, mi venga fornito un secondo foglio nella stessa scrittura, e con esso un insieme di regole per correlare il secondo foglio col primo. Le regole sono scritte in italiano e io capisco queste regole come qualsiasi altro individuo di madrelingua italiana. Esse mi permettono di correlare un insieme di simboli con un altro insieme di simboli, e ciò soltanto in base alla loro forma grafica. Supponiamo ancora che mi venga data un terzo foglio di simboli giapponesi insieme con alcune istruzioni, anche queste in italiano, che mi permettono di correlare certi elementi di questo terzo foglio coi primi due, e che queste regole mi insegnino a tracciare certi simboli giapponesi aventi una certa forma in risposta a certi tipi di forme assegnatemi nel terzo foglio.

Ma, forse direte voi, chi è che ti passa tutti questi fogli?

Beh, delle persone (alzo le spalle), e le persone che mi forniscono tutti questi simboli chiamano
il contenuto del primo foglio “scrittura”, quello del secondo “storia” e quello del terzo “domande”.  Inoltre chiamano “risposte alle domande” i simboli che io do' loro in risposta al contenuto del terzo foglio e chiamano “programma” l’insieme delle regole in italiano che mi hanno fornito. Ora, tanto per complicare un po’ le cose, immaginiamo che queste stesse persone mi diano anche delle storie in italiano, che io capisco, e che poi mi facciano domande in italiano su queste storie, e che io risponda loro in italiano. Supponiamo ancora che dopo un po’ io diventi così bravo nel seguire le istruzioni per manipolare i simboli giapponesi e che i programmatori diventino così bravi nello scrivere i programmi che, dal punto di vista di qualcuno che stia fuori della stanza in cui io sono rinchiuso, le mie risposte alle domande siano assolutamente indistinguibili da quelle che darebbero persone di madrelingua giapponese. Nessuno, stando solo alle mie risposte, può rendersi conto che io non so neanche una parola di giapponese. Supponiamo per giunta che le mie risposte alle domande in italiano siano indistinguibili da quelle fornite da altre persone di madrelingua italiana, per il semplice motivo che io sono di madrelingua italiana. Dal punto di vista esterno, cioè dal punto di vista di qualcuno che legga le mie “risposte”, le risposte alle domande in giapponese e a quelle in italiano sono altrettanto buone. Ma nel caso del giapponese, a differenza dell’italiano, io do' le risposte manipolando simboli grafici da me non interpretati. Per quanto riguarda il giapponese, mi comporto né più né meno che come un calcolatore: eseguo operazioni di calcolo su elementi specificati per via formale.

Il che ovviamente ci porta a chiederci cosa significhi "capire", "comprendere" qualcosa, non solo una lingua che non conosciamo, ma qualsiasi cosa.

Il che probabilmente vi porta a chiedervi se non ho davvero niente di meglio da fare.

Visto che non so se ce l'ho, ci rifletto su, e nel frattempo lascio in sospeso la chiacchierata su che cosa voglia dire capire.

Che spero faremo assieme.

Io e te.

Watashi wa anata ni kisu shimasu

 
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