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Pomodori veloci

Post n°110 pubblicato il 28 Febbraio 2006 da Boycott
 
Foto di Boycott

Pubblicato sull'Internazionale il 2 gennaio scorso:

Bisogna ricominciare a produrre e consumare localmente tutto quel che è possibile. Tutti parlano di un'esplosione, quella della protesta contro la Tav in Val di Susa. Ma nessuno parla di un'altra esplosione, quella dei
trasporti di merci attraverso i continenti. Da più di vent'anni in Europa e nel mondo il trasporto delle merci cresce a velocità quasi doppia rispetto al pil. Miliardi di tonnellate di merci vanno avanti e indietro sulle
strade, sulle ferrovie, nei cieli e sui mari. E ogni anno aumentano e vanno più lontano. Il progresso non si può fermare, dicono. Come se il progresso fosse per forza una locomotiva in discesa e senza freni. L'unica cosa che non è stata ancora toccata dal progresso è l'idea di progresso .
Se vogliamo continuare a credere nel progresso, dobbiamo far progredire anche l'idea di progresso. Un progresso progredito è un progresso che sussurra, non uno che romba. "Dall'atomo al bit" ci avevano promesso
vent'anni fa i guru della tecnologia. Avevo capito che invece di spostare sempre più atomi, cioè materia, si sarebbero spostati sempre più bit, cioè
informazione. Avevo capito male .

Mi è chiaro che per secoli le vie di comunicazione sono state le arterie della civiltà e che i commerci hanno portato vantaggi a tutti. Ma la situazione è cambiata. Per più di duemila anni le merci sono state trasportate con varie forme di energia solare indiretta, quella degli
animali da soma, del vento, dell'acqua. Oggi i mezzi di trasporto usano il petrolio, centinaia di milioni di tonnellate all'anno, che diventano miliardi di tonnellate di CO2 nell'atmosfera e che producono danni umani ed
economici sotto forma di effetto serra, tifoni, uragani, siccità
.

Spero che i commerci continuino a esistere, perché, rispettate certe condizioni di equità sociale, di
efficienza energetica e di prudenza ecologica, saranno positivi. Ma devono tornare a dimensioni umane e a prezzi reali.

Se il prezzo di una bottiglia di vino australiano trasportato fino in Piemonte o di acqua San Pellegrino trasportata fino a Sydney coprisse anchei danni ambientali prodotti, quel vino e quell'acqua costerebbero il doppio, il triplo, il quadruplo. Perché le salsicce vendute a Norimberga devono essere fatte con maiali bavaresi portati a macellare a Nola vicino a Napoli? E i pigiami tessuti e venduti in Svizzera devono andare fino in Portogallo per farsi cucire i bottoni?

E i gamberetti del mare del Nord venduti in Germania devono andare in Marocco per essere lavati? E lo speck altoatesino deve essere fatto con maiali belgi? E la pizza a Napoli con il pomodoro cinese? La Gran Bretagna
importa ogni anno 200mila tonnellate di carne di porco straniero. Ma esporta anche 200mila tonnellate di porco britannico. E se ognuno si mangiasse i porci suoi?

I commerci stimolano spesso la concorrenza, l'innovazione, l'abbassamento dei prezzi. Dietro a una merce importata a prezzo più basso a volte c'è una
maggiore efficienza produttiva, ma spesso ci sono modi di produrre socialmente iniqui ed ecologicamente dannosi. E, comunque, devono sempre essere valutati i costi ambientali dei trasporti, che per certi beni sono
sproporzionati. In un pianeta sempre più affollato, dove miliardi di persone vogliono più benessere, si potrà soddisfare tutti solo se si ricomincerà a produrre e consumare localmente tutto quel che è possibile ,
lasciando ai commerci a lunga distanza il resto e introducendo una tassa ecologica sui beni trasportati.

Se non è possibile, facciamo almeno in modo che il trasporto diventi più equo e ripaghi i danni che fa. Le tasse pagate nel mondo sono circa 7.500 miliardi di dollari sui profitti da impresa e sul commercio. L'inquinamento non è tassato. Un pomodoro prodotto in Cina deve costare in Italia 50 euro, 10 centesimi di prodotto e 49,90 euro di danno ambientale. Poi chi vuole il pomodoro esotico lo compri pure .

In questo folle su e giù per il pianeta di aerei, navi, camion e treni sempre più Tav, chi ci guadagna è il commercio e non la produzione. Anzi ,il contadino, l'artigiano vengono espulsi dal sistema produttivo dagli
ipersupermegamercati, punti di carico e scarico delle merci del pianeta. Sentinelle delle multinazionali che ci dicono cosa mangiare attraverso l'informazione e la pubblicità. E se poi la carne, il miele, il latte
prodotti localmente sono più sani e costano meno, chi se ne frega
.

 
 
 
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Un blog di: Boycott
Data di creazione: 14/11/2005
 

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