TRA CIELO E TERRA

Ciò che è in basso è come ciò che è in alto e ciò che è in alto è come ciò che è in basso (E.Trismegisto)

 

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RENE MAGRITTE

 

GELOSIA, RAFFAELE DI MEGLIO ISCHIA

 

A DIVINE IMMAGE BY WILLIAM BLAKE

Una Divina Immagine
William Blake, Songs of Experience
poesia non inclusa nella raccolta del 1794
traduzione di A.Buccianti

La Crudeltà ha Cuore Umano
E Volto Umano la Gelosia
Il Terrore, l’Umana Forma Divina
E Veste Umana la Segretezza
La Veste Umana, è Ferro forgiato
La Forma Umana, un’incandescente Forgia
Il Volto Umano, una Fornace sigillata
Il Cuore Umano, la sua Gola famelica

 

FRANCIS BACON, AUTORITRATTO 1971

THE GARDEN OF LOVE, W. BLAKE (1794)

IL GIARDINO DELL'AMORE

Sono andato al Giardino dell'Amore,
E ho visto ciò che non avevo mai visto:
Una Cappella era costruita nel centro,
Nel luogo in cui io ero solito giocare sull'erba (verde).
E i cancelli di questa Cappella erano chiusi,
E "Tu non devi" era scritto sull'ingresso;
Così sono tornato al Giardino dell'Amore
Che è fecondo di così tanti e dolci fiori;
E ho visto che era pieno di tombe,
E pietre sepolcrali dove avrebbero dovuto esseci fiori,
E Preti in vesti nere vi giravano attorno,
E incatenavano con rovi le mie gioie e i miei desideri
 

 
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FRANCIS BACON, SELFPORTRAIT

 
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SEPULCHER, WILLIAM BLAKE

Eternity by William Blake
Chi lega a sé una Gioia
Distrugge la vita alata;
Ma chi bacia la Gioia in volo
Vive nell’alba dell’Eternità

IL FUTURO.......  

Christ in the Sepulcher guarded by Angels

 

 

TRINITÀ DI ANDREW RUBLEV

Il Passato

 

MARIO DONIZZETTI, LA SUPERBIA

 

CORDE SENSIBLE, MAGRITTE

Il cielo è di tutti, di Gianni Rodari

Qualcuno che la sa lunga
mi spieghi questo mistero:
il cielo è di tutti gli occhi
di ogni occhio è il cielo intero.
È mio, quando lo guardo.
È del vecchio, del bambino,
del re, dell'ortolano,
del poeta, dello spazzino.
Non c'è povero tanto povero
che non ne sia il padrone.
Il coniglio spaurito
ne ha quanto il leone.
Il cielo è di tutti gli occhi,
ed ogni occhio, se vuole,
si prende la luna intera,
le stelle comete, il sole.
Ogni occhio si prende ogni cosa
e non manca mai niente:
chi guarda il cielo per ultimo
non lo trova meno splendente.
Spiegatemi voi dunque,
in prosa od in versetti,
perché il cielo è uno solo
e la terra è tutta a pezzetti.

 

LA RIPRODUZIONE VIETATA, RENÈ MAGRITTE

 

L'URLO, DINO BUZZATI 1967

 

 

 

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I TRIONFI: LA MORTE ULTIMA PARTE

Post n°160 pubblicato il 21 Agosto 2009 da tigerag
 

,/. CONTINUA

 

L'uomo dal fiore in bocca

      "... Alla fine avevo saputo. Avevo chiesto troppo e mi avevano accontentato. Tumore al cervello: pochi mesi di vita. Il mondo mi era cascato addosso. Si era ingrigito tutto, tutto mi era diventato indifferente. La voce di mia moglie, che mi aveva accompagnato dallo specialista, mi giungeva da lontanissimo, quasi da un altro universo. Il mondo cui pensavo di appartenere - il mondo 'normale', quello di tutti gli altri uomini - era diventato d'improvviso un sogno atroce. Che volevo finisse prima possibile. Mi ritrovai solo nella desolazione più livida. Solo senza speranza. Solo senza possibilità di fuga, o di scampo, dalla tomba in cui ero d'improvviso precipitato. E cominciai a gemere. Come un bambino. E intanto sentivo di andare in pezzi, pezzi che nessuna forza più riusciva a tenere insieme. Mi ritrovai solo in un mondo gelido e senza luce. Nessun pensiero mi confortava e ogni sforzo intellettuale anzi, era un soffrire atroce e vano. La notte che passai prima di entrare in clinica, fu terrificante. Il buio non si dissolveva e il freddo non si attenuava. Più di tutto mi sentivo solo. Disperatamente solo. Attorno a me, solo i cocci del mio passato: le mie paure, i miei sensi di colpa, i miei rimpianti. Ed erano tanti da far spavento. Ecco chi sarebbero stati i miei unici compagni da quel momento. Ecco la mia dannazione, e forse anche per l'eternità, se eternità c'è.
Nessun uomo, nessun dio, intravedevo all'orizzonte di quel mondo di desolazione e di morte. Tutte le immagini più orrende, gli orrori, i terrori, le assurdità, le mostruosità, che avevo conosciuto nella mia immaginazione, nelle letture che avevo fatto con la leggerezza dell'incoscienza, nella mia vita interiore fatta solo di parole e di concetti, si rovesciavano addosso a me come colpi di un maglio terribile.
Ero solo, nudo, impotente, terrorizzato, angosciato, di fronte ai giorni che una sentenza implacabile mi aveva assegnato. Il buio della mia solitudine mi attanagliava lo stomaco: non riuscivo più a trovar pace con le mie ossa, con le mie vene, con i miei muscoli e i miei organi, con le mie manie, con la mia testa. Avrei voluto spezzare quell'involucro che mi imprigionava e urlare, urlare la mia disperazione, la mia desolazione, la mia paura, la mia nostalgia, i miei rimpianti. I miei libri, da sempre rifugio alla  mia disperazione, mi facevano orrore. Non me la presi né con Dio né con gli uomini. Semplicemente, mi abbandonai alla disperazione. Una disperazione che col passare dei giorni, diventava sempre più nera, sempre più vorace e sempre più implacabile. Immagini cupe, sentori di arie maleodoranti e irrespirabili, ma soprattutto un senso di spossatezza opprimente che mi toglieva energia. A che vale parlare, fare, amare, correre, se poi alla fine tutto questo non farà alcuna differenza? se alla fine sarà come se nulla fosse stato? Ero solo. Come lo ero sempre stato. Come lo ero stato da bambino, quando nella penombra della povertà mi rannicchiavo in un angolo, o mi nascondevo per farmi cercare. E nessuno veniva a cercarmi. Come lo ero stato da ragazzino, quando abitavo in una casa ai limiti del mondo, lontanissimo da tutto e da tutti. Incapace di amare e di lasciarmi amare. Tutto quello che ero diventato, per gli altri ma anche per me, era stato pagato con prezzi inauditi di sofferenze e dolori. Avevo chiuso occhi, orecchie e cuore a ciò che mi suscitava emozioni; avevo chiuso in una tomba - la mia anima - tutto ciò che non potevo o non volevo dire. Ed era rimasto là a marcire.
E le innumerevoli volte che avevo chiesto a me stesso cosa avrei fatto, come avrei condotto la mia esistenza, quando un improvvisa inquietudine mi assaliva, quando i miei rifugi soliti erano inadeguati - tutte quelle volte mi ritornarono alla mente. E anche tutte le volte che ero fuggito per non soffrire, per non godere, per non entrare in rapporto con un mondo che mi diveniva ogni giorno più estraneo, mi avvolgevano di tenebra e di notte. Inchiodato, avvitato ad una solitudine che non ero mai stato capace di spezzare, ora tutti i nodi venivano al pettine. Il pettine della morte.
Una sera, seduto in poltrona più silenzioso e lacerato che mai, i miei bambini si avvicinarono a me, con un'espressione strana. Mia moglie, dietro di loro, con lo sguardo smarrito ma forte, come sempre, sembrava attendere qualcosa. I bambini mi saltarono sulle gambe, con fare guardingo. Sapevano che il loro papà era molto, molto ammalato. E il mio cupo silenzio di quei giorni doveva averli convinti dell'estrema gravità della cosa.

     - Papi -, mi sussurrarono, - ti vogliamo bene e non ti lasceremo mai -. Mi schioccarono un bacio e scapparono via, come intimoriti. Mia moglie piangeva in silenzio.
Io li osservai smarrito, senza più capire nulla. Mia moglie si sedette sul bracciolo della poltrona e mi abbracciò, sussurrando: 
 - Ti voglio bene. Non ti lascerò mai.

Pasolini, Autoritratto 1947

 
Sentii come un tuono che mi spezzava l'anima. Mi si inumidirono gli occhi, e scoppiai a piangere. Da quanto tempo non mi accadeva? Ma non piangevo per me. Avrebbe potuto accadere qualunque cosa, ma da quel momento sentii di non aver più paura. Sentii che avrei combattuto come sono capace di combattere io, quando mi ci metto. E il tumore non mi spaventava più. I bambini ci guardavano dalla porta della cucina. Li chiamai. Corsero come non avevano mai corso e mi volarono in braccio...
Adesso ho ottantatre anni... di quel tumore di tanti anni fa non si seppe più nulla. I medici dissero che si trattava di qualcosa di incredibile e inaudito. Ma io so perfettamente come sono andate le cose. Ho ottantatre anni, dicevo, e mi avvicino serenamente al momento della morte. Ho chiesto una sola grazia al buon Dio, se me la concederà. Quella di morire in una mattinata di sole, d'estate, ai piedi di un albero, mentre guardo il mondo inondato di luce. So che i miei genitori, mio padre, in quel momento, mi verrà a prendere per accompagnarmi... per la verità non so dove. E non mi importa molto...
Ciò che lascio rimarrà ai miei figli e ai loro figli che già mi si arrampicano sulle gambe. Ma il tesoro più prezioso viene con me: la memoria di una vita vissuta a testa alta, senza fughe insensate, avendo amato e avendo permesso di essere amato..." Luigi Pirandello

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MAGRITTE, LA CONDIZIONE UMANA 1935

 

 

 

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L'INNOCENZA DI WILLIAM BOUGUEREAU

THE DIVINE IMMAGE BY WILLIAM BLAKE

La Divina Immagine
William Blake - da Songs of Innocence (1789-94)
traduzione di G.Ungaretti

Grazia, Amore, Pace, e Pietà
Chi è negli affanni prega,
E ad esse virtù che liberano
Torna l’animo grato.
Grazia, Amore, Pace, e Pietà
E’ Iddio, Padre caro,
Grazia, Amore, Pace e Pietà
E’ l’uomo, Suo figliolo e Suo pensiero.
La Grazia ha cuore umano;
Volto umano, Pietà;
Umana forma divina, l’Amore,
E veste umana, Pace.
Ogni uomo, d’ogni clima,
Se prega negli affanni,
L’umana supplica forma divina,
Amore e Grazia e la Pietà e la Pace.
Da tutti amata sia l’umana forma,
In Turchi si mostri o in Ebrei;
Dove trovi Pietà, l’Amore e Grazia,
Iddio sta di casa.

 

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