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A volte da una sola scintilla scoppia un incendio (Lucrezio)

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Il danno

Post n°127 pubblicato il 05 Febbraio 2009 da Basta_una_scintilla
 

Questo testo partecipa al gioco letterario proposto da Writer dal titolo "incip"

Era una magnifica giornata, tiepida e  trasparente. Le montagne formavano un semicerchio di vette innevate  e sembravano così vicine da poterle toccare allungando un braccio. Le otto del mattino. Pareva impossibile che avesse potuto rovinarsi in quel modo la sera prima…

Già, la sera prima. Non so come successe, questo è quanto. In seguito provai a trovare qualche giustificazione: forse la stanchezza, non saprei. Avevo bevuto solo un succo di pomodoro condito, lo giuro. A noi single sprovvisti di autista non è più concesso neppure un aperitivo alcolico ormai, se ci teniamo alla patente, una delle tante ingiustizie della vita. Alcune male lingue sostengono mi stessi truccando o specchiando ma si sa che certe persone godono nel trovare le più assurde spiegazioni alle disgrazie altrui. E’ probabile che stessi chiacchierando tra me e me, questo è vero, o cantando a squarciagola. Magari stavo fumando, non ricordo, ma il cellulare lo avevo scordato a casa, almeno di questo fatto sono sicura: non fu quella la causa. Forse stavo pensando a lui, devo ammetterlo, in quel periodo era una fonte di grande distrazione per me; probabilmente mi stavo  immaginando felice, dopo tanta attesa, su un’isola soleggiata…la spiaggia…i baci…le carezze…magari stavo andando troppo oltre le carezze, con il pensiero, e fu quello il momento che mi destabilizzò. Neppure ora ricordo esattamente come accadde ma tant’è…come se me lo avessero costruito dinnanzi un attimo prima, lui si materializzò in un istante: alto, scuro, minaccioso. Che cavolo! Ma da dove spuntava quel muro? L’istinto di spostare il piede sul pedale del freno arrivò un attimo troppo tardi, giusto il tempo di sentire che, probabilmente, una buona parte delle mie carissime gomme da neve era rimasta spalmata sull’asfalto. Mi trovai con il viso affondato in quel cuscino bianco che avevo sempre immaginato morbido e consolante e che mi aveva invece colpito a tradimento come il pugno di un boxeur molto arrabbiato incrociato per caso. Fumo, stordimento, un dolore sordo e prepotente alla spalla sinistra ed un unico assurdo pensiero…Cavolo! No…non oggi…domani dovevo…sono due mesi che aspetto…Poi il buio.

Era una magnifica giornata, tiepida e  trasparente. Le montagne formavano un semicerchio di vette innevate  e sembravano così vicine da poterle toccare allungando un braccio. Ma come lo alzi un braccio appeso al collo? Le otto del mattino. Io alla finestra e loro su quella cima, a sciare felici. Osservai il gesso sentendo nel contempo quel fastidiosissimo livido proprio sopra lo zigomo. Pareva impossibile che avesse potuto rovinarsi in quel modo la sera prima. Accidenti a quel muro!

 
 
 
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