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A volte da una sola scintilla scoppia un incendio (Lucrezio)
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Trascorsi sette anni della mia vita li dentro ed ogni tanto ne sento un po' la mancanza. Per questo oggi ne scrivo, ed anche perché, durante le nostre lunghe chiacchierate telefoniche, la mia amica Rossa mi istiga, a tale proposito. Un anno di tesi sperimentale prima della laurea, uno di volontariato puro subito dopo, due di borsa di studio e tre di assunzione a tempo determinato come ricercatrice. Un mondo fatato per me. Provette, pipette, beute, fiamme bunsen, terreni, vetrini, autoclavi....ed i protagonisti del mio amore incondizionato, esseri microscopici che diventavano familiari, quasi a poterli toccare: li facevo crescere, sceglievo per loro alimenti prelibati e sempre nuovi, li coccolavo, li guardavo al microscopio per controllare se diventavano belli grassi, a volte li mettevo in provette munite di elettrodi per controllare quanto gas producevano, e di che tipo. Insieme facevamo dei finti formaggi, per simulare il loro comportamento in un ambiente più simile al naturale e, alla fine, li ammazzavo e mi dedicavo ad una nuova progenie. Uffa...non siate noiosi, so che può sembrare un atteggiamento un po' nazista, ma posso assicurarvi che sarebbero morti comunque e che non li ho mai fatti soffrire. E poi quelli speciali, che si comportavano davvero bene o erano mutati al punto da avere un valore, li frullavo per benino, li surgelavo in azoto liquido e sono certa che, ad oggi, stanno benissimo dove li sistemai allora, una casetta a -21 °C di nome ceppoteca. Erano diversi i microbi che passavano tra le mie mani, allora: molti batteri lattici, protagonisti indiscussi della vita del laboratorio, bestiacce cattive dal nome di Salmonella e Listeria, che occorreva manipolare con grande attenzione, micrococchi, clostridi, e molti altri. C'era una particolare specie batteri, simpatici da morire: al microscopio sembravano scrivere strani versi poetici disponendosi a mo' di geroglifici, in piastra originavano colonie colorate, allegre, in varie sfumature del giallo e dell'arancio, in provetta si divertivano a creare quantità variabili di anidride carbonica originando bollicine spumeggianti. Si chiamano batteri proponici e sono i responsabili della formazione di tutti quei buchi misteriosi in formaggi tipo Emmethal, nonché del classico aroma degli stessi. Dolci, piccanti, chiari, scuri, ce n'era per tutti i gusti! Da noi non erano visti con simpatia dai produttori di formaggi a pasta dura perché generavo un fenomeno detto "gonfiore tardivo": in pratica , in fase di stagionatura, potevano gonfiare un formaggio tipo Grana Padano fino a farne esplodere la forma e, comunque, riempiendolo di buchi e facendo diventare la sua pasta morbida, di colore giallo intenso e più o meno piccante. Non era un comportamento carino, certo, ma loro non ne avevano colpa, facevano semplicemente ciò per cui la natura li aveva creati! In quegli anni divenni una delle massime esperte in Italia del ruolo di tali esserini in ambito lattiero-caseario, non perché fossi un genio, sia chiaro, ma più semplicemente perché a nessun altro importava un tubo di studiarli, non erano remunerativi come il "bifidus bacterium" o altre creature divenute famose per via dell'intestino della Marcuzzi. Ma, si sa, io ho sempre avuto una speciale predisposizione per le cause perse.... Continua.....
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Senti, ma com'è che (copio testuale) "perché generavo un fenomeno detto "gonfiore tardivo": che facevi gonfiare tardivamente, tu? (occhio alla risposta, non facciamo doppi sensi....)