IL DUBBIOLa vita non è fatta solo di terra da arare o produttiva, ma anche di montagne di sogni e di sotterranei di dolore ¨ Abraham Heschel |
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LA POESIA
"Quando il potere spinge l'uomo all'arroganza, la poesia gli ricorda i suoi limiti. Quando il potere restringe il campo dei suoi interessi, la poesia gli ricorda la ricchezza e diversità della sua esistenza. Quando il potere corrompe, la poesia purifica"
John Fitzgerald Kennedy - pochi mesi prima di essere assassinato ...
DEDICATO ALLA CLASSE POLITICA ITALIANA
"Bisogna sempre tener presente questi due principi: primo, agire unicamente secondo ciò che ti suggerisce il bene dell'umanità; secondo, cambiar parere se trovi qualcuno capace di correggerti, rimuovendoti da una certa opinione. Questo nuovo parere, comunque, deve sempre avere una ragione, come la giustizia o l'interesse comune, ed esclusivamente tali devono essere i motivi che determinano la tua scelta, non il fatto che ti sia parsa più piacevole o tale da procurarti maggior gloria."
Tratto dai "Ricordi dell'imperatore Marco Aurelio (121-180 D.C.)
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Post n°218 pubblicato il 14 Maggio 2010 da svitol5
Molte volte capita spesso di leggere notizie sui giornali e sugli organi classici di informazione che allarmano, o dovrebbero per lo meno indurre in uno stato di preoccupazione, relativamente allo stato reale di ognuno di noi e quindi del nostro Paese. In questo momento non ce la passiamo proprio bene in quanto il PIL si attesta intorno allo 0,8 % mentre si assiste, complice la crisi, ad un consistente calo dei consumi. Ma possiamo dire veramente che questo rappresenti una misura del grado di benessere della nostra popolazione? E’ un indicatore adeguato a stabilire se siamo realmente felici quando i consumi aumentano e tristi quando diminuiscono? Penso che sappiate tutti che cosa è il PIL (prodotto interno lordo): identifica in modo assolutamente matematico quanta ricchezza produce una nazione e cioè il valore dei beni e dei servizi prodotti in un dato periodo di tempo. I due parametri (pil e consumi) sono quindi strettamente legati tra di loro. Ma, parliamoci chiaro, sono essenzialmente dei parametri quantitativi piuttosto che qualitativi. Quindi non assoluti. Recentemente il presidente francese Sarkozy ha commissionato una ricerca per stabilire se ci può essere un altro indice che misuri il benessere, la felicità e la qualità della vita di una nazione. Ne è nato il rapporto STIGLITZ, dal nome del premio nobel per l’economia del 2001, che prova a numerizzare l’INDICE DI FELICITA’ anche in base a nuovi parametri quali: sanità, sicurezza, opere di volontariato, ambiente. Quindi anche reddito ma NON SOLO. Nel 1968, tre mesi prima di essere assassinato, Robert Kennedy, nel corso di un bellissimo discorso all’università del Kansas, descrisse quello che per lui NON poteva rappresentare il PIL:
"Non troveremo mai un fine per la nazione né una nostra personale soddisfazione nel mero perseguimento del benessere economico, nell’ammassare senza fine beni terreni.
Certo, è vero che il calo dei consumi può essere considerato come un indice delcalo del benessere, ma forse c’è qualcosa di falso in questi meri dati economici. Infatti, secondo questa visione, l’uomo che sta “bene” sarebbe dunque l’uomo che consuma. Se consuma meno, ha meno soldi e dunque c’è da preoccuparsi. Ed è quello che ripetono tutti, governo, opposizione ed associazioni di categoria. Ma c’è un però … Come diceva Robert Kennedy, la felicità non cresce in modo proporzionale con l’aumento della produzione e dei consumi. Una lettura del fenomeno umano che si concentri solo sulla quantità dei consumi può essere fuorviante e pericolosa. Spesso certi generi di consumi, tipo ansiolitici, beauty center, telefonia, televisioni ecc. segnalano piuttosto vari generi di malessere, a volte profondi, che si cerca di curare invano con la disponibilità di mezzi finanziari. Non tutto si trasforma in economia e non tutto è mosso da soldi. E’ un problema complesso a cui risulta arduo dare una soluzione. Il tema della felicità, infatti, non è nuovo nella storia del pensiero economico. Oltre a Keynes, anche altri economisti classici come Stuart Mill, hanno spiegato come la felicità non consista nell’abbondanza delle cose, ma nella loro “qualità”. Si ha la sensazione, ultimamente, che esista un paradosso che annulla il nostro possibile appagamento di quello che si ha. E cioè l’aumento delle aspirazioni e delle aspettative che annulla l’aumento del piacere per ciò che è solo utile. Con l’invidia e la rivalità che fanno dipendere la felicità propria da quella degli altri in un continuo inseguimento. Ho sentito parlare di una vignetta che un famoso disegnatore, Steinberg, aveva pubblicato sul settimanale New Yorker tanti anni fa: Era composta di scene successive, nella prima lui, uscendo di casa in bicicletta, vede il suo vicino uscire dal garage su una utilitaria. Nella seconda lui esce con una utilitaria, ma il vicino con un’auto poderosa. Nella terza lui esce trionfante, affrontando un traffico congestionato, con una ingombrante e costosa auto; ma il vicino scorre via sereno attraverso il traffico su una bicicletta. Qui l’impulso mimetico è diretto e circolarmente frustrante. Se ci si mette la pubblicità, è moltiplicato per mille. Il mercato è sempre più trascinato dalla pressione competitiva che investe non solo la produzione ma, attraverso la pubblicità, anche i consumi “posizionali” o competitivi: quelli che non esprimono bisogni originali, ma bisogni che dipendono da quelli altrui, che, per loro natura, sono insaziabili, quindi generano infelicità. Allora come si fa a misurare il benessere e la felicità di una nazione senza ricorrere ai dati economici? Non è semplice ed ognuno di noi avrebbe una ricetta dipendente dalla sua scala di valori umani e sociali con i fattori tipo ambiente, sicurezza, salute, lavoro, famiglia ecc.. E’ compito quindi di una politica seria trovare delle misure adeguate e, successivamente, dare delle risposte. Per questo il FIL (felicità interna lorda) potrebbe essere un parametro non utopistico e filosofico, ma reale sullo stato della qualità della vita di un Paese. La Cina ha un PIL medio del 8/10 % annuo. Una crescita straordinaria che le consentirà tra pochi anni di superare anche gli Stati Uniti come prima economia mondiale. Eppure credo che nessuno di noi vorrebbe vivere ora in Cina … Con tutti i nostri difetti credo che sia ancora molto meglio continuare a vivere nella nostra bellissima Italia, anche con un PIL basso … Buon fine settimana a tutti Vito |
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