Creato da arimatec il 15/05/2006
La vita è l'arte dell'incontro (Vinícius de Moraes)

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Leo

Post n°108 pubblicato il 27 Ottobre 2006 da arimatec

 

Sin dall’inizio la vita  non era stata generosa con Leo. Abbandonato dalla madre appena nato, affetto da una malattia cronica, unico lascito di chi casualmente l’aveva messo al mondo, ospitato per anni in squallidi orfanotrofi, sino all’approdo in una casa piccola e malmessa. Eppure credo di non aver mai conosciuto una persona così inconsapevolmente felice e così inconsapevolmente capace di trasmettere allegria come lui.  Per questo si sentiva a suo agio con i ragazzi,  perché tale era rimasto, non per libera scelta, ma a causa della malattia. Questa sua caratteristica emergeva sopratutto quando si improvvisava arbitro di accanite partite di pallone tra adolescenti scalmanati, non sempre disposti ad accettare benevolmente le sue strambe interpretazioni del regolamento calcistico.

Non si faceva un problema della povertà, del fatto di non aver mai posseduto qualcosa di valore, all’infuori di una moto di cui andava fiero e a cui dedicava la massima cura.  Dato che ne era così tanto geloso da non affidarla mai a mani estranee in caso di guasti, indossava per ogni evenienza una tuta blu da meccanico, su cui il grasso si era stabilmente insediato.  Ma erano le tasche ad essere fondamentali, tanto da fare le veci della cassetta degli attrezzi e persino della  dispensa.  Da esse, infatti,  estraeva, con la consumata maestria di un prestigiatore, un salame o un pezzo di formaggio presi chissà dove, giusto per calmare la sua fame vorace.

Che un tipo come Leo non potesse in alcun modo conformarsi all’etichetta era cosa scontata, ma il colmo lo raggiunse il giorno in cui si presentò, non invitato, a un banchetto matrimoniale con indosso il suo vestito d’ordinanza. Sollecitato da alcuni conoscenti  a usare un abbigliamento più consono all’occasione, prontamente si ripresentò con l’unico abito del suo guardaroba, nero e di qualche misura più grande, così  da apparire più uno iettatore che un partecipante a un festoso evento.

Dopo qualche tempo ci finì pure lui sull’altare,  questa volta per lenire la fame d’affetto, però il suo fisico minato lo stava per tradire definitivamente. Immagino che sia congedato dalla vita con la stessa leggerezza con cui l’aveva attraversata e che,  sul viso provato dalla sofferenza, sia apparso quanto gli era rimasto di un sorriso.

 
 
 
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