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Un blog creato da cercoilmiocentro il 19/04/2005
 
 

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CAMMINAI...

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Camminai fino a non pensare più
Che a portarmi fino a qui eri stata tu
Nascosta nei miei sogni come ieri
Sola dentra di me, nei miei pensieri
E così é oggi, così era ieri
Sopra un treno ad una sola direzione
L’Impossibile la mia destinazione
Sopra un carro trascinato da un leone
Viaggio verso di te senza più ore
Un tempo nuovo che ho nel cuore
Prima o poi tu saprai la verità
Non é una, ma qualcosa che si muove
Da infinite possibilità d’errore
Nacque un giorno così tra noi l’amore
Apri la porta se lo sentirai bussare.

 

Dopo un po' impari

la sottile differenza
tra tenere una mano
e incatenare un'anima.
E impari che l'amore
non è appoggiarsi a qualcuno
e che la compagnia non è sicurezza.
E inizi a imparare
che i baci non sono contratti
e i doni non sono promesse.
E cominci ad accettare
le tue sconfitte
a testa alta e con gli occhi aperti,
con la grazia di un adulto
non con il dolore di un bimbo.
E impari a costruire
tutte le tue strade oggi,
perché il terreno di domani
è troppo incerto per fare piani.
Dopo un po' impari
che anche il sole scotta
se ne prendi troppo.
Per ciò pianti il tuo giardino
e decori la tua anima
invece di aspettare
che qualcuno ti porti i fiori.
E impari che puoi
davvero sopportare
che sei davvero forte
e che vali davvero.
di Marco Lombardozzi
 

 

« ...non si toccano......per te mon amour... »

...JAZZ STORY...

Post n°769 pubblicato il 07 Giugno 2007 da cercoilmiocentro

Il locale era semivuoto, tuttavia il sax della jazz band continuava a vibrare nella notte e a penetrare nel cuore dei pochi randagi seduti ai tavolini accanto ai loro whisky ed alle loro sigarette. Fra quello sparuto gruppo vi ero anch'io : capelli lunghi e nerissimi, barba incolta, occhiali, camicia beige di lino, jeans sdruciti e scarpe da tennis di tela, mi rendevano ancor più parte del locale, di cui, senza accorgermene, facevo da tappezzeria. Erano le tre del mattino, fuori, per strada, la notte passeggiava mano nella mano con la pioggia battente sotto una luna felliniana ; bevvi un sorso di vino rosso e chiusi gli occhi per un istante lasciando che la musica si impadronisse del mio corpo e della mia anima. Finché, una voce di donna mi destò… ed al mio risveglio la vidi. Era a circa dieci metri da me, sul palco, con il microfono fra le dita e la sua morbida pelle nera che si confondeva tra le luci basse e soffuse di quel locale nel "Village" newyorkese. Stava intonando un pezzo di Billie Holiday quando, improvvisamente, i nostri sguardi s'incontrarono. Come per magia i randagi attorno a noi sgattaiolarono via miagolando e venni catturato dall'immenso dei suoi occhi e dalla profondità del suo sguardo che mi condussero, insieme alla sua calda voce, nel suo camerino colmo di fumo ed alcool. Bussai garbatamente alla porta e prima di poter finir di dire :"permesso", lei mi aveva già fatto accomodare sul piccolo divano di fronte allo specchio e offerto un drink…"non sei di queste parti, tu, giusto?" disse lei con voce leggermente rauca. "no, sono italiano. Sono qui a New York perché devo scrivere un pezzo per una rivista e…" . "…calmati piccolo non correre, ci conosciamo solo da un minuto e pretendi già di raccontarmi tutta la tua vita. Non sei un tipo molto "cool" mi sembra. Comunque io mi chiamo Melanie, Mel per gli amici…" . "Beh, allora ciao Mel…" . "Senti piccolo se per sapere il tuo nome ti devo mandare un fax è meglio chiudere qui la conversazione e bye bye." . "Già, scusa, mi chiamo Dennis, sia per gli amici che per i nemici. E' da molto che fai jazz, voglio dire, in questo posto?" . "Piccolo il jazz non si fa, il jazz si ha. Il jazz è un dono divino che ti porti dentro fin dalla nascita aspettando il momento buono per farlo uscire. Il jazz è uno stile di vita, una vita fatta di sacrifici e di dolori, di applausi e di fischi, di rose di spine, di meravigliose storie d'amore e di scopate in piedi in un vicolo del bronx…questo è jazz…" . "…Scusa se mi intrometto, ma che ne diresti di uscire da qui e continuare la conversazione magari davanti ad una bella birra?" . "Bravo piccolo, finalmente hai detto una cosa intelligente, finisco di cambiarmi e poi usciamo". Uscii dal camerino e mi accesi una Winston, la pioggia era cessata e con essa i miagolii dei randagi che popolavano il "Village", erano le sei di mattina e forse, piuttosto che di una birra avevo bisogno di un bel caffè nero bollente e di una ciambella calda. "Eccomi sono pronta!" . "Dio, sei bellissima…ehm, vieni Mel ho la macchina qui fuori, una vecchia Dodge del '72 sai questo tipo di macchine sono…" . "Ehi piccolo rilassati, stiamo solo uscendo per bere una birra, comunque grazie per il bellissima era da troppo tempo che non ricevevo un complimento, di questo tipo, da un uomo". Scendemmo le scale, Mel salutò gli amici della Session ed il padrone del locale, un vecchio ciccione alcoolizzato con i capelli brizzolati ed un lungo sigaro in bocca, poi ci dirigemmo verso la macchina mentre il sole spuntava lentamente fra i grattacieli della Grande Mela. Aprii lo sportello e la feci accomodare, lei mi guardò per un attimo accennando una specie di sorriso che, in fondo, mi fece piacere. Richiusi lo sportello dalla sua parte ed entrai anch'io in macchina. Accesi il motore e partii, anche se non sapevo per dove, visto che era la prima volta che mi trovavo a New York. "Conosco un posticino tranquillo proprio a due isolati da qui, ecco gira a destra adesso…" , intervenne Mel con tempismo quasi incredibile. Seguii le sue indicazioni ed arrivammo al "Cafè de Flaubert", il dialogo durante il tragitto non fu molto brillante lo riconosco : lei che mi dava le indicazioni ed io che annuivo senza dire una parola quasi ipnotizzato dal fascino che emanava quella donna misteriosa. Entrammo e ci sedemmo ad un tavolino accanto al Juke Box, poi ordinammo due birre, il caffè non mi andava più e le ciambelle le avevano finite. "Allora piccolo, per quale giornale scrivi in Italia?" . "Scrivo per una rivista culturale fondata da me e da altri amici ex compagni di università, si chiama "Arte Mese", ma non penso che tu ne abbia mai sentito parlare, abbiamo una tiratura limitata in Italia, figuriamoci se è conosciuto negli States." . "Infatti piccolo non ho neppure la più pallida idea di che cosa si tratti…" . "Beh, ad essere sincero lo sospettavo, comunque il motivo per cui sono a New York è che devo incontrare Allen Ginsberg per un'intervista." . "Cazzo! Ginsberg hai detto! Il grande scrittore Beat, porca vacca amico, adesso sì che ci capiamo!", esclamò Mel entusiasta. "Sai Dennis ti avevo sottovalutato, all'inizio quando ti vidi non ho potuto fare a meno di guardarti perché sei davvero niente male e poi ho sempre avuto un debole per gli pseudo-intellettuali, quindi ti ho lasciato entrare nel mio camerino molto volentieri. Ma poi parlando non mi sei sembrato abbastanza "cool" e così non vedevo l'ora di mandarti al diavolo con una scusa qualsiasi…" . "Grazie per la tua sincerità, tolgo subito il disturbo…cameriere!" . "No, aspetta, non andartene. Forse sono stata un po' dura con te ma io sono fatta così, non mi fido degli uomini, ho preso troppe scottature durante il corso della mia vita, ti prego rimani…ti prego…". La tigre selvaggia si era trasformata in una docile gattina proprio come avevo previsto, pagai il conto e la invitai a salire in albergo da me, lei annuì, molto probabilmente perché era rimasta incuriosita da Ginsberg e ne voleva certo sapere di più. Dopo circa mezz'ora, quindi verso le nove del mattino, arrivammo davanti al portone dell'hotel, parcheggiammo la macchina ed entrammo. Ero stanco morto ed i miei indumenti puzzavano di fumo da fare schifo, lei invece era splendente ed il suo corpo sinuoso ondeggiava nella hall dell'albergo come un odalisca araba di fronte al sultano. Un'ultima sigaretta per le scale, io odio le ascensori, ed eccoci in camera mia. "Vado un attimo in bagno, intanto se vuoi ho una bottiglia di vino bianco in fresco e un po' di frutta, almeno credo, sono da te tra cinque minuti" le dissi. Mel girovagò per la stanza scuriosando da tutte le parti poi aprì il frigo e prese la bottiglia e due bicchieri. Quando uscii dal bagno in vestaglia e con la braba sempre più lunga, misi un cd di Chet Baker nelle stereo e mi avvicinai a lei..."Sai Mel, non avevo mai incontrato una donna come te prima…" . "Che fantasia Dennis, adesso non mi dirai che è stato il destino a farci incontrare, risparmia queste stronzate con me piccolo. Se sono qui nella tua stanza adesso è perché anch'io ho voglia di fare l'amore con te, quindi beviamoci quest'ultimo bicchiere di vino e facciamola finita". Presi il bicchiere e mi sedetti vicino a lei, emanava uno strano profumo, un profumo che racchiudeva in sé tutto il sapore di quella folle notte, nata per caso. Le accarezzai i capelli come fa una bambina al suo pelouche preferito ed incominciai ed incominciai a baciarla delicatamente sul collo, lei lasciò cadere il bicchiere dalla mano ed il suono del vetro che si frantumava ai nostri piedi la fece sobbalzare per un secondo. Volevo dirle mille parole, volevo farla sentire per la prima volta importante, ma non una parola, non una frase uscirono dalla mia bocca in quell'istante. Solo baci, carezze, gemiti di piacere…il suo vestito blu scivolò lentamente sul tappeto seguito dalla mia vestaglia, la presi fra le braccia e la condussi sul letto dove, cullati dalle note di "I should care", ci spogliammo di tutto e ci abbandonammo all'estasi dei sensi. Mel era tornata ad essere la tigre di prima e le sue unghie entravano nella mia pelle come artigli, mentre la sua lingua leccava le mie ferite, la domai, mi domò…passavano le ore ma i nostri corpi erano insaziabili ed i nostri cuori troppo bisognosi di amore. Alla fine distrutto mi arresi e mi addormentai, quella sera avevo appuntamento con Ginsberg in un locale di Manhattan e non potevo permettermi di mancare, ne sarebbe andato della mia carriera di giornalista e poi trepidavo di gioia all'idea di conoscerlo. Mi sveglia verso le sette di sera, avevo solo un'ora per prepararmi ed ero in condizioni pietose. Ma al mio risveglio non la vidi, Mel non era più nel mio letto. La cercai per tutto l'appartamento, ma non riuscii a trovarla. Se n'era andata e con lei il suo profumo di donna. Strisciai verso il bagno e con mio grande stupore lessi il messaggio che Mel mi aveva scritto , probabilmente qualche ora prima, con il rossetto sullo specchio. "Tutto è stato bello ieri notte e Mel ti ringrazia per questo ma io sono come il Jazz…non sei tu che lo cerchi ma è lui che ti trova…Kisses Mel.". Mi feci una doccia e la barba, poi spensi lo stereo e mi vestii, scesi le scale e presi la mia Dodge per dirigermi all'appuntamento con Ginsberg, d'altra parte ero già in ritardo, ed io odio arrivare in ritardo.

di http://www.pedro.it/webs/spazioautori/autori/Sa62_FULIGNATI.htm

http://www.youtube.com/watch?v=YZY2U4aOh4k&feature=PlayList&p=20A07BD80A06BA81&index=0&playnext=1

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imeon69
imeon69 il 08/06/07 alle 13:27 via WEB
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Un brano dal libro di welby...

Ci vorrebbero silenziosi, ci vorrebbero costringere in un ruolo che non ci appartiene, ma noi ci faremo sentire, parleremo con le impersonali voci sintetiche offerteci dalla tecnologia, chiederemo, chiederemo, chiederemo… fino a quando, se non l’assordante silenzio di Dio, cesserà almeno l’ingiustificabile silenzio dell’Uomo.

Com’è difficile vivere e morire in un Paese dove il Governo fa i miracoli e la Conferenza episcopale «fa» le leggi.

 

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PER NON DIMENTICARE...

Sul filo spinato

Tu certo non scorderai: non sai di sofferenze senza nome non sai d’atroci prigioni ove il respiro tra i dentiè brama di vita e la fede  dei popoli speranza.Tu non sai che oltre il filo spinato ove ora ti posi era un mondo perdutoove giacevano sepolti nella memoria gli affetti più cari o il nulla.Tu certo non scorderai la ferocia lucida dei popoliche impazziscono a volte e sicuri di giuste ragionison mostri senza nome: tu non sai, timido uccellodi noi dispersi per il mondo e quanto bieco sia spesso  l’uomo. Io so: per non dimenticare.

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BUCHENWALD

C'è un paio di scarpette rosse numero ventiquattro quasi nuove: sulla suola interna si vede ancora la marca di fabbrica Schulze Monaco c'è un paio di scarpette rosse in cima a un mucchio di scarpette infantili a Buchenwald più in là c'è un mucchio di riccioli biondi di ciocche nere e castane a Buchenwald servivano a far coperte per i soldati non si sprecava nulla e i bimbi li spogliavano e li radevano prima di spingerli nelle camere a gas c'è un paio di scarpette rosse di scarpette rosse per la domenica a Buchenwald erano di un bimbo di tre anni forse di tre anni e mezzo chi sa di che colore erano gli occhi bruciati nei forni ma il suo pianto lo possiamo immaginare si sa come piangono i bambini anche i suoi piedini li possiamo immaginare scarpa numero ventiquattro per l'eternità perché i piedini dei bambini morti non crescono c'è un paio di scarpette rosse a Buchenwald quasi nuove perché i piedini dei bambini morti non consumano le suole...di Joyce Lussu

 

Vivi la vita

La vita è un'opportunità, coglila.

La vita è bellezza, ammirala.

La vita è beatitudine, assaporala.

La vita è un sogno, fanne una realtà. 

La vita è una sfida, affrontala.

La vita è un dovere, compilo.

La vita è un gioco, giocalo.

La vita è preziosa, abbine cura.

La vita è una ricchezza, conservala.

La vita è amore, godine.

La vita è un mistero, scoprilo.

La vita è  promessa, adempila.

La vita è tristezza, superala.

La vita è un inno, cantalo.

La vita è una lotta, accettala.

La vita è un'avventura, rischiala. 

La vita è felicità, meritala.

La vita è la vita, difendila.

Madre Teresa

http://balbruno.altervista.org/index-94.html

 

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Dhuische 18 Agosto 1998
Non so come rivolgermi a te.Non so se vuoi essere mia amica. So molto poco di te, ma ti sento già vicina.
Mi chiamo Marvet. Sono palestinese. Sono una ragazza intelligente, carina,volenterosa. Non odio nessuno,ma il mio desiderio più grande è quello di vivere libera nel mio paese,come te. A parte la mia famiglia,nessuno sa che ti scrivo. Se le mie compagne lo venissero a sapere, sicuramente non mi rivolgerebbero più la parola, perché ho un’amica ebrea. Ma non lo sapranno mai perché la scuola è chiusa.

 

SPERANZA

L’umiltà di una lacrima che scorre su un viso

e la forza immensa di un sorriso,

di una carezza, tante piccole gocce

che creeranno il mare della pace.

Athina Mansutti

 

 

 

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Rino

Dal Libro di poesie: Rino
Per le Mamme Tristi
Mamma non piangere se non cammino
sarò sempre a te vicino
mamma non piangere se non parlo
il mio sorrìso ti racconta il mio cuore
mamma non piangere se i miei occhi sono obliqui
ti guardano con amore
mamma non piangere se mi considerano diverso nel mondo non siamo tutti uguali

questi versi mi sono stati dedicati

da signoradellestelle

vorrei..dopo averti incontrato...
che tu mi entrassi nella testa..
per non smettere piu' di pensarti
respirando il tuo profumo
e vivendo del tuo piacere..
vorrei ..essere mare
per poter rapire il tuo sguardo
e permettere alla tua mente
di cavalcare l’onda dei tuoi sogni più belli..
vorrei regalarti un amore caldo e bruciante
come il sole, forte e deciso come il vento,
immenso e profondo come il mare, unico come la luna

grazie di cuore

 

PREMI RICEVUTI

Ringrazio trilly_77
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Ringrazio Amandoti4
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PACE

 

 

Fate l'amore, non fate la guerra

 

 

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PREMI RICEVUTI

Ringrazio vivianemell
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per avermi assegnato
questo premio.

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