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BERLUSCONI SI è DIMESSO, SPERIAMO DI ESSERE ANCORA IN TEMPO PER SALVARCI

Post n°1171 pubblicato il 13 Novembre 2011 da kayfakayfa

Alla 21,40 di ieri, minuto prima minuto dopo, Silvio Berlusconi ha rassegnato al Capo dello Stato le dimissioni da Presidente del Consiglio. Una svolta storica e drammatica resa necessaria dalla tragica situazione dei conti pubblici che ha messo il paese a repentaglio della speculazione finanziaria portandolo a un passo della bancarotta (ma forse siamo già in bancarotta…); mettendo a rischio l’euro.

Una situazione divenuta insostenibile negli ultimi quattro mesi al punto da costringere agli inizi di agosto la BCE a inviare una lettera al nostro esecutivo sottoponendogli i provvedimenti da varare in tempi brevi per evitare il default del paese. Praticamente da agosto l’Italia è commissariata dall’Europa per l’evidente incapacità del governo di varare norme adeguate in grado di arginare la crisi. Un’umiliazione senza precedenti per l’Italia, tra i principali membri fondatori dell’Unione europea, che, come ammise l’attuale Premier in pectore Mario Monti, “dopo aver fondato l’Europa rischia di affondarla”. Ma anche una bocciatura senza appello per il duo Berlusconi/Tremonti che, da quando nel 2008 scoppiò la crisi dei mercati, non hanno fatto altro che invitare all’ottimismo, ripetendo, a turno e all’unisono, la tiritera secondo cui l’Italia non era a rischio perché aveva fondamentali forti, che il suo sistema bancario era solido, che le politiche economiche del governo garantivano stabilità al paese, che non erano necessarie manovre aggiuntive alle finanziarie già varate e tante altre rassicurazioni. Un castello di parole evanescenti venuto giù miseramente non appena l’onda della speculazione finanziaria ha iniziato a accanirsi sul paese mandandolo economicamente in frantumi! E nemmeno allora, quando ormai era evidente a tutti che l’Italia era in balia dei mercati, il Premier uscente ha avuto l’onestà di ammettere i propri errori e quelli dell’esecutivo. Affermando a sua giustificazione che l’enorme debito pubblico italiano di oltre 1900 miliardi di euro, vera causa dei problemi economici del paese, si era accumulato in trenta anni, non certo negli ultimi tre. Dimenticando che i mercati all’Italia chiedevano non solo garanzie economiche, ma prima di tutto politiche essendo evidente che, diversamente da quanto tuttora Berlusconi e suoi vanno sbraitando, la maggioranza parlamentare che reggeva il governo svanito alle 21,40 di ieri, non era più quella uscita dalle urne nella primavera del 2008. Bensì una maggioranza raffazzonata, taroccata la quale, dopo l’uscita di Fini dal PDL a novembre dello scorso anno, per esistere aveva bisogno del sostegno di alti statisti del calibro di Scilipoti e di alcuni membri dell’opposizioni che, ammaliati dal potere economico e politico di Berlsuconi, passarono nella file opposte, votandogli la fiducia il 14 dicembre del 2010, illudendo gli italiani che il governo aveva ancora una maggioranza solida in Parlamento. Non certo ingannando i mercati i quali, preso atto della debolezza politica del nostro paese, iniziarono a prenderlo di mira, giocando sempre più al rialzo senza che il governo nulla facesse per fronteggiarli, fino ad arrivare alla situazione di stallo in cui ci troviamo oggi.

In un simile scenario che metteva seriamente a rischio l’unità monetaria europea, era presumibile che, prima o dopo, l’Europa sarebbe intervenuta presentandoci il conto. E così è stato!

Negare con accanimento l’evidenza dei fatti, ha segnato inesorabilmente il declino politico di Silvio Berlusconi. L’estemporaneità delle sue pubbliche boutade, laddove si chiedeva un contegno eticamente impeccabile; la sfacciataggine con cui commentava in Italia e all’estero gli scandali sessuali che lo vedovano protagonista, a volte riferendovisi finanche durante le conferenze stampa con i capi di stato stranieri; quell’eterno sorriso da giullare di corte con cui si presentava ai consessi nazionali e internazionali per ammaliarsi tutti; le corna fatte a chi gli stava davanti durante la foto ufficiale di un summit internazionale hanno fatto il resto. Se a tutto ciò aggiungiamo le reiterate rassicurazioni che il governo italiano si sarebbe impegnato a varare riforme urgenti per rimettere in ordine i conti del paese rilanciando la produttività, senza mai farlo davvero per non inimicarsi  una parte dell’elettorato di centrodestra, ecco spiegato il motivo per cui alla fine l’Europa e i mercati l’hanno fatto fuori. Ha ragione Giuliano Ferrara quando dice che a segnare la fine politica di Silvio Berlusconi sono stati i mercati e l’Europa. Dovrebbe però aggiungere, “perché non potevano permettere che un guitto, amante delle barzellette e dei festini a base di bunga bunga, mandasse all’aria un progetto di stabilità politica e monetaria quali sono l’Unione europea e la moneta unica”.

Fino all’ultimo Napolitano ha sperato in un ravvedimento del Presidente del Consiglio, forse auspicando che seguisse l’esempio di Zapatero in Spagna il quale, preso atto della crisi economica nel suo paese, si è impegnato a varare le riforme necessarie per superarla, quindi a dimettersi perché si riandasse subito al voto a conferma che la stabilità politica di un paese è fondamentale per allontanarlo dalla speculazione finanziaria.
Da noi tutto questo non è avvenuto. Si è preferito inviare letterine di buoni propositi all’Unione europea, sperando che vi desse credito, quando invece era necessario agire subito. Non facendolo ci si è politicamente suicidati.
Speriamo che non si sia irrimediabilmente compromesso il paese!

 

 

 

 
 
 
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