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L'amore ha il potere di fissare il passato in eterno presente.... Questa frase, annotata su un quaderno all'inizio del romanzo, è il tema conduttore della storia d'amore tra il giovane Kayfa e Miryam, donna matura e d'esperienza, che lo inizierà alle gioie e alle sofferenze dell'amore. Immersi in uno scenario da favola, facendosi scudo di una barriera di bugie e verità che metterà a rischio i loro affetti più cari, i protagonisti vivranno la loro passione senza freni con la complicità del mare e dell'intimità della casa di lei. Fondamentale la figura di Omar, pescatore egiziano con un intenso vissuto alle spalle, che attraverso la propria esperienza aiuterà Kayfa a districarsi nei meandri della mente e del cuore per avviarsi sul proprio cammino esistenziale.
Messaggi del 24/06/2018
Era più o meno la fine del 2003 quando ebbi modo di intervistare per il Bollettino Flegreo Carlo Santillo, l'ultimo custode della Grotta della Sibilla situata all'interno della boscaglia che circonda il Lago d'averno. Lo stesso articolo lo riproposi sul mio blog, seppure in forma ridotta, il 7 maggio 2014. Ed è grazie a questo post che in mattinata sono stato contattato su Messanger da una signora, di cui ovviamente non farò il nome per tutelarne la privacy, la quale, dopo aver letto l'intervista a don Carlo, mi ha scritto quanto segue: "Difficile spiegarLe tramite un messaggio così freddo il motivo per cui Le scrivo. Mi riferisco a questo. Oggi sono tornata in uno dei luoghi che ha segnato la mia vita: la grotta della Sibilla dove ho conosciuto il signor Carlo (che io ho sempre chiamato Arturo). Alla vista dello scempio sono rabbrividita: preservativi usati, erbaccia, tronchi d'albero che ne ostacolano il passaggio, calcinacci caduti. Non si può lasciare un luogo di quel grandissimo valore storico in uno stato di abbandono simile. Mi aiuti, La prego. Vorrei smuovere le coscienze per portare la luce nella grotta, ma non so davvero da dove iniziare." A margine del messaggio, mi lasciava il suo contatto telefonico e alcune foto dell'ingresso della grotta che allego nel pezzo. Seppure non fosse mia abitudine telefonare agli sconosciuti, il messaggio mi aveva emotivamente scosso che non ho potuto fare a meno di chiamarla. Dalle prime battute che ci siamo scambiati ho avuto la percezione che dall'altro capo del telefono vi fosse una persona davvero addolorata per il degrado in cui versa la grotta, ma seriamente decisa a fare qualcosa per recuperarla. Non avendo più notizie di don Carlo da oltre due anni, tramite conoscenze comuni mi era stato riferito che fosse passato a miglior vita. Quando glielo ho comunicato, la signora mi ha risposto che invece era vivo e vegeto; che lo aveva sentito al telefono proprio il giorno prima, dopo aver rintracciato il suo recapito su internet mentre faceva una ricerca per capire a chi poteva rivolgersi per avere maggiori informazioni sulla grotta; che quando aveva incominciato a fare domande insistenti sulla grotta, don Carlo aveva bruscamente interrotto la comunicazione, non prima di augurarle buona giornata. A quel punto le ho chiesto di darmi il numero e l'ho chiamato. Non appena l'inconfondibile voce sottile di don Carlo ha risposto, "chi è?", la gioia mi ha rallegrato l'animo. Contrariamente a quanto temevo, si è subito ricordato di me. Quando gli ho chiesto notizie della grotta, rammaricato mi ha risposto, "signor Giarritiello, dopo oltre 140 anni che la mia famiglia e io abbiamo preservato la grotta e accompagnato i turisti al suo interno, purtroppo l'ho dovuta abbandonare". Alla domanda se fosse stato costretto per problemi di salute - stando per tanti anni a contatto con l'umidità della grotta, don Carlo ha contratto un'artrite reumatoide alle anche che da tempo lo costringe a camminare col bastone - , mi ha risposto: "No, la salute non c'entra niente. Seppure ora sono allettato per altri motivi di salute (ecco spiegato il perché da almeno un paio di anni non lo vedevo più in giro), all'epoca la dovetti abbandonare perché è pericolante, sia all'esterno che all'interno. Non immagina quante volte è franato davanti al cancello d'ingresso. Meno male che era chiusa altrimenti, prima o poi, la tragedia ci scappava. La mia coscienza non mi permetteva di continuare a condurvi la gente all'interno. Nella grotta non c'è un'uscita di sicurezza. Che senso aveva rischiare?" "Non si può fare nulla per metterla in sicurezza?" gli ho chiesto. La sua risposta è stata lapidaria: "Seppure si stendesse lungo la collina una rete di protezione per contenere la caduta dei massi, anche all'interno c'è il rischio che frani. Mi creda, oramai la grotta è morta!" Chi ha avuto la fortuna di visitare la grotta guidato da don Carlo, sa bene con quanto amore e abnegazione egli svolgeva il proprio ruolo di "caronte", così amava definirsi: la domenica e nei giorni di festa allestiva una scenografia di luci, accendendo lungo tutto il camminamento della grotta una fila di lumini di cera e muniva i visitatori di candele, anziché delle solite torce elettriche, accrescendo con il riverbero delle fiamme la suggestione del luogo. Per quest'attività di assoluto volontariato don Carlo non percepiva un soldo, se non le offerte dei visitatori che investiva nella manutenzione della grotta. Oggi anche questa "grotta", che per quasi un secolo e mezzo ha segnato con orgoglio un pezzo di storia dei Campi Flegrei, è da archiviare tra i tanti siti archeologici dell'area flegrea abbandonati nell'assoluto degrado. Non si capisce se per questioni burocratiche o altro... Quante altre persone, come la signora che mi ha scritto, vi si sono recate, vi si recano e vi si recheranno per visitarla e, invece di vivere la suggestiva emozione suscitata dal mistero che vi aleggia, saranno colte dallo sconforto derivante dal degrado che si mostrerà ai loro occhi, uno scempio ingiustificato in un paese civile? Possibile non si possa fare nulla per recuperare la grotta, riconsegnandola ai vecchi splendori del passato? Mica bisognerà rivolgersi alla sibilla per conoscere le sorti del suo il suo destino!? |
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