Vorrei fare un post sulla fiducia. E al tempo stesso mi accorgo di quanto le cose negative che ci accadono, le delusioni che proviamo, le porte sbattute in faccia, gli atteggiamenti poco corretti, le ferite che bruciano e faticano a rimarginarsi, i sentimenti mal riposti e non corrisposti, tutto ciò concorra a renderci sfiduciati, o peggio..diffidenti. Succede anche a me. Anche quando non vorrei diffidare o aver paura, anche quando scelgo di stare tranquilla e conoscere una persona in tutta serenità, anche quando mi sembra che ci sia feeling e che tutte le carte siano sul tavolo. La fiducia e' qualcosa di reciproco, che due persone si scambiano vicendevolmente, esattamente come si scambiano il numero di telefono e le confidenze, come quando si raccontano l'una all'altra. Non si puo' chiederla senza ricambiarla e non si puo' offrirla senza riceverla. A rischio di una sonora delusione. E bisogna pure meritarsela, conquistarla ogni giorno rilanciando e rinnovando, per cosi' dire, il patto non scritto che sta alla base: ci saro' se ci sarai..per dirla con gli Ohm di Crepuscolaria. Troppo spesso alle parole non seguono i fatti, oppure vedo da parte dell'altro "di turno" (che ci volete fa'..è un turn over continuo qui, visto che le conoscenze evaporano velocemente, a volte senza nemmeno compiersi!!) passi indietro dove e quando sarebbe il momento di farne in avanti..e come in una danza, per un relazione ci vuole armonia e senso del tempo, una ritmica comune che guidi i movimenti e trascini con se' il sentimento e il piacere di avvicinarsi e allontanarsi per poi riprendersi e avvicinarsi un altro po', stringersi ancora piu' forte, sentirsi ancora piu' vicini.. (to be continued) |
Qualcosa si è rotto dentro di me dopo capodanno e non c'è più.. forse la fiducia nella reciprocità tra noi due rispetto all'unica cosa che ti ho mai davvero chiesto di non farmi mancare (ma dubito tu abbia mai capito quale fosse), forse la lettura comprensiva e positiva di tutti i tuoi no alle mie proposte, dei tuoi silenzi ai miei per altro pochi messaggi, del motivo per cui mi mettevi sempre in fondo alla lista delle tue priorità, forse la mia disponibilità a credere che i tuoi rifiuti di programmare e prendere impegni per vederci valessero per tutti (finchè non ho scoperto che invece con altre persone lo fai o quando una cosa ti interessa), forse la resistenza nel sentirti elencare solo i miei sbagli, i miei errori, i miei presunti difetti ai tuoi occhi, derivanti di volta in volta da caratteristiche zodiacali, professionali e geografiche, invece di cogliere almeno qualche occasione per dare valore e riconoscermi spontaneamente le tante piccole attenzioni e gesti e disponibilità che ho avuto per te e che sono parte integrante di me come persona e del mio modo di essere e di fare. E' un aspetto fondamentale che tutti di solito colgono di me anche dopo poco tempo passato insieme..molto meno tempo di quello che hai trascorso tu vicino a me. Che motivi hai per non vedere quello che tutti notano?per dare invece risalto solo a quello che non va, mettere tutto in chiave critica, esagerarne l'importanza a scapito dei commenti positivi? (ecc ecc) Ti ha sfiorato l'idea di rivedere il TUO comportamento recente, le nostre ultime conversazioni o le tue scelte, alla ricerca di qualche possibile causa dell'attuale mia astensione dal comunicare con te e della MIA repentina scelta (improvvisa, forse, ma che ti avevo preannunciato mille volte, parlandoti di come funziono io, dei miei valori e criteri) di ritirarmi e smettere di essere l'unica che spinge per nutrire una relazione che tu ancora chiami "conoscenza" ma che reclami come un tuo diritto dopo averla trascurata e data per scontata per settimane? Dopo aver trascurato ME..preferendo amici e amiche o pseudomorose con cui dici di non avere molto in comune..il che aggiunge il tentativo di umiliarmi (scartandomi rispetto a loro) alla trascuratezza nei miei confronti e all'indifferenza ai miei desideri o bisogni..che erano poi soltanto vederti durante le vacanze, passare un po' di tempo con te nel relax dai ritmi lavorativi per entrambi, facendo non importa cosa (anche niente, solo due chiacchiere) perchè eri tu che contavi per me..la tua compagnia, la tua presenza, la tua persona. Hai fatto il conto di quanti giorni sei sparito tu, quanti ne hai fatti trascorrere tu prima di farti vivo con me (che avrei potuto essere morta, aver avuto un malore, un incidente..qualsiasi cosa)? Ti ha sfiorato nel frattempo il dubbio che stessi male?o che fossi impegnata?o che, come tu hai fatto mille volte, semplicemente non fossi dell'umore adatto per risponderti? NON CREDO. Il tuo pensiero e' solo per te stesso, ruota intorno a te, ai tuoi bisogni, ai tuoi problemi, ai tuoi guai e gli altri esistono solo come strumenti o soluzioni temporanee in funzione delle tue necessità. E non sto giudicandoti come persona ma nei tuoi comportamenti quando dico che l'egoismo che traspare dal tuo modo di fare e di scegliere se o quando entrare in contatto con altre persone dimostra soltanto che non hai ancora scoperto veramente il valore affettivo e la ricchezza autentica di una vera amicizia e di una relazione con un'altra persona nella vita..era più importante cazzeggiare in chat o su internet per ore che vedermi e parlare con me..o forse era solo più comodo e meno impegnativo? E allora meglio una vita piatta, vuota, sballata e senza pretese, di cui poi ovviamente ti lamenti perchè "chi non risica non rosica" e "chi poco spende, poco guadagna"..piuttosto che impegnarsi in una relazione, dare quel che si pretende di ricevere, fare FATICA..anche se è il minimo sindacale della fatica, anche se è in vista di qualcosa cui dici di tenere, qualcosa che hai iniziato anche tu.. Il terrore delle aspettative altrui, il pensiero che sia fatica dover tenere il passo con un altro essere umano ti paralizza e ti spinge a fare retromarcia più che a mettere un piede avanti all'altro. E a rifarti sotto quando non c'è niente da dimostrare, niente da perdere ma nemmeno nulla in gioco, niente da guadagnare e da costruire. E dunque non e' la nostra ipersensibilita' che ci porta a discutere spesso, ma solo l'inevitabile conflitto tra le nostre due diverse idee di coerenza tra il dire e il fare e tra le nostre due diverse capacita' di accorgerci di cosa ci succede dentro e del perche' siamo o non siamo in grado di essere coerenti. Tu mi chiedi di continuare a vederci e sentirci per non buttare via la conoscenza di questi mesi, il feeling, il fatto che stiamo cosi' bene insieme..e poi non sei capace di farti vivo o di rispondere a un sms per un'intera settimana..nemmeno quando ti sei impegnato a venirmi incontro e dimostrarmi che sbaglio a pensare che non ti importa di me. Anzi, forse non sei riuscito a farti vivo proprio perche' non reggevi il "peso" di questa "gravosa prova di coerenza" che invece era solo una semplice dimostrazione d'affetto..spontanea e naturale e valida solo in quanto tale. E quindi, diciamocelo: se spontaneamente non la vuoi e se naturalmente non la cerchi perchè sei ancora alle prese con la ricerca di te stesso, non meriti certo la mia amicizia, la mia presenza nella tua vita, la mia compagnia. Chissà che tu non stia perdendo anche te stesso e tanto tempo prezioso alla ricerca di qualcosa che troveresti più facilmente smettendo di pensare a quanto faticoso può essere.. |
Post n°72 pubblicato il 25 Dicembre 2014 da give_it_to_me
A TUTTE LE RENNE, I BABBI E CHI PIU' NE HA PIU' NE METTA
Scommetto che il titolo che ho scelto per questo post basterebbe a delineare le direttrici (sì, lo so..è un termine che uso spesso.. Mi riferisco alle ansie con cui si avvicina la ricorrenza, alle inquietudini che ci smuove dentro, a quella tipica ambivalenza con cui ci predisponiamo a dare la nostra adesione alle interminabili libagioni e riunioni di famiglia..e al concetto cardine, quello di famiglia appunto, attorno al quale ruota questa festività. Famiglia appunto. (brivido) Croce e delizia del genere umano. Ogni anno mi chiedo se ho voglia di passare le feste nella città dove sono nata, nella casa della mia famiglia, il che comporta accettare di esserne ospite e dover sottostare ad orari e parametri identici a quelli di quando ero una ragazzina pur essendo numerose le primavere trascorse da allora, entrare nel vortice delle prevedibilissime dinamiche che, prima o poi, puntualmente ci frulleranno tutti quanti. Ogni anno mi rispondo di sì, perchè mi sembra di poterne reggere le implicazioni e perchè mi sento pervadere anche da una nostalgia di certe atmosfere, forse è il ricordo di quello che di bello c'era nelle vigilie di quando ero bambina, o forse nemmeno di quelle attese avventizie, ma proprio della condizione stessa di essere una bambina e vedere tante cose per la prima volta e con occhi innocenti e ingenui, pur con tutti gli svantaggi e l'impotenza e dunque la sofferenza di cui a volte è fatta la condizione infantile, piccoli esserini vitali e bisognosi di affetto fra "i grandi", troppo spesso solo anagraficamente tali, cronicamente distratti e loro malgrado presi da qualcosa di più importante (che poi così importante, forse, non è). E ogni anno, immancabilmente, vado a sbattere contro un muro che si materializza come per la prima volta. E invece la prima volta non è. Un muro fatto di ansietà e conseguenti inevitabili tensioni (più spesso materne) per futili motivi: preparare la tavola "come si deve" (ma come "si deve"?non è un piacere?allora fallo come ti piace e goditelo anche..), ricevere gli ospiti prevedendo come si svolgerà la giornata in modo da anticipare le loro più banali richieste (ma non sarebbe carino che potessero anche chiedere qualcosa e sentirsi rispondere al momento?), cucinare cose buonissime che sempre piacciono e vengono richieste a gran voce per l'anno a venire ma pensando che non saranno gradite o che non si è capaci di cucinarle.. Un muro fatto di forzature che ci si impone reciprocamente (fare questo, non fare quello) tra persone disabituate (perchè parenti acquisiti) o non più abituate (perchè fortunatamente ognuno è cresciuto e ormai vive per conto proprio) alla convivenza o compresenza per ore e ore nello stesso luogo, alla non facile performance di dover esprimere accoglienza o tolleranza nei confronti di idiosincrasie reciprocamente incomprensibili (fumare, usare o meno il telefonino, ascoltare musica oppure seguire i tg) che diventano, ahime', massicce dosi di stress inoculate a chi ci sta intorno sulla base della più brutale legge della jungla: quella del più forte, del più violento, o della maggioranza. Maledetta maggioranza. Da quando Nanni Moretti in Caro Diario declinò la sua avversione per questo sottogruppo maggioritario, non ho potuto che sposare la sua definizione (che riporto qui sotto ma se volete vederla merita di sicuro):
"Sa cosa stavo pensando? Io stavo pensando una cosa molto triste, cioè che anche in una società più decente di questa, io mi troverò sempre con una minoranza di persone. Ma non nel senso di quei film dove c'è un uomo e una donna che si odiano, si sbranano su un'isola deserta perché il regista non crede nelle persone. Io credo nelle persone, però non credo nella maggioranza delle persone. Mi sa che mi troverò sempre a mio agio e d'accordo con una minoranza...e quindi..."
E quindi eccomi schiacciata dalla maggioranza delle persone (di famiglia) anche quest'anno. Tiè. Perchè purtroppo fare la voce grossa è più facile che accettare un "no" come risposta, imporre il proprio punto di vista è più semplice che accettare le differenze ecc ecc. E invece ci sarebbe tanto margine di miglioramento in questi Natali passati in famiglia. Prendere le cose come vengono, godersi le cose buone che magari si mangiano una volta all'anno, prendersi del tempo e avere ritmi più lenti, ascoltare un po' di più gli altri invece di parlarsi addosso o interrompersi per fare lo show di se stessi e delle proprie gesta, raccontarsi in modo più personale e tranquillo.. A me piace ascoltare. Mi piace anche parlare, certo, ma è ascoltando che esprimo di più me stessa. Riesco a sentire cose che la maggior parte delle persone non percepirà mai, come il rumore dei passi nella neve, o Babbo Natale che scende lungo il camino che non abbiamo in casa, oppure la presenza delle persone care che non possiamo più vedere eppure sono ancora qui con noi, vicine e vigili. Mi sembra persino di sentire i tuoi turbamenti e movimenti, di avvicinamento e allontanamento, nel silenzio che è sceso tra noi (contro ogni mia previsione e tua promessa) e che tu per primo, che ne sei in un certo senso l'artefice, forse vorresti rompere ma non trovi il modo, il momento.. La vita è adesso. Il momento è ora. E non si sparisce cosi' senza una parola. Non c'e' proprio motivo di farlo. Soprattutto alla nostra età, se non è solo anagrafica.
Vorrei augurarti tanta felicità, ma credo che te l’abbiano augurata in tanti, vorrei farti l’augurio di un Natale felice, ma anche a questo ci avranno già pensato; allora potrei augurarti tanta fortuna, ma credo di arrivare tardi anche per questo…Potrei augurare tanta serenità a te e alla tua famiglia, ma è la prima cosa che si regala e qualcuno sarà sicuramente arrivato prima di me. Allora provo ad augurarti qualcosa di diverso, qualcosa a cui nessuno possa aver pensato…. (© Alessia S. Lorenzi da “Passeggiata tra le nuvole sorvolando il mare”- E’ vietata la riproduzione, anche parziale, del testo senza la citazione dell’ autrice)
Auguri a tutti. |
Post n°71 pubblicato il 26 Novembre 2014 da give_it_to_me
In chat si esprime appieno questa nuova forma di impotenza, che potremmo dire del terzo millennio, virtuale sì, ma non meno inesorabilmente avviata ad anomala interruzione del più tradizionale "coitus interruptus" per defaillance..
EPIFANIA - il maschio di turno si manifesta in tutto il suo virile entusiasmo e candore, certo di potersi facilmente distinguere per maturità e carattere dalla "massa" della chat, con la quale, ovviamente, non ha nulla a che fare; CORTEGGIAMENTO TELEFONICO/EMAIL - intenso e progressivo (ridicolo che avvenga telefonicamente, no?), con escalation che lui percepisce come incontrollabile e che però, altrettanto ovviamente, non ha alcuna intenzione di modulare e controllare (vuoi mai usare un po' di questa inutile maturità tanto millantata nella fase precedente?): complimenti e apprezzamenti ("sei vera, sei stupenda, mi piaci") si sprecano (ma tanto non costano nulla!) e naturalmente non sfugge che il motivo sia che a quelle parole non viene dato un valore e un peso; MANIPOLAZIONE - ad una persona poco sensibile e accorta questa fase, che poi è una sfumatura della precedente, sfugge sempre, ma il tentativo di provocare reazioni emotive nella "preda", con questo atteggiamento da fatal attraction, è a dir poco evidente e spudorato..il maschio predatore non risparmia colpi bassi (se sapesse che sono gli stessi usati da qualche altro svalvolato suo predecessore si sentirebbe così convincente e travolgente?) ma attenzione..guardatevi bene dall'accondiscendere a quelle che sembrano intenzioni di conoscervi nella realtà (tutti gli esseri umani e gli uomini che meritino attenzione lo farebbero di certo, per poter dire di aver davvero provato a conoscere una donna e prima di lanciarsi a fare il cascamorto, ma questi impotenti virtuali no!) e non provate a smascherare le loro manipolazioni! IL COSIDDETTO PREDATORE NON SA CHE FARSENE DELLA REALTA' E DELLA DONNA VERA E REALE CHE SEI..anche se ti dice di volerti conoscere, di volerti incontrare, di cercare una donna come te da sempre e di avere tutte le intenzioni di frequentarti, PER LUI SEI SOLO UNA PREDA CHE HA PUNTATO E CHE VUOLE CONQUISTARE, PRONTO A SMETTERE E PASSARE AD ALTRO (alla prossima preda o anche al calcetto con gli amici) QUANDO SECONDO LUI AVRA' FATTO ABBASTANZA PER CREDERE DI AVERTI AGGIUNTO AL SUO CARNIERE, UN'ALTRA TACCA AL MURO! E per chi stesse pensando che per questo tipo d'uomo (ma si può chiamarlo tale, dico io?) sia necessario raggiungere il "tradizionale" risultato tra le lenzuola, tengo a precisare che invece l'impotente del nuovo millennio si spaventa anche solo al contatto con la realtà di una persona in carne e ossa, una donna con una vita, una mente, una sua identità, perchè lui poveretto vive solo di questa idea di sè e del suo occasionale ripetitivo giochino della caccia alla volpe!! E dunque, al contrario di altri predatori virtuali, abbonati alla botta e via e condannati alla ripetizione dello schema per raggiungere quell'unico concretissimo ma minimale risultato, il predatore impotente si accontenta, anzi si bea del risultato virtuale! Cosa sia peggio lascio decidere a chi legge..a me non interessa nessuna delle due specie. Cheppallle! maschietti, ragazzini mai cresciuti nonostante l'anagrafe sia contro di voi..non vi basta una sana e consapevole libidine autoerotica? fatevela bastare, non diventerete ciechi e scasserete meno i maroni!
(questo post è un estratto del mio vecchio profilo scritto diversi anni fa ma che era talmente lucido e confermato empiricamente da rimanere valido e resistere al tempo che passa!) |
Post n°70 pubblicato il 29 Ottobre 2014 da give_it_to_me
Continuo a incontrare o forse dovrei dire incappare in uomini che dicono di volermi conoscere, di volere una relazione, di sentirsi soli, ma poi quando la relazione si comincia a costruire, infittendosi nella sua trama e comincia ad addensarsi come una nebulosa, attraendo a sè pezzi di noi e delle nostre vite, coinvolgendo anche emozioni e sentimenti, prospettive e voglia di condividere occasioni e tempo insieme, tirano indietro o scappano o fanno di tutto per mandare tutto all'aria. Anche se la voglia di condividere e fare cose insieme viene da loro per primi. Boh! Da persona senziente e razionale al tempo stesso, posso dispiacermi anche molto, rammaricarmi e mettermi in discussione personalmente, provare a modificare qualcosa del mio approccio e smussare qualche spigolosità del mio carattere, quando di volta in volta incontro diversità di sensibilità e di tempi nell'altro, ma non posso esimermi dal fare una riflessione anche oggettiva e molto pratica sulle persone che attualmente circolano o brancolano in cerca di qualcosa, qualcuno, anche qualcosa o qualcuno di meglio di quello che già hanno accanto, ma che in fondo è il loro alibi per non cambiare niente e rimanere nel brodo riscaldato, nella pozzanghera, nelle sabbie mobili in cui si crogiolano per paura del futuro, della fatica, del cambiamento. E quindi mi domando: cosa ci sta succedendo? a noi come genere umano, intendo. Da quando le relazioni con gli altri, questo meraviglioso campo, di giochi e di crescita personale, sono diventate un terreno minato, un campo di battaglia, in cui avventurarsi esitanti come conigli, armati fino ai denti, chiusi e difesi come dovessimo incontrare l'abisso e la pena, invece che la piena maturazione e il nostro completo sviluppo? Da quando proviamo paura per qualcosa di naturale come la conoscenza di un'altra persona, l'affinità e il sentimento di affetto che ne scaturisce, la condivisione verso cui questa attrazione e questo legame evolvono, la progettualità comune che ne può scaturire? Dovremmo essere felici e grati quando il Destino e la Vita ci fanno incrociare lungo il nostro cammino qualcuno che ci piace, con il quale ci sentiamo bene e che magari ci fa venire voglia di fare un passo avanti, di superare qualche ostacolo e di crescere un po'..perchè è questo uno dei pochi modi sani in cui possiamo essere aiutati a farlo, con una valida motivazione come l'attrazione per una persona e la sua vicinanza per esempio.. (to be continued..appena ho tempo) |
Sottotitolo: quando confrontarsi sul piano delle idee è solo una scusa per non mettersi in gioco alla pari in una relazione
Incredibile come, per quanto io lo scriva chiaramente nel mio profilo e nel mio blog e lo ribadisca ad ogni piè sospinto in tutte le occasioni che ho di cominciare a comunicare con una persona, venga sistematicamente sottovalutato e frainteso il valore che io attribuisco alla mia ricerca di una RELAZIONE. Ora, per quanto possa essere scandaloso e trasgressivo, ai giorni nostri, anche solo menzionare e pronunciare un tale concetto, invece che dedicarsi al consumo occasionale e seriale di rapporti più o meno sessuali e sessualizzati, oppure all'uso degli altri come platea con cui sfoggiare la propria erudizione, io sono assolutamente incapace di rinunciare all'unica fonte di vitalità e stimolo che trovo nell'avere a che fare con un altro essere umano e che giustifica il tempo passato a parlare, a scrivere, a raccontare di me e ad ascoltare i fatti suoi. Non lo faccio per passare il tempo. Non lo faccio perchè non ho di meglio da fare nelle mie giornate. Non lo faccio perchè non mi piace la mia vita, o il mio lavoro, o qualunque altra cosa (anche se non sono sposata) da cui debba prendermi una pausa ed "evadere" e nemmeno per svagarmi perchè, che lo si creda o meno, ho un'altra idea di svago e divertimento, molto più concreta e meno virtuale. Non lo faccio per fare sfoggio delle mie qualità o caratteristiche personali, le quali ho ben presente senza che alcuno me le elenchi, e men che meno per applaudire quelle altrui, per sentirmi usata come pubblico compiacente o erogatore di stima a priori. Questi obiettivi sono tutti SURROGATI di una relazione paritaria, in cui ci si confronta non solo intellettualmente, non solo a parole, ma soprattutto e come minimo mettendo in gioco i propri sentimenti, il proprio affetto e la stima che si può costruire per qualcuno, giorno dopo giorno, per ciò che ognuno di noi è e dona all'altro semplicemente e profondamente. Se ne è capace... E per quanto siano graditi, non bastano certo gli studi classici, o un minimo di buona educazione nel rivolgersi ad una donna, non basta padroneggiare i congiuntivi o avere interessi culturali e hobbies di vario genere (come fare il pane o le crostate, avere un orto o chissà che altro) per procurarsi la stima della sottoscritta che, essendo una donna che cerca di star bene con un uomo, per far star bene anche lui, si muove e concede la propria stima e fiducia sulla base di quello che sente e non solo su quello che ascolta..su quello che una persona mi dà e non su quello che mi dice.. Sui fatti e non sulle parole..che anche dalle parti di Senigallia pare non siano particolarmente valorizzati e rappresentati. Parole invece sì, quante ne volete! |
Post n°68 pubblicato il 30 Giugno 2014 da give_it_to_me
Si, ci sono stata finalmente.. E come prevedevi, Amsterdam mi è piaciuta molto. E mi sono piaciute molto anche le persone che ci vivono, tutte in forma, di bell'aspetto, tranquille e composte. Se poi questo dipenda dall'essere circondate da altrettante persone gradevoli e serene, oppure dall'atmosfera da civiltà evoluta (trasporti efficienti, poche auto, integrazione e modernità), molto meno ipocrita e perbenista della nostra, oppure dalla diffusione di droghe leggere nell'aria, o dalle frequenti pedalate in bicicletta con ovvia dispersione di tossine e scarico di stress accumulati in una giornata lavorativa..questo non saprei dirlo. Peccato però non potertelo raccontare, non poter commentare e condividere le nostre impressioni. Anche non visitandola insieme, perchè ovviamente ci sono andata con qualcuno che reggesse la mia presenza nella sua vita e non dovesse fuggirne con scuse pietose e contraddittorie, in gran fretta, ogni tanto penso che si sarebbe potuto preservare un minimo rapporto e un'amicizia tra noi, un minimo sindacale che almeno non rinnegasse tutto come questo nulla e che consentisse uno scambio di osservazioni e di punti di vista. Già, la vista..maledetto handicap difficile da accettare, da metabolizzare, da integrare. Proprio in questi giorni, consideravo quanto sia relativo quello che un amico mi ha scritto rispetto a quello che ti lasciano dentro le esperienze forti, come gli incidenti di percorso e le prove che la vita ti fa incontrare, quando le superi: Vedi la vita in modo diverso. E comincia a sembrarti strana la visione che hanno le persone "che non ci sono passate". Ti sembra quasi di poter vedere qualcosa in più, qualcosa che agli altri generalmente sfugge. All'inizio è un'esperienza strana, poi col tempo diventa parte integrante di te, la metabolizzi e non ci fai neanche più caso. Sai che le cose non sono più come prima, ma dopo un po' smette di essere strano e diventa semplicemente normale. In particolare per me è cambiato il sistema con cui do priorità alle cose: certe cose che prima erano importanti ora lo sono meno, e viceversa. Credo sia naturale. Non dai più lo stesso valore alle cose. E poi è cambiato il mio concetto di "tragedia" (o "disgrazia", o "sfortuna", o "dramma", o scegli il termine che preferisci). Ora per me sono ben altre le cose che meritano questo appellativo :) e ho anche molta meno paura, in generale, del futuro e di quello che può accadere. Penso che se sono riuscito a rialzarmi dopo quell'evento, non c'è praticamente niente che possa fermarmi. A tutto c'è una soluzione, anche dove non se ne intravede neanche una, anche dove sembra impossibile: c'è davvero una soluzione a tutto. Ora sono decisamente più maturo, più forte e più coraggioso. Preferirei non aver dovuto passare quello che ho passato (ovviamente!) ma ora se non altro mi piaccio un poco di più. Dopo quell'episodio le persone in generale mi sembrano un po' più deboli e impreparate di quanto mi sembrassero prima. Evidentemente sono un po' cresciuto: del resto, è l'effetto che il tempo ha sulle persone, no? Almeno quelle intelligenti :) Ecco direi che per te non è stato così..tu non sei riuscito a trovare soluzioni ad un problema come quello di poter avere bisogno di me o di sentirti dipendente da me rispetto alla vista in penombra, perchè probabilmente non hai vissuto l'esperienza di superare veramente dentro di te qualcosa di drammatico e sentirti comunque più forte e indipendente che mai nonostante un limite oggettivo, che io avrei con il tutto mio cuore desiderato e voluto poterti aiutare a mettere in secondo piano, pur sapendo che non dipendeva da me..e dunque nemmeno per "NOI" è stato possibile trovare una soluzione che non fosse sciogliere il nostro rapporto, farlo evaporare, non lasciarne traccia alcuna. Il che, intendiamoci, è stato un momento terribile per me ed ancora a volte chiede di essere masticato come un boccone amaro, un episodio difficile della mia vita e duro da accettare per il modo in cui si è svolto, ma va benissimo così. Non vorrei mai al mio fianco un uomo che è capace di rovesciare completamente e in un attimo il suo giudizio su di me come persona solo per giustificare e non ammettere le sue paure o non vedere i suoi limiti umani (che siano una disabilità o altro poco importa), un uomo che si fa di nebbia per non dover sostenere nemmeno una conversazione sui motivi per cui mi lascia, dirmelo guardandomi in faccia e leggendo nei miei occhi il male che mi fa e al tempo stesso incassando la delusione che mi suscita scoprirlo così infantile e fragile, così diverso dall'uomo maturo che credeva di essere e che diceva di essere diventato. |
Capita anche a voi, a volte, di sorprendervi a ricordare un momento, una persona, un periodo della vostra vita, in coincidenza con una ricorrenza, un anniversario? di accorgervi che un pensiero o un'emozione o un viso si affaccia alla vostra coscienza senza che voi l'abbiate ripescato intenzionalmente dalla memoria e stia lì, a fissarvi o a farsi guardare come per vedere che effetto vi fa, a distanza di tempo.. In questi giorni me ne ronza in mente uno, di ricordo, che è il ricordo di un momento molto felice, spensierato, di un evento che allora (due anni fa) sembrava quasi magico da quanto era fluido e senza intoppi..eppure ora è così triste e straziante il ricordo di quello che sembrava fosse, che poteva essere un evento memorabile di quelli che ti cambiano la vita e che invece non si lasciò vivere fino in fondo..andando a sbattere contro un muro invalicabile, quello della paura inconscia di essere felici, di cambiare un pochino per vivere meglio e di decidere il proprio destino e dare una svolta ad una vita che non aveva conosciuto il vero amore.. Chissà se anche tu, pancino mio, in questi giorni mi pensi un po'..ti sorprenderebbe pensare che la cosa più straziante di tutte per me, in questo stato d'animo della ricordanza, non è o non soltanto il dispiacere per una possibilità stroncata sul nascere di essere felice e di costruire con te quello che desideravo e che ancora sto cercando per la mia vita, ma soprattutto il pensiero che tu mi abbia cancellata dalla tua mente come si formatta un hard disk, che io non esista più nella tua coscienza nemmeno occasionalmente, nemmeno nell'album dei ricordi, che ti sia liberato di me in modo così radicale da non poter nemmeno rivedermi o ricordarmi con un flashback in coincidenza con il periodo in cui ci siamo conosciuti, in prossimità del mio compleanno, che non ti torni in mente come hai voluto che lo festeggiassimo insieme, perchè altrimenti dovresti o rischieresti di ricordare anche qualcosa dei veri motivi per cui hai voluto troncare tutto e fuggire via. Ho trovato questa poesia poco fa..e mi sembrava adatta. La dedico a te, Massimo, e a tutte le persone che si riconosceranno in queste parole, avendo sofferto per una qualche esperienza simile.
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Post n°65 pubblicato il 10 Aprile 2014 da give_it_to_me
40 ANNI.. Se li avete anche voi vi renderete conto che è esattamente così, se non li avete scoprirete cosa vi riserva il futuro.... Sembra solo ieri quando avevo 20 anni. In realtà, invece, è stato due decenni fa e mi meraviglio di quante cose sono cambiate da quel compleanno. Avere 20 anni era incantevole. Lo pensano tutti, giusto? Avere i capelli dello stesso colore anche quando crescevano, ciglia lunghe e la pelle liscia. Non preoccuparsi di macchie solari o calcoli renali, dei livelli di colesterolo o mammografie. La mia più grande preoccupazione di quel periodo della mia vita è stata al massimo rientrare per l'ora che andava bene ai miei, o l'interrogazione del giorno dopo o l'esame universitario. Nonostante tutto quello che è cambiato, non tornerei ad averne di nuovo 20 nemmeno potendo scegliere. Certo, ero più magra, con un sacco di energia e spensieratezza e di tempo libero. Eppure, vuoi mettere? Ora a 40 anni suonati, anche se ho più responsabilità, più rughe e più parti del corpo cadenti, ho però anche tre cose che non ho avuto allora e che valgono molto di più: la consapevolezza di me stessa, la fiducia di cavarmela sempre e un buon criterio, personale e affinato nel tempo, per distinguere le cose importanti per me da quelle che non lo sono. Così, per festeggiare il mio passaggio ai miei primi quarant’anni, ormai quasi 42, ecco una lista di 40 cose che posso fare ora e che non ho potuto fare allora. 1. Cucinare un pasto decente. E una su tutte: Capire che il meglio deve ancora venire. Fonte Huffington Post |
Ho trovato interessanti spunti di riflessione su questo argomento, nella mia testa, nella realtà e su qualche sito internet.. Un buon rapporto di coppia si basa su almeno 9 elementi fondamentali: I) l’attrazione fisica; II) l’intesa intellettuale (cioè una comunanza di interessi e di valori, una somiglianza per quel che riguarda il modo di pensare e di vedere la vita); III) la comprensione emotiva; IV) l’intimità, emotiva e fisica, cioè l’aprirsi al partner come non ci si apre con nessun altro, il mostrarsi al partner come non ci si mostra a nessun altro; V) l’intesa sessuale (che è diversa dall’attrazione fisica); VI) il supporto reciproco; VII) la condivisione di progetti di vita comuni e la determinazione a perseguirli; VIII) il porre il partner e la coppia tra i valori, gli impegni e i progetti prioritari della propria vita; IX) l’unicità e l’esclusività di tutto questo: cioè tutti gli elementi psicologici e materiali che ho appena elencato sono riservati ed esclusivi, nelle loro caratteristiche peculiari e nella loro intensità, solo al partner che si è scelto. Nessun altro può prendersi una parte di questa torta. Credo non sia mai abbastanza sottolineato soprattutto l'ultimo elemento, perché al giorno d’oggi c’è una grande confusione riguardo i rapporti. Le persone non conoscono quali sono spazi, limiti e confini dei diversi tipi di rapporti tra esseri umani e questo causa una marea di confusione e dunque di sofferenza e di insoddisfazione a tutti i livelli. Proprio oggi chattavo con un tizio, per altro piuttosto maleducato nonostante gradisse gentilezza nei suoi confronti, che aveva anche lui (non si può dire sia l'unico, nè in chat nè fuori) le idee piuttosto confuse proprio sulla distinzione tra amicizia e un altro tipo di relazione, ovviamente per via dell'amicizia condita dal sesso..rapporto che ci vuole proprio una buona dose di ambiguità per chiamare "amicizia". E quando gli ho scritto che io non vado a letto con i miei amici, si è offeso perchè gli ho chiesto se invece lui si regolava diversamente. Notare che l'argomento l'aveva introdotto lui ma, si sa, anche la coerenza fa parte delle qualità rare in uno sfigato che vorrebbe non sembrare tale e rimanere ambiguo e mascherato. C'è da dire che vi sono invero molte donne che anelano a una relazione, ad avere un compagno, a “essere impegnate” e spesso non sanno nemmeno esattamente che cosa questo significhi. Per cui, pur di avere un minimo di attenzione da una parte di un uomo, accettano (in chat ma anche nella vita quotidiana) un corteggiamento che non ha nulla del corteggiamento, accettano un trattamento da seconda o terza o addirittura quarta classe, si accontentano di una vita sessuale mediocre o del tutto insoddisfacente, senza nemmeno avere il coraggio di riconoscerlo a se stesse: apprezzamenti in chat, infiniti scambi di sms che non portano a nulla (quegli sms che sembrano la – brutta – copia delle cartine dei Baci Perugina. E sai che ci vuole a scrivere un sms da finto innamorato…), mail o telefonate con una cadenza intermittente e a cadenza incomprensibilmente alternata (prima ravvicinate e a ritmo serrato poi sfilacciate), oppure uscite con andamento regolare ma non incrementale, per es.una volta ogni due settimane, che segue semplicemente il ritmo delle serate libere in cui non si ha di meglio da fare. E non dimentichiamo l’uomo confuso, che ha sofferto per una storia finita 25 anni, 11 mesi e 13 giorni e 7 ore fa (soffre talmente tanto che ricorda a memoria i giorni, pensa che romantico) e che ti tiene in ballo per mesi. Perché è indeciso, soffre (ripetiamolo, giusto per non dimenticarlo) e non vuole fare soffrire anche te. E intanto la tira in lungo sì/no/magari/forse/non-so-se-me-la-sento. Ecco questo non è corteggiamento, questo è smidollamento: cioè si tratta di smidollati, che vogliono logorarti con le loro modalità di fare o farti perdere tempo con la cosiddetta trombamicizia o con una storiella passatempo – cioè quella in cui lui ti chiama quando non ha proprio niente di meglio da fare e ti dice un sacco di parole dolci perché tu passi la serata con lui e magari ci caschi come una pera, mentre lui non si coinvolge affatto. Peggio ancora ti propongono un rapporto privo di tensione e di coinvolgimento sessuale che molti cercano per essere il “migliore amico” autorizzato a raccontarti sempre tutto (oh, cielo, che noia). Così come la vita di ciascuno di noi è continuo cambiamento, evoluzione e crescita, così è la vita di coppia. La vita di coppia, per essere buona e sana, non solo deve essere in cambiamento (questo è inevitabile), ma deve essere in evoluzione e in crescita. Chi si ferma è perduto, nella vita, nella coppia. E un corteggiamento che non è avanzamento continuo e inarrestabile, per quanto graduale e rispettoso delle risposte e dei tempi della controparte, non è corteggiamento. E’ aria fritta, presa in giro, fandonia. Il corteggiamento è dunque un percorso che è preludio, prologo, anticipazione del percorso della vita di coppia. Per questa ragione, prima di tutto, deve contenere i semi dei 9 elementi di cui sopra: l’attrazione fisica (autentica), il desiderio di intimità etc etc, fino al desiderio di esclusività e di unicità. E questo è un primo punto saldo al quale fare riferimento. |
Post n°63 pubblicato il 28 Marzo 2014 da give_it_to_me
Come potrei non condividere questo contributo dopo tutto quello che ho scritto nel mio blog sulle relazioni? Per riassumerlo. Volare tra le nuvole è come stare fermi; mentre il vero viaggio, nella vita, è l’incontro con l’altro. Leggetelo però. Merita. |
Post n°62 pubblicato il 19 Gennaio 2014 da give_it_to_me
Pubblico integralmente la lettera di propaganda elettorale della senatrice PDL Urbani ai preti umbri e la splendida risposta di don Formenton, parroco. Lo faccio, anche se sono documenti dello scorso anno, perchè è sempre attuale e presente la tentazione di millantare intenzioni e spacciarsi per quello che non si è solo perchè "conviene" o può essere "socialmente spendibile". Anche e soprattutto qui in chat: ma i nodi vengono al pettine, la realtà si mostra sempre per quello che è e una volta caduta la maschera rimane quello che siamo. Nudi, anche se non tutti se ne accorgono. Ognuno vede della realtà quello che riesce a tollerare di vedere. Anche della realtà di se stesso.
LA LETTERA DELLA SENATRICE Oltre a questo lei siederà nel Senato della Repubblica insieme a tutta una serie di personaggi che coltivano ideologie razziste, populiste, fasciste che sono assolutamente anti cristiane, anti evangeliche, anti umane. Mi consenta di dirle francamente che il Vangelo che i pastori annunciano al popolo cristiano non ha nulla a che vedere con ideologie che contrappongono gli uomini in base alle razze, alle etnie, alle latitudini, ai soldi. E, mi creda, mentre nel Vangelo non c'è una sola parola sulle unioni omosessuali, sul fine vita e sull'aborto, al contrario sulle discriminazioni, sul rifiuto della violenza e su una visione degli altri come fratelli e non come nemici ci sono monumenti innalzati alla tolleranza, alla non violenza, all'accoglienza dello straniero, al rifiuto delle logiche della furbizia e del potere. |
Post n°61 pubblicato il 20 Dicembre 2013 da give_it_to_me
Vi auguro la gioia e la serenità del Natale.. che allontana i momenti difficili e tristi che fanno parte della nostra vita. Il Natale è un giorno che regala calore e sorrisi e tenerezze e ci sorprende e a volte da quasi fastidio..perchè apre i nostri cuori all'improvviso! Non vergognamoci dell'amore che abbiamo dentro, regaliamolo..
Il pellerossa nel presepe (Gianni Rodari) |
Post n°60 pubblicato il 10 Dicembre 2013 da give_it_to_me
In questo periodo, dall'ultima volta che ho preso spunto per scrivere, ho provato ad applicare qualche compromesso diverso dal solito nella mia vita. Nonostante abbia dei valori assoluti molto saldi e forti, infatti, sono anche una donna pratica e molto attenta alla possibilità di convergere su un punto d'incontro tra il mio punto di vista e quello altrui, se vengono preservati alcuni criteri di fondo come il rispetto tanto per dirne uno. In fondo, persino Bertrand Russell diceva che "la sfida più grande per ogni pensatore è formulare il problema in modo da consentire una soluzione" e io non sono immune dalla percezione di situazioni problematiche e poco soddisfacenti nella mia esistenza. Dunque l'intenzione e l'ipotesi di partenza era che adottare qualche nuovo compromesso potesse portarmi più vicino alla soluzione del problema o almeno alla soddisfazione di qualche bisogno. Parliamo di cose umanissime, niente di trascendentale, come la compagnia o il bisogno di relazioni positive e di punti di riferimento e confronto, di affetto e di comprensione. Martin Luther King, uno dei pochi miti che io abbia mai avuto, disse: "chi ha la mente debole ha sempre paura dei cambiamenti..per queste persone il dolore più forte è quello provocata da una nuova idea". Sarà per questo che io tendo sempre a sperimentare, perchè penso che solo la prova dei fatti può dirmi se quella cosa è buona oppure no, in base al fatto che mi faccia stare bene o male. Si potrebbe dedurne ora che io sia una relativista estrema, almeno quanto poteva essere possibile supporre l'esatto contrario all'inizio del post. Nel senso che può disorientare leggere che io mi sia disposta a dei compromessi pur di trovare comprensione e compagnia o amicizia, che per altro già fanno parte della mia vita per fortuna. Quali sono i compromessi che ha senso fare e quali sono i risultati cui porta questo tipo di opzione?direi che forse dipende da CHI LI FA e CON CHI LI FA.. Credo che ad un'attenta lettura del blog ma anche solo di questo post, ad un attento lettore purchè sia sano abbastanza da concepirla, non sfuggirà quale sia la sensata miscela tra una notevole sensibilità ai valori più profondi e l'intelligenza che posso avere di provare a declinarli nel quotidiano rispettando i limiti del buon senso e del rispetto di sè e degli altri, ma se così non fosse.. Oggi quindi vorrei parlare di inerzia, compromessi e scelte. Cos'é l'inerzia? Credo chiunque di noi la conosca bene. E' la condizione e la qualità di chi è inerte e ha come tendenza abituale lasciarsi condurre da pigrizia, da indolenza, da torpore spirituale. Più genericamente indica uno stato di inazione, d’inoperosità, volontaria o dovuta a cause di forza maggiore che si traduce in una forza di trascinamento del tempo per colpa della quale ci possiamo ritrovare poi a stupirci di quanto ne sia trascorso e nella capacità di procrastinare iniziative che da prioritarie idealmente per importanza diventano invece sempre le attività meno urgenti cui dedicarci sul piano operativo. Chi tende all'inerzia usa di solito autoassolversi e giustificarsi ricorrendo spesso alla più classica delle scuse: "sono fatto così, non posso cambiare, non potrei nemmeno se volessi". Che poi significa "non ne ho voglia, di cambiare, a meno che non significhi schioccare le dita o agitare una bacchetta magica (ma non troppe volte, sennò sai che fatica!)". Per tutta la vita seguono la corrente, anche se magari si ritengono "diversi" o sono convinti di vivere "fuori dagli schemi", ignorando o nascondendo a loro stessi la triste realtà ossia che anche dover vivere fuori dagli schemi o controcorrente è uno schema! E dunque, nonostante la favola "trasgressiva" e rampante che questi personaggi indolenti ed inerti si raccontano, per quanto ci fantastichino sopra, la loro vita non è altro che una pigra, indolente, inerte e fiacca deriva verso l'invecchiamento e la morte punteggiata di illusori tentativi di considerarla intrigante e piena di "esperienze" che sono soltanto la fotocopia l'una delle altre, insomma una inesorabile coazione a ripetere senza senso e senza frutto gli stessi clichès perchè cambiano i personaggi ma lo schema è sempre quello: zero fatica, coinvolgimento controllato con mille paletti e complicazioni che mirano a ridurre a zero o rendere trascurabile il rischio di essere costretti a cambiare, a crescere, a maturare. Cioè in pratica nonostante le ripetizioni lo sforzo è quello di evitare che si arrivi a vivere e ad assimilare davvero un'esperienza. E allora che senso ha affannarsi per fare esperienza, se si mina alla base la possibilità di viverla in modo coinvolgente e pieno che è poi l'unico modo in cui l'esperienza stessa potrebbe arricchirci, lasciarci qualcosa che sedimenti dentro di noi e ci costruisca e maturi come esseri umani? Mi si dirà che è proprio questo il compromesso. Un'esperienza condizionata, l'emozione sotto controllo, deragliare dagli schemi ma senza esagerare..quando vi siano posizioni distanti, il compromesso non è forse il risultato di concessioni da entrambe le parti con lo scopo di trovare un terreno comune su cui concordare? porta a minimizzare o mettere in ombra le differenze e viene raggiunto attraverso la mutua rettifica delle reciproche richieste, concedendo un po' a ciascuna delle parti o posizioni in gioco. Alcuni valori culturali o determinati bisogni umani però potrebbero non essere soggette a compromesso, non compromissibili? Vi sottopongo alcune citazioni trovate in rete:
E se vogliamo rendere omaggio a Nelson Mandela, recentemente scomparso, possiamo usare proprio le sue parole per sottolineare l'atmosfera conflittuale e la mancanza di amorevolezza che connotano i compromessi, se è vero che si fanno con gli avversari e non con gli amici..in mancanza del necessario sottofondo di rispetto e di amore, se manca la cornice fondamentale che è quella di avere qualcosa di valore da scambiarsi e offrirsi reciprocamente, il compromesso non può che essere perdente ed è soltanto la celebrazione di una egoistica sconfitta per entrambe le parti. In altre parole, ed entrando nel merito del compromesso in una relazione, se due persone non hanno niente di buono da darsi, nessun desiderio vivo di dare all'altro qualcosa di valore e di buono, a prescindere dal conseguimento di qualcosa di valore o di un risultato per sè, perchè dovrebbero fare dei compromessi, derubricare rispetto ai loro abituali standard di comportamento e accettare di andare incontro all'altro punto di vista? se manca l'amorevolezza, la volontà di fare il bene dell'altra persona, di darle quello di cui ha bisogno, se manca la gratuità che ci fa sentire che quello che stiamo facendo non è mercanteggiare, non è un do ut des ma un dono, manca la spinta verso il compromesso. Se, in una relazione, io mi sento spinta a darti quello di cui tu hai bisogno, perchè me lo chiedi o perchè lo intuisco o lo percepisco, senza preoccuparmi se avrò o meno da te quello di cui ho bisogno io e accettando i compromessi che questo bisogno comporta. E se tu fai altrettanto, ascoltando quello di cui ho bisogno e donandomelo perchè è nella tua possibilità farmene dono, senza mirare ad avere in cambio quello di cui hai bisogno tu e accettando dei compromessi per poterlo fare, che è poi l'essenza della gratuità e autentica spontaneità della relazione, il risultato è automaticamente un compromesso che soddisfa entrambi e che non ha pagato il prezzo di una trattativa estenuante tra quello che voglio io e quello che vuoi tu. Purtroppo nella realtà le persone sono molto più egoiste di quello che una relazione richiede per essere costruita e sostenuta e portata avanti. Non valutano se stanno ottenendo qualcosa di buono solo come supervisione di massima per evitare derive verso qualcosa che non vogliono e applicare eventuali correzioni, ma lo fanno a priori, come principale criterio per mettere in essere qualsiasi tipo di rapporto. Ed utilizzano due pesi e due misure a seconda se stiano chiedendo (pretendendo) qualcosa per sè (tipo il rispetto o un certo atteggiamento o l'accettazione delle loro "condizioni" e limitazioni e complicazioni varie, oppure la comprensione dei loro mutevoli stati emotivi, della loro volubilità, dei loro impegni personali e familiari e lavorativi) oppure invece vengano richiesti di fare altrettanto e si sentano improvvisamente gravati di pretese e capestri e aut-aut (è latino: significa obbligo ad una scelta che non sia ambigua o procrastinata sine die per tenere i piedi in due scarpe) e improvvisamente scoprano e mal sopportino la fatica che si fa a venirsi incontro, la stessa fatica che però impongono senza tanti scrupoli lamentandosi anche se la controparte manifesta qualche perplessità. Tanto egocentrismo, narcisistico ed egoista, non merita compromessi. Perchè l'egoista per primo non li accetta. E dunque i compromessi con lui non riescono, non funzionano. Non si reggono. E dunque alla fine, quando salta il piano della relazione, o dei compromessi per venirsi incontro se preferite chiamarlo così, rimane solo il campo delle scelte. E le scelte, secondo me, sono solo di due tipi: condivise oppure individuali. O forse, a pensarci bene, sono sempre individuali. Perchè la gestione di sè può essere soltanto una questione fra me e me, una cosa personale, privata, individuale. Solo che in una relazione, quando ci importa davvero di mantenerla, scegliamo (individualmente) di tenere conto anche dell'altra persona e dunque la mettiamo a conoscenza di quello che pensiamo di scegliere, consideriamo la sua reazione o il suo consiglio, modifichiamo di poco o di molto la nostra scelta in modo da includere anche il punto di vista altrui. E dunque arriviamo (si può) ad una scelta condivisa; che è nostra, come tutte le scelte, ma che è anche un po' comune, perchè ci siamo arrivati insieme all'altra persona. Oh, non immaginereste mai quanta gente non sa scegliere, ma è un numero di gran lunga inferiore a quello delle persone che non sanno condividere o stare davvero in relazione con qualcuno. Nei fatti, eh? non a parole. Perchè a parole sono tutti bravi, tutti gentili, tutti amorevoli e attenti, tutti animati dalle migliori intenzioni. Cheppalle che ne ho io delle buone intenzioni! delle meravigliose descrizioni che ognuno fa di sè stesso e dell'idea di sè che gli riempie la testa, salvo poi che si tratta soltanto di una maschera pronta a sgretolarsi e franare alla prova dei fatti, anche alla seconda occasione. RECIDIVI. E così, di nuovo, prendo i miei buoni propositi, la mia disponibilità a mettermi in gioco e al compromesso finalizzato ad una relazione, la mia capacità di accettare l'altro e di volergli bene per quello che è (purchè vi sia rispetto e gentilezza del cuore, ma pare che nella sostanza questi due ingredienti non si trovino quanto vengono sbandierati a parole) e me le rimetto in saccoccia, torno ad occuparmi di me e a gestire la mia vita e le mie cose soltanto in attesa che arrivi la persona che sappia fare altrettanto e condividere momenti importanti e piacevoli, che sia amicizia o che sia amore, ma dando anche a me il bene e l'accoglienza e l'attenzione che chiede per sè e che dice di saper dare. NEI FATTI, NON SOLO A PAROLE. |
Post n°59 pubblicato il 19 Settembre 2013 da give_it_to_me
A volte mi sembra che i blog siano solo una vetrina, una versione tecnologica dello specchio della matrigna di Cenerentola, o del laghetto in cui si rimirava Narciso. Soddisfano per alcuni il bisogno di sentirsi dire quanto sono profondi o quanto sono diversi dalla massa, però se lo vogliono sentir dire dalla massa. O comunque da persone sconosciute, con le quali non hanno niente a che fare e con le quali non hanno intenzione di sviluppare alcun tipo di relazione reale. C'è qualcosa di profondamente malato e sofferente in questo. E anche sulla definizione di malattia, una precisazione: io non la uso per categorizzare o distinguere nettamente i sani dai folli. Come la psichiatria degli albori. Quella che metteva i matti in manicomio perchè tanto erano diversi e inevitabilmente orientati a non poter condurre la vita "normale". Secondo me siamo tutti uguali. Potenzialmente sani ma in qualche modo sofferenti e quindi bisognosi di apprendere modi e sviluppare risorse che ci aiutino a contrastare la sofferenza quando si presenta (e si presenterà senz'altro, prima o poi, statene certi) nella nostra vita. Che sia fin dalla nascita, facendoci crescere in un ambiente poco accogliente e poco adatto allo sviluppo e all'educazione di sane abitudini e capacità umane (quella di amare, sentendoci amati e quella di realizzarci, sentendoci riconosciuti nel nostro valore e nelle nostre peculiarità). Che sia lungo il percorso, sotto forma di prove, di crisi, di lutti e perdite importanti, di malattie o cambiamenti di contesto o di cornice. Oppure la sofferenza può presentarsi sotto forma di logoramento prodotto dalla vita quotidiana, stress, lotta per trovarsi un lavoro o una casa o pagare le bollette, o solitudine (non è facile oggigiorno trovare una persona che ci voglia bene, che conosca e sappia applicare il concetto, o degli amici fidati) oppure paura di aprirsi agli altri. Allora, quando la vita ci presenta un gradino, un crepaccio, un ponte tibetano, una parete da scalare..potrebbe arrivare la sofferenza. Mica tutti siamo provetti arrampicatori, atletici alpinisti o appassionati di scalinate che diamine! E noi come la affrontiamo? come la superiamo? Magari è già arrivata, la sofferenza, nelle nostre vite. E noi come l'abbiamo affrontata? come la stiamo gestendo? A volte mi sembra che veniamo qui, su internet, a scrivere cose profonde sperando in un applauso. A dire che siamo speciali, anche se non ne siamo sicuri. A sputare sentenze su quelli che (secondo noi) non lo sono (speciali). A dire che a noi la sofferenza non ci tocca (nel senso che non ci frega di quella degli altri? o che ci consideriamo immuni anche dalla nostra, solo perchè magari ne abbiamo già avuta una quota parte nella vita?) e che consideriamo bastante la nostra vita e non abbiamo bisogno di niente e di nessuno. Che crediamo nello scambio, ma non vogliamo andare oltre alla chat e alle mail. A me dispiace sempre della sofferenza altrui. Forse perchè mi dispiace della mia. E credo nella scrittura, nella comunicazione, come forme di consapevolezza e di condivisione. Consapevolezza per me e condivisione con i miei simili. Quando scrivo provo a capire e capirmi più a fondo. In fondo la scrittura è una forma antica di "terapia". Dicono sia più efficace come terapia la scrittura carta e penna, con il foglio bianco davanti e la mano che ad un certo punto scrive senza il controllo razionale, guidata da quell'ancestrale saggezza (la nostra coscienza) dell'Anima che viene anch'essa da lontano, dalla caverna del mito platonico dove le anime in attesa di vivere venivano assegnate ad un corpo che consentiva loro di nascere all'esperienza del mondo terreno e ad un filo, più o meno lungo, che le Moire filavano e alla fine recidevano. Tuttavia, io trovo che anche la videoscrittura possa assolvere ad un compito di incremento dell'autocoscienza e della lucidità, perchè quando leggiamo quello che abbiamo scritto possiamo a volte vedere le cose da un altro punto di vista, assumendo quello di un osservatore esterno, meno coinvolto se di solito lo siamo troppo, oppure più coinvolto se tendiamo ad esserlo poco. Per quanto riguarda la comunicazione e la condivisione, invece, qui in chat ho trovato poche persone che puntino a questa forma elevata di relazione con gli altri esseri umani. Forse non ne sono capaci? Forse la praticano in scomparti separati della loro vita, che evidentemente vivono per compartimenti stagni e dissociati, non integrati e comunicanti (scusate il gioco di parole)? non saprei.. Ciò nonostante, quelle rare volte in cui è stato possibile, l'incontro anche solo spirituale o mentale con loro è stato arricchente. Qualche volta è stato un incontro anche emotivo, ma ho notato che spesso questo livello di contatto tende a spaventare chi non è capace di gestire le emozioni e quindi rifugge subito lontano da una condivisione affettuosa, anche quando in prima persona ne è stato facilitatore e consapevole attore. Credo che queste fughe abbiano a che fare con il particolare impatto e la poderosa spinta che le emozioni esercitano sulla nostra volontà, orientandoci all'azione reale e quindi al contatto nella vita quotidiana con le persone che per tutt'altri motivi (difensivi, pregiudizievoli, ecc.) vorremmo a priori relegare in un compartimento stagno virtuale. Anche a me a volte capita di spaventarmi, difendermi e avere pregiudizi. Dunque magari non subito, ma riflettendoci, tendo a riconoscere una paura, una difesa o un pregiudizio quando lo vedo messo in atto. Che sia da parte mia o di qualcun altro. Mi è capitato anche di aggredire o di risultare insistente o aggressiva per paura, per difesa o per pregiudizio. A volte anche solo perchè volevo capire e non conoscendo l'altra persona non riuscivo a interpretare un silenzio o un gesto o una contraddizione o altro. Di solito provo a rimediare al mio comportamento, se ritengo di aver sbagliato o se anche soltanto osservo che non è stato compreso. Credo che la capacità/volontà di riparare sia anch'essa molto rara. Più comodo è dileguarsi senza fare fatica, spiegarsi, provare a comprendere, mettersi in gioco. La superficialità è più a buon mercato. Maledetta voglia di capire, di vivere, di condividere! a volte mi frega.. Qualche ancor più rara volta, l'incontro è stato reale. E lì non si può mistificare, non si può mentire, non ci sono vetrine, nè specchi incantati, d'acqua o di vetro. Dimenticavo: io credo nella realtà. E quindi nella condivisione reale. |
Non è facile parlare di amore ed è molto difficile farsi capire anche con un linguaggio semplice mettendo da parte ogni concetto filosofico, ma credo che il tema vada trattato ricorrendo a parole accessibili a tutti, anche ripetendo più volte e con altre parole lo stesso concetto. |
A che servono la capacità e la dialettica del pensiero se poi non trasformano i nostri convincimenti e di conseguenza i nostri comportamenti, se non ci rendono migliori e più versatili nel nostro agire quotidiano rispetto agli altri? Siamo tutti perfettibili, migliorabili, anche quando ci riteniamo "migliori" (di altri). I giudizi sono sempre relativi, anche se ci piacciono tanto gli assoluti. Quando il pensiero serve solo a categorizzare per assolvere se stessi, è un pensiero limitato, presto inservibile e sempre autoreferenziale. Può costruire cattedrali, opere letterarie, complessi sistemi di interpretazione della realtà, concettualizzazioni e teorie anche roboanti e sonore, ma saranno cattedrali nel deserto, sterili vestigia di un bisogno di auto-affermazione e riconoscimento non permeato di reciprocità, cacofonie fredde e sorde all'umana dimensione della relazione e della comprensione con altri esseri umani. Se cerchiamo la logica in ogni cosa, ci intossichiamo di pensiero. E la bella favola dei folli, quella in cui alienati anormali (capaci di apprezzare la libertà, lo sguardo bello di un amico, il bacio di un vero amore, al punto da sentirne la nostalgia e la sete inestinguibile anche in mezzo a surrogati e compromessi a portata di mano nella società che ci vorrebbe tutti normalizzati) si incontrano, si riconoscono, si uniscono in una tribù sulla base di un patto di solidarietà e decidono di godere di ogni dono dell'esistenza, vivendo in armonia, felici e contenti, si riduce ad un altro inutile mitologico surrogato mentale, una droga autosomministrata senza nulla di autentico e reale, un'altra forma di castrazione della libertà di essere e di contenimento rigido della bellezza vitale. L'incontro tra folli di minoranza nella società dell'omologazione non può essere precostituito, nè unilaterale, nè telepatico o muto. Altrimenti riproduce le forzature dell'alienazione. E si inceppa, per forza di cose, quando si interrompe la comunicazione libera, affettiva e senza pregiudizi da cui era scaturito il riconoscimento reciproco. Quando viene negata la legittimità del vissuto altrui o non comunicato il proprio. Quando viene negata la storia per non modificare il convincimento. Ho imparato questo, in settimana. A caro prezzo, forse, essendomi vista rinnegare il riconoscimento da qualcuno che credevo anima affine e amico. E tutto per un errore che non ho compiuto deliberatamente e che ho faticato ad identificare per conto mio, devo ammetterlo. Quello che mi ha delusa, però, è stato accorgermi che le mie scuse non sono state prese in considerazione e che sono stata "liquidata" in modo drastico e anaffettivo, senza comprensione per la mia storia personale, senza considerazione per le mie qualità (fino a quel momento più che valorizzate), senza attenuanti generiche. Come sempre l'orizzonte della relazione ritorna a rivelarsi carente, qui in chat soprattutto. A livello pratico, apparentemente di obiettivi, modi di porsi e di pensieri, ma in realtà molto sottile e profondo. Sempre troppo superficialmente ci si avvicina, si comunica e ci si ritira dal contatto in modo categorico e unilaterale, pensando di avere capito tutto e di poter liquidare l'altro con un click. Bauman ci andrebbe a nozze! Siamo la società dei rapporti liquidi, delle relazioni instabili, anche se la virtualità farebbe scegliere un termine più informatico, qualcosa del tipo linguaggio AI (intelligenza artificiale): interazioni? connessioni? Mi domando se la risposta, l'antidoto mi verrebbe da dire, a questo gelido asettico tessuto connettivo tra androidi più o meno anormali potrebbe essere trovata a livello esistenziale..nell'anima che in ogni essere umano può mettere insieme affetto e pensiero, cuore e mente, calore e logica in una comprensione di livello superiore, totale, più ampia, più filantropica e calda rispetto ai propri simili. Un essere umano è sempre un essere umano. Non è un androide. E non può essere un monolite di pietra, se vuole dirsi umano. Per dirla con Terenzio "nihil humanum a me alienum puto" (tutto ciò che è umano mi riguarda, non mi può lasciare indifferente, non posso considerarlo altro da me). Se accettiamo l'illogicità e la possibilità di errore negli altri, se tentiamo una sintesi tra la dialettica del pensiero e quella del cuore, forse anche rispetto alle nostre contraddizioni saremo più aperti e comprensivi. Chissà. |
Post n°56 pubblicato il 24 Luglio 2013 da give_it_to_me
Il sesso occasionale provoca depressione e non è affatto un toccasana come si crede o si è voluto farci credere finora, da parte di tante fonti di dis-informazione e manipolazione delle idee e dei nostri comportamenti. Questo articoletto molto stringato e divulgativo, ma finalmente chiaro, svela qualcosa che chiunque abbia un minimo di consapevolezza e cognizione di sè, sa dopo una sola esperienza e ritrova ogni volta che la rivive.. La semplice scarica fisica determinata dal fare sesso con uno/a sconosciuto/a non ha altri effetti che quello di togliere una tensione che si potrebbe eventualmente allentare in altri modi, meno "costosi" dal punto di vista psicologico e più salutari (correre o praticare una piacevole attività sportiva, spaccare la legna, ecc.). "Usarsi" reciprocamente, entrare in intimità troppo velocemente con persone che non si conoscono e non abbiamo verificato se siano in grado di rispettarci anche sul piano delle emozioni, delle idee e dei valori, che poi per giunta spariscono appena fa giorno portandosi via quella fasulla effimera vicinanza e che non rivedremo mai più, non fa altro che aggravare la sensazione di solitudine o di noia o di inquietudine e tensione da cui si desiderava uscire concedendosi una serata "bollente"..che finisce per scottarci e lasciare pure cicatrici: calo dell'autostima, depressione, ecc ecc. Abbiamo un corpo, è vero..ma non siamo solo il nostro corpo. E come essseri umani, come persone, dobbiamo prenderci cura anche del resto. Dei nostri sentimenti, del diritto ad essere avvicinati gradualmente e con rispetto senza fanfaronate e proclami che lasciano il tempo che trovano (e di fatto durano meno del tempo che ci vuole a pronunciarle), della nostra storia (passato e presente, ma anche futuro perchè no?) e della sua unicità.. E non c'è solo il riduzionismo dei corpi..c'è anche quello delle emozioni. L'emozione occasionale, potremmo chiamarla. Quella che tanti cercano in chat, ma senza sapere cosa farci quando l'hanno trovata dentro loro stessi o suscitata in un'altra persona. Anzi, la temono. La fuggono. Per poi però ripetere lo schema che li ha portati all'inghippo. Paradossale, vero? Una specie di droga, di coazione a ripetere, di craving per qualcosa di cui a qualche livello si percepisce la mancanza (naturale, visto che la maggior parte di questi personaggi sopravvive in vite ammuffite e poco autentiche) ma che poi nella realtà non si è in grado di sostenere. Avvicinarsi ad una persona significa accettare il viaggio, l'imprevisto, l'evoluzione, il cambiamento, la vita piena. Con il rispetto per sè, per gli altri e per la realtà come unici punti di riferimento per navigare a vista. E la più alta forma di espressione del rispetto è la gradualità, la sincerità, la coerenza tra il dire e il fare. Dire ciò che si sente e che si farà. Anche se è per un'amicizia, una chiacchierata, figuriamoci per un amore.. Invece questi che fanno? il "viaggio" se lo fanno nella testa, in un'ora, un giorno, una telefonata..parlano a vanvera, per sentirsi vivi, progettano, anticipano, immaginano (ah..la fantasia! che pessimo ruolo che le diamo in questi impicci..) e promettono, si sbilanciano..rendendosi ridicoli poi quando devono planare sulla realtà e diventano goffi e paurosi e impacciati come albatros azzoppati e senza ali..ma più ancora dimostrandosi pericolosi perchè indifferenti alla presenza di un'altra persona, cui hanno parlato a vanvera, progettato, anticipato e promesso e che li ha ascoltati, se è la prima volta che le capita uno svalvolato simile..chissenefrega se si è messa in gioco sinceramente e per davvero almeno lei? Questi indeformabili fantocci, pronti a riprendere come niente fosse la forma intatta e comatosa che avevano prima di lasciarsi andare alle loro fantasie (e negare persino di avere detto o scritto delle cose), se ne fregano delle conseguenze delle loro parole e se ne fregano di te, una volta che hanno succhiato come vampiri quel poco di vita che riescono a tollerare gli giri nelle vene.. La fantasia è una sostanza pericolosa, psicotropa, stupefacente, instabile e imprevedibile come la nitroglicerina o una droga potentissima, da maneggiare solo se si hanno poderose risorse personali e capacità di gestirla rimanendo ancorati alla realtà. Diffidiamo e allontaniamo chi non rispetta il nostro corpo o le nostre emozioni e quindi dimostra di non valere la nostra amicizia o il nostro amore o la nostra compagnia e presenza nelle loro vite. Dobbiamo prenderci cura di tutto ciò che siamo e pretendere dagli altri che almeno rispettino quello che siamo, che non lo usino e non lo buttino via. Chi non sa fare questo non è un uomo, non è una donna, non è una persona. E' solo un narcisista, un superficiale, un parassita disperato che si nutre di attimi, di corpi, di brandelli di vita carpiti agli altri, di emozioni suscitate e poi soffocate sul nascere, del piacere di vedersi riflesso negli occhi altrui per come si descrive (anche se poi è tutt'altro genere di individuo) e di sentirsi parlare e di essere ascoltato e creduto. Un po' come andare dallo psicologo a raccontargli cazzate su di se', credendo di essere "furbi"..solo che in chat lo si fa senza pagare, approfittando del tempo e della fiducia altrui senza dare nulla di altrettanto valore in cambio. E senza accorgersi che, così facendo, oltre a profanare la vita degli altri il "personaggio" di turno sta riducendo anche la propria vita ad una farsa dove non c'è nulla di autentico. Ma se il "personaggio" vuole continuare a farlo, anche perchè magari non sa fare altro, che si accomodi altrove, lontano mille miglia da me..troverà facilmente la sua amante di cristallo e illusioni a buon mercato in questo mondo di vetrini. |
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