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IO SONO IL DIRETTORE

Post n°708 pubblicato il 25 Agosto 2014 da rteo1

IO SONO IL DIRETTORE

IO SONO IL DIRETTORE !” (sottinteso: tu non sei nessuno; sei un precario; il tuo contratto dipende da me, dalla mia volontà; posso decidere se fartelo prorogare oppure no, e dire che non mi servi più e mandarti a casa. Anzi posso dire perfino che non sei altezza del compito, tanto nessuno crederà mai a te, perché sono IO il  Direttore). Le espressioni che precedono sembrano il frutto della pura fantasia, invece  sono vere; rappresentano la realtà quotidiana che vivono tantissimi lavoratori precari (e chi la racconta), che uno Stato, che Gramsci definiva come lo strumento al servizio della classe dominante e che Marx voleva abbattere per organizzare una società senza più classi, ha organizzato per perpetuare “di fatto” la schiavitù (che non è soltanto fisica, ma anche psicologica e morale) che è stato costretto ad abolire per legge. E allora il “precario”, di fronte a tale semidio che parla investito d’autorità pubblica (imperium), pensa che in fondo ha ragione il Direttore, perché lui ha fallito sempre nella vita, mentre invece il Direttore, che è arrivato su tale vetta, è sicuramente migliore (sono soltanto malelingue quelle che dicono che ha avuto sempre dietro un Senatore importante, e che è un incapace, instabile mentalmente, ignorante). E ricorda anche che dalle elementari, fino al liceo pur avendo ottenuto sempre dei risultati scolastici ottimi (tanti dieci, ma forse per benevolenza, così come anche il 60/60 alla maturità con la versione di Greco tradotta anche in latino, avendo finito prima del tempo concesso) poi ha sbagliato le scelte successive. Avrebbe voluto iscriversi a lettere classiche ma le fu imposto dalla famiglia di scegliere farmacia. I risultati comunque furono buoni lo stesso, anche se durante il cammino la vita gli pose una serie di ostacoli di vario genere e complessità. La laurea alla fine arrivò ma la farmacia no, perché il numero chiuso di una sola farmacia per ogni 5.000 abitanti glielo impediva. E allora non restava altro da fare che lavorare come dipendente, in attesa di tempi migliori. Intanto, per un vizio d’infanzia, malgrado la famiglia da seguire e un padre bisognoso di cure, riprendeva gli studi e conseguiva una specializzazione triennale e un master in management sanitario che gli davano l’opportunità di avere un contratto di collaborazione coordinata e continuativa con un’azienda ospedaliera. In questo lavoro si prodigava, e non perché precario, per conservare il rapporto di lavoro, ma per indole e cultura umanistica (a volte fa la differenza, forse anche con il Direttore) tanto che veniva benvoluto da tutti, soprattutto dai pazienti che serviva con umiltà e competenza professionale. Il Direttore, però, questo consenso pubblico, tanto diffuso, non lo gradiva, perché dava risalto al “precario”, e creava anche gelosie nelle dirigenti di ruolo (assunte grazie al sisma del 1980: si, il sisma, che non ha portato soltanto disgrazie, ma anche posti di lavoro, seppur a volte con concorsi fasulli). “Il precario”, in altri termini, stava sovvertendo l’ordine costituito; i ruoli non venivano più rispettati per come la legge li ha distinti (di ruolo e non di ruolo, ossia precario; tra servitori dello Stato e servi di nessuno) ma metteva in risalto la competenza: se sei capace meriti, se non lo sei non meriti. Il sistema, così, avrebbe rischiato gravi conseguenze, quasi rivoluzionarie. E allora, come reagire ? Alla scadenza del contratto (a dicembre 2014) il Direttore farà in modo che non venga rinnovato. Il precario, così, a 50 anni suonati, se ne tornerà a casa buttando tutti i titoli scolastici e accademici rilasciati dallo Stato nel “cesso”, ma non sarà solo il precario ad aver perso la partita con la vita perché nel “cesso” ci finirà anche la credibilità dello Stato.

 
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Commenti al Post:
malware_jinx
malware_jinx il 29/08/14 alle 20:25 via WEB
E questo post non ha avuto alcun commento…? Sarà stato perché ciascun lettore è rimasto talmente annichilito da questo racconto (che mi auguro riporti una storia verosimile e non un’esperienza diretta…), da non riuscire più a proferir verbo. Io stesso, malgrado la lingua biforcuta che mi ritrovo, sono spiazzato di fronte ad un quadro tanto mesto, al quale il sarcasmo diffuso, che si coglie tra le righe, conferisce un’aria quasi funesta. Ripeto, spero si tratti di una fattispecie. Però, quell’accenno al terremoto, mi lascia perplesso. Ciao, jx
(Rispondi)
 
rteo1
rteo1 il 31/08/14 alle 12:05 via WEB
Storia vera, come è vero che oggi è domenica. Manca, però, qualche ulteriore particolare, perchè già così mi sembrava sufficiente. Mancano i commenti ? Forse perchè è una verità arcinota a tutti, e tutti la vogliono esorcizzare, facendo finta che non esistano storie simili. La realtà, purtroppo, è più brutta di come la si vuole dipindere. E' la faccia vera del potere; di persone che quando entrano nei ruoli diventano dei tiranni, nei confronti dei più deboli. La natura animalesca trova il proprio soddisfacimento grazie alla lagge (il posto in ruolo!).
(Rispondi)
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