Creato da rteo1 il 25/10/2008
filo aperto con tutti coloro che s'interrogano sull'organizzazione politica della società e che sognano una democrazia sul modello della Grecia classica

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Messaggi di Maggio 2014

LIBERALIZZAZIONE FARMACIE. FARMACIE NON CONVENZIONATE

Post n°692 pubblicato il 28 Maggio 2014 da rteo1

LIBERALIZZAZIONE FARMACIE. FARMACIE NON CONVENZIONATE

Mi è stata “girata” l’email inviata al seguente indirizzo: centromessaggi@governo.it , con preghiera di pubblicarla e di invitare a sostenerla, se la si condivida, mediante e.mail al detto indirizzo.

 

<< Egregio Presidente Renzi, sono una laureata in farmacia, abilitata, iscritta all’albo, specializzata, con un master e pubblicazioni e da alcuni anni, come precaria, svolgo attività con contratto di collaborazione. Non sto a dire quanto sia discriminata, rispetto alle “colleghe di ruolo” (lo dico qui, solo a Lei, ma non a loro, perché se ne avrebbero a male se mi sentissero “reclamare” lo stesso status e la pari dignità, pur sapendo - loro - che avrei tanto da insegnare, sia sulla professionalità che sulla puntualità sul lavoro), e da quanto tempo, ormai, stia attendendo, ma inutilmente, una “stabilizzazione”. Ho, invero, anche “patrocinato” in passato in nome e nell’interesse di alcuni miei colleghi la rivendicazione di aprire una “farmacia non convenzionata”, così come è consentito a tutti gli altri liberi professionisti (a parte i notai, che hanno tuttora il monopolio di dire che “io sono io”), senza intaccare i privilegi delle “farmacie convenzionate”. L’impresa purtroppo è sempre fallita perché i titolari della categoria sono forti e potenti, e anche in Parlamento ne sedeva qualcuno. Poi giunse il buon Bersani che voleva dare una “lenzuolata” (così fu definita) al monopolio delle farmacie, ma il suo progetto dovette arrestarsi prima, cioè solo alla possibilità di aprire delle “Parafarmacie”, che furono tuttavia un buon inizio, se non fosse stato per la discriminazione del “PARA”, come se in tali esercizi ci fosse un “PARA-Farmacista e non un FARMACISTA a pieno titolo, spesso in possesso anche di maggior titoli di quelli che potrebbero vantare i “titolari”. Tenga conto che su circa 60.000 farmacisti, oltre 40.000 sono senza farmacia, tra cui moltissimi giovani, che vengono assunti e retribuiti con condizioni che spesso farebbero inorridire perfino i cinesi (con tutto il rispetto).

In ultimo, in ordine di tempo, è arrivata la soluzione di Monti, che, pur di  non liberalizzare, ha prevsito un concorso straordinario bandito dalle singole Regioni che avrebbe dovuto consentire l’apertura di un certo numero di farmacie, avendo abbassato il limite da 4.500 abitanti per ogni farmacia a 3.500 abitanti. Tutto, però, è ancora in alto mare!

E allora vengo al dunque: Lei ha detto che vuole riformare la nostra società anchilosata. Non so se questo voglia dire anche liberalizzare onde consentire a tantissimi giovani, da soli o in associazione, di poter aprire delle farmacie (anche se NON convenzionate), con conseguente effetti anche sulla ripresa economica, perché si muoverebbero dei capitali (anche se piccoli); se fosse così, posso allora dirLe sinceramente “Benvenuto Matteo Renzi”, e affermare che il voto della maggioranza degli italiani è stato affidato in buone mani. Diversamente, la pregherei di rendere pubblica la Sua risposta, perché mi metterei l’anima in pace e lo potrebbero fare anche i tantissimi giovani colleghi abbandonando definitivamente ogni pia illusione che la società possa cambiare nel segno dell’equità e della giustizia sconfiggendo la convinzione generale che homo homini lupus.

Le auguro un Buon e proficuo lavoro.>>

 
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IL NUOVO CHE VA INDIETRO

Post n°691 pubblicato il 26 Maggio 2014 da rteo1

IL NUOVO CHE VA INDIETRO

Credo che si stenterà a crederlo, ma il “nuovo che avanza in realtà va decisamente indietro”. E’ forse ignoranza storico-politica, oppure si tratta, in buona fede, dell’errata convinzione di essere originali, non sapendo che, invece, si sta esprimendo soltanto un’idea datata, già esposta in altra fase storica, e che fu anche bocciata, per cui riproporla, oggi, può solo significare che si è chiuso ormai un ciclo politico-istituzionale, per cui ciò che non andava bene all’origine della Repubblica ora invece può essere ritenuto come utile e necessario perché sono cambiate le sensibilità del quadro democratico italiano e che le forze politiche stanno forzando la mano per portare il sistema verso la “governabilità” ad ogni costo, anche annullando il principio della rappresentanza generale dei cittadini. L’idea “antiquata”, cui faccio riferimento, è quella che riguarda la riforma del Senato della Repubblica per superare il bicameralismo paritario. Va subito detto, a scanso di equivoci, che è fuori da qualunque dubbio la necessità di superare l’inutile “bicameralismo”, ma riformarlo, come s’intende fare, con una “novità antica” è il massimo del controsenso e non affronta alla radice il problema dell’unità della volontà generale del Popolo, che si esprime senza alcuna differenziazione (una testa un voto, e tutti all’unisono, in una sola chiamata alle urne, per scegliere gli stessi candidati). Al fine di far valutare ai cittadini quanto sia “innovativa” (al negativo, ovviamente), la proposta concordata tra il Governo e una parte delle forze politiche, senza curarsi delle legittime aspettativa del corpo elettorale (fatta eccezione, ovviamente, di quegli elettori acritici irreggimentati tra le fila dei partiti), e ora all’esame delle commissioni parlamentari, si reputa utile riportare la proposta formulata dall’on.le Ambrosini, componente della seconda sottocommissione dell’Assemblea Costituente “per l’organizzazione costituzione dello Stato”, riportata dal Resoconto sommario della seduta di sabato 7 settembre 1946: <Per il caso che fosse decisa, in via di massima, la costituzione di un Senato, dando una rappresentanza agli interessi territoriali, egli ha prospettato la possibilità che, oltre agli interessi regionali come tali, abbiano una rappresentanza gli interessi territoriali dei comuni e delle provincie, (ove queste vengano mantenute). A costituire questa rappresentanza si potrebbe pervenire con una elezione di secondo grado. Lo stesso sarebbe forse per la rappresentanza regionale. Comunque, la rappresentanza degli interessi territoriali dei comuni e delle provincie potrebbe avvenire attraverso un collegio provinciale composto su per giù a questo modo: dai deputati della provincia, dai consiglieri provinciali e dai deputati provinciali, dai membri elettivi in carica della Giunta Provinciale Amministrativa o dall’organo che le venisse sostituito, dai componenti del Consiglio provinciale scolastico, della Commissione provinciale di assistenza e beneficenza, ed infine, per quanto si riferisce ai comuni, dai sindaci e dai delegati dei consigli comunali, secondo una certa proporzione>. Come ben si rileva da quanto precede, l’elezione di secondo grado, che espropria i cittadini del diritto di scegliere i propri rappresentanti è un vizio mai debellato dal mondo della politica. Il problema, però, è un altro: la seconda Camera parlamentare. Questa, infatti, non è mai espressione della democrazia naturale, e quando viene costituita rappresenta sempre gli Stati (solitamente quelli federati) e mai i cittadini. L’unico rimedio, che in parte attenua il difetto di rappresentanza, deriva dalla possibilità di elezione diretta da parte dei cittadini dei rappresentanti degli Stati (come è avvenuto negli USA, ove i due rappresentanti per ciascuno Stato sono ora elettivi e non più espressione dei governi). Una soluzione, quindi, che volesse recuperare lo spirito democratico della Repubblica italiana dovrebbe abolire il Senato prevedendo un Parlamento con una sola Camera elettiva e, per quanto concerne le autonomia territoriali, al massimo si potrà costituire una “Camera delle autonomie” (e non “Senato”), ma dovrà essere elettiva con competenze finalizzate.  

 
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UN MONDO NUOVO SENZA FINANZA

Post n°690 pubblicato il 24 Maggio 2014 da rteo1

UN MONDO NUOVO SENZA FINANZA

Ci può essere un “mondo nuovo” senza finanza per tutti gli esseri umani, che sia diverso da quello attuale, ma anche da quello passato ? La risposta è netta: si ! Basta volerlo, e seppure lo impedisca una parte dei cittadini, sarebbe sufficiente che la maggioranza di questi lo vogliano. E’, questo, il principio della democrazia, che dovrà trovare prevalenza, almeno nella fase iniziale, per poter, poi,  andare oltre, per cercare e affermare una formula di organizzazione governativa della società che sia condivisa da tutti e non imposta dall’alto;  e questo non è utopico, come si potrebbe pensare, se si riuscirà a far comprendere, mediante un’educazione culturale da attivare nelle famiglie e scuole fin dalla tenera età, che il modello da realizzare tutela tutti, in assoluto; che non esclude né lascia indietro nessuno, neppure  coloro che lo meriterebbero come sanzione sociale, quando cadono in disgrazia (prima o poi capita a tutti), perché si sono curati solo dei propri interessi disinteressandosi degli altri. Ma come dovrebbe essere questo “mondo nuovo” senza finanza ? Anzitutto il denaro non dovrebbe più essere venerato come un idolo o un oggetto sacro, ma utilizzato soltanto come merce di scambio con un altro bene reale; la sua quantità in commercio dovrebbe coincidere esattamente con il controvalore dei beni reali esistenti sul mercato, per impedirne l’accumulo (che dovrebbe essere perfino punito), cosicché tutto il denaro dovrebbe essere sempre circolante e tutti dovrebbero avvertire la necessità di “liberarsene” come quando si possiede un bene sgradito o nocivo per la salute (fisica, mentale e morale). Bisognerebbe, poi, e a maggior ragione, bandire il “danaro virtuale”, che non abbia, cioè, natura reale (deve, perciò, essere sempre un metallo: oro, argento, bronzo, alluminio, ecc.), per cui non dovrà più esserci un’economia finanziaria ma soltanto un’economia reale, perché è questa l’unica vera espressione della natura, di cui l’uomo è parte non essenziale. Senza che esista un bene reale, quindi, prodotto della natura o frutto della elaborazione dell’uomo da poter scambiare, il denaro non dovrebbe avere più alcuna altra funzione, se non quella di essere scambiato per il suo valore “materiale” (cioè come metallo, perciò a peso, e non per il suo controvalore legale, convenzionale). La finanza, quindi, non dovrebbe più esistere, non avere alcun ruolo sociale, perché il denaro non produrrebbe più denaro (per cui niente interessi sul capitale, e quindi niente più rendite parassitarie), e soltanto l’economia reale avrebbe senso in una società organizzata dove tutti devono produrre qualcosa (anche servizi) in favore degli altri consociati. Per quanto concerne, invece, i beni economici, che dovrebbero sempre avere una utilità sociale e rispettare l’ambiente e il territorio, si dovrebbe affermare il principio universale (salvo prova contraria, ma si dubita che qualcuno o uno Stato possa esibire un atto di vendita sottoscritto direttamente da Dio) che essi “sono stati  messi da Dio gratuitamente a disposizione di tutti” (e, quindi, non solo del genere umano). Ne consegue che ogni uomo deve poter avere la possibilità (anche detta, se si preferisce, diritto) di godere di una parte dei beni naturali esistenti che sia idonea e sufficiente a garantire una vita decorosa e dignitosa. Per quanto concerne, poi, il governo delle comunità, queste dovrebbero autogovernarsi, senza demandare a nessuno il ruolo di governante perché questo ruolo dovrebbe appartenere a tutti (e, al tempo stesso, a nessuno, per evitare le deviazioni dei facili cesarismi). L’esercizio del governo, poi, dovrebbe avvenire in un contesto di trasparenza dove il controllo delle scelte politiche è costante da parte di tutti i cittadini, e ognuno dirige se stesso, si coordina con gli altri ed è da questi, a sua volta, diretto secondo, un principio di perfetta eguaglianza sostanziale, dove tutti servono tutti in una comunità che si fonda sul bene di tutti e non più sui privilegi di pochi. E’ utopia ? No, è soltanto una possibile società del futuro senza finanza che i cittadini, se ci crederanno e lo vorranno, potranno realizzare.

 
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I BUFFONI POLITICI E LA VERITA’

Post n°688 pubblicato il 19 Maggio 2014 da rteo1

I BUFFONI POLITICI E LA VERITA’

A Napoli, il leader del PD nonché presidente del Consiglio in carica, ha rivolto un appello agli elettori dicendo di non votare “i buffoni”, ma di mandare in Europa delle persone serie e competenti. Si può anche intuire a chi facesse riferimento parlando di “buffoni” ma non si può escludere che molti cittadini abbiano potuto credere che egli si riferisse ai politici, in generale, perché in realtà sono questi che hanno perduto qualunque credibilità nei confronti dell’elettorato, per cui nessuno crede più a ciò che dicono. E forse, con tale espressione, si è esposto anche lui, pur senza averne le intenzioni, senza volerlo, e ritenendo di essere escluso dalla mischia dei politici. Etichettare, perciò, qualcuno come “buffone” è sempre pericoloso, e può anche avere un effetto boomerang, dal momento che nessuno è mai integralmente serio nella vita, anche quando creda di esserlo, oppure compie attività erroneamente valutate come indice di serietà, e pur tuttavia si prestino a divergenti interpretazioni. Eppoi, perché prendersela con i “buffoni” se questi fanno bene il loro mestiere, quando si esibiscono nel loro mondo e per il piacere dei bambini e del pubblico. E non è forse sempre opportuno valutare il contenuto di ciò che si dice e non il modo come viene espresso ? Se si dice la verità, anche in modo buffo o bizzarro, soltanto per questo diventa una bugia ? Di contro, se si dice una bugia in modo solenne, serio, impegnato, professorale, istituzionale, diventa per questo una verità ? E allora, lasciamo perdere le etichette e guardiamo al contenuto, perché nella vita si è tutti buffoni e persone serie, a seconda delle circostanze.

 
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I RITUALI RELIGIOSI DELLE ISTITUZIONI CIVILI

Post n°687 pubblicato il 17 Maggio 2014 da rteo1

I RITUALI RELIGIOSI DELLE ISTITUZIONI CIVILI

Pubblicato su: http://www.ilfattoquotidiano.it

“Pisa, bilancio della questura? Dall’altare. E a protestare è la Cgil: “Oltraggio ai fedeli”

Il sindacato Silp: "Una celebrazione religiosa non può e non deve essere utilizzata per divulgare arresti, espulsioni di stranieri, servizi di ordine pubblico". Il questore Bernabei: "Polemica strumentale"

di David Evangelisti | 17 maggio 2014

 

La notizia che precede può lasciare indifferenti, ma di certo offre lo spunto per chiedersi se questi “rituali religiosi” dei corpi armati,  di polizia e degli enti pubblici (emblematici i sindaci con fascia in prima fila) siano ancora adeguati ai tempi.

Trattasi, indubbiamente, di un'usanza sociale, che risale ai tempi remoti, e che vuole che anche le istituzioni artificiali degli esseri umani (e non soltanto le persone fisiche) affidino la loro protezione nelle mani degli Dei. Va bene, anche questo, se non si esagerasse nell'utilizzo dei Templi (o chiese), ove si dovrebbero celebrare soltanto i riti religiosi (evitando i sacrifici di un tempo). Purtroppo ormai la spettacolarizzazione ha preso il sopravvento, e il sacro e il profano viaggiano a braccetto. Speriamo che prima o poi si comprenda che le due sfere di competenza è opportuno che restino separate, nell'interesse generale. Non so perchè, ma mi viene anche da pensare, ora che scrivo, alla cacciata dal tempio dei mercanti, riportata dai Vangeli. Forse non ha attinenza con i fatti riportati nell'articolo, ma...

 
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