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filo aperto con tutti coloro che s'interrogano sull'organizzazione politica della società e che sognano una democrazia sul modello della Grecia classica

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Messaggi di Marzo 2016

ATTENZIONE AL BARATRO !

Post n°826 pubblicato il 31 Marzo 2016 da rteo1

ATTENZIONE AL BARATRO !

Un'opera importante, quella consegnata all'attenzione dei contemporanei da Giuseppe Centrone, il quale, con competenza e coerenza logica, secondo i canoni socratici che valorizzano il ragionamento, lancia un inquietante grido d'allarme, fin dal titolo: "Attenzione al baratro!". Il libro è ricco di dati, e affronta tutte le varie problematiche che oggi sono nelle agende dei governi: la crisi del sistema bancario, le migrazioni bibliche, il traffico della droga e dell'illegalità in genere, il gioco d'azzardo, l'inquinamento ambientale, il male endemico della corruzione, la disoccupazione, l'evasione fiscale, e altro ancora. L'Autore, comunque, non si ferma alla rilevazione dei dati; non è, per così dire, un "osservatore passivo", ma propone soluzioni, e interroga le coscienze dei cittadini, purtroppo sempre più disinteressate al bene comune. Particolarmente efficace è la sua disamina dell'analfabetismo, che distingue in "funzionale" e di "ritorno", ritenuti peggiori di quello assoluto. Anche la iniqua distribuzione delle risorse, sempre di più riservate a poche persone, che detengono, ormai, quasi la totalità dei beni economici e finanziari, costituisce un fattore destabilizzante dell'ordine costituito, così come la crescente disoccupazione collegata allo sviluppo tecnologico che andrebbe mitigata mediante una diversa modulazione dell'orario di lavoro e dell'età lavorativa per allargare la partecipazione alla maggior parte dei cittadini. La sua proposta politica va nella direzione già auspicata da Dante, nel De Monarchia, ossia un governo mondiale sulla base di una Costituzione universale. Può sembrare utopistica questa soluzione ma essa è l'unica vera via da seguire per superare i conflitti tra gli Stati per il bene dell'umanità. E' un libro che deve essere letto, se si vuole meritare lo status di "cittadino-attivo", consapevole e responsabile delle dinamiche socio-politiche ed economiche di questi tempi e per fornire un contributo per migliorare le condizioni di vita delle giovani generazioni. Voltaire, nel ringraziare Rousseau per il dono ricevuto del "Discorso sui fondamenti e le origini dell'ineguaglianza tra gli uomini", scriveva: "Piacerete alla gente  alla quale direte la verità, ma non la correggerete".  Riconosco che il suo pessimismo aveva dei fondamenti, tuttavia il pensiero di Rousseau ha contribuito a rendere gli uomini liberi, soprattutto nel pensiero. Allo stesso modo, ritengo che l'appello di Giuseppe Centrone costituisca un dono prezioso per la Comunità affinchè trovi la forza morale e culturale per reagire contro una tendenza all'autodistruzione e salvare i principi e i valori della propria civiltà. Mandeville, ne "La favola delle api", sosteneva che nelle società complesse i vizi privati alimentano quelli pubblici, che, a loro, volta, alimentano quelli privati. Ma da allora sono trascorsi vari secoli, così come sono passati due millenni dalle condanne di Giovenale dei vizi dei patrizi e del popolo romano, per cui la società di oggi, che ha avuto la possibilità di sperimentare la democrazia e di scoprire le leggi dell'universo, non può accettare passivamente di ritornare all'età della pietra e di giustificare tutti gli integralismi e i fanatismi. L'Autore conclude l'opera con un accorato appello a contribuire alla diffusione delle sue riflessioni e a dare ulteriori spunti. E' senz'altro doveroso accogliere il suo invito.

 
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EUROPA: QUO VADIS ?

Post n°825 pubblicato il 23 Marzo 2016 da rteo1

EUROPA: QUO VADIS ?

Risulta di cogente attualità il tema affrontato e proposto da Matteo Albania all'attenzione della comunità letteraria. Egli coglie nell'attentato di Parigi, al noto club Bataclan, un punto cruciale per sviluppare la sua analisi dell'Unione Europea, che a Suo dire «è al bivio». Va detto che, come spesso accade, la realtà ha già voltato pagina, offrendo nuovi scenari, altrettanto "apocalittici" per i cittadini, la cultura e le istituzioni democratiche, e d'altronde non poteva che essere così, se è vero, come è vero, quanto già sostenuto da Eraclito nel V sec. a.C., che "Tutto è in movimento": Sono, infatti, sotto gli occhi di tutti le immagini strazianti dei  gravi attentati terroristici, rivendicati dall'Isis, alla metro e all'aeroporto di  Bruxelles, ove si contano numerose vittime. Per questo la domanda dell'Autore  «Europa: quo vadis ? », diventa perfino un imperativo morale al quale sia i cittadini che le forze politiche e i governi dovranno dare risposte serie e responsabili. L'Europa, come noto, nasce da un'idea politica di grandi statisti, grazie ai quali dal secondo conflitto mondiale e fino ad oggi è stato possibile allontanare gli spettri della guerra dal territorio europeo. L'Unione, tuttavia, nasce con un deficit democratico, e finora, pur facendo registrare miglioramenti in tal senso, risulta ancora ostaggio degli Stati nazionali che non intendono rinunciare al proprio potere di supremazia (che, in verità, almeno negli Stati repubblicani e democratici è stato riconosciuto al Popolo, seppur solo formalmente). È, perciò, una contesa per la gestione del potere che non ha finora consentito all'Unione di diventare una sorta di "Entità politica e giuridica" sovranazionale dotata di un potere legislativo generale, né ha consentito alla democrazia di essere il proprio regime di governo. L'Autore nella sua opera affronta il problema dell'immigrazione, della sicurezza, del terrorismo, ma anche i noti problemi del debito sovrano che sta mettendo in ginocchio le economie dei vari Stati, tra cui l'Italia, oltre quello Greco. Vale la pena, però, evidenziare che anche le spese dell'U.E. sono un pessimo esempio per i bilanci statali: per il 2013 sono state di €. 144.450.837.001, e l'Italia ha erogato per il 2014 un contributo pari a €. 14.578.119.500. È evidente, perciò, che ad una eventuale supremazia dell'Unione dovrà corrispondere una riduzione degli apparati statali e burocratici nazionali, riconoscendo ai cittadini il pieno potere di elezione, di controllo e di censura dei rappresentanti di tutti gli organi istituzionali. Non vi è dubbio che l'opera di Matteo Albania giunga proprio nel momento più delicato della vita politica e istituzionale dell'Unione Europea; e la sua lettura pertanto consentirà di poter partecipare attivamente al dibattito in corso e di avanzare una risposta alla sua ineludibile domanda: Europa: quo vadis ?

 
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GANDHI AVVOCATO

Post n°823 pubblicato il 17 Marzo 2016 da rteo1

GANDHI AVVOCATO

La figura morale di Gandhi è ormai patrimonio dell'umanità. Tanti saggi e libri sono stati scritti su di Lui, e anche il cinema qualche anno fa si è interessato alla sua storia raccontandola nel film "Gandhi", con la mirabile interpretazione di Ben Kingsley. Ora arriva il teatro, grazie alla brillante iniziativa di Rosario Tarantola, avvocato, che recupera dalla storia di Gandhi il periodo iniziale della sua vita quando, dopo essersi laureato in giurisprudenza in Inghilterra, iniziò la sua professione di avvocato, prima a Bombay e poi in Sud Africa, ove Tarantola ambienta la narrazione. Un'opera teatrale in due atti, già portata in scena al Teatro Solferino di Roma in occasione del 130° anniversario dell'istituzione delle Croce Rossa da una Compagnia composta tutta di avvocati. Si può senza alcun dubbio sostenere che con quest'opera "Gandhi Avvocato. Vent'anni di professione forense e non solo",  l'Avv. Rosario Tarantola ha dato" un contributo di notevole valore morale alla società nella quale Egli è attivamente inserito, ma ha reso ancor più un servizio alla "categoria di appartenenza" (l'avvocatura) che sembra aver perso il senso del suo ruolo etico e culturale. Molte sono le espressioni dei vari dialoghi che inducono alla riflessione: «Ma quale nobile professione. Lei vuole scherzare ! Quello dell'avvocato è un mestiere duro, difficile, quello si ! Soprattutto quando devi scendere a compromessi con la verità. E non è una cosa nobile scendere a compromessi con la verità»; oppure: «L'opera del barbiere, del contadino, dell'artigiano vale quanto quella degli avvocati e dei giudici»; e, ancora: «Rispetto la legge, ma "la legge deve rispettare gli uomini"». E', quest'ultima "battuta", particolarmente dirompente, soprattutto se calata nella realtà dei nostri tempi, in cui la proliferazione, degna della peggiore follia politica, sta inondando di leggi, decreti e regolamenti la vita degli inermi cittadini che avvertono sempre di più che la "Giustizia" non è nella legge formale ma nelle loro coscienze. Entra, così, in gioco, secondo me, Erasmo da Rotterdam, che nell'Elogio della Pazzia, così dice su "I Giureconsulti": «Fra gli eruditi il primo posto spetta ai giureconsulti, e nessuno più di loro è soddisfatto di sé quando, impegnati in una fatica di Sisifo, formulano una legge dopo l'altra, senza che abbia importanza ciò a cui si riferiscono, e aggiungendo cavilli su cavilli, pareri su pareri, fanno in modo che lo studio del diritto risulti essere  il più difficile fra tutti, visto che secondo loro, quello che richiede maggiore fatica è senza dubbio più nobile. Accanto ad essi collochiamo i dialettici e i sofisti, una categoria più loquace dei bronzi di Dodona: ognuno di loro potrebbe gareggiare in fatto di chiacchiere con venti donne scelte fra le più chiacchierone. Sarebbe meglio per loro che fossero soltanto chiacchieroni, invece sono anche litigiosi al punto da discutere con strenua tenacia per questioni di lana caprina, tanto da dimenticarsi spesso, nella foga della contesa, dove stia la verità. ». E', probabilmente, questa consapevolezza, derivante dall'esercizio della professione, che ha indotto l'Avv. Rosario Tarantola a tentare di «trasmettere qualcuno di quei valori [di Gandhi] che ne hanno caratterizzato l'esistenza» nell'ambito della "categoria di appartenenza" e nella società in cui vive. È sicuramente una sfida entusiasmante, la sua, che va condivisa e sostenuta, pur apparendo anch'essa "una fatica di Sisifo". Purtroppo la "storia dell'avvocatura" viene da lontano, e dai primi sofisti fino ai tempi attuali ha sempre alimentato aspre critiche e commenti ironici (e anche il protagonismo in politica, che li vede maggioranza a livello territoriale e parlamentare, non sembra dare buoni risultati; anzi, tutt'altro). Vale la pena, per questo, ricordare anche Antonio Ludovico Muratori, che nell'opera del 1742, "Difetti della Giurisprudenza", al Capitolo VIII, "De' pregi e difetti degli avvocati e d'altri ministri della giurisprudenza" esprimeva il seguente suo pensiero: «Necessari sono alla Repubblica non men de i giudici gli avvocati e consulenti (...) è ben vero, che tocca a' giudici il saper distinguere, se sieno sodi o fievoli i motivi addotti, se ben applicate alla causa proposta le leggi, le decisioni, ed altre autorità allegate; ma propriamente appartiene ai giuristi, sieno avvocati, o proccuratori, la fatica di scoprir le ragioni intrinseche ed estrinseche, per le quali il giudice dovrebbe darla vinta alla parte da loro patrocinata. Ma non tutti gli avvocati, siccome nè pur tutti i giudici, sono del medesimo calibro. Al pari della virtù, che sta nel mezzo, attorniata da i due estremi, cioè dall'eccesso e dal difetto, anche l'uffizio dell'avvocato si truova fra due estremi. L'imprendono ad esercitare alcuni, ma senza le qualità necessarie, cioè senza provvision di molto sapere, privi di penetrazion di mente, e che non sanno discernere, qual ragione calzi, quale autorità faccia al proposito. Ora questi tali avvocati, confinati nella schiera del difetto, innocentemente possono defraudar l'aspettazion de' clienti, e nuocere alle lor cause. Se l'avvocato è onesta persona, deduce quante ragioni gli somministra il suo ingegno e sapere, non per attrappolare i giudici, ma per far loro onoratamente conoscere, che la vittoria in quel caso dovrebbe esser sua. Ma chi fa traffico del suo ingegno, e più chi coll'acutezza della mente ha congiunta la malizia, non si guarderà talvolta dall'abbracciare e patrocinar cause spallate senza farsene scrupolo». L'augurio, perciò, sincero è che l'opera teatrale di Rosario Tarantola possa costituire il seme del cambiamento di tendenza, affinchè veramente Gandhi, la Grande Anima, possa aleggiare negli studi professionali, nelle menti e nelle azioni dell'intera avvocatura. E leggere l'opera aiuta il rinnovamento culturale e morale.

 
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TRA STORIA E LEGGENDA

Post n°822 pubblicato il 13 Marzo 2016 da rteo1

TRA STORIA E LEGGENDA

Leggendo l'opera "Tra storia e leggenda" di Gaetano Zingales si coglie prima di tutto il profondo amore dell'Autore per la sua Longi, ma anche per la storia antica e recente della sua Sicilia; un attaccamento ancestrale e millenario, che ha anche visto la gens Zingales spesso avvicendarsi nell'amministrazione locale della cosa pubblica. La storia narrata, nella quale, però, l'Autore incastona  con abile maestria di romanziere avvincenti storie sentimentali e miti e leggende, va ben al di là del "piccolo mondo" di Longi (da Castrum Longum), un Paese della provincia di Messina, perché la sua origine risale ai Lacedemoni che partirono dalla madre Grecia e colonizzarono quel territorio nel lontano VI sec. d.C.. In una prima fase si insediarono nell'altopiano ma poi, a causa della franosità dei monti (fenomeno tuttora presente e ciclicamente ricorrente), scesero lentamente a valle. L'invasione, poi, dei Saraceni lasciò ferite mai rimarginate nel tessuto sociale, così come l'avvicendarsi dei feudatari del periodo normanno e i baroni della successiva epoca degli Aragonesi. Ma i "guai", in verità, non finiscono mai, sia per la "grande storia" dell'Italia sia per le piccole realtà locali come Longi. Questo Paese, infatti, fu, suo malgrado, coinvolto sia nel primo conflitto mondiale, consegnando alla Patria 29 giovani vite, sia nella seconda guerra mondiale, in cui persero la vita 16 cittadini oltre a cinque dispersi, mentre molte donne e cittadini subirono abusi e violenze fisiche e sessuali da parte di molti soldati dell'esercito americano in occasione della cosiddetta "liberazione". Anche la dittatura fascista, con il ruolo formale del Podestà e quello politico del segretario della locale sezione del P.N.F., ha attraversato la storia di Longi. Così come le grandi migrazioni per le Americhe, sia agli inizi del novecento che negli anni sessanta, le quali, aggravate dai problemi economici degli ultimi anni, hanno ridotto il numero degli abitanti da circa 2500 a 1600 circa. Eppure il Paese ha avuto e tuttora alimenta una vivace attività culturale e ricreativa, sia con rappresentazioni teatrali sia con concerti musicali (nei tempi passati aveva anche un complesso bandistico di oltre cinquanta elementi); a ciò si abbinano anche le tradizioni folcloristiche e religiose (la "Vara" con cui portano in processione il Santo protettore, San Leone, la "nuvena" e la "chianata") che contribuiscono ad animare il senso della comunità. Ma l'Autore intende essere anche propositivo e così, con l'opera, formula delle proposte di "rinascita" e di sviluppo del Paese. Si può, perciò, senza alcun dubbio sostenere che l'opera di Zingales costituisce un valido documento storico, culturale ma anche progettuale che travalica i limiti della sua Longi per innestarsi in modo attivo e propositivo nel contesto territoriale, mediante relazioni con le comunità e le istituzioni vicine e siciliane, nonché nel più ampio processo mondiale della globalizzazione. Una sfida difficile, certo, ma da condividere e da emulare.

 
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