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filo aperto con tutti coloro che s'interrogano sull'organizzazione politica della società e che sognano una democrazia sul modello della Grecia classica

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Messaggi del 18/03/2014

FAI DEBITI E NU’ PAGA’

Post n°676 pubblicato il 18 Marzo 2014 da rteo1

FAI DEBITI E NU’ PAGA’

Un ritornello di una vecchia canzone napoletana, la cui traduzione è semplice e comprensibile a tutti (meno facile è, invece, scriverlo correttamente, e per questo me ne scuso con i puristi), diceva <<Fa riebbiti, fa riebbiti, fa riebbiti e nu’ pavà, ch’e riebbiti nun se more e n’galera manco se va>>. A dire il vero, per me, ancora fanciullo, era diventato un’ossessione, perché ero costretto a sentire quella litanìa più volte al giorno, che si diffondeva nell’etere, a tutto volume, da un’abitazione del vicolo, il cui proprietario amava  ascoltare il disco (un quarantacinque giri, credo) fino allo sfinimento, come se eseguisse un rito Vudù, propiziatorio, in grado di allontanare “invadenti” creditori (Equitalia ancora non esisteva). Era veramente difficile comprendere quell’inno di incoraggiamento all’inadempimento e all’istigazione a fare debiti, anche perché vivevo in una famiglia in cui il debito era ritenuto “sacro”, inviolabile, una questione di onore, per cui non era assolutamente ipotizzabile un mancato pagamento (al massimo una dilazione concordata) ma si dovevano fare tutti i sacrifici inimmaginabili per adempiere. Erano, indubbiamente, altri tempi. Da pochi anni si era usciti dalla guerra e quelle generazioni dei nostri nonni, ma anche dei nostri padri, si erano abituate alle privazioni, alle sofferenze, ma avevano anche un orgoglio, un senso del pudore e della vergogna, che le portava anche a saltare il pasto, se necessario, pur di non fare brutte figure in pubblico. I tempi, però, cambiano, e bisogna pur farsene una ragione. Oggi, molti italiani (quelli beneficiati, ovviamente), stanno aspettando che le promesse del governo pro tempore, di distribuire circa 10 miliardi di euro nelle buste paga dei lavoratori dipendenti che percepiscono meno di 1.500 euro mese, si realizzino, così come annunciato. “Mettere” somme aggiuntive nelle buste paghe è sempre una buona notizia, ma lo è anche in questo caso ? La litanìa, che questa volta si sta diffondendo, è quella che saranno distribuite delle somme recuperandole, in parte, dalla differenza tra l’attuale disavanzo del bilancio, pari a circa il 2%,  e il limite massimo del 3% (rapporto deficit/PIL) consentito dall’U.E., e, per altra parte, prelevandola dalle pensioni (anche se questa notizia è stata smentita, dopo aver indicato varie soglie minime:1500, 2.000, 3000 euro). Non c’è dubbio che si tratti di una soluzione a dir poco avventata, priva di buon senso, che peraltro si fonda su un’interpretazione arbitraria e pericolosa del Trattato sulla stabilità (fiscal compact). Questo, infatti, ratificato con L. n.114/2012, all’art.3, prescrive, anzitutto, come linea generale di comportamento, che il bilancio della pubblica amministrazione deve essere  in pareggio o in avanzo; indi, impegna lo Stato non solo a “garantire che il… disavanzo pubblico non superi il 3% del PIL” ma che il… debito pubblico non superi il 60% del PIL…”. In questo caso, qualora il debito sia superiore, ai sensi dell’art.4 dello stesso Trattato, lo Stato deve operare una riduzione a un ritmo medio di un ventesimo all’anno. E allora, ecco i conti: poiché il debito pubblico italiano ammonta a 2089 mld (dato di gennaio 2014), ed è pari a circa il 140% del PIL (che è di circa 1600 mld annui), lo Stato dovrebbe operare una riduzione annua di 56,45 mld per ridurre gradualmente il debito pubblico, senza accumulare, ovviamente, altri debiti col disavanzo di bilancio. Ne deriva, perciò, che “il tesoretto” di circa 10 mld, di cui si è parlato (ma a vanvera, a quanto pare), non esiste, perché nessun debitore può vantare un “tesoretto” finchè ha un debito enorme da pagare. A tutto concedere, perciò, si potrebbe al limite accettare che i predetti 10 mld siano destinati all’investimento produttivo, ma mai a che siano elargiti a coloro che hanno già un reddito, seppur minimo. Semmai, sarebbe morale destinare le somme ai cittadini privi di reddito e di lavoro mediante un prelievo proporzionale su tutti i redditi, rafforzando, così, il vincolo di solidarietà che è diventato tanto precario, ormai, a causa di una classe politica lontana dalla realtà.

 
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