L’analfabetismo funzionale e l’esito delle elezioni

Quando ci si sente di scrivere qualcosa di ovvio in tema di risultato complessivo di una classica tornata elettorale come quella del 4 marzo si può esordire con un banalmente veritiero: gli elettori hanno sempre ragione. Si tratta di una sentenza immanente, cioè intrinseca a se stessa, in grado di fornire una spiegazione rapida, categorica, apparentemente indiscutibile di un processo lungo, faticoso e articolato di preparazione, di avvicinamento ad una decisione dell’elettorato, anche singolarmente inteso, sino al momento della manifestazione di volontà, sino al voto. Si trascuri pure tranquillamente la possibilità che nelle elezioni di ogni livello possa, al contrario, giocare un ruolo la trascendenza, opposta, come noto, alla immanenza, dovendosi infatti ammettere una qualche ingerenza dei Sacerdoti nelle campagne elettorali, ma non quella del Padre Eterno. Non si escludono invece, anzi se ne constatano spesso, pratiche di corruttela e malversazione varie, tendenti ovviamente ad alterare in qualche misura l’esito delle votazioni, ma, a quanto risulta, mai in modo decisamente rilevante, tenuto conto di un contesto di grandi numeri. Al netto quindi di ogni eventuale  broglio commesso nella fase che precede il momento cruciale, non sembra potersi dubitare che, per un principio della matematica elementare, ciascun Partito otterrà scrutinati tanti consensi quanti sono stati gli elettori che hanno depositato un voto validamente espresso, per quel partito, nell’urna di un certo seggio del loro Comune.

Assai complessa e controversa appare invece la fase, a volte protratta oltre i limiti fissati dalla legge, forse non a caso definita campagna elettorale, tanto da far ritenere che i politici, sentendosi sempre alla vigilia di una consultazione, spingano all’opera media compiacenti e interessati in agguato di notizie saporite, di promesse straordinariamente indecenti, di accuse infamanti degli avversari. L’assioma assolutorio e sbrigativo dei Partiti e delle Coalizioni, con il quale si è tentato da subito di mettere un  punto fermo sulla indiscutibile responsabilità del corpo elettorale circa gli eventuali meriti e demeriti insiti nel risultato delle consultazioni elettorali, con la presunta regola d’oro secondo la quale ” gli elettori hanno sempre ragione” non sembra in verità così inattaccabile come molti sembrano, con evidente faciloneria, voler far credere. Per capirlo bisogna ammettere che esiste un fenomeno chiamato analfabetismo riassumibile, com noto, nella incapacità di leggere e scrivere dovuta per lo più ad una mancata istruzione o ad una pratica insufficiente. Come si può constatare su testi e relazioni in materia (Vikiweb) subito dopo l’unificazione, nel 1861, l’Italia contava una media del 78% di analfabeti. Nello stesso periodo (intorno al 1850) le percentuali di analfabeti in Europa erano 10% in Svezia, 20% in Prussia e Scozia, 75% in Spagna e 90% in Russia. Per combattere l’analfabetismo furono prese varie iniziative come le scuole reggimentali per cui i soggetti maschi avviati alla leva imparavano, con un po’ di buona volontà, a leggere e scrivere; una trasmissione televisiva di grande successo fu non è mai troppo tardi. Secondo i dati pubblicati nel 2005 dall’ Unione Nazionale per la lotta contro l’analfabetismo (UNLA), basati sul censimento del 2001, gli italiani sopra i sei anni privi di titolo di studio e perciò considerati analfabeti erano l’ 11% contro un modesto 7,5% di laureati. Dall’unificazione del 1861 sono state adottate numerose iniziative e sono stati ottenuti risultati incoraggianti, ma si conclude che nel 2008 soltanto il 20% della popolazione adulta italiana possiede gli strumenti minimi indispensabili di lettura, scrittura e calcolo necessari per orientarsi in una società complessa e  contemporanea /Tullio de Mauro).

Per mettere in relazione l’analfabetismo con l’esercizio del diritto dovere di votare in occasione di elezioni politiche, europee o amministrative (si potrebbe spingersi a considerare  anche le votazioni in Assemblee di Associazioni volontaristiche e nei condomini) bisogna porre mente ad una specie poco divulgata e perciò poco conosciuta dal grande pubblico di analfabetismo funzionale. Diverso da quello in senso stretto che si è voluto necessariamente indagare con superficialità più sopra, l’analfabetismo funzionale esprime la incapacità di un individuo di usare in modo efficiente le limitate abilità di lettura, le altrettante limitate capacità di scrittura oltre che d’ascolto e di calcolo, in tutte le svariate situazioni della vita quotidiana. Non si tratta quindi di una capacità assoluta perché l’individuo possiede le conoscenze di fondo della scrittura e della lettura , ma non le sa usare in modo ottimale, anche nel proprio interesse. Si calcola da parte dell’ OCSE che circa il 70% degli italiani appartengano alla categoria degli analfabeti funzionali. Dovendo rispettare una vocazione localistica del blog si può ammettere, con qualche rincrescimento, che il Comune di Busalla, del resto assunto in tutte le consultazioni nazionali come un campione indicativo dell’esito generale, abbia una percentuale proprio del 70% di analfabeti funzionali, contro il 71 delle aree  montane della Vallescrivia.

Si rifletta che l’ aggressività e la spregiudicatezza dimostrate durante la campagna elettorale dai candidati di ogni parte politica, in tema soprattutto di proposte di riforme in campo economico, del lavoro  e delle pensioni si spiegano compiutamente con la scarsa considerazione che la classe dirigente dei partiti ha dell’elettorato italiano

CB

L’analfabetismo funzionale e l’esito delle elezioniultima modifica: 2018-03-28T09:47:17+02:00da balbicarmelo