UN DILETTANTESCO SONDAGGIO A BUSALLA

Siamo seri. I sondaggi politici sono una ricerca che ha il rango della scientificità. Sempre che non siano contraffatti per deprimere una parte o per illudere qualche altra. Adulterazione che viene giudicata dagli esperti come non del tutto estranea al sistema dei sondaggisti accreditati nella campagna elettorale in corso. Che non al nobile campo della ricerca speculativa andrebbero ascritti, in tal caso, ma a quello dell’illusionismo che acceca, alimenta paure, sottovaluta i  pericoli di un comodo immobilismo,  svia le aspettative, tende a spostare consenso verso chi ha i mezzi per acquistare tale sottile contributo alla propria causa. Una necessaria  premessa, quella delle obiettive difficoltà e dei possibili involontari errori,  di chi intende con pochissimi ascolti utili di sondare, in un ambiente estremamente limitato, quello di Busalla-Sarissola, oltre che persone delle  sparute frazioni, con qualche fortunata puntatina indiretta in Valle, attraverso elettori residenti nei vari Comuni,  avvalendosi di un campione altrettanto ristretto di cittadini elettori,  per verificare sostanzialmente chi di loro, credibilmente,  intenda, allo stato, esercitare il diritto di voto e chi invece sembra escludere convintamente per il 4 marzo prossimo tale fondamentale  esercizio, avanzando le più svariate ragioni ed accampando motivazioni non sempre coincidenti con quelle di altri così detti negazionisti del voto-dovere.

Sono proprio questi ultimi che suscitano un comprensibile interesse per le ragioni che forse appariranno sufficientemente chiare durante l’esercizio dell’ascolto e dell’interpretazione. Tale dilettantistica, per quanto interessante attività non deve essere considerata un vero e proprio sondaggio fatto secondo le norme che disciplinano la loro liceità e riservatezza, per altro garantita anche qui in ordine alle considerazioni di persone capaci di intendere e di volere, e quindi non interdette o inabilitate, non troppo avanti negli anni (oltre i 90 ) e neppure affette da gravi patologie.

Emerge con buona evidenza che la stragrande maggioranza dei rifiuti del voto viene da cittadini/e appartenenti ad un ceto popolare, a basso reddito, di limitata istruzione generale, carichi di problemi di ogni genere, sfiduciati e intontiti. Si constata invece che tra chi appartiene ad un ceto medio, magari benestante, che sente di dover difendere i propri privilegi, non provando alcuna solidarietà per i meno fortunati, generalmente ostile a qualsiasi ideologia e Fede Cristiana, segue distrattamente la campagna elettorale, non ha bisogno di incoraggiamenti, perché non vede l’ora di entrare nella fatidica cabina per votare uno dei Partiti o Coalizioni che garantiscono lo status quo.

Che pensionati, per giunta al minimo, e lavoratori dipendenti, professionisti spesso senza incarichi, che si rubano il lavoro, operatori commerciali gabbati da anni  con leggi che hanno consentito l’apertura ad libitum di grandi punti vendita, anche stranieri, dipendenti pubblici con un contratto di lavoro fermo da anni, che tutti costoro ritengano di esprimere il loro disgusto disertando le urne o annullando la scheda sembra assolutamente incomprensibile, illogico, autolesionistico. Sembra piuttosto come il darsi una martellata su qualche parte sensibile del corpo per aggiungere il doloro alla beffa. Non tanto per la classica considerazione che costoro vengono meno ad un dovere e lasciano che altri decidano anche per loro un futuro che potrebbe essere deprecabile come il presente. Ma soprattutto perché evidenziano l’esistenza in Italia, poco importa se il fenomeno astensionistico è presente anche in altri Paesi, una fetta di circa il 30% della popolazione degli aventi diritto, al netto degli impediti non supportati, che rinuncia a dare una libera e dignitosa indicazione con un voto che sarebbe tra l’altro  utile anche alla porzione della comunità che loro stessi sentono, è quasi inevitabile, vicina nei bisogni, nella delusione, se non addirittura nell’indigenza. A molti questa scelta estrema, il non voto, sembra una espressione di grande egoismo, specialmente se supportata da una medio-bassa cultura, da una non conoscenza assoluta dei meccanismi istituzionali, da precedenti pessime esperienze elettorali.

Naturalmente vanno considerati a parte coloro che vengo spinti lontano dai seggi perché anche chi fa incredibili, mirabolanti promesse non si fida di loro al punto da temere che una volta entrati nel segreto dell’ urna votino come hanno sempre votato, e comunque senza tener conto delle avvilenti promesse. Viene in mente che Napoleone Bonaparte, dopo aver tradito gli ideali rivoluzionari, si era convinto e lo aveva sbandierato che i popoli sono come banchi di sardine che fluttuano: basta spaventarli o blandirli.

CB

A SAMO’ UN RICORDO DI FRANCESCA MONTAIUTI

Qualche giorno dopo  la nostra sistemazione nel padiglione Italia del Centro di Accoglienza, si decide di esplorare , di buon mattino, una prima parte della parrocchia di Bonoua che, ci viene ricordato, è estesa quanto una diocesi italiana, comprendendo quarantanove grossi villaggi disseminati nella brousse e abitati da ivoriani di etnie differenti.  Senza alcuna incertezza incoraggiamo la nostra giovane sherpa, Miriam, a dirigersi con la solita Honda color oliva chiaro, patente di guida italiana plastificata, verso il villaggio di Samò, sulla strada che, svoltando verso levante, porta in Ghana e che si avrà l’opportunità di ripercorrere, durante il soggiorno, per altre interessanti destinazioni. Ci aveva fatto scegliere Samò il desiderio, ereditato da una lunga consuetudine durante viaggi analoghi dal 1997, di visitare il mercato dei frutti e dei prodotti della terra caratteristici di quella parte della Costa D’Avorio.

Le bananette, quelle molto piccole, ricche, si certifica, di minerali vitali per l’organismo umano, e di sostanze che le rendono di facile digestione, vendute in caschi a prezzi per noi assai favorevoli, erano in cima ai nostri desideri. Con l’intenzione di fare anche una discreta provvista di ananas, meno coltivati da qualche tempo perché soggetti alla  forte concorrenza di altri provenienti dal Continente sud americano, papaie rosse mature, mango, avocado, frutti della passione, qui circondati, come risaputo, da una fama che potrebbe rivelarsi discutibile. Proprio quando ci eravamo convinti, e ne parlavamo assieme, che Samò era  sempre un buon mercato dei frutti esotici  e che saremmo ritornati al Centro con tanti acquisti alimentari per noi e per gli altri ospiti, in quel momento un gruppo di amici dell’ Associazione ” Hippocrate” di Borgo San Lorenzo  a Firenze, da depositare nella sala mensa dell’Accoglienza, un trabocco di pensieri colpì improvvisamente i due anziani della comitiva, Vilma ed io, ne convenimmo dopo, sollevando la modesta gita dalla relativa genericità consumistica sin qui caratterizzata  da quelli scopi limitati, con un ricordo molto nitido di Francesca Montaiuti.

Si fecero largo nella memoria di entrambi le letture di documenti e di testimonianze di Missionarri, come quella di Don Aldo Viti, di Volontarie ,come Lucia Precchia, oltre che chiare immagini della Montaiuti durante i brevi periodi trascorsi assieme alla Professoressa di Ovada nel Centro handicappati di Bonoua, quasi ogni anno, compatibilmente con le condizioni di incerta non belligeranza e di sicurezza esistenti, dopo il 1993. Ci si eve chiede, sembra del tutto logico anche per il lettore del brano, perché l’improvviso emergere della figura della Montaiuti, proprio a Samò. La parrocchia di Bonoua, intitolata a S. Pierre Claver, uno, forse il primo o il più importante Missionario Francese giunto nella zona, era stata ufficialmente acquisita dagli Italiani della Congregazione della Piccola Opera della Divina Provvidenza di Don Orione nel 1972.

La parrocchia si era gradatamente dotata di strutture che avevano una particolare prioritaria attenzione3 all’assistenza, alla scolarizzazione e alla prima formazione della  gioventù. Quindi si diede precedenza agli asili e alle scuole materne. A  Motobé  e a Samò vi fu l’intervento concreto, provvidenziale, assai generoso, di Francesca Montaiuti, tenuto in parte segreto per volontà della stessa benefattrice. Francesca Montaiuti , professoressa di ruolo in filosofia ad Ovada, presumibilmente la sua Città natia, era arrivata come volontaria al Centro handicappati di Bonoua nel 1993, dopo alcune esperienze in India e nelle Filippine che l’aveva comunque convinta di dover abbracciare la Congregazione del Santo Don Orione. Noi, Vilma ed io, l’abbiamo conosciuta nel 1997, l’anno del nostro primo, prudente viaggio in Costa D’Avorio, quando nella Missione c’era la cugina Anna Balbi, in Africa dal 1986,  il nostro Virgilio in terra Africana , organizzatrice di una scuola di cucito per handicappati, maschi e femmine, e poi di una sartoria che ha, bisogna lo si dica, usufruito negli anni del generoso aiuto del gruppo missionario di Busalla.  Francesca Montaiuti aveva già fama di volontaria animata da una dedizione radicale verso i poveri e gli ammalati, era nota la sua disponibilità verso gli altri, a volte sconfinante con il sacrificio personale e la mancanza di prudenza. Risultava chiaro che abbandonando l’Italia era venuta alla ricerca di una specie particolare di santità non riconosciuta come tale, ma non per questo da mettere in totale discussione. Colpiva la sua straordinaria magrezza giustificata da una accentuata continua disappetenza, il mettersi per le strade, tutt’altro che sicure, quasi fosse alla ricerca di persone in difficoltà, con ogni tempo, sotto il sole cocente dei tropici o con il vento e la pioggia insistente dei periodi dominati dai monsoni. Interessante l’articolo comparso su < Amici di Don Orione> del maggio 2002 scritto da Lei stessa al Villaggio della Carità di Camaldoli a Genova per testimoniare del suo incontro con Don Orione, con le sue Opere ed in particolare proprio con quel Villaggio. Era il 1985, a Natale, e Francesca, sola, senza forti legami familiari, insegnante metodica, dalla vita tranquilla, lo scrive Lei stessa e non si può dubitarne, decise di trascorrerlo dove un suo cugino, obiettore di coscienza, stava per finire il suo servizio ai Camaldoli. Qui si decise il suo futuro: quello di lasciare l’insegnamento, la sua Città, il suo mondo per un volontariato a tempo pieno. Purtroppo sono sempre mancate, o non sono state cercate veramente, informazioni sulla sua vita prima del grande passo,  le notizie che potrebbero completare una sua biografia.

Si è sempre pensato, forse saputo, che Francesca Montaiuti avesse sempre vissuto con Fede, sempre con disponibilità a privarsi di qualche agio per sopperire alle miserie altrui. Discutendo di tutto quanto si è poi ritenuto di dover riferire in un post,  considerando anche l’opportunità di avere notizie delle esperienze di vita della Francesca Montaiuti prima che diventasse Volontaria del Santo Don Orione, si fa ritorno al Centro Accoglienza perché Miriam è attesa dai bambini della Rieducazione che Lei intrattiene con la solita energia e passione.

Carmelo Dr. Balbi /Vallescrivia

Con la collaborazione di

Miriam Damonte / Lettere Moderne -Università Pavia

SOTTO TRACCIA LE COMUNALI A BUSALLA 2019

C’è chi ritiene che si possa immaginare qualche spicchio del futuro con estrosa fantasia e un pizzico di inventiva, avendo qualche esperienza dei periodi che hanno preceduto nel passato gli avvenimenti specifici dei quali s’intendono svelare le avanguardie, nonché la sensibilità necessaria per valutare l’ambizione e la credibilità delle persone coinvolte. Del resto, chi conosce il gioco degli scacchi, purtroppo sono pochi, riconosce che in talune fasi della partita ci si affida ad una intuizione che non è principalmente frutto del ragionamento, ma che si configura nella categoria della pura fantasia e genialità. Questo l’ onesto tentativo di convincere il lettore che si può leggere, sia pure con difficoltà, il futuro prossimo, per giustificare il tentativo di cogliere un fermento che a Busalla è già visibile intorno alle malcelate ambizioni di ricoprire la carica di Sindaco dopo le consultazioni del giugno 2019.

Si deve riconoscere che oltre la fantasia e l’immaginazione non possono essere trascurate le voci, sottili quanto necessario, per non essere confuse con le maldicenze, ma tali da fornire altri elementi di attendibilità. Intanto ci si chiede se il Sindaco Loris Maieron possa difendersi da certi attacchi già in atto ed essere confermato per il secondo ennesimo incarico. Gli astri non sembrano essergli del tutto favorevoli anche perché tra la popolazione serpeggia un certo malcontento che il navigato politico deve aver subodorato.  Pronto a sostituirlo, con regolari elezioni, s’intende, sembrerebbe, secondo le indicazioni contenute in una immaginaria sfera rabdomantica, Giuseppe Coniglio il vulcanico Presidente della Croce Verde Busallese , instancabile tessitore di tele, disponibile ad accordi con chiunque pur di migliorare l’esercizio della Sanità emergenziale in Valle. Delle interessanti fotografie, da interpretare,  esibite nel candido ambiente parrocchiale, mostrano Don Gianni, Parroco di Busalla capoluogo e di San Bartolomeo di Savignone, il Sindaco Loris Maieron e il Presidente della P.A. Croce Verde Busallese, prima o dopo, non sembra rivestire qualche importanza, l’udienza dal Sommo Pontefice. Si dice acutamente: una plastica rappresentazione di una pesante eredità che il silente Maieron lascerebbe al facondo Coniglio.

Il M5S è già stato gratificato a Busalla di un consenso che per altro non è stato maggioritario. Non ha un seguito visibile di attivisti, ma non si può escludere, specialmente se risultasse il 5 marzo prossimo primo partito in Italia,  che residenti nel nostro Paese si uniscano sotto la stellata bandiera per rivendicare il diritto di governare Busalla. Il PD busallese sembra invece che stia evaporando in attesa ansiosa di verificare la sua consistenza il solito 5 marzo prossimo e l’inevitabile resa dei conti degli scontenti e degli inevitabili trombati. La Sinistra, si chiami pure radicale, purché non la si confonda con Europa -Bonino tutt’altro che di sinistra, a Busalla, non sembra avere, almeno nell’immediato, il peso e l’influenza acquisita in un passato poi non troppo remoto, come si potrà valutare sempre il fatidico 5 marzo, dopo gli scrutini delle cruciali politiche.

Fare dunque delle previsioni sugli orientamenti dell’elettorato 2019, prima che il voto del marzo 2018 sveli il grado di maturazione, di partecipazione votando, della popolazione non è  agevole, potendosi, tra l’altro, interpretare i risultati 2018 in chiave puramente di politica generale, senza alcun riferimento, ancorché casuale, e sarebbe un grave errore, alle amministrazioni  che erogano servizi essenziali come quella del nostro problematico Comune, della neonata Città Metropolitana di Genova, della Regione Liguria, tutte passate di mano ad un Centro Destra vittorioso sulle rovine di esperienze di Centro Sinistra od altra non classificabile. Si può concludere con una nota positiva riferendo che ambienti degni di considerazione, cittadini legati al territorio della Valle Scrivia che considerano Busalla centro nevralgico della medesima, ritengono che puntare su un prossimo Sindaco Donna nel 2019 a Busalla sarebbe propedeutico  ad un risveglio del Paese e delle sue energie migliori.

Come previsione potrebbe apparire fantasiosa, quasi di colore,, ma anche allo stato delle incertezze  dominanti, delle pochezze in campo ora nei tradizionali partiti e purtroppo in Comune, dei veti incrociati che, si sa, esistono, può apparire del tutto lecito e sensato pensare concretamente ad una squadra di <salute pubblica> formata da persone animate dall’ambizione di portare al giudizio dell’elettorato una compagine ricca di esperienze varie, di persone professionalmente preparate che propongono una Donna a Sindaco di Busalla.

CB

I PROGETTI DI DON ALDO VITI

Don Aldo Viti ha dei progetti per sé e per il futuro delle iniziative, a ben guardare, condivisibili, da perseguire e sostenere da parte dei suoi molti benefattori, sulla ormai famosa Collina di Bonoua, intravvedendo una sempre più efficace diffusione della Fede Cristiana in quel Paese, una consapevolezza profonda dei bisogni di quei popoli e una reale disponibilità alla collaborazione in loco oltre che all’aiuto disinteressato per il superamento dei  loro più gravi problemi strutturali e sociali. Don Aldo, ritornando in Italia anche per una premurosa sollecitazione della sua Congregazione, si sta avvicinando al ragguardevole traguardo dei novantacinque anni con la lecita speranza , e purtroppo qualche dubbio, di ritornare in Costa D’Avorio dopo che, come avvenuto negli anni passati, siano trascorsi almeno sei mesi e la sua salute si dimostri idonea ad affrontare impegni nel clima equatoriale monsonico dell’area di sud est del Paese Centro Africano, collocato appunto a poco più di cinque gradi di latitudine nord, e dunque, lo si scrive a scanso di equivoci, nel nostro emisfero.

Non si capirebbe infatti lo sforzo di Don Aldo nel predisporre razioni riso ed altro per una esigua, di pura sopravvivenza,  alimentazione di persone indigenti residenti soprattutto nella delegazione, assai esplorata da Mirian Damonte, di Imperié, affidandole alla cura di Padre Jules Atabre, se non ammettendo che la continuità del benefico e caritatevole sostegno possa rappresentare il viatico di un suo ritorno a Bonoua. Don Aldo documenta scrupolosamente l’aiuto alla scolarizzazione 2017-1018 fornito a ragazzi poveri della scuola materna, di quella primaria, da noi definita elementari, sino a giovani dei collegi o dei licei e tecniche.  Si prende atto dai conti resi noti a noi che il totale delle forniture di materiale e delle iscrizioni ha richiesto un esborso di 1. 189. 000 Franchi. Altrettanto cospicuo risulta la documentazione delle spese relative alla salute, o meglio alla mancanza di salute, di casi di assoluta povertà verso i quali Don Aldo, Padre infermiere durante la seconda guerra mondiale, ha sempre dimostrato particolare attenzione e prioritario impegno. Le spese sostenute per le cure, le analisi e gli interventi chirurgici ammontano a circa 485.170 F., corrispondenti al cambio corrente a quasi 900 Euro. La somma delle spese di scolarizzazione, che gli hanno procurato un riconoscimento ufficiale da parte delle autorità scolastiche del Paese, e di quelle della salute risulta così pari, sono sempre dati che si ricavano dal supporto magnetico ricevuto, a 1.674.170 Fsf, circa 3000 Euro.

Da queste generose e mirate elargizioni si evidenzia lo spirito veramente Cristiano di Don Aldo e si capisce la stima e la fiducia delle quali gode in Italia, e non solo nel nostro Paese, come Missionario che diffonde la Parola stando vicino ai bisogni dei poveri, degli ammalati, dei giovani che attraverso l’educazione e lo studio possono dare un contributo al loro Paese Africano, restandovi con consapevolezza ed evitando avventurose fughe e dolorose esperienze verso miraggi europei e ulteriori sfruttamenti. Viene persino da pensare che, fatte le dovute proporzioni, Don Aldo abbia seguito una strada abbastanza simile durante tutto il suo lungo periodo Sacerdotale in sedi Italiane, guadagnandosi l’affetto di tanta gente semplice.

Avvicinandosi il momento della partenza in aereo da Abidjan, fissato da tempo il 22 gennaio scorso, tarda sera, sembra necessario fare con Lui un breve inventario degli interventi necessari al completamento di opere già finanziate in gran parte da erogazioni di persone od Organismi, come il Lions di Tortona. L’ormai leggendario campanile del Santuario, ci piace ribadire: progettato con qualche sudore proprio sul post, dall’amico Architetto Paolo Granara, è al momento incompleto, addirittura delle cinque campane acquistate in Italia e del necessario sistema elettronico per sentirle suonare armonicamente in coro. Manca anche il serbatoio previsto all’ultimo piano della struttura per la raccolta dell’acqua e per  la distribuzione regolata a chiunque abbia bisogno di dissetarsi nella calura del luogo, magari all’ombra delle verdi fronde di alberi aventi il pregio di crescere velocemente in ragione della naturale combinazione del gran caldo, di in terreno ricco di minerali e delle piogge monsoniche, sempre o quasi sempre puntuali, dopo l’inverno o, per rimanere aderenti alla realtà, dopo che sia passato il periodo che va da novembre a marzo, dominato da un vento del deserto, l’harmatan, che trasporta polveri sottili nell’aria, elimina una parte dell’umidità, rinfresca, ma non va confuso con la nostra tramontana! Anche in Costa D’Avorio ci si lamenta constatando che il clima ha subito rilevanti modificazioni attribuendo la responsabilità alle grandi potenze mondiali compresa l’Italia. Per ragioni di opportunità si evita di contrapporre alle tesi degli amici Africani il rifiuto di poter includere l’Italia, paese notoriamente indebitato e mal governato da molto tempo, tra i Paesi che realmente potrebbero destinare alla tutela e al ripristino dell’ambiente una parte consistente delle loro spese. Senza trascurare la circostanza che spostandosi nel Paese si osservano continuamente dei falò di rifiuti che ardono e rilasciano diossina nell’ambiente, per confermare che , malgrado l’esiguità dei rifiuti africani rispetto a quelli di una società opulenta come la nostra, il problema esiste e andrebbe affrontato anche nel Continente Nero, se non altro perché la durata media della vita è qui più bassa e il sistema  sanitario carente quanto basta per essere riprogettato e non solo integrato con strutture, sia pure apprezzabili, come il Centro handicappati Don Orione ed altri assai noti di Associazioni benefiche.

Don Aldo espone un progetto che da tempo coltiva e che avrebbe già avuto una prima approvazione di massima dal Consiglio della Congregazione di Bonoua.  Si tratterebbe di una costruzione che partendo dalla spianata del Santuario, o meglio dagli uffici esistenti della segreteria e dal piccolo edificio dei servizi igienici, si espanderebbe in lunghezza sino all’inizio della strada sterrata dalla quale siamo saliti prima con Miriam al volante, per mettere al servizio dei numerosi pellegrini al Santuario stesso locali idonei ad ospitare dormitori, mense, sale di disimpegno, punti per comunicare che rendano sempre accessibile il Santuario di Notre Dame de la Garde  agli Africani della Costa D’Avorio, sarebbe già molto, ma non solo a quelli. Del resto, il gemellaggio praticamente  stretto nel 2009, all’inaugurazione,  con il Santuario della Madonna della Guardia di Genova, presente il suo Rettore Mons. Marco Granara, proiettava quello di Bonoua ad un livello di importanza ben superiore a quella di per sé attribuibile.

Don Aldo Viti si rende conto che molto è stato fatto e che altro rimane da fare affinché l’Opera della Congregazione di Don Orione non appassisca e prosperi come le bellissime rose di porcellana, un fiore diffuso  all’ombra di certe piante protettive. Don Aldo prova un ragionevole compiacimento perché è consapevole di aver fornito sulla Collina  un contributo di idee, prima al Noviziato dove si selezionano i giovani aspiranti Sacerdoti Africani, poi nel progettare il Santuario, la Statua della Madonna, anche convincendo i compagni della Congregazione a guardare coraggiosamente avanti. Non deve sorprendere che un ruolo importante nel assumere certi impegni di lavoro abbiano avuto anche le generose offerte ricevute da Lui, in gran parte dall’Italia, per la sua notorietà, acquisita durante il suo lungo percorso Sacerdotale in Italia e la comprovata onestà intellettuale. Don Aldo intende ritornare a Bonoua dopo che siano trascorsi i mesi di riposo e cura al Paveranodi Genova, circondato dalla attenzione del Direttore Don Alessandro D’Acunto e dai tanti amici che lo stimano.

E’ difficile non essere convinti davvero che Don Aldo ritorni in Africa, per continuare la sua Missione. Viene in mente, a volte proprio non si sa come, una canzone scritta da Mario Cappello, pare nel 1924, <Ma se ghe pensu>, con la quale il cantautore definito messaggero della canzone genovese nel mondo divenne acclamato interprete anche all’estero. Solo che Mario Cappello era genovese emigrante in Argentina e provava grande nostalgia per la sua Città, Genova, mentre Don Aldo Viti è un forte marchigiano che , si può scrivere quasi al contrario, ma con uguale intensità, pensa alla sua Missione in Costa D’Avorio, vicino ai suoi bambini.

SI SALE ALLA COLLINA

Con un insignificante residuo di stanchezza per il viaggio dell’intero giorno prima da Genova, utilizziamo una vecchia vettura Honda colore oliva chiaro , qua e là tappezzata di stucco grigio, a nostra quasi gratuita disposizione, affidando la guida a Miriam Damonte, la più giovane della limitata comitiva, venuta per una coinvolgente esperienza in Costa D’Avorio e per fare da corte a Don Aldo Viti quando di lì a non proprio pochissimi giorni sarebbe ritornato assieme a noi tre a Genova per un meritato riposo al Paverano.

Percorso rapidamente dalla periferia est di Bonoua, dove sta il Centro handicappati fisici Don Orione, il primo tratto di quella che si potrebbe definire la via principale della cittadina, essendo in realtà traccia di una antica strada marittima da e per Gran Bassam e Abidjan, si supera un dosso molto pronunciato e si scorge sulla destra, ben visibile sopra la Collina, il Santuario Notre Dame de la Garde e il suo campanile progettato dall’Architetto Paolo Granara, giovane amico, conterraneo di San Bartolomeo di Savignone. Per Miriam, al felice esordio in questo Paese Africano, malgrado l’incombenza della guida della vettura, in un traffico caotico, è tutta una sorpresa, un succedersi di constatazioni da assaporare con gradualità  e cautela . La forma del Santuario, per esempio, è per chi ne ha visti tanti in Europa, a dir poco originale: un cappello tuba disposto rovesciato sul terreno. E’ dato sapere che l’idea della sua forma ha risentito degli orientamenti estetici di un professionista del luogo e che, semmai sono emersi alcuni problemi strutturali, questi riguardano il necessario rifacimento del tetto,  provvisoriamente costruito in lamiere.

Altra sorpresa è rappresentata dalla Statua altissima della Madonna bianca e azzurra con bambino, collocata non troppo lontana dal Santuario, sul crinale della bassa collina, sfiorata su tutto il versante nord dal grandee fiume Comoé e aperta sul lato opposto da una vasta, in parte abitata e coltivata, pianura che si estende a perdita d’occhio sino all’Oceano Atlantico del Golfo di Guinea. Si sta per abbandonare la trafficata strada asfaltata, sulla quale la guida è tormentata da frequenti buche, per dirigere l’Honda colore oliva su terreni sterrati di un piacevole tipico rosso amaranto, lacerati da solchi,  più o meno ampi e lunghi, conseguenti alle violente piogge monsoniche; buche che scuotono i passeggeri e la vettura stessa messa a dura prova. Giunti sul crinale si può valutare meglio la consistenza e bellezza delle strutture realizzate e della natura che le circondano in una sorta di giardino perennemente curato; tutto il versante che scende sino all’antica strada per la vecchia capitale coloniale della Costa D’Avorio, Gran Bassam e per Abidjan, la metropoli e il grande porto marittimo del Paese, è splendidamente ricco di varie specie di palme, intrigante quella detta del viaggiatore perché disposta, se spezzata, a dare acqua potabile agli assettati, altre piante ornamentali e da frutto, su un declivio leggero e costante nella pendenza che ha consento la costruzione del Noviziato, la realizzazione di una sala polifunzionale per convegni ed incontri e sul quale ha trovato posto anche una concordata iniziativa della Congregazione del Santo Padre Pio. Alla fine della parte utilizzata del crinale, prima che un bosco di alberi da caucciù interrompa prudentemente, si sa che in Costa D’Avorio sono presenti diverse specie di serpenti velenosi come la vipera del Gabon, una eventuale escursione libera, sta la Casa del così detto Provinciale, che fortunatamente nulla ha a che fare con i successori della soppressa Provincia italiana, Capo, democraticamente  eletto delle Missioni di Don Orione in Africa, Padre Basile Aka, nativo di Bonoua, e degli altri Missionari che collaborano con Lui nel gestire le risorse, fatte anche di donazioni e di lasciti, e nel decidere gli interventi da eseguire.

Alla Statua della Madonna si arriva, oltre che su strada sterrata partendo dalla spianata del Santuario, salendo un’ampia scalinata dalla base della Collina, vicina alla strada trafficata, dove sono stati trovati gli spazi per posteggiare i pullman durante i frequenti pellegrinaggi da ogni città del Paese. Sul plateau della Statua si recita ogni sera il Rosario con la straordinaria partecipazione di molti allegri  bambini provenienti da Imperié, forse la delegazione più povera della città di Bonoua. Alla Madonna si svolge così ogni giorno un rito che dimostra tutto il carisma Orionino di Don Aldo Viti, sempre disponibile a confessare, pregare, ma anche a curare ferite, a lenire dolori e miserie, ad aiutare concretamente chi si offre nel dolore. Si è già scritto ampiamente che i Missionari hanno bisogno di simboli affinché la loro discreta opera di evangelizzazione proceda più spedita ed incisiva,  con popoli che hanno una loro cultura, soprattutto una loro dignità, ma che sono tormentati da grandi bisogni e che si aspettano, siamo tra quelli che sostengono:  legittimamente, di essere aiutati con opere di valenza sociale dopo aver spesso subito i pesi di una colonizzazione rapace. Si conferma così in ciascuna delle iniziative intraprese la volontà dei Missionari di seguire i principi del Santo Don Orione nel combattere la povertà, di essere sempre vicini alle esigenze dei bisognosi, dei malati, degli emarginati, in qualunque società vi siano difficoltà a realizzare pace e giustizia. In questo contesto africano dove si tendono a perfezionare le opere già realizzate, almeno parzialmente, sul canovaccio di una rigogliosa natura così diversa dalla nostra, non si deve pensare che possano sfuggire all’immediata attenzione, sia di chi viene qui per la prima volta, si di chi, come VIlma e l’autore dello scritto, sono ormai veterani di questo viaggio senza clamore che potremmo definire dell’accoglienza ricevuta e del sostegno dato, i primi attori, almeno quelli più conosciuti, del bel film che ci scorre velocemente sotto gli occhi.

Ci si incontra subito con Don Aldo Viti, 95 anni ad aprile prossimo, volontà granitica di spendersi, idee e programmi ancora lucidamente coltivati. Poi l’incontro con Don Antonio Jeranò, altro ultraottantenne deciso a rimanere in Africa, confessore dialogante di grande umanità.  Molto più giovane dei primi due troviamo Padre Jules Atabre, uomo di sicura intelligenza e affidabilità che Don Aldo gratifica della sua fiducia per l’esecuzione delle incombenze predisposte per il periodo della sua assenza. L’intesa con i tre Sacerdoti è stata immediata , come del resto spontanea e rassicurante era stata l’accoglienza da parte di Padre Angelo Girolami, direttore del Centro handicappati, con Père Benjamen e Père Attanase, la sera prima, quaando, stanchi del viaggio, avevamo avuto un’ ottima sistemazione alla Accoglienza da Lucia Serra, esperta volontaria, da lungo tempo a Bonoua e dalla sua attiva collaboratrice Mabel, nel centro residenziale satellite indispensabile per i visitatori e per le famiglie che accompagnano adulti e soprattutto bambini sottoposti ad interventi chirurgici o trattamenti fisioterapici che richiedono una certa permanenza al Centro.

Carmelo Dr. Balbi /Vallescrivia Libero  blog

  1. Con la collaborazione  di:
  2. Miriam Damonte /Lettere Moderne – Università di Pavia

DAL CENTRO HANDICAPPATI DON ORIONE DI BONOUA E DINTORNI

DOCUMENTAZIONE DELLA VISITA AL CENTRO HANCICAPPATI FISICI DON ORIONE DI BONOUA E DINTORNI DAL 9 AL 22 GENNAIO 2018 AD OPERA DI BALBI CARMELO E MIRIAM DAMONTE.

Al ritorno dal Centro handicappati fisici delle Piccole Opere della Divina Provvidenza di Don Orione a Bonoua in Costa D’Avorio, i componenti la comitiva partita da Genova il 9 gennaio c.a. hanno assunto l’impegno di proporre all’attenzione di un pubblico sensibile ai problemi delle popolazioni dell’Africa e alle iniziative dei Missionari del Santo Don Orione le loro libere valutazioni sulle opere realizzate o in via di progettazione, nonché sulle straordinarie figure dei Sacerdoti, in parte italiani, artefici di una costante divulgazione della fede cristiana e costruttori delle opere dirette ad alleviare la povertà materiale di popoli che chiedono di essere sostenuti nel processo di emancipazione dai molti bisogni e da consolidate ingiustizie.

La documentazione consiste in articoli originali dove gli autori prendono in esame particolari aspetti dell’attività svolta al Centro handicappati fisici di Bonoua, le opere realizzate nel tempo dai Missionari del Santo di Tortona e dai loro collaboratori. i progetti dagli stessi in via di elaborazione ed esecuzione, senza trascurare l’ambiente e i numerosi interessanti obiettivi sparsi sul territorio,  da vedere, proprio in quella vasta area di sud est della Costa D’Avorio, vicina al confine con il Ghana, affacciata lungo tutto il Golfo di Guinea sull’Oceano Atlantico

TUTTO RUOTA INTORNO

Sono passati pochi giorni dai botti che hanno accolto l’anno nuovo che già ci si interroga su quali eventi ruoterà l’attenzione del popolo busallese nei mesi che ci dividono dalla primavera. Pur nutrendosi una limitata considerazione sull’interesse consapevole della popolazione di Busalla per la politica tutta tonda, non sembra potersi escludere che la campagna per le elezioni nazionali del 4 marzo prossimo suscitino qualche interesse in più rispetto alle consultazioni politiche precedenti, se non altro perché il risultato non appare scontato, com ‘era con  i soli vecchi partiti. L’attività dei Partiti e dei Movimenti risulta al momento inesistente nel Paese, sempre che non si suppongano attivi i soliti personaggi avvolti nell’ombra, gruppi limitati in numero ma sempre con le mani, quando vi  va bene, solo in pasta.

Non andrebbero trascurati i tavoli imbanditi per curate cene presso la P.A. Croce Verde Busallese di via Gino Suardi, a  riunire conviviali  Autorità, autorevoli commensali, tra l’altro  sicuramente  esperti in  oroscopi  su andamento legittime operazioni nel sanitario e un numeroso festante gruppo di militi volontari, eletti quasi a pasdaran, cioè  veri guardiani della ormai consolidata rivoluzione della Croce Verde Busallese.

Non è escluso che in tali contesti qualche ambiziosa iniziativa sia già stata avviata per la carica di futuro Sindaco di Busalla, si sa che mangiando e bevendo le idee possono diventare più fantasiose, sempre che non incomba stato di  malinconia e si riscontri  qualche prudente e lodevole preventivo rifiuto, probabilmente credibile, di candidarsi in vista appunto delle consultazioni comunali del 2019.

Ma, detto  delle questioni politiche generali,  volendo dei sacchetti di plastica a 1/3 centesimi di Euro, posti a carico degli acquirenti, proprio per passare dal grande ad un minimo della vita pubblica, si deve riferire che c’é in una parte del Paese il convincimento che lo sguardo dei busallesi, anche quelli evitati dall’influenza dilagante, sarà rivolto ben presto al Servizio Sanitario offerto in Valle. In particolare ad una iniziativa di rilievo con l’apertura della RSA proprio nell’ex Ospedale Frugone. Tanto tuonò che piovve ! Ma mentre dell’acqua si sentiva grande bisogno dopo un lungo periodo di siccità,  della RSA, un altro ricovero principalmente per persone anziane, sia pure arricchito di una presenza sanitaria,  non si avvertiva la necessità, proprio collocandola in una struttura busallese che aveva visto funzionare un Ospedale, piccolo, quasi familiare, ma attivo.

C’é comunque moderato ottimismo tra gli addetti della Pubblica Assistenza. Intanto, per la Guardia Medica, che sembrava sottratta ai locali della sede di via Gino Suardi, con qualche ripercussione negativa per la P.A. stessa, c’é stata una netta presa di posizione, convincente nella sostanza e chiara, come al solito, nei modi, da parte del Presidente della Croce Verde Busallese seguita dal ritorno sui propri passi da parte della, s’immagina, pentita Guardia Medica. Si pensa addirittura ad una cordata che vedrebbe l’impegno della Città Metropolitana, dell’ASL 3 genovese, della Croce Verde Busallese e, per ovvi motivi del Comune di Busalla per un fantastico recupero dell’immobile un tempo utilizzato a Dispensario Provinciale, sopra via Roma. Poche le speranze, al momento, di una riuscita vendita all’asta dei beni ex ospedalieri che si affacciano, questi sì, in via Roma, abbandonati come ruderi, dopo essere stati sollevati, secondo legge, dal vincolo sanitario e finiti misteriosamente in proprietà di ARTE.

Può affacciarsi il dubbio che, ruotando tutto attorno a decisioni già prese o in faticoso cammino, le informazioni ricevute con cortesia e parsimonia dal Presidente della Croce Verde Busallese Giuseppe Coniglio  facciano parte di una complessa strategia che dalle cene, ai rapporti costanti e cordiali con le numerose Autorità in gioco, venga fuori qualcosa di meglio e di più per la Sanità in Valle Scrivia, Valle Vobbia e Valbrevenna.

CB

L’AREA DELLO SCRIVIA E’ LA MENO SOFFERENTE

Succede di leggere una determinazione dell’Organo Consiliare della Città Metropolitana genovese che, dopo aver segnalato l’arrivo della sospirata firma che rende disponibili 7 milioni di Euro nell’ambito della <Strategia nazionale per le aree interne>, destina tale somma  a l'<Area  interna Antola Tigullio > che comprende 16 Comuni dell’entroterra genovese, giudicata come la più  ” sofferente” rispetto ad altre elencate in ordine decrescente di “sofferenza” disponendo di specifiche qualità,  ma essendo carenti di positività tipiche di altre aree interne.

Dopo una giustificata valutazione di apprezzamento per il finanziamento concesso all’area interna giudicata più bisognosa di interventi di varia natura, non può sfuggire all’attenzione di chi ha una discreta conoscenza dei meccanismi della politica che i criteri adottati per stabilire il grado di “sofferenza” delle aree interne si prestano a qualche bonaria osservazione critica. Come sia stato possibile, per esempio, collocare la Valle Scrivia e la  Valle Stura all’ultimo gradino della “sofferenza”, che poi significa porre i due fondo valle dell’entroterra genovese, proiettati verso il Basso Piemonte, al massimo del benessere, dell’autosufficienza, della sicurezza sul territorio, è decisamente un mistero.

Di male in peggio, si fonda questa presunta mancanza di “sofferenza”, si ponga mente per semplicità alla sola Valle Scrivia, sulla presenza di linee ferroviarie, una che da Ronco Scrivia si rintana nelle viscere di Busalla creando non pochi problemi agli audaci progettisti applicati in altre opere, un’altra linea che da Arquata risale la Valle evitando ostacoli sino a Busalla, l’autostrada in uscita dalla galleria dei Giovi che presenta una certa pericolosità e che riesce a sfiorare gli impianti della Raffineria Iplom, ed infine la strada metropolitana, molto utilizzata, che corre lungo tutto il territorio, dalle gole argillose di Montoggio sino al Basso Piemonte. Paradossalmente, sembra logico, oltre che provato da innumerevoli circostanze di fatto, che proprio la problematicità del traffico a Busalla, centro nevralgico della Valle Scrivia, sta rendendo difficile e astiosa la vita nel Paese tanto da poterlo definire profondamente “sofferente”.

Non è credibile che, con pieno rispetto delle loro eventuali documentate istanze di “sofferenza”, vi sia un< centro di fondo valle> o Paesi altri così mal messi come Busalla, con tutte le sue note criticità, che non sono appunto la sola caotica circolazione, con una sola via centrale, e una generale insicurezza. Anzi, non  sembra del tutto da respingere la tesi secondo la quale, su un territorio come quello risultante dalle aree interne metropolitane, gli interventi, di certo alcuni di notevole consistenza, andrebbero fatti proprio nei Centri di fondovalle, generalmente a vocazione industriale, punti di riferimento commerciale, luoghi di scambio, con posteggio gratuito, tra vetture provenienti dai Paesi limitrofi e mezzi ferroviari od altri diretti  verso posti di lavoro.

Sembra superfluo, non inutile, per fare un esempio concreto, dotare di comodi sedili a spalliera certe curve della splendida Valbrevenna o dell’alta Val Vobbia perché stanchi camminatori possono tranquillamente sedere sui cigli erbosi e godere di un panorama delizioso. Per i Comuni che si raggiungono dal fondo valle dello Scrivia non si esclude ovviamente la necessità di opere migliorative o conservative . E’ importante, per non dire essenziale, la  manutenzione delle strade che la vecchia Provincia sapeva fare bene, prima che una confusa legislazione intervenisse a complicare i processi decisionali ed esecutivi.

Svolto il moderato esame critico dei criteri adottati dagli Organi competenti della Città Metropolitana in ordine alla individuazione delle aree interne più “sfortunate” del suo articolato territorio e perciò più bisognose di sostegno, si deve ammettere che l’individuazione dei Comuni dell’area <Antola-Tigullio>  va sicuramente vista, come osservatori responsabili, con il favore che merita un intervento da tempo atteso, al quale potrebbero semmai seguirne altri.

CB

CAPRICCI BUSALLESI

Quando si vuole descrivere un capriccio si trovano a disposizione termini come bizzarrie, fregole, stranezze ed altre parole stravaganti adattabili a situazioni così diverse da sembrare comunque tutte riconducibili all’estro e alla fantasia. Già, a Busalla non ci onoriamo di un impianto  ippico come le famose Capannelle romane, altrimenti, se ci fossero, qualche busallese vestito elegantemente,  con una giacca di foggia inglese, camicia di lino fatta a mano, cravatta di Finollo, scarpe Rossetti invernali di colore misto marrone caimano, lo si troverebbe facilmente nei dintorni di via Vittorio Veneto, magari reduce dal fantastico, ipotetico galoppatoio.

Divertente immaginifico capriccio s’intravvede rispettosamente nella persona di un occhialuto sempre giovane, scoprendola anche nella sua originale bicicletta particolarmente accessoriata e il suo anticonformista abbigliamento, certo l’unico meritevole di una pubblica notazione a Busalla. Tanto da essere esposto al sano prurito di giovani e belle ragazze del Paese, assai desiderose di qualche fotografia del curioso ciclista un po esibizionista, ma simpatico, da inserire su face book a testimonianza che la simpatia fa premio sulla stravaganza, sull’originalità paesana, e non solo.

Nessuno ha mai pensato che in un paese modestamente organizzato per gli sport si possano sviluppare delle mattane, veri e propri capricci, sostenuti da club, anche informali, disposti ad organizzare trasferte, anche lunghe, per seguire le loro squadre di calcio, facendo ricorso a personali sostanze, e sul punto sono sorti legittimi sospetti, considerate le enormi bandiere ed altri oggetti di abbigliamento, spesso in ripicco o in griccio, che dir si voglia, nei confronti dell’altra squadra genovese. Capricci questi definibili probabilmente impropriamente di una  passione  che sconfina purtroppo nella fede che, per esempio in un accogliente Circolo Endas di Sarissola, fa purtroppo premio su ben più pacifici scambi di opinioni circa i fatti della vita e le difficoltà spesso insuperabili di ciascuno. Di fisime comunque si può anche ricavare qualche soddisfazione lontano da salotti colti  o da locali dedicati al vacuo e al divertimento sfrenato.

Un capriccio che ha tutte le caratteristiche di chi vive in una società liberal -chic è quello di chi va a  tennis, anche con i primi colpi finiti nello Scrivia, per esibire, ad esempio, un modello Tacchini, plastiche scarpe antiscivolo di marca, pantaloncini corti, molto corti per signore e ragazze fisicamente ben dotate.

Sarebbe un capriccio non da poco quello di una passeggiata, per un tratto su un calesse trainato da un cavallo di proprietà, poi a piedi nel vivo di una brughiera che a Busalla tragicamente manca. Si ammette generalmente che la passeggiata in brughiera vada fatta con abiti di foggia anglosassone, un cappello di stoffa verde ramarro con una piuma d’oca, preferibilmente, e, solo per uomini una pipa di radica scozzese ben riempita di tabacco, accesa a basso regime per durare tutta la passeggiata.

Anche quando, come nei vari casi accennato, mancano le condizioni per un capriccio si può sempre coltivare il desiderio e la bizzarria fatta fregola di governare il Comune senza una autentica attitudine e predisposizione al dialogo fattivo con la popolazione e le sue immancabili necessità. Non sempre, ma si  è dato il caso, di primi cittadini con l’unica ambizione di sfilare con la Sciarpa Tricolore alla Processione del Santissimo Nome di Maria e ai cortei delle festività nazionali , come il 25 Aprile, purtroppo senza credere minimamente alla loro utilità. Un vero capriccio può definirsi l’amministrare Busalla Oggi, con un organico di incaricati per molti aspetti inadeguato, pur considerando le notevoli criticità del Paese, i suoi problemi di programmazione all’interno della neonata Città Metropolitana che richiederebbero contributi di idee interni all’Ente di sicura qualità e professionalità,  con evidenti risparmi per inevitabili consulenze esterne. C’è una indiscutibile incapacità di chiamare ad una volontaria partecipazione persone, ancora di giovane età, che nel Paese si sono già spese per la collettività, come avvenuto nella rinnovata P.A. Croce Verde busallese a coronamento di una politica dignitosa, pacificamente battagliera, alla ricerca della migliore possibile assistenza emergenziale nelle difficili condizioni della Sanità Ligure.E’ pur vero che a Busalla mancano punti per una costante aggregazione, sale polifunzionali, di antica memoria,dove organizzare incontri, non solo di carattere ludico, ma anche di divulgazione con il risultato di elevare il grado di conoscenza della popolazione, soprattutto su temi comunitari e localistici.

Sono poche le sale capaci di ospitare cittadini: quella più grande è la Parrocchiale riservata naturalmente ad  attività delle varie organizzazioni ecclesiali e ai pranzi della terza età. C’ è il palazzetto dello sport di Sarissola, struttura anomala per la sua finalità, utilizzato con impegno e continuità in attività sportive. Non manca una sala presso la Sms Tra I Liberi Operai, un tempo terreno di cultura dei partiti della Sinistra, oggi, potrebbe essere solo un caso, generalmente dedicata al ballo.

Nel campo della cultura si riscontra una evidente difficoltà a coinvolgere associazioni e singoli,  malgrado la positiva attività della Pro Loco . Si deve evidenziare una parzialità accentuata nel trattamento da parte di chi ha avuto incautamente l’incarico di Assessore  con la conseguenza , tra l’altro, di non favorire armonici rapporti, incline com’è a distinguere buoni da cattivi busallesi , ( lui che , in radice, non lo è) non sempre con lodevole intuizione, doveroso equilibrio e rispetto.

Si può certo dire che anche le carenze dell’Amministrazione Comunale potrebbero rientrare tra i CAPRICCI BUSALLESI  senza poter piegare a quale categoria iscriverli, se non quella di provare una particolare, anche comprensibile, soddisfazione nel sedere sulle classiche poltrone.

CB

VITA INGENUA

Avvicinandosi il Natale di questo 2017,  pur non dovendo redigere un vero resoconto del lavoro svolto sul blog di libero <vallescrivia>, si deve rammentare che più di una volta i ricordi, generalmente giovanili, della “vecchia Busalla” hanno in qualche modo riguardato, almeno sfiorato la Stazione Ferroviaria. Non tanto l’immobile, comunque visto di qualche pregio, ove la Stazione stava sino al momento del suo ridimensionamento o parziale soppressione, quanto le persone che l’hanno abitata, alcune dando grande lustro al Paese, altre assiduamente frequentandola per impiego ferroviario, per trasferimento di  lavoro o di studio. Di qui l’impegno di una onesta memoria al servizio di una vita ingenua consumata tra Ferrovia e casolare agricolo sulle alture di Busalla.

Terminato il turno di lavoro, distribuito tra le cinque ore mattutine e le quattro pomeridiane precedute da una breve siesta e da uno spuntino a base di pane secco ammorbidito in un pentolino nel quale veniva versato, da una bottiglietta di gassosa, mezzo litro di vino fatto in casa con uva faticosamente acquistata dai contadini di Gavi, non era insolito che Luigi Guido prendesse sulle sue magre spalle un sacco di granaglie e, imboccando la salita delle Cascine, si dirigesse verso la casa colonica che ospitava la sua famiglia, animali da cortile, una mucca e tutta l’attrezzatura necessaria per coltivare un orto generoso.

Luigi Guido era un ferroviere addetto al controllo della linea ferrata, con particolare riguardo ai bulloni e alle traversine di legno che anche allora andavano da un binario all’altro. Disponeva di uno strumento chiamato cricco, tanto che era invalsa l’abitudine di utilizzare il sostantivo anche come verbo per dire che una criccata poteva voler dire tantissime cose, belle, appetitose, oneste, soddisfacenti, financo volgari, definitivamente concludenti. Quanto il ripetitivo lavoro come uomo di fatica, come manovale in ferrovia abbia trovato armonia con quello più creativo di contadino non era facile capire

Frequentando ferrovieri generalmente legati saldamente ai loro sindacati e a taluni partiti della sinistra, si poteva immaginare da parte sua una qualche adesione alle istanze più sentite e diffuse della categoria, ma in realtà, al di là di un comportamento corretto nei riguardi di tutti i colleghi, nulla faceva pensare che gli slanci della categoria lo interessassero minimamente. Prevaleva, forse come un radicato tubero, l’anima contadina ereditata dai vecchi genitori che gli faceva intendere l’attività lungo la linea ferroviaria come un espediente per salvarsi dalla povertà dei contadini insediati sui monti liguri. L’estraniarsi completamente dalle vertenze sindacali, assai aspre in quel periodo, subito dopo l’entrata in vigore della Costituzione Repubblicana, e l’inizio di una graduale, ma problematica ripresa economica post bellica, gli aveva attirato qualche antipatia tra i colleghi della Stazione di Busalla.

Lui non se ne dava per inteso e continuava nel suo faticoso scendere sulla linea ferroviaria, secondo programmi di lavoro predisposi dai superiori, per poi risalire senza apparente fatica alla casa colonica e sbrigare ancora qualche lavoro, forse evitato casualmente dalla moglie. C’erano anche persone che lo stimavano, non tanto per i gravosi impegni giornalieri ai quali si sottoponeva , quanto per la sua riservatezza e il rispetto che dimostrava nei confronti degli altri. Senza trascurare il fatto che delle sue ottime patate si rifornivano diversi ferrovieri della Stazione ad un prezzo, per quanto era stato cautamente riferito, assai favorevole.

CB