Siamo seri. I sondaggi politici sono una ricerca che ha il rango della scientificità. Sempre che non siano contraffatti per deprimere una parte o per illudere qualche altra. Adulterazione che viene giudicata dagli esperti come non del tutto estranea al sistema dei sondaggisti accreditati nella campagna elettorale in corso. Che non al nobile campo della ricerca speculativa andrebbero ascritti, in tal caso, ma a quello dell’illusionismo che acceca, alimenta paure, sottovaluta i pericoli di un comodo immobilismo, svia le aspettative, tende a spostare consenso verso chi ha i mezzi per acquistare tale sottile contributo alla propria causa. Una necessaria premessa, quella delle obiettive difficoltà e dei possibili involontari errori, di chi intende con pochissimi ascolti utili di sondare, in un ambiente estremamente limitato, quello di Busalla-Sarissola, oltre che persone delle sparute frazioni, con qualche fortunata puntatina indiretta in Valle, attraverso elettori residenti nei vari Comuni, avvalendosi di un campione altrettanto ristretto di cittadini elettori, per verificare sostanzialmente chi di loro, credibilmente, intenda, allo stato, esercitare il diritto di voto e chi invece sembra escludere convintamente per il 4 marzo prossimo tale fondamentale esercizio, avanzando le più svariate ragioni ed accampando motivazioni non sempre coincidenti con quelle di altri così detti negazionisti del voto-dovere.
Sono proprio questi ultimi che suscitano un comprensibile interesse per le ragioni che forse appariranno sufficientemente chiare durante l’esercizio dell’ascolto e dell’interpretazione. Tale dilettantistica, per quanto interessante attività non deve essere considerata un vero e proprio sondaggio fatto secondo le norme che disciplinano la loro liceità e riservatezza, per altro garantita anche qui in ordine alle considerazioni di persone capaci di intendere e di volere, e quindi non interdette o inabilitate, non troppo avanti negli anni (oltre i 90 ) e neppure affette da gravi patologie.
Emerge con buona evidenza che la stragrande maggioranza dei rifiuti del voto viene da cittadini/e appartenenti ad un ceto popolare, a basso reddito, di limitata istruzione generale, carichi di problemi di ogni genere, sfiduciati e intontiti. Si constata invece che tra chi appartiene ad un ceto medio, magari benestante, che sente di dover difendere i propri privilegi, non provando alcuna solidarietà per i meno fortunati, generalmente ostile a qualsiasi ideologia e Fede Cristiana, segue distrattamente la campagna elettorale, non ha bisogno di incoraggiamenti, perché non vede l’ora di entrare nella fatidica cabina per votare uno dei Partiti o Coalizioni che garantiscono lo status quo.
Che pensionati, per giunta al minimo, e lavoratori dipendenti, professionisti spesso senza incarichi, che si rubano il lavoro, operatori commerciali gabbati da anni con leggi che hanno consentito l’apertura ad libitum di grandi punti vendita, anche stranieri, dipendenti pubblici con un contratto di lavoro fermo da anni, che tutti costoro ritengano di esprimere il loro disgusto disertando le urne o annullando la scheda sembra assolutamente incomprensibile, illogico, autolesionistico. Sembra piuttosto come il darsi una martellata su qualche parte sensibile del corpo per aggiungere il doloro alla beffa. Non tanto per la classica considerazione che costoro vengono meno ad un dovere e lasciano che altri decidano anche per loro un futuro che potrebbe essere deprecabile come il presente. Ma soprattutto perché evidenziano l’esistenza in Italia, poco importa se il fenomeno astensionistico è presente anche in altri Paesi, una fetta di circa il 30% della popolazione degli aventi diritto, al netto degli impediti non supportati, che rinuncia a dare una libera e dignitosa indicazione con un voto che sarebbe tra l’altro utile anche alla porzione della comunità che loro stessi sentono, è quasi inevitabile, vicina nei bisogni, nella delusione, se non addirittura nell’indigenza. A molti questa scelta estrema, il non voto, sembra una espressione di grande egoismo, specialmente se supportata da una medio-bassa cultura, da una non conoscenza assoluta dei meccanismi istituzionali, da precedenti pessime esperienze elettorali.
Naturalmente vanno considerati a parte coloro che vengo spinti lontano dai seggi perché anche chi fa incredibili, mirabolanti promesse non si fida di loro al punto da temere che una volta entrati nel segreto dell’ urna votino come hanno sempre votato, e comunque senza tener conto delle avvilenti promesse. Viene in mente che Napoleone Bonaparte, dopo aver tradito gli ideali rivoluzionari, si era convinto e lo aveva sbandierato che i popoli sono come banchi di sardine che fluttuano: basta spaventarli o blandirli.
CB