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“I diritti – come dice qualcuno – non si chiedono si esercitano” e ci sono persone più fragili, sono quelle che vanno sostenute.

Si parla tanto della Sindrome della capanna – quella paura diffusa di tornare alla normalità per cui oltre  1 milione di italiani, secondo la Società italiana Psichiatria, fa fatica ad uscire di casa dopo due mesi di lockdown.
Quella paura di uscire da casa che, “in individui predisposti – come sottolineano gli esperti – aumenta il rischio di sviluppare psicopatologie e disturbi dell’adattamento”.

Nel mentre  assistiamo  a limitazioni vistosamente sproporzionate rispetto all’obiettivo del contenimento del Covid19 e a trattamenti sanitari forzati fulminanti, su strada, come il caso Musso.  Esperienze che impattano su molti cittadini che  a prescindere dalle predisposizioni impediscono un equilibrio già precario per l’emergenza.

La paura diffusa di tornare alla normalità – e la paura e le limitazioni della libertà peraltro eseguite con dispiego di mezzi e risorse vistosamente sproporzionate rispetto all’obiettivo – uso di elicotteri, droni come si ravvisa anche nella Lettera aperta degli Avvocati al premier Conte- , e giustappunto anche i TSo, assistiamo ad un sostanziale annullamento delle libertà personali che accresce i timori dei cittadini su legalità e futuro, incrementa il disagio nell’emergenza e le possibili alterazioni dello stato psicologico correlato allo stato di isolamento obbligatorio anche a fronte della inequivocabile emergenza Covid19.

Non basta solo l’aiuto dello psicologo dei tanti sportelli avviati per sostenere la popolazione, ma a discipline congiunte, andrebbero  promossi (ed ascoltati) anche i pareri degli avvocati che possono fornire le informazioni  necessarie a capire o gestire questo momento di grande disagio.  In poche parole i cittadini hanno paura di subire trattamenti brutali o di essere incolpati e per questo non usufruiscono nemmeno della Fase due,  restando rintanati nelle “capanne”.

Temono di  uscire non solo per il Covid ma anche per i trattamenti coercitivi a cui potrebbero essere sottoposti, dai controlli, alle multe, ai fermi e persino un trattamento da squilibrati, o lo spettro del reato di omicidio colposo per i contagi.  Il caso Musso, con la sua “performance” passa dall’opinione alla denuncia, per certi versi artistica, una provocazione alla Orlan, oserei dire autoprocurandosi il contenimento forzato con il quale riesce a dimostrare innanzitutto l’approssimazione con cui questi trattamenti vengono deliberati e poi attuati. Il dramma occorso al giovane (della provincia giurgintana) necessita invece dell’interpretazione giuridica che può ravvisare altrettanto il pericolo di reiteazione di questo genere di soppressioni in altre città, specie se il  trattamento sanitario forzato è “senza requisiti” come accaduto a Ravanusa.

Nell’intervento dell’Avvocato Francesco Catania su Dario Musso  “Vediamo i documenti ed organizziamoci perché non accada più – riferendo del drammatico caso di Dario Musso “beneficiario” di un Tso per aver manifestato dissenso in strada con un megafono,  il due maggio in provincia di Agrigento,  si evidenzia che nella documentazione al momento rintracciata manca almeno il provvedimento del Giudice nelle 48 ore e che la “Proposta” (ebbene si, tale è considerata) di Trattamento è formalmente redatta su un modulo prestampato insufficiente a circostanziare i motivi per cui si intende procedere, in genere  pericolosità per se stesso e/o per gli altri. 

Inoltre, spiega l’avvocato Catania – ” dovrebbero sussistere piuttosto Norme che appunto impediscano l’approssimazione nelle procedure di tali provvedimenti al fine della responsabilità civile e penale anche dei sottoscrittori dell’intervento”.

Una grave lacuna da colmare che necessita della sensibilizzazione di Sindaci, Medici e Cittadini attraverso Petizioni, Camera penale, Ordine degli Avvocati nonché la formazione professionale degli stessi e dei Magistrati. Ed infine dei giornalisti.

La domanda che tutti si pongono infatti è come sia potuto accadere che una persona verosimilmente sana venga sedata e ridotta all’incoscienza per più giorni, senza contatti con alcuno, per aver espresso  opinioni sulla pandemia. (Nessuno seda in Tv fautori e sostenitori delle diverse tesi sul virus). Certo è che se anche il Musso stesse incitando a contravvenire l’isolamento e in qualche modo di favorire il contagio non spiega il trattamento sanitario e tra i reati, c’è una vasta gamma di sanzioni economiche, il falso ideologico fino all’imputazione di delitto e omicidio colposo, “ammesso che sia dimostrabile”, come spiega Francesco Catania che alle mie domande in merito, chiarisce: “Nessuno può essere accusato di omicidio colposo in una città dove il CoViD19 non è arrivato.
Peraltro (ripeto) se mi contesti un reato mi sottoponi a fermo o arresto, non certo a TSO”.

Quindi anche laddove ci sia il Covid 19, si dovrebbe trattare di arresto o fermo e non della somministrazione di un TSo. E replico: ma esiste la possibilità che venga contestato un reato specifico come l’omicidio colposo a chi  viola  i Decreti o che lo stesso sia sottoposto anche a trattamenti forzati perché il suo fare può procurare danni agli altri? Mi perdoni l’ulteriore domanda, ma è importante capire, in molti  recepiscono prima l’aspetto più grave di una informazione giuridica e lo temono a quel punto anche se devono soffiarsi il naso. La legge non ammette ignoranza, vero,  ma anche un’informazione puntuale favorisce quel benessere di cui si parla…

“Mi perdoni, ma per contestare il reato di omicidio colposo serve… un omicidio in primo luogo. Deve prima dimostrarmi, al di là di “ogni ragionevole dubbio”, che una data persona è stata uccisa da un’altra, involontariamente. La vedo difficile a prescindere… a parte questo, esistono reati specifici per queste condotte, come la mancata ottemperanza agli ordini dell’autorità sanitaria”.

Un trattamento TSo, inoltre  impedisce la nomina di un avvocato, mentre nel caso di contestazione di un reato viceversa può subentrare anche un Avvocato d’Ufficio a tutela del cittadino; nega la visione di referti medici e documentazioni anche da parte di un familiare per motivi da privacy che  solo il diretto interessato può ricevere. “Ma sfido io – conclude Catania – che una persona che a malapena riesce a dire ciao possa rendersi conto di cosa gli stia accadendo“.

Qui, un po’ di chiarezza sul (terribile) TSO  .

Per il Sindaco di Ravanusa nessun dubbio, il provvedimento andava eseguito rapidamente per “evidenti ragioni” come riporta REC NEWS, la prima testata onlinead occuparsi del caso  nell’articolo contenente poi il video messaggio  di Francesco Catania (Studio Legale Catania).

E a fronte, è il caso di concludere con un passo della Lettera aperta degli Avvocati ( reperibile in rete), della delega ai cittadini stessi sulla salute resa  peraltro difficoltosa a cominciare dalla disponibilità di mascherine e dei dovuti presidi sanitari mancanti.

 dizzly

 

Sindrome della capanna e di contro TSO, il Caso Mussoultima modifica: 2020-05-11T16:30:00+02:00da Dizzly