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Cristiano Carotti

Ancora fino al 7 gennaio 2024 al Caos di Terni. Tra Cane e lupo. La mostra di Cristiano Carotti che si snoda su di un nastro di strada.

Copre idealmente le distanze che l’artista macina realmente tra Terni e Roma con la sua auto-lupo e sotto la protezione di un gigantesco cardo mariano dipinto su un vecchio telone di autocarro.

Se per un attimo immaginiamo la Route 66, i deserti dell’Arizona o  le ossa di Jacovitti, più a fondo Tra Cane e Lupo vediamo qualcosa di magicamente alchemico che ricorda la Montagna di Sale di Mimmo Paladino,  e in gran parte quegli artisti, individuati dal supercitato “Codice Italia” del padiglione Italia 56 Biennale d’arte di Venezia, con una declinazione caratteristica all’interno di un determinato territorio. Carotti infatti individua una linea e un sistema di segni che esprimono, in quanto segni, determinati atteggiamenti di un codice, un “codice genetico” stilistico che possiamo ben dire umbro.

Ci sono distanze dei tessuti urbani. Ci sono i crepuscoli. Ci sono linee che dividono, intanto che il nero unisce. Se l’orizzonte suggerisce la lungimiranza, la notte, il buio, anzi l’attimo prima che la luce scompaia o appaia (perché crepuscolo è anche l’aurora), sfida invece l’apparenza quanto la reticenza. Tra il lusco e brusco, entre chien et loup per dirla alla francese e Titolo dell’esposizione, non c’è nessuna sospensione dell’espressione ma una ricerca libera e acutizzata, una lettura esistenzialista che non sfocia nell’incupimento, piuttosto, al contrario, nella consapevolezza sotto il brillare permanente della costellazione guida. Ma è anche vero il risveglio in questa soglia, il luogo di passaggio che costruisce immagini istantanee e attive con i frammenti del ricordo. Potremmo dire con Walter Benjamin, luoghi ibridi, “in cui quel che è stato si unisce fulmineamente con l’ora in una costellazione”.

Dal buio di un display a cattedrale, complice la carrucola gigante che officia permanente la sala, l’allestimento folgora visivamente, sarà la scia di strada nera che taglia la navata della Sala Carroponte, e gli oggetti illuminati, di carcasse e resti scarriolati là, risignificati e trasformati in emblemi allegorici dell’esistenza.  Quasi gioielli sacri sulla road map. “Un mondo dentro il mondo. In queste lande straniere […] che i giusti vedono passando dalle auto e dai treni, dove un’altra vita sogna” per citare lo scrittore Cormac McCarthy dietro l’opera di Carotti, calzata dalla curatrice.

Calchi e fusioni di oggetti abbandonati e animali rinvenuti senza vita sulla strada riportati alla memoria. Ri-stesi, disseminati sul bordo di un nastro d’ asfalto, prepotente unica linea del quotidiano: andare e focalizzare, reimparare, se occorre, divergenze dal pensiero comune. Spinta a ulteriori interpretazioni.

Tra le città, la natura. E in questa dimensione con recettori differenti della vista e interiormente della visione, come in possesso di infrarossi in cerca di energie sedimentate. Quando tutto si impone ad essere osservato fuori, si inizia a guardare dentro. Così il buio si legge come un antico rotolo di papiro di Ercolano. E il buio si popola dei dimenticati. I dimenticati sono gli orrori e i sentimenti.

Forse per essere sempre più contemporanei. Come dire sempre più amputati: così lo scrittore Antonio Gurrado in “Atto di dolore”, parodiando sull’immagine in cui ci si specchia quando si racconta di sé e non ci si riconosce. Carotti invece raccoglie, cataloga «oggetti specifici» e rammenta il codice Uomo che nessuna velocità contemporanea, incuria o fugacità dovrebbe obnubilare.

Arte in qualche modo offensiva, una sequenza da  camposanto, macabro simbolico mementi mori, non certo beaux arts ma elegante atto di fede; nemmeno puro materialismo di tecniche e narrazione, né rappresentazione del presente sul quale “si cancellano senza posa avvenimenti diversi” (come si escludeva in  Codice Italia, 2015).

Quelle di Cristiano Carotti sono raccolte, collezioni di metamorfosi, paleontografia di nuovi fossili, un archivio di frammenti e di drammi sotterranei che eleva a reliquia nella fusione di luce dell’alluminio. Da frammenti anatomici a protesi e ditali ortopedici, istrici, volpi, cinghiali, serpenti, ricci, gatti, mucche e capre, uccelli e stivali; poi copertoni, e cerchioni catalogati e impressi in calchi di cemento. “Cristallizzati in archeologia – scrive Eleonora Aloise curatrice della mostra – un memoriale delle cose a cui non prestiamo attenzione. Vessilli di una battaglia tutta interiore”, prolungata sul muso dell’infernale auto – lupo, saldato con stelle della costellazione Lupo.

Completano l’esposizione il video ad infrarossi Tra cane e Lupo di Carotti e Rodrigo D’erasmo. Installazioni sonore di Alessandro Deflorio. Il confine si fa labile tra l’animale selvatico e quello domestico, i cacciatori attendono le prede ai margini del bosco, un uomo di spoglia degli abiti ed inizia a suonare il suo violino.

Cristiano Carotti

Ottima la fruizione delle opere Tra cane e Lupo con la legenda di accompagno e i testi critici di Aloise disponibili ai fruitori. Il museo Caos resta location ideale, frutto di rigenerazione urbana e fondo ideale dell’attuale ricerca e proposta di Carotti in quella evocata da metallo, natura ed archeologia del contesto di Terni. Codice umbro, codice internazionale.

 

FotoArchivioSit. Cover La costellazione del Lupo (strada Marattana, Terni), Moonwalkers( Autostrada A1).

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Umbria Contemporanea
CODICE UMBRO | Carotti al Caos di Terni. Tra Cane e Lupoultima modifica: 2023-12-15T15:44:18+01:00da Dizzly