Marjariasana, la posizione del gatto, e Bitilasana, la posizione della mucca

Questi due asana, eseguibili singolarmente, sono combinate, un’ottima mini sequenza per lavorare sulla colonna vertebrale, risvegliandone la flessibilità e viene spesso usata nella fase di riscaldamento o dopo aver praticato asana che coinvolgono in maniera intensa la schiena.

Nella lingua sanscrita Marjariasana può essere tradotta come la “posizione del gatto”, da marjari che significa “gatto”. Sappiamo che alle sue origni gli asana hanno preso inspirazione dalla natura ed, in particolar modo, dalle posture degli animali, nei quali gli antichi saggi studiavano i benefici di questi loro gesti consuenti. La posizione di Marjariasana ci ricorda un gatto che si tende per allungare i muscoli della schiena.

Bitilasana (dal sanscrito batila “mucca” e asana “posizione”) viene tradotta letteralmente come la “posizione della mucca” e anch’essa deve il suo nome alla somiglianza della postura di  una mucca dalla schiena incurvata, che passeggia per le strade dell’India.

Di semplice esecuzione i due movimenti vanno coordinati con l’inspiro in Marjariasana e con l’espiro in Bitilasana, sempre portando il nostro ascolto al nostro corpo in quel momento.

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Benefici di Marjariasana e Bitilasana

I benefici di Marjariasana e Bitilasana combinati insieme sono molteplici e sinceramente molto piacevoli:

Aumenta la flessibilità della colonna vertebrale ed aiuta a distendere i muscoli della schiena e del collo. Allinea correttamente la colonna vertebrale.

Stimola in maniera soft e rinforza gli organi dell’addome e stimola la funzione renale e delle ghiandole surrenali.

Apre il torace e permette al respiro di rallentare e di diventare più profondo.

Riduce lo stress e calma la mente ed aiuta a sviluppare consapevolezza nella postura ed equilibrio del corpo.

Aiuta a prevenire il mal di schiena se praticata regolarmente.

 

La sensazione quando si esegue questa sequenza come dicevo è molto piacevole, provare per credere 🙂

namastè

 

 

 

La fascia direttore d’orchestra del nostro corpo.

 
 
La FASCIA è un organo, a molti sconosciuto, e fino a poco tempo fa non considerato, se non come e solo un tessuto che ricompre muscoli.
Negli ultimi anni invece diversi studi hanno dimostrato l’enorme importanza della FASCIA. Ho approfondito l’argomento tornando come ogni volta a scoprire quanto sia meravigliosa e complessa la MACCHINA UOMO.
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La fascia è una struttura di tessuto connettivo che ricopre i muscoli, gruppi di muscoli, vasi sanguigni e nervi, unendo alcune strutture, mentre permette ad altre di scivolare delicatamente una sull’altra. Ma è anche molto di più: La FASCIA in realtà è simile ad un’ unica “rete”, presente sotto la pelle da cima a fondo del nostro corpo, avvolge, sostiene, separa, unisce, protegge, fornisce coesione ad ossa, organi, muscoli, nervi, vasi, si espande all’interno del muscolo fino a livello cellulare e partecipa attivamente al gesto motorio.
A livello di anatomia, la fascia è classificata per strato, come fascia superficiale, fascia profonda e fascia viscerale o parietale, o per la sua funzione e posizione anatomica.
La fascia superficiale è lo strato più basso della pelle in quasi tutte le regioni del corpo, che si fonde con lo strato del derma reticolare. Serve come mezzo di conservazione di grassi e acqua; come passaggio per linfa, nervi e vasi sanguigni; e come imbottitura protettiva per attutire e isolare.
La fascia viscerale sospende gli organi all’interno e li avvolge in strati di membrane del tessuto connettivo.
La fascia profonda è uno strato di tessuto connettivo fibroso denso che circonda i singoli muscoli e divide anche i gruppi di muscoli in compartimenti fasciali. Questa fascia ha un’alta densità di fibra di elastina che determina la sua estensibilità.
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Una delle cose più importanti e affascinanti è che la fascia metta in connessione i muscoli tra loro, ovvero che vi sia una continuità della fascia profonda lungo le varie catene cinetiche. Pensate che oltre un terzo dei muscoli del corpo è in continuità biomeccanica e istologica grazie alla fascia. La fascia è come uno scheletro attivo del corpo. Come lo scheletro osseo la fascia è diffusa a tutto il corpo e funge da supporto strutturale per muscoli, sistemi e apparati, ma non si limita solo a ricevere e trasmettere le forze, ma è in grado di direzionarle e propagarle all’interno del corpo a seconda delle caratteristiche funzionali del movimento che si sta compiendo.
In ultimo ma non di importanza pensiamo che la fascia è tessuto connettivo e quindi piena di ricettori che mettono in comunicazione direttamente cervello e corpo in un continiuo scambio di dati.
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Perché è così importante tenere conto della fascia per la salute generale del nostro fisico? Beh, già solo leggendo quante cose fa e che è praticamente ovunque nel nostro corpo la rispsta viene da sè, ma consideriamo che anche la fascia risente, forse pù di tante altre parti del corpo di tanti fattori negativi.
Lo stress fisico o emotivo, i traumi, le posture sbagliate, i gesti ripetitivi nel lavoro o nello sport o un sovrauso di un gesto motorio nello sport, uno sbagliato regime alimentare o una condizione ambientale sfavorevole, possono provicare una densificazione della fascia e, quindi, un suo irrigidimento con conseguenti dolori, contrazioni, tensioni, rigidità, limitazioni del movimento e disfunzione degli organi.
Per allenare la fascia in modo completo è importante la varietà di movimento. Questo significa che si dovrebbero alternare un allungamento profondo, lento e sostenuto a movimenti dinamici, veloci e ripetitivi.
 
Uno stile di yoga che può in maniera abbastanza completa agire sulla fascia può essere, ad esempio, l’Odaka Yoga.
Questo stile trova ispirazione dall’osservazione del moto dell’oceano e delle sue onde e cerca di fondere zen e yoga con il Bushido, ovvero la via del guerriero
La pratica di Odaka Yoga permette di ‘curvare la retta’. Ogni movimento a onda che viene eseguito durante la pratica, che si origina dal coccige ed è propedeutico al raggiungimento degli asana, permette al corpo di creare spazio, liberare tensioni ed emozioni e va ad attivare sia la muscolatura antagonista che quella agonista interessata dalla posizione, oltre che a stimolare le dinamiche bio-meccaniche coinvolgendo in modo armonico la fascia.
 
Nella speranza di avervi parlato di qualcosa di interessante, così come è stato per me, Vi auguro una buona giornata. Namastè
 
Marzia

Upavistha Konasana

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In Sanscrito, upavistha significa “seduto”, kona “angolo” e asana “posizione”. Questa asana pertanto può essere tradotta come la “posizione seduta ad angolo”.

Upavistha Konasana è una ottima asana di preparazione per la maggior parte delle posizioni di piagamento in avanti. Ottima in questo periodo di Krya come tutte le posizioni di piegamento perché lavorano sugli organi interni ed aiuta a detossinare i reni.

Inoltre aiuta nell’allungamento dei muscoli di interno coscie e dei muscoli del retro delle gambe preparando ad altre posizioni più impegnative. Rinforza anche la muscolatura del dorso  e della colonna vertebrale e aiuta a ridurre i problemi alla sciatica.

Per iniziare è consigliabile eseguire questo asana con il dorso a terra e le gambe al muro  per facilitare maggiormente la preparazione all’allungamento dei muscoli interno coscie. La posizione è supta Upavistha Konasana.

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Upavistha Konasana attiva maggiormente su Svadhistana chakra, il secondo chakra.

 

NAVARATRI DI PRIMAVERA

Navaratri, letteralmente le “Nove notti”, è una festività dedicata all’adorazione della Devi o Śakti, la Madre divina, l’espressione femminile di Dio. 

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Secondo il calendario tantrico indiano, l’anno è suddiviso in quattro periodi di 3 mesi. Questi periodi sono simili alle nostre quattro stagioni, ma in base ad un calendario lunare, non quello solare. Il passaggio da un periodo all’altro è l’occasione di celebrazione di diversi Navaratri.

Nelle sacre Scritture, in particolare nei Purana e nei Dharma-shastra, sono menzionate due Navaratri principali: la Vasantanavaratri  e la Sharanganavaratri rispettivamente una Navarati di primavera e una Navaratri d’autunno, ovvero i momenti di maggior transizione da una stagione all’altra e del relativo Dosha.

In molte tradizioni dell’India meridionale, i primi tre giorni sono dedicati a Durga, espressione divina di forza, di potente energia capace di distruggere i demoni dell’egoismo e dell’adharma; i tre giorni seguenti si adora Lakshmi, espressione della generosità, della luce che disperde l’ignoranza, della prosperità fisica e spirituale; gli ultimi tre giorni sono incentrati invece sul culto di Sarasvati, espressione della conoscenza pura e dell’arte.

Navaratri è uno dei periodi più importanti per la rigenerazione e armonizzazione della nostra energia a livello individuale e planetario.

Dal punto di vista astronomico e scientifico grazie al suo posizionamento nel cielo, la Luna è l’astro che maggiormente influenza l’umanità, è infatti il corpo celeste più vicino alla Terra; si tratta anche del pianeta più rapido e di conseguenza il suo ritmo condiziona e dinamizza la nostra vita. La Luna è 50 volte più piccola della terra, distante 360,000 km e il suo movimento di rivoluzione è di 27 giorni e una frazione. Dal punto di vista delle energie, la Luna capta, polarizza, ridistribuisce la luce polarizzata e i fluidi cosmici, di qui l’importanza di tale astro.

Dal punto di vista fisico sappiamo bene quali sono le influenze elettromagnetiche della Luna sul nostro pianeta, basti pensare alle maree (l’alta marea e la bassa marea). La Luna agisce sui liquidi, sulle mucose del corpo e sulle funzioni di procreazione e fertilità.

Dal punto di vista psicologico, la Luna coordina il ritmo e la stabilizzazione delle funzioni inconsce dell’anima. Coordina anche il sistema delle forme e della memoria, come anche il senso della maternità.

Il periodo di Luna nuova è il momento neutro, zero, nella tradizione indiana chiamato anche Shivaratri (la notte di Shiva). Questo giorno è un momento molto buono per iniziare una pratica spirituale e per iniziare cose nuove (per esempio smettere di fumare, smettere di bere alcol e in generale abbandonare le cattive abitudini di cui vogliamo sbarazzarci). E’ altresì un buon momento per realizzare tecniche di purificazione quali Vamana Dhauti, Shank Prakshalana, ecc. In poche parole se vogliamo liberarci di qualcosa, questo è il momento adatto.

Nella nostra vita quotidiana, attraverso i nostri sensi, le nostre azioni, le nostre parole e i nostri pensieri, abbiamo la tendenza naturale ad accumulare tante “cose” a livello del corpo, dell’energia, delle emozioni, della mente e dello spirito. Attraverso la pratica regolare e la meditazione, liberiamo gradualmente alcune cariche energetiche, alcuni traumi, energie represse ed emozioni che vengono bloccati nella nostra coscienza corpo-mente e che portiamo con noi, per lo più inconsciamente. Quei nodi, se non li indirizziamo, ci portano a riattivare incessantemente la nostra sofferenza, attraverso modelli di ripetizione negativi. Inoltre possiamo liberarci di tutte le tossine accumulate durante la stagione precedente. Utilizzando consapevolmente un periodo come Navaratri, si possono ottenere grandi benefici a tutti i livelli. La pratica degli asana sarà molto più intensa per attivare il fuoco ( ed il nostro metabolismo) e bruciare tutte le energie tossiche sedanti, sia in flow sia nel rimanere in un asana più a lungo.

L’azione di purificazione si amplificherà e approfondirà gradualmente nel corso di questi 9 giorni. Può interessare tutti i livelli del nostro essere simultaneamente o in successione.

Prestando più attenzione a ciò che mangiamo e beviamo puntando sulla purezza della nostra dieta, bere consapevolmente più acqua di qualità, (l’idratazione è uno strumento molto importante per aiutare a purificare e liberare blocchi energetico-emozionali dal nostro corpo).

In questi nove giorni prendiamo in considerazione la possibilità di amplificare la nostra meditazione e il rilassamento profondo, in termini di durata e / o la frequenza.

Prendiamoci piccole pause durante il giorno e adottare micro-pratiche di consapevolezza: ci fermiamo per un po’, chiudiamo gli occhi, respiriamo profondamente per tre volte e osserviamo per un minuto che cosa si manifesta a noi, senza giudizio, solo presenza. Se è possibile, facciamo questa micro-pratica almeno 5 volte al giorno o più. E adottiamo momenti di silenzio durante il giorno per centrare nuovamente noi stessi.

Connettendomi più con la natura e, se possibile in silenzio, con lunghe passeggiate,

Una piccolo Chicca: in questi giorni è consigliato un taglio dei capelli, anche più consistente, per riattivare e rinforzare la crescita.

 

Sirsasana

È proprio quando credete di sapere qualcosa che dovete guardarla da un’altra prospettiva. Anche se può sembrarvi sciocco o assurdo, ci dovete provare.
(Robin Williams nel film L’attimo fuggente)

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Śírsasana

Il suo nome completo è Salamba Shirshasana  deriva da SALAMBA, che sta per “supporto”, SÍRSA che significa “testa” e come sempre ASANA, “posizione”.

É considerata dai testi classici la “regina” delle posizioni. Nell’antichità si usava dire che “assicurasse l’immortalità”, ed oggi, la scienza moderna riconosce svariati benefici che si manifestano su tutto il sistema immunitario, sulla circolazione sanguigna e linfatica e sul sistema muscolare.

Śírsasana appartiene al gruppo delle inversioni, ovvero le posizioni in cui la testa è più in basso rispetto al livello del cuore.

La sensazione più forte che si ha in una pratica di inversioni è il senso di leggerezza e libertà, e i maggiori benefici sono legati proprio al capovolgimento della nostra stazione eretta.

Iniziamo con il dire una cosa fondamentale: non  esiste “il modo corretto” per eseguire un asana, ma ci sono varianti adatte a ogni individuo. Nelle inversioni questo aspetto è ancora più evidente perché ci si imbatte in un fattore particolare che è la paura. Non sempre, infatti, si ha facilità a cambiare il punto di vista, indipendentemente dalle capacità fisiche, ma questo non significa dover rinunciare ai tanti benefici delle inversioni.

Due sono i Vayu, (i soffi vitali), che vengono particolarmente attivati dalla pratica di questo asana: udana e vyana.

Udana significa “aria che si muove verso l’alto” e si concentra nella gola, nel torace, nei polmoni, nell’ombelico e nei seni nasali. È un soffio vitale che muove verso l’alto e controlla la nostra memoria, il controllo e la volontà.

Vyana letteralmente significa “aria diffusa o penetrante” e ha sede nel cuore, nei vasi sanguigni, nella cute, nelle ossa, nei muscoli e nei nervi. La sua funzione riguarda la circolazione del sangue dal cuore fino alle periferie e vi sono associati lo sbadigliare e sbattere le palpebre.

Le inversioni richiedono concentrazione e grande presenza, ed essendo posture dall’alto potenziale energetico è bene inserirle al centro di una  sequenza in modo da poter poi riportare in equilibrio corpo e mente.  Come si sottolineava prima a proposito delle paure legale a certe posizioni invertite bisognerebbe vederle come un’occasione eccezionale per guardare le cose e il mondo da un’altra angolazione.

Sirsasana può diventar, una volta presa padronanza della posizione, un’occasione di meditazione, perché, per mantenere l’equilibrio, bisogna far ricorso a una strategia respiratoria che aiuta a introvertire l’at­tenzione e dona calma e pace.

La Posizione sulla Testa apporta grandi benefici, alla funzione della tiroide, dell’ipotalamo e della pituitaria (controllore del sistema endocrino), migliorando la circolazione intracranica e rivitalizzando tutti i centri nervosi. Dunque, ricapitolando i benefici fisici vediamo che:

  • Migliora la circolazione sanguigna
  • È un potente tonico del sistema nervoso centrale
  • Regolarizza le funzioni dell’ipofisi e in generale di tutto il sistema endocrino
  • È un decongestionante degli organi addominali e aiuta a risolvere disturbi intestinali cronici come colite e stipsi
  • Aiuta la concentrazione e il buon umore come conseguenza di una maggiore sicurezza di sé

Nell’esecuzione teniamo ben fermi questi dettami:

La giusta distanza dei gomiti ed il ruolo delle mani

Dalla posizione dell’eroe, con le dita dei piedi puntate a terra, flettere il busto sulle cosce e portare i gomiti a terra davanti alle ginocchia. A questo punto, afferrare i gomiti con le mani :  questa è esattamente la distanza che deve essere mantenuta durante tutta la pratica di Sirsasana. Intrecciare le dita delle mani in modo che si formi una sorta di triangolo. E, tenendo i gomiti ben saldi al pavimento, portare gli avambracci e le mani avanti a formare un secondo triangolo i cui vertici sono i gomiti e le mani.

La sommità della fronte

Appoggiare la sommità della fronte (l’attaccatura dei capelli) in mezzo al triangolo formato dalle mani. Benché da più parti si sostenga l’opportunità di poggiare a terra la sommità del capo noi invece ribadiamo la necessità di poggiare delicatamente la sommità della fronte nel rispetto del tratto cervicale della colonna scaricando tutto il peso dell’esercizio solo sui gomiti, gli avambracci e le mani.

Il ruolo fondamentale degli addominali

La posizione finale si dovrà mantenere grazie a espirazioni prolungate, a un’antiversione del bacino e a un sapiente bilanciamento tra la muscolatura addominale e dorsale. Le gambe devono essere perfettamente tese e i piedi in flessione plantare (con le punte al soffitto). Il ritorno avviene esattamente come all’andata, con le gambe tese e riportate lentamente sul pavimento.

 

7 punti da non dimenticare (tratto da Yoga Journal)

  1. Più a lungo si tiene la posizione sulla testa meglio è! All’inizio è logico che non si supereranno che pochi secondi ma nel tempo bisognerebbe arrivare a tenerla per 5/10/30 minuti. Solo così, infatti, si mani­festeranno appieno i suoi potenti effetti.
  2. Eseguendo Sirsasana, il peso del corpo deve essere totalmente supportato dalle braccia, dalla posizione delle mani, da tutta la muscolatura addominale e dorsale (inclusa quella cervicale). Ciò non significa che il peso in qualche modo danneggi il tratto cervicale della colonna perché, quando il praticante ha ben compreso l’iter della posizione, sa che non deve scaricare il peso sulla testa. Addirittura la sommità della fronte dovrebbe appena sfiorare il pavimento. Ma è fondamentale sapere che i muscoli del tratto cervicale (sternocleidoma­stoideo, semispinale della testa, splenio, trapezio, etc.) debbono essere sempre tonici per reggere adeguatamente il ca­po che, da solo, pesa 7 Kg e mezzo circa!
  3. E ancora: i gomiti devono essere saldamente ancorati a terra. Se questi si sollevassero durante la pratica ci sarebbe il rischio di cadere e di farsi male. Non è detto che si debba arrivare immediatamente nella posizione finale: è prevista una fase intermedia in cui il praticante tiene le ginocchia raccolte al petto in attesa di allungarle verso il soffitto. Questa fase può durare parecchio, cioè fino a quando ci si sente pronti a completare Sirsasana.
  4. È altrettanto evidente che un principiante che affronta Sirsasana deve essere aiutato dal suo istruttore e che questi deve offrirgli la possibilità di appoggiarsi al muro fintanto che l’assunzione della postura sia diventata talmente facile e disinvolta da non costituire più un problema.
  5. Ogni asana si scioglie sempre esattamente come la si è assunta, ovvero seguendo il percorso inverso. Questo vale anche per Sirsasana.
  6. Nello yoga, le posizioni vanno sempre assunte e sciolte molto lentamente evitando di sommare disordinatamente dei passaggi. Ogni passaggio va eseguito sull’espirazione, perché è grazie a questa che i muscoli si rilassano quanto basta affinché la postura non risulti troppo faticosa per chi la esegue.
  7. Ricorda che Patañjali si è espresso molto chiaramente anche rispetto all’atteggiamento mentale da osservare durante la pratica dello yoga. Negli “Yoga Sutra”, sosteneva due concetti fondamentali:

I “stira sukham asanam”, che signi­fica “la postura deve essere stabile e comoda”;

II aparigraha, il “non possesso”, uno dei suoi precetti (yama).

Le posizioni rovesciate sono un ritorno su sé medesimo. Esse modificano i nostri abituali punti di riferimenti, implicano un lasciarsi andare. Simboleggiano l’equilibrio tra l’uomo e l’universo.
(Anonimo)