Paul Weller

Un brano rock al giorno come la mela:
Stasera romanticismo allo stato puro Paul Weller album “Stanley Road” del 1995, da questo disco ne nasce un gioiello: You Do Something To Me. lI brano è una ballata che è una dichiarazione d’amore; Weller è stregato da questo amore che lo ha toccato nel profondo e ne è turbato perché ha paura di non riuscire tenere stretta lei e il sentimento profondo che lo lega e che lo fa vivere sempre nell’incertezza di non poterla avere sempre accanto. Si ritrova ballare in un anello infuocato e si brucia per sentirsi nella realtà avvolto nella fiamma dell’amore.
L’ arrangiamento è dolce e malinconico e si appoggia su un lieve suono di piano.
Oh, I’m dancing through the fire
Just to catch a flame
An’ feel real again
Oh, sto ballando nel fuoco
Solo per catturare una fiamma
E sentirmi di nuovo reale.
JANKADJSTRUMMER
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Canzoni senza tempo ” Paint it, black “dei Rolling Stones by Jankadjstrummer

 

stones

Paint it, black – Rolling stones, aftermath, 1966

Il suicidio della stilista Wren Scott compagna di Mick Jagger mi ha ricordato un brano leggendario degli Stones “Paint it, black” che tratta proprio della morte e del dolore di un uomo che ha visto morire la sua fidanzata. La canzone venne pubblicata come singolo ed inserita nell’album “Aftermath” del 1966. Già alla pubblicazione, il disco ebbe qualche strascico polemico perchè nel titolo fu inserita dalla casa discografica una virgola  quasi a cambiare il senso delle parole tanto da farle suonare offensive e razziste quindi da “dipingilo nero” a  “Dipingilo, nero”; storicamente eravamo in un periodo in cui erano forti le tensioni per questioni razziali, specie in USA, dove il disco ebbe un successo inaspettato. Il tema della canzone è chiaramente la morte, ma senza che vi sia stata una particolare fonte di ispirazione. Quando è stato chiesto a Mick Jagger da dove provenisse l’idea della canzone, ha risposto: “I don’t know. It’s been done before. It’s not an original thought by any means. It all depends on how you do it.”, trad. “Non lo so. E’ già stato fatto prima. Non è un pensiero originale in ogni caso. Tutto dipende da come lo fai”.  Un ragazzo depresso per la morte della compagna esprime tutto il suo dolore iniziando con una metafora “I see a red door and I want it painted black” , la porta rossa è il suo rosso cuore che  diventa nero per la difficoltà nell’accettare la perdita della persona amata. Il ricordo è fisso, doloroso ed è difficile scacciarlo dai propri pensieri (I have to turn my head until my darkness goes). Rivede il corteo del funerale e la giovane morta che sta per essere seppellita circondata di fiori  “I see a line of cars and they’re all painted black / With flowers and my love, both never to come back”, c’è poi l’immagine degli amici e parenti che non riescono a guardare negli occhi il ragazzo che dal canto suo vorrebbe sparire per non affrontare la triste realtà. C’è anche il senso di frustrazione per la morte improvvisa e per non essere riuscito a far niente per evitarla.  “If I look hard enough into the setting sun / My love will laugh with me before the morning comes” qui c’è una altra metafora che divide gli ascoltatori, sarà il paradiso che accoglie la ragazza o l’alba di un nuovo giorno che scaccia i ricordi che hanno affollato la notte del protagonista? Si tratta, comunque, di un testo molto toccante che coglie l’essenza del dolore tanto che risulta molto facile immedesimarsi nella malinconia del protagonista. “Paint it, black” è uno dei brani più riusciti dei  Rolling Stones tanto che è stata coverizzata un po’ da tutti anche in Italia, alla fine degli anno ’60,  furono registrate due versioni italiane del brano, dagli Avvoltoi e da Caterina Caselli che ne fece un successo discografico;  inoltre fu inserita in molte colonne sonore, una fra tutte  “Full metal jacket” di Stanley Kubrick, anche se, come abbiamo visto, la canzone non tratta assolutamente di guerra, in qualche modo, da subito, fu associata al Vietnam. Un ultima curiosità sul brano: è’ stato anche il primo singolo in cui fu utilizzato il sitar indiano che dà al brano un alone di misticismo orientale.

JANKADJSTRUMMER

BRANI SENZA TEMPO “ Street Spirit” dei Radiohead by Jankadjstrummer

 

“ Street Spirit” dei Radiohead.

La prima volta che ho ascoltato questo brano ero in macchina in viaggio, il bimbo dormiva dietro sul seggiolino e anche mia moglie si era addormentata, era il Natale1996 ricordo di averla ascoltata distrattamente ma mi colpi il continuo arpeggio della chitarra, sempre lo stesso accordo in LA minore ( cosi mi disse un mio amico chitarrista)   fino a che non parti la voce di Tom Yorke fredda, malinconica con un crescendo dal sapore onirico. Il classico brano che non ti lascia indifferente che ha qualcosa dentro che ti cattura. L’ho dovuto riascoltare subito che capirci di più, mi colpì subito la frase finale nel testo   “Immerse your soul in love”, che sta per “Immergi la tua anima nell’amore”, mah, o non capisco le parole o forse è una frase idiomatica. Nei giorni successivi ho cercato il testo per capirci di più e ho scoperto questo capolavoro:

Ordinate file di case mi si avvicinano con fare minaccioso (Rows of houses all bearing down on me) e le loro tristi maniere mi commuovono (I can feel their blue hands touching me). Tutto è in posa (All these things into position) tutto in fila in posizione. È tutto ciò che ci preoccupa e finirà con noi (All these things we’ll one day swallow whole) per poi dissolversi. Succede sempre così (And fade out again and fade out). Questo automa non sarà mai in grado di comunicare ciò che mi affligge e lo stress a cui sono sottoposto (This machine will, will not communicate – These thoughts and the strain I am under). Sii una persona astuta e traccia un cerchio attorno a tutti noi prima che sprofondiamo negli inferi e ci dissolviamo ancora e ancora (Be a world child, form a circle before we all – Go under – And fade out again and fade out again). L’attaccamento alla vita è ancestrale, l’istinto di sopravvivenza riguarda esclusivamente il corpo e prescinde dalla volontà. Un feto che non sarà mai partorito e uccelli che sono già morti gridano mentre si battono per rimanere in vita (Cracked eggs, dead birds – Scream as they fight for life). Riesco a percepire la morte, vedo quei suoi occhietti biechi (I can feel death, can see its beady eyes). Tutto è in ordine (All these things into position), finirà con noi (All these things we’ll one day swallow whole) e poi si dissolverà. Succede sempre così (And fade out again and fade out again).
Poi prendi la tua Anima, portala sulle rive dell’Amore e immergila. Purificala, (immerse your soul in LOVE.).

Un testo psichedelico, oscuro e al tempo stesso onirico ma che non lascia nessuna speranza, un doloroso turbamento che ti infila in un tunnel di cui non si vede la luce. Il brano sembra che ci debba buttare negli inferi ma forse invece ci protegge, è questa la grandezza di Tom Yorke e C..

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CANZONI ROCK STORICHE – Charlie don’t surf – TRA CLASH E BAUSTELLE jankadjstrummer

 

 

CANZONI ROCK  STORICHE  – Charlie don’t surf – TRA CLASH E BAUSTELLE

Tutto inizia con  quel capolavoro del 1979 che  è il film Apocalipse Now di Francis Ford Coppola, nella sua pellicola sulla guerra del Vietnam  ci sono delle scene cult che sono finite nella storia del cinema tipo quelle: «I love the smell of Napalm in the morning» “ adoro l’odore del Napalm al mattino”  oppure i soldati in  elicottero che bombardano con sotto la Cavalcata delle Valchirie di Richard Wagner o l’inquietante inizio del film con gli elicotteri che prendono il volo c con il loro tipico rombo accompagnato da The end dei Doors.                                                                                                            «Charlie don’t surf!», però, è tra le citazioni che hanno lasciato di più il segno. Charlie è il nome in codice che identifica i Viet Cong, il surf la passione del colonnello Kilgore che con i suoi uomini, esibisce la superiorità degli americani sui vietcong, facendo surf sul delta del fiume Mecong , pronunciando la famosa frase “Charlie don’t surf” ovvero I Vietnamiti non surfano. Loro non sono americani, loro non surfano come noi. La loro cultura non è la nostra, la loro storia nemmeno, a suggellare la goffa e presuntuosa superiorità degli USA gli unici che possono ambire a conquistare il mondo. I primi a cogliere al volo questo messaggio sono I Clash: nel 1980, nell’album “Sandinista” troviamo proprio “Charlie don’t surf”, una beffarda critica  alla politica USA, alle loro multinazionali che invadono il mercato modiale,  al loro becero capitalismo e tutti i loro sempre più frequenti  abusi di potere Il brano incita, con ironia, i vietcong a non farsi bombardare di Napalm ma a fare surf anche loro. Un messaggio di lotta che vale per il mondo intero.                                                                                               Fu poi la volta dell’artista milanese Maurizio Cattelan, che con la sua opera “Charlie don’t surf”  allude ad  una libertà violata, un messaggio esplicito in cui viene ritratto un manichino di un ragazzino con le mani inchiodate con due matite a un banco scolastico. Questa volta Charlie è impersonificato con una figura infantile che subisce i soprusi di una società capitalistica e rigida nei confronti dei minori.                                                                                                       Lo stesso concetto lo ritroviamo, ancora più approfondito, nella canzone dei Baustelle “Charlie fa il surf” in cui Bianconi ripropone la questione, questa volta  dal punto di vista di un ragazzino ribelle, ( lui il surf lo fa) di quindici anni, che si droga, si diverte e se ne frega di tutto e di tutti. Il testo può essere visto come una critica alla gioventù odierna e alla sua mancanza di valori e di fatiche, ma anche come un attacco al “mondo di grandi” il giovane viene invitato a sfregiare, crocifiggere e uccidere Charlie, come insegnamento e punizione. Secondo Bianconi gli adolescenti sono “ dei piccoli cristi caricaturali vittime di una società vuota, senza valori, che li vuole tutti uguali anche nel momento della trasgressione. In questo brano li prendo un po’ in giro ma un po’ li compatisce perché la loro trasgressione è falsa e serve soltanto a tenerli a bada e ad omologarli. La colpa torna quindi alle leggi di mercato, ai miti americani che ingabbiano i sogni di una generazione cresciuta a consumismo e M.D.M.A. ( i cd ACIDI in pasticche ).  La figura di Charlie ha quindi ormai acquisito un valore simbolico di denuncia verso il tutto il mondo americano, verso il potere capitalistico e verso la violenza morale dell’imposizione di potere. La cosa che più mi piace di questo filo che unisce le varie esperienze artistiche, cinema ,arte, rock  e che molto spesso le arti si intersecano e  rappresentano fervide esperienze che ispirano i giovani a lavorare sulle idee per il loro futuro e che spingono a farci credere che non tutto è perduto.

JANKADJSTRUMMER

 

charlie_dont_surf cattalanMAURIZIO CATTALAN

THE CLASH  –  CHARLIE NON FA IL SURF

Charlie non fa il surf ma pensiamo dovrebbe
Charlie non fa il surf e non è una bella cosa
Charlie non fa il surf per la sua mammina hamburger
Charlie diventerà una star del napalm

Tutti vogliono comandare il mondo intero
Deve essere una nostra tara ereditaria
E non impareremo mai
Che i satelliti bruceranno l’universo

Ci hanno detto di tener lontani gli stranieri
Non ci piace averli in mezzo ai piedi
Non li vogliamo a spasso in città
Li spazzeremo via dalla faccia della terra

Il regno delle superpotenze deve finire
Tutti questi eserciti non libereranno il mondo
Presto il rock prenderà il sopravvento e tutto cambierà
L’Africa soffoca bevendo la loro cocacola

Charlie non fa il surf ma pensiamo dovrebbe
Charlie non fa il surf e non è una bella cosa
Charlie non fa il surf per la sua mammina hamburger
Charlie diventerà una star del napalm

In una citta noiosa non c’è modo di divertirsi
Un mucchio di gente fissata va in giro a vantarsi
Tu puoi sfotterli umiliarli
Ma questa gente ci falcerà via

Che schifo, che schifezza

BAUSTELLE  –  CHARLIE FA SURF

Vorrei morire a questa età
vorrei star fermo mentre il mondo va
ho quindici anni
Programmo la mia drum-machine
e suono la chitarra elettrica
vi spacco il culo
è questione d’equilibrio
non è mica facile
Charlie fa surf, quanta roba si fa MDMA
ma le mani chiodate se
Charlie fa skate, non abbiate pietà
crocifiggetelo, sfiguratelo in volto
con la mazza da golf
alleluja alleluja
Mi piace il metal, l’r’n’b
ho scaricato tonnellate di
filmati porno
e vado in chiesa e faccio sport
prendo pastiglie che contengono
paroxetina
Io non voglio crescere
andate a farvi fottere

Charlie fa surf, quanta roba si fa
MDMA
ma le mani chiodate da
un mondo di grandi e di preti fa skate
non abbiate pietà
una mazza da baseball
quanto bene gli fa
alleluja alleluja

John Barleycorn Must Die dei Traffic

 

Famoso pezzo dei Traffic, tratto dallo storico album John Barleycorn Must Die, del 1970. E’ una canzone tradizionale diffusa in Inghilterra e in Scozia, incentrata su questo personaggio popolare, che è poi lo spirito e la impersonificazione della birra e del whisky.

E’ una allegoria della produzione del whisky, il liquore di tutti gli inglesi, dalla semina fino al raccolto; John Barleycorn è lo “spirito del grano”, la spiegazione mitica del mistero contenuto nel continuo rinnovarsi della vita: dai semi del grano vecchio (che muore) nascerà l’anno successivo il nuovo raccolto. L a nascita del grano nuovo, e quindi del cibo, era soggetto ad attenzioni particolari e sacrifici propiziatori rituali. Nella morte di John Barleycorn è racchiuso il ciclo della mietitura, il grano crescente doveva essere mietuto, quando finiva era finito il raccolto, il mietitore che mieteva l’ultimo covone simbolicamente uccideva il raccolto di quell’anno, e quindi uccideva lo spirito del grano, e quindi in qualche modo prendeva su di sé la sventura della fine della vita, della morte. Ma lo spirito sarebbe rinato l’anno dopo, bisognava che morisse in modo certo per garantirne la rinascita, e quindi doveva essere inscenata una uccisione simbolica e inappellabile (nella canzone è il “voto solenne”), con le forme e la brutalità del sacrificio. Queste modalità simboliche descritte nel testo della canzone sono quelle usate campagne inglesi del Devonshire e della Scozia fino ai primi decenni del ‘900. Il brano è stato ripreso un po’ da tanti. gruppi rock storici, bella la versione dei Jethro Tull.

John Barleycorn John Barleycorn)
There were three men came out of the west, their fortunes for to try C’erano tre uomini che venivano da occidente, per tentare la fortuna
And these three men made a solemn vow e questi tre uomini fecero un solenne voto
John Barleycorn must die John Barleycorn deve morire
They’ve plowed, they’ve sown, they’ve harrowed him in loro avevano arato, avevano seminato, loro l’avevano ficcato nel terreno
Threw clods upon his head e avevano gettato zolle di terra sulla sua testa
And these three men made a solemn vow e questi tre uomini fecero un solenne voto
John Barleycorn was dead John Barleycorn era morto
They’ve let him lie for a very long time, ‘til the rains from heaven did fall lo lasciarono giacere per un tempo molto lungo, fino a che scese la pioggia dal cielo
And little Sir John sprung up his head and so amazed them all e il piccolo sir John tirò fuori la sua testa e lasciò tutti stupiti
They’ve let him stand ‘til Midsummer’s Day ‘til he looked both pale and wan loro l’avevano lasciato steso fino al giorno di mezza estate (2) e fino ad allora lui era sembrato pallido e smorto
And little Sir John’s grown a long long beard and so become a man e al piccolo sir John crebbe una lunga lunga barba e così divenne un uomo
They’ve hired men with their scythes so sharp to cut him off at the knee loro avevano assoldato uomini con falci veramente affilate per tagliargli via il collo
They’ve rolled him and tied him by the way, serving him most barbarously l’avevano avvolto e legato tutto attorno, trattandolo nel modo più brutale
They’ve hired men with their sharp pitchforks who’ve gripped him to the heart avevano assoldato uomini con i loro forconi affilati che l’avevano conficcato nella terra
And the loader he has served him worse than that e il caricatore lo trattò peggio di tutti
For he’s bound him to the cart perché lo legò al carro
They’ve wheeled him around and around a field ‘til they came onto a barn e andarono con il carro tutto intorno al campo finché arrivarono al granaio
And there they made a solemn oath on poor John Barleycorn e fecero un solenne giuramento sul povero John Barleycorn
They’ve hired men with their crabtree sticks to cut him skin from bone assoldarono uomini con bastoni uncinati per strappargli via la pelle dalle ossa
And the miller he has served him worse than that e il mugnaio lo trattò peggio di tutti
For he’s ground him between two stones perché lo pressò tra due pietre
And little Sir John and the nut brown bowl and his brandy in the glass e il piccolo sir John con la sua botte di noce e la sua acquavite nel bicchiere