Intervista esclusiva a Finaz chitarrista della Banda Bardò a cura di Jankadjstrummer

 

Intervista a Finaz della Banda Bardò all’indomani dell’uscita del suo primo album solista “ guitar solo”.

JANKADJSTRUMMER : Grazie di aver accettato un intervista  per i miei amici  appassionati di rock e non solo:  Finaz per cominciare vorrei farti qualche domanda riguardo alla Banda Bardò arrivata in questi giorni al ventennale della carriera, 20 anni sono tanti forse abbracciano almeno 2 generazioni di giovani, trovi differenza nel pubblico di ieri e di oggi? E in che modo cercate di intercettare con i testi lo spirito e i sentimenti delle migliaia di ragazzi che affollano i vostri concerti?

Finaz: Non notiamo tantissime differenze tra il pubblico di ieri e quello di oggi nel modo di approcciarsi alla musica. La musica rimane uno dei pochi momenti in cui tutti ci sentiamo uniti. Si canta, si balla, si salta insieme. Una sorta di rito tribale primordiale per liberare e sublimare le energie tutti insieme. Chiaro che dopo il concerto quando incontri le persone cogli spesso un velo di sottile angoscia per la incertezza dei giorni che viviamo…non facciamo assolutamente niente per intercettare il nostro pubblico. La formula della Banda è essenzialmente quello di fare ciò che artisticamente ci rende soddisfatti, in completa libertà. Il nostro pubblico si riconosce in ciò che facciamo e ci segue.

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JANKADJSTRUMMER.: Ho assistito nel corso di questi anni a 2 vostri concerti e devo dire che in entrambi i casi la cosa che più mi ha colpito  è la vostra capacità di coinvolgimento del pubblico, è impossibile rimanere freddi, voi siete un live band capace di divertire ma senza avere uno stile musicale ben definito, i vostri testi sono impegnati a tratti rabbiosi ma nello stesso tempo  capaci anche di grandi passioni e d’amore, in che rapporti siete con il vostro pubblico, cosa cercate di trasmettere e la cosa più importante cosa ricevete?

Finaz: noi cerchiamo sempre di trasmettere la gioia della musica, della vita. A volta anche la fatica di vivere, di affrontare certe situazioni. Il tutto però con la leggerezza e la ironia della nostra toscanità. Nei nostri testi puoi trovare spesso figure grottesche, antieroi, ma anche ritratti di persone che impostano la loro esistenza sulla gentilezza, il rispetto per gli altri, l’ambiente. Non ritengo che Bandabardò sia un gruppo politicizzato, ufficialmente prendiamo posizioni partitiche o cosa. Ma la politica è imprescindibile perchè fa parte del nostro essere cittadini, è chiaro che certe posizioni possono sembrare vicino a qualcosa o qualcuno, è normale. Ma non saliamo sul palco per fare comizi piuttosto la nostra è denuncia di quello che non ci va e dichiariamo il nostro amore per le persone che invece fanno tanto per la nostra società. Nei testi più che di rabbia io parlerei di ironia ei ci esprimiamo più con metafore esistenziali rappresentando storie che secondo noi fanno pensare e riflettere. 

JANKADJSTRUMMER  parliamo un po’ della vostra musica: ho l’impressione che abbiate tantissime influenze che affondano radici sia nel cantautorato impegnato anni ’70 ma anche nel rock e nella musica popolare, un mix esplosivo che nei concerti diventa quasi una rito collettivo, il pubblico balla ma lo fa cantando cosa che è difficile che succeda in altri concerti, siete unici in questo, cosa muove secondo te questo atteggiamento, qual è il segreto?

Finaz:  la nostra musica è sempre stata caratterizzata dalla miscellanea di tanti generi differenti. Questo perchè siamo sei musicisti ognuno con la propria formazione, con i propri gusti, con la propria storia. Ci rispettiamo e cerchiamo di influenzarci a vicenda. Ecco perchè trovi la canzone d’autore, il rock anni settanta, il funky, il flamenco, lo swing…sono tutti veicoli per esprimere la nostra libertà di composizione. Ci fa sorridere quando ormai dopo più venti anni siamo diventati un genere. Qualcuno dopo un festival di Sanremo ci dice che “stanno copiando la vostra musica”…ritengo che sia impossibile perché non siamo un genere musicale, non basta chitarra acustica o un ritmo popolare rivestito di rock…siamo molto più complessi dietro l’ apparente semplicità.

JANKADJSTRUMMER:  per finire con la Banda Bardò, come festeggerete la vostra ultraventennale attività della band?  avete progetti  nel breve periodo? Oltre alla musica siete impegnati in altre attività collaterali?

Finaz:  Siiamo stati in tour costantemente per  oltre venti anni, festeggiamo stando finalmente a casa. A parte gli scherzi veramente ci siamo presi una pausa per dedicarci sia ai progetti personali, sia alla composizione del nuovo lavoro che giocoforza dovrà contenere sia un sunto della nostra storia, ma anche delineare il futuro cammino della banda. Unica cosa che facciamo è presentare al Giffoni film festival il documentario che sky arte sta producendo sui nostri venti anni. Anche qui noi abbiamo voluto dirigere i lavori e abbiamo coinvolto il nostro caro amico Carlo Lucarelli e ci siamo inventati una finta puntata di Blunotte in cui Carlo investiga sul mistero della bandabardò…come è stato possibile che sei freakkettoni sgangherati imperversassero per tanti anni in Italia e all’estero? Mah….

JANKADJSTRUMMER   Parliamo adesso della tua esperienza da solista, da dove nasce l’esigenza di esprimere la propria dimensione artistica e il proprio pensiero, in perfetta solitudine, senza i soliti compagni di viaggio? Tutto sommato oltre alla banda Bardò ti sei sempre prestato a molte collaborazioni con molti artisti anche internazionali che un po’ ti hanno dato l’opportunità di esprimerti al di fuori dalla routine della Banda, qual è a molla che è scattata?

Finaz :  la esigenza di “Guitar solo” è stata dettata semplicemente dal mio gusto per le sfide. Ho suonato con tantissimi artisti sia italiani che stranieri, ho calcato i palchi dei festival più prestigiosi. Cosa mi mancava? Affrontare un disco e un live in completa solitudine, soprattutto senza usare loops, sequenze registrate. Solo io è la mia chitarra e qualche effetto progettato da me medesimo.

JANKADJSTRUMMER: “Guitar solo”  lo ritengo un disco importante fuori dagli schemi in cui hai dimostrato di non avere rivali in quanto alla purezza del suono della tua chitarra acustica, sei soddisfatto del risultato?

Finaz:  sono molto soddisfatto. Io pensavo di dare vita a un progetto che si esaurisse nell’arco di un paio di mesi. Fai il cd, lo presenti, un piccolo tour…pensavo che fosse un progetto di nicchia, per chitarristi e amanti del genere. Invece sono in tour dallo scorso novembre e ho già collezionato più di 60 date, alcune radio passano i brani e sono presente nei più importanti festival come Il Medimex, Pistoia Blues, Sarzana Acoustic meeting, Franciacorta acustica… E prossimamente partirò anche per un giro estero che comprende non solo Europa ma anche Canada e Stati Uniti. Molto soddisfatto, anche perchè noto che il pubblico che viene ai concerti non è specializzato in chitarra e, inoltre, non segue neanche Bandabardò, vengono proprio per questo specifico progetto.

JANKADJSTRUMMER: nel disco è presente una cover di “ no surprises” dei Radiohead ma anche  il brano “blue Haze”,un bellissimo tributo al mito di  Jimi Hendrix, cosa ha rappresentato per te e in che cosa ti ha influenzato?

Finaz: Per quanto riguarda NO surprises è semplicemente un brano che adoro. Per quanto riguarda Hendrix…lui è tutto. L’inizio e la fine, alto e basso, destra e sinistra…un tributo che ogni musicista deve pagare. Il più grande.

JANKADJSTRUMMER: Sei un virtuoso della chitarra e come tale credo che tu passi molto tempo con lei, Cosa rappresenta per te? Un amore, una compagna, uno strumento di lavoro o cosa?

Finaz: semplicemente una parte del mio corpo e della mia mente. Inseparabile

JANKADJSTRUMMER:  Finaz, ti ringrazio tantissimo per la tua disponibilità.

Grazie a te janka

 

INTERVISTE ESCLUSIVE – DOLCENERA QUATTRO CHIACCHIERE IN LIBERTA’ by JANKADJSTRUMMER

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Intervista esclusiva di jankadjstrummer a Dolcenera

 Il mondo che cambia, l’incertezza del futuro,  la crisi economica, il precariato,  l’amore, i nuovi percorsi musicali, il web:  quattro chiacchiere con Dolcenera

Ho incontrato  Manu Trane in arte Dolcenera all’indomani dell’uscita del suo lavoro  Evoluzione della specie, un disco  coraggioso che, come sta accadendo da qualche anno, modifica il suo stile; questa volta succede che a fronte di canzoni costruite con lentezza e sofferenza davanti ad un pianoforte si contrappongono scritture più dinamiche che scaturiscono da un diverso approccio nella costruzione del pezzo. Tutto parte, come lei mi dice, dall’ applicazione  Beatles Rock Band  della WII ricevuta in regalo, lì ha provato la batteria elettronica e ne ha studiato l’utilizzo, partendo, quindi, dalla ritmica ha iniziato a scrivere la musica introducendo i vari strumenti, iniziando dalla batteria e dal basso, continuando poi a scrivere  gli arrangiamenti di tutti gli altri strumenti. Questo studio della batteria gli ha permesso di compiere un grande lavoro di “ preproduzione” che gli è servito per fare una scelta coraggiosa che l’ha fatta crescere sia artisticamente che umanamente perché questo coraggio, questa voglia di partecipare, di esserci si è concentrata nella volontà di vincere la paura del futuro e di esorcizzare il senso di vuoto che affligge sia le nuove che le vecchie generazioni costrette a fare i conti con la precarietà, con la crisi economica che ne precludono la crescita e ne minano il desiderio di appagamento e di felicità. Il nuovo disco di Dolcenera rappresenta un ulteriore passo avanti nella continua ricerca e sperimentazione musicale che ha sempre caratterizzato il suo lavoro, questa volta spostando l’asse verso un suono più elettronico, una scelta assolutamente impensabile solo poco tempo fa quando il suono, la sua voce e i testi erano prevalentemente incentrati sulla leggerezza, l’amore e su una costruzione melodica del brano tipicamente italiana. Negli 11 brani che compongono  “Evoluzione della specie”, invece, si respira tutta un’altra aria, un sound squisitamente british dominato dalla ritmica e dalla elettronica e con arrangiamenti che danno a questo lavoro un respiro internazionale.

Jankadjstrummer:  Ciao Manu, partiamo subito a parlare di questo nuovo lavoro  noto tanta voglia di ritmo, cosa ti ha portato a capovolgere il tuo consolidato modello di scrittura del brano?

Dolcenera: “La passione per la ritmica e l’ascolto di tanti album degli anni ‘70, ma anche di quelli attuali di band francesi, inglesi e di Brooklyn, mi hanno spinto a studiare la batteria ; Il rapporto con la batteria è stato talmente avvincente che è cresciuto, in pochi mesi, in maniera esponenziale e ha modificato il mio modo di ascoltare la musica, puntando assiduamente il centro dell’attenzione del brano sulla ritmica, batteria e basso”.

Jankadjstrummer:: Evoluzione della specie, ho l’impressione che sia un grido di dolore e nel contempo di speranza, sei daccordo?

Dolcenera: Il disco racconta la voglia di vincere la paura del futuro e la volontà di creare una nuova epoca, nonostante un diffuso stato di precarietà che tocca tutti;  questi sentimenti percorrono tutto l’album, a volte in via incidentale, a volte in modo più predominante fino a diventare, è vero, un grido. Questo futuro è talmente raccontato che sembra aver perso la sua imprevedibilità. E per una precaria come me è un allontanarsi dalla speranza”.

Jankadjstrummer:  parliamo un po’ dei brani, iniziamo dal singolo ormai diventato una Hit “Il Sole Di Domenica”nasce dalla necessità di mettersi in gioco per sentirsi vivi a costo di turbare la propria serenità e pace interiore?

Dolcenera:  Il brano esprime il valore della diversità, un invito a crescere ed esprimersi, ad essere consapevoli della propria personalità che non deve restare intrappolata in abitudini e sensi di responsabilità. L’uso del termine economico “quotazioni del tuo amore” descrive la contaminazione, nel quotidiano, delle nostre emozioni che cambiano e ci cambiano in modo diverso rispetto ad un partner o una persona che, solo in quanto vicina al nostro mondo, rappresenta, socialmente agli altri, anche noi stessi.

Jankadjstrummer:  Ho visto che utilizzi I Tunes per la commercializzazione dei tuoi dischi e che hai un sito ufficiale particolarmente vivo,caratterizzato da una forte interazione con i tuoi fans,  qual’è il tuo rapporto con il Web?

Dolcenera:  Assolutamente d’amore anche se mi piace più leggere che essere partecipe di questo grande caos. La cosa che non mi piace del web è che ci viene raccontato come se fosse rivoluzionario ed eversivo e invece spesso è una brutta fotografia di ciò che accade in tv. Anche l’idea di pensare di essere “anonimo” è sbagliata: siamo più controllati e condizionati che nella vita reale. Non mi piace l’idea che rubare una mela dal fruttivendolo sia immorale e invece scaricare un film un album sia da furbi e intelligenti. Chi ruba rimarrà sempre fregato. Mi piace del web la possibilità di approfondire con i tempi e gli spazi che ognuno può ritagliarsi mentre il mondo va veloce e consuma tutto in fretta. Questo dà più possibilità di capire e scegliere il meglio. Quanto al rapporto con i fans, ho cercato questa interazione perché volevo capire da dove nasceva la loro passione per le mie canzoni: Tanti di loro li ho conosciuti personalmente nei dopo concerti e sono felice di essere considerata la loro voce, il riferimento dei loro stati d’animo, emozioni…..

Jankadjstrummer:: torniamo al nuovo disco, anche se con connotati diversi e con meno leggerezza i temi dominanti dei tuoi brani sono i sentimenti, l’amore…….

Dolcenera:   Ci sono brani in quest’album in cui l’amore non è mai banalizzato in “Evoluzione della specie ‘Uomo’” parlo della antica ed eterna lotta di relazioni tra uomo e donna; tra l’istinto primordiale al sesso e alla procreazione darwiniana dell’uomo e la complessità della donna con tutte le sue sfumature di pensiero. Non c’è femminismo ma femminilità in questo brano che racconta, con un sorriso, quanto i maschi siano diversi dalle femmine, in un tempo in cui “La parola amore” è abusata “… come il cortisone”, il  brano “Viva “ è un inno all’entusiasmo perduto e all’innamoramento che ci fa tornare a guardare, sentire e amare ogni cosa in modo diverso, come fosse “la prima volta”, perché ci fa sentire diversi in un’epoca autocelebrativa e nostalgica, senza passione, senza attenzione,  dove “sembra inutile avere un’idea”. L’amore è un gioco” , invece è una canzone sul mistero del perdono, massima espressione dell’amore e della capacità di saper sacrificare la propria felicità per l’altro. “Un gioco di alchimie”, nel senso etimologico della parola, della chimica, della fusione di due vite o forse del segreto che lega due vite, che può assurgere ad essere arte ma non scienza: ecco perché l’“amore non si chiede il perché”, non cerca ragioni, “non dà peso alle bugie”, ma forse cerca solo parole di grandi poeti che sono state così vicine alla verità dell’amore.

Jankadjstrummer: hai avuto una carriera folgorante, solo nel 2003 hai vinto il festival di Sanremo categoria “Giovani” ora nel 2011, tanto per parafrasare  il tuo brano, sei ad un passo della felicità o l’hai raggiunta?

Dolcenera:  Come potrei essere infelice, come potrei lamentarmi, otto anni di musica e concerti dal vivo che mi hanno permesso di vedere tanti posti in Europa e conoscere tanta gente, tante storie… ricevere tante emozioni, di fare qualcosa in cui credo fermamente e che è la mia passione. Questo è’ il vero privilegio del mio mestiere! Nel brano “A un passo dalla felicità” descrivo “un atto di coraggio”,  un atto di amore, nella cultura dell’arrivismo, per essere almeno ad un passo dalla felicità, che sembra essere meta irraggiungibile.  Il testo nasce dalla storia di Katy, che, negli anni ’70, ha lasciato la sua famiglia nel Maine, in America, per stare in Italia con la persona di cui si era innamorata.

Jankadjstrummer: il filo conduttore dei tuoi brani resta, comunque, il sentimento, gli stati d’animo,  l’amore incondizionato, senti l’esigenza di scrivere di deriva politica, di problemi sociali, di sfruttamento, tematiche molto care ad un cantautorato anni ’70-80 tipo De Andrè, De Gregori artisti, che come dici, ti hanno influenzata?

Dolcenera:    ideologicamente sono sempre stata di sinistra perché  ritengo che non si debba chiudere gli occhi ed ignorare tutto ritenendo che si tratti di cose più grandi di noi, è una tentazione che tutti dovremmo scongiurare perché è necessario essere presenti,criticare ed avere il coraggio di reagire. Certo sono un po’ disillusa perché quando è nata l’Unione Europea ero convinta che si potesse equilibrare giustizia ed ingiustizia, speravo potesse rappresentare un’ identità che chiamerei “socialista”, di fronte a un’America iper- liberale e un terzo mondo lasciato a se stesso. Pensavo che l’Europa potesse avere questo ruolo di mediatore, di bilancia dei rapporti. Così non è stato perché dal mio punto di vista l’Europa non esiste. Non sono stati in grado di creare veramente un’identità, un Parlamento forte ed efficiente con dei poteri reali. Guardo al Sud del mondo con molta attenzione in questo periodo e l’Africa oggi ha due elementi che insieme fanno la forza: i giovani (proprio quelli che a noi mancano) e l’accesso a internet. Sono queste le due componenti che stanno alla base delle rivoluzioni del nord Africa. “Nel regime delle belle apparenze”, in cui denuncio in maniera cruda e spassionata il  “regime inconcludente delle belle apparenze” nella nostra società, esorto i giovani a non deve far smettere di sognare: “sogna ragazzo sogna”, di raggiungere i propri traguardi e di costruire un mondo migliore.

Jankadjstrummer: Un ultima domanda su alcuni brani del disco che trovo particolarmente intesi e poetici: “Nel cuore e nella mente” e “Il tempo di pretendere”, in entrambi mi sembra che il tema ricorrente sia la passione: per la città di Roma e per alcune scelte che si fanno nonostante tutto, ritieni sia questa la giusta lettura?

Dolcenera:  Si è questa:  In “Nel cuore e nella mente” racconto, in una visione “cinematografica” della bellezza di Roma, (con tutte le sue chiavi di lettura, dalla politica alla storia), del tumulto emotivo, che spinge e frena verso un’altra persona, dell’incapacità di confessare il semplice piacere di stare insieme, tra giochi di sensualità e passeggiate tra le strade del centro storico, “oceani di luce” di una calda estate. Mentre né “Il tempo di pretendere”, c’è la voglia di esprimere se stessi, la propria identità, lasciandosi condurre dalla passione, in qualsiasi posto al mondo ci porterà, a volte come una dannazione (“la strada del talento…” “… si paga con le lacrime”), a volte come il pacifico “senso di abbandono” alla musica, ed altre come “la gioia inconsapevole che nasce dalla fantasia” nel fare musica. È il tempo per tutti di realizzare se stessi!

Jankadjstrummer: grazie Manu per la tua disponibilità ed un in bocca al lupo per il tour che sta partendo.

Dolcenera:  grazie a te.

Un ringraziamento particolare a Gigi Campanile del K6DN Management che mi ha dato l’opportunità di poter intervistare Dolcenera.

JANKADJSTRUMMER

 

 

 

 

 

 

 

 

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LA MIA INTERVISTA A FABI IL ZALLES DEL GRUPPO RAGGAE ” SPASULATI BAND” di Jankadjstrummer

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LA MIA INTERVISTA A FABI IL ZALLES DEL GRUPPO RAGGAE ” SPASULATI BAND” di jankadjstrummer.

La Spasulati Band nasce nel ‘96 a Santa Sofia d’Epiro (CS), enclave albanese di 3000 anime, che a dispetto delle condizioni ambientali non proprio stimolanti, negli anni ’80 è stata culla di ben quattro radio pirata. L’eredità è stata raccolta da Radio Epiro che, grazie al festival annuale “Emigration Song” ha tenuto a battesimo la Spasulati Band.
Il gruppo presenta un reggae, influenzato dalle atmosfere dub e del rai e dall’energia dello ska contaminato con la lingua e la cultura arbereshe: una interpretazione della patchanka! Dopo i faticosi inizi e le prime partecipazioni ad alcuni festival, la Spasulati Band ha gettato un ponte tra Radio Bemba e Radio Epiro e ha aperto il concerto milanese di Manu Chao dello scorso giugno.

Ecco la mia intervista esclusiva a Fabio:

Jankadjstrummer: un’ intervista inizia sempre ripercorrendo le tappe del percorso musicale di una band, nel caso degli Spasulati non può che iniziare da Santa Sofia d’Epiro, in quell’ angolo di mondo in cui è ben radicata la tradizione
e la cultura arbereshe, mi chiedo cosa spinge un gruppo di ragazzi a suonare
il reggae?

FABI IL ZALLES : In Realtà la nostra partenza non è avvenuta con il Reggae ma ti confesso che da ragazzini suonavamo il rock degli anni’80 : U2, Bruce “the boss”. Ricevevamo questo tipo di musica in eredità dalla prima generazione dei
fondatori di Radio Epiro nei primi anni 90. Nel ’96 poi ci fu un cambio di
guardia Radio Epiro e ci furono nuovi speaker e Dj. Avevo visto da pochissimo il concerto di “The Wailers” a Crotone, e quel tipo di suono e di mood mi lasciò davvero senza fiato. La seconda generazione dei gestori di Radio Epiro
( noi facevamo parte della terza), trasmetteva quotidianamente musica reggae
proveniente sia dalla Jamaica che dall’Inghilterra insieme a musica
indipendente italiana. Da questo momento in poi ci venne naturale iniziare a
strimpellare il reggae…l’influenza degli ascolti aveva contaminato pienamente il nostro sound.

Jankadjstrummer: Siete legati a filo doppio con Radio Epiro quella che voi chiamate la radio pirata, è importante in una piccola città avere un punto di aggregazione, una emittente aperta che rimane un po’ fuori dal coro?
FABI IL ZALLES : Leggere di Santa Sofia come “una piccola città” mi fa piacevolmente sorridere perchè è un piccolo paese di meno di 3000 anime. Avere Radio Epiro come punto di aggregazione era per noi importantissimo, anzi, probabilmente fondamentale. Puoi immaginare in un contesto sociale come questo un posto frequentato da giovani “rasta” è indubbiamente “un po’ fuori dal coro”. Epiro in alcuni momenti è stata contemporaneamente per noi ancora di salvezza e allo stesso tempo “ghetto” per gli altri. Un vero e proprio circolo di Musica e Cultura che ci faceva viaggiare lontani dalle dinamiche che a dei ragazzi come noi in quel momento potevano calzare anche un po strette.

Jankadjstrummer : il raggae non rappresenta uno stile musicale di massa anzi direi che forse in questi ultimi anni, in Italia, stà un po’ annaspando: pochi spazi in cui è possibile suonare, i grandi festival come il Rototom Raggae Sunsplash
di Osoppo hanno lasciato definitivamente l’Italia, Arezzo Wave è ormai
ridimensionato e poco incline ad inserire nel cartellone il reggae, ritenete che siano dei segnali preoccupanti ?

FABI IL ZALLES : I segnali preoccupanti arrivavano già da allora per noi. Quando abbiamo iniziato a suonare, vivevamo in una regione dove era difficilissimo anche registrare un tuo brano e dove diventava complicatissimo spostarsi per andare in giro a suonare. Ogni viaggio era davvero un avventura per noi, giravamo l’Italia e non solo con un furgone che ci abbandonava spessissimo per strada…ma ci divertiva anche quello.Oggi il Reggae ha molti meno spazi ancora rispetto a qualche anno fa, ma se mi guardo intorno mi rendo conto che gli spazi sono meno anche per tutto il resto. Ho come l’impressione che tutto sia diminuito in proporzione. Ora gli
spazi dobbiamo cercarli e inventarceli di volta in volta; i fondi pubblici perla cultura stanno via via sparendo completamente…con uno spirito molto “rasta” mi approccio al futuro e anche al presente. (Ride)

Jankadjstrummer: Per i 15 anni di attività della band, avete regalato ai fans una bella selezione della vostra produzione musicale e ve ne siamo grati, mi chiedo se questa operazione rispecchia una vostra idea della musica o è un caso isolato? Per capirci, pensate che la musica possa e debba essere usufruita gratuitamente o che sia giusto, come del resto avviene per tutte le espressioni artistiche, che il disco debba essere commercializzato?
FABI IL ZALLES : Questo disco e questo tour sono un idea nata insieme alla nostra etichetta MKRecords, un etichetta che investe tanto in progetti che partono dal Sud Italia e in cose Speciali come “Musica contro le mafie”; una squadra di persone illuminate che ancora oggi investono nella musica suonata e sudata. Ci faceva piacere condividere la gioia di questo traguardo dei 15 anni con i nostri sostenitori regalando loro un pezzo del nostro percorso…da rivivere insieme ascoltando questo Cd Speciale che è e reta un progetto spaciale. Riguardo alla musica, penso che sia giusto commercializzare il proprio lavoro, è come il panettiere che fa il pane e lo vende per mangiare, noi creiamo musica per  nutrire orecchie e cuori ed è il nostro pane! Poi credo che siano delle cose da rivedere e un bel pò di problemi nella filiera del commercio della musica, ma non credo che regalare le proprie opere sia la strada per risolverli. “Da Radio Epiro a Papachango” è una raccolta di brani già commercializzati e un brano inedito in regalo : Motra Jone (trad: nostra sorella)

Jankadjstrummer: In un certo senso siete un gruppo “fortunato” perché in poco tempo avete avuto l’opportunità di raggiungere il grande pubblico con l’apertura del Concerto di Manu Chao di Milano, passaggi televisivi, e poi con la
partecipazione ai vari raduni reggae, cosa vi è rimasto di questa esperienza?

FABI IL ZALLES: Quelle che hai elencato e tantissime altre che abbiamo vissuto sono esperienze che ogni volta ti riempiono quella valigia che trasporti, il famoso bagaglio di esperienze.  Ogni esperienza ti lascia dentro qualcosa di importante per il prosieguo del cammino. Il nostro percorso prosegue ancora e forse non si è mai arrestato, non siamo mai stati molto attenti alle metodologie della promozione proprio per la nostra natura “Roots” e popolare nel senso più vero di questa parola. Le  esperienza che vivi ti fanno crescere professionalmente e come uomo; ti fa
crescere il concerto di piazza Duomo a Milano e paradossalmente ti fa crescere ancora di più quello nel club con 15 persone. Una dimensione che stiamo
fortemente cercando in questo nuovo Tour in trio.La valigia di cui ti parlo è molto capiente e intendo riempirla ancora per  molto tempi

Jankadjstrummer: La dimensione live è un vostro punto di forza, i vostri concerti sono molto colorati, allegri, cercate sempre il coinvolgimento e il divertimento ancora di più quello nel club con 15 persone.

Fabi il Zalles: Una dimensione che stiamo fortemente cercando in questo nuovo Tour in trio. La valigia di cui ti parlo è molto capiente e intendo riempirla ancora per molto tempo

Jankadjstrummer: La dimensione live è un vostro punto di forza, i vostri concerti sono molto colorati…dal pubblico ma senza banalizzare il messaggio, mi chiedo cosa donate e cosa ricevete dai vostri fans?

FABI IL ZALLES : Quando si è in scena, sul palco, è un momento magico, e sai benissimo che in quel momento ogni persona che ti ascolta e ti vede è li per ricevere qualche cosa: una sensazione, un emozione, una risposta o semplicemente essere li pubblico ma senza banalizzare il messaggio, Noi abbiamo il dovere di dire qualcosa con la nostra musica, di trasmettere, mandare un messaggio. Si ha l’opportunità di dire qualcosa a qualcuno in maniera diversa con un mezzo dirompente come quello della musica e a noi piace dare messaggi e vibrazioni positive. Un concerto é uno scambio biunivoco, è una sinergia tra il dare e il ricevere…il pubblico ti rimanda quello che gli dai. Alla fine dei concerti qualcuno viene a stringerti la mano, ad abbracciarti, con la nostra musica, di trasmettere, mandare un messaggio. Si ha l ’ opportunità di dire qualcosa a qualcuno in maniera diversa con un mezzo dirompente come quello della musica e a noi piace dare messaggi e vibrazioni positive. Un concerto é uno scambio biunivoco, è una sinergia tra il dare e il r…7) Veniamo alla vostra musica definita “reggarbareche” perchè fonde il raggae, il dub, lo ska con qualche influenza di ritmi balcanici e privilegiando nei testi la lingua albanese arcaica parlata dai vostri nonni stabilitisi in Italia meridionale, cosa rappresenta per voi il senso di appartenenza ad una comunità, ad una minoranza linguistica, è forse una ricerca delle proprie radici (roots) culturali? O cosa?

FABI IL ZALLES : Appartengo ad una comunità a cui mi sono sentito molto legato al folklore, o ad una ricerca delle radici della mia cultura, perché le mie radici le conosco e le ho assodate; ho la consapevolezza di essere portatore della mia radice …e mi piace filtrarla a mio modo: sono arbëreshë anche se non canto le melodie tradizionali. La nostra non è stata una vera e propria ricerca in senso stretto…è stata molto più un naturale sviluppo delle nostre sonorità. Canto in arbëreshë perché è la mia lingua madre e perché ho sempre voluto trasmettere e fare conoscere questa lingua che rimane per tanti ignota. Non mi faccio tante pippe pseudo-intellettuali…chi mi conosce lo sa; mi piace esser vero e dire la verità…sempre !

Jnkadjstrummer: A proposito di roots reggae mentre è molto chiaro il vostro messaggio di libertà, di fratellanza, di pace, solo raramente avete sviluppato temi
relativi alla religione rastafari. Cosa rappresenta per voi Jah, il misticismo e in generale la cultura giamaicana?

FABI IL ZALLES : Sono sempre stato rispettoso e attratto dai messaggi che sono cardine della religione rastafari: Libertà, fratellanza, rispetto, pace ecc. Non ho mai trattato questi temi nelle mie canzoni perchè che mi sento in opposizione a qualsiasi forma di credo religioso soprattutto quando diventa, e spesso accade, fanatismo. Come ti dicevo le rispetto e non sono quindi fanatico nemmeno nel
rifiutarle.  Sono aperto a qualsiasi forma di pensiero diverso dal mio perché sono le
differenza e il confronto che ci fanno crescere.

Jankadjstrummer: Lo Spasulato- pensiero può essere racchiuso in questi vostri versi: “Il mio corpo danza su questa musica e il mio cuore urla/ la mente per
comprendere / le mani per lavorare/ i piedi per percorrere il mondo e la fanatismo. Come ti dicevo le rispetto e non sono quindi fanatico nemmeno nel rifiutarle. Sono aperto a qualsiasi forma di pensiero diverso dal mio perché sono le differenza e il confronto che ci fanno crescere. “Tutti pensano a cambiare il mondo ma nessuno pensa a cambiare se stesso“. Questa frase di Tolstoi può rispondere a questa domanda. Dobbiamo provare a cambiare noi stessi, nel nostro piccolo, prima di pretendere di cambiare gli altri o addirittura, il mondo.
Jankadjstrummer: Il meridione forse soffre molto di più rispetto al resto del paese ma dalla nostra abbiamo la caparbietà e tanta intelligenza, siete d’accordo che il vaso è colmo ed è viva sempre di più l’esigenza di unità, di un comune sentire nei giovani, capace di raddrizzare la deriva culturale e politica verso cui
siamo finiti?

FABI IL ZALLES Il meridione soffre, è vero, ma mi piacerebbe risponderti con le stesse parole di prima. Dobbiamo cambiare noi stessi, fare la nostra rivoluzione
interiore, rivoluzionarci dentro per poter anche solo pensare di giovani, capaci di raddrizzare la deriva culturale e politica verso cui siamo finiti.

Jankadjstrummer: L’intervista si conclude quasi sempre con la domanda: Potete darmi una anticipazione dei vostri progetti musicali per il futuro? Io non mi sottraggo a questa richiesta…

FABI IL ZALLES – Intanto proseguire con questo Tour che ci porterà alle porte dell’estate con tantissime date che stanno venendo fuori sempre più…e questa cosa mi rende felice perchè mi fa rendere conto che in questi anni abbiamo seminato bene e c’è gente che vuole sentire i nostri “racconti”… Per il resto sono da sempre e resto un fatalista, una persona che non fa progetti troppo in avanti proiettato nel futuro ma che vive nel presente, attimo per attimo. Poi se non ricordo
male c’era qualcuno che diceva che la vita è quello che ti accade quando stai facendo altri progetti.

Jankadjstrummer Ti ringrazio della disponibilità anche a nome dei lettori di  e
spero di avervi

INTERVISTA ESCLUSIVA A MARINO E SANDRO SEVERINI DEI GANG di Jankadjstrummer

INTERVISTA ESCLUSIVA A  MARINO E SANDRO SEVERINI  DEI GANG

A CURA  DI  JANKADJSTRUMMER      1° PARTE

 

L’incontro con i Fratelli Severini è quanto di più appagante potessi immaginare, Marino è un fiume in piena bastano poche battute e si lascia andare a parlare di rock, di politica, cultura popolare ma anche di filosofia, arte e di economia globale, un autentico concentrato di cultura e di conoscenza. Marino ha tante cose da dire e lo fa con estrema semplicità e con la lucidità di chi ha combattuto nella sua vita tante battaglie e ne è orgoglioso. L’intervista per questo motivo sarà pubblicata in due parti in modo da poter meglio approfondire il “Gang-pensiero”:

I Gang, band storica del rock italiano nata all’inizio degli anni 80, con 10 album all’attivo, eredi italiani delle sonorità del periodo punk londinese, sono nati dal progetto dei fratelli Severini, Marino e Sandro, nativi di Filottrano in provincia di Ancona. Da sempre politicamente e socialmente molto attivi e impegnati, sono una delle più note band militanti nel panorama musicale italiano e disponibili in svariate situazioni a mettere la loro musica al servizio di ideali e progetti con un unico grande filo conduttore: i diritti umani e la solidarietà.
Durante il loro percorso il rapporto con l’arte e la musica si è modificato rispetto all’idea originaria, sviluppando così nel tempo la metafora e il linguaggio profetico come antidoto alla perdita della memoria individuale e collettiva: uno dei mali della società italiana contemporanea. Il progetto è quindi quello di fondere il rock con la tradizione popolare, nel senso di dare una vera identità culturale alla propria musica, che vuole essere, in mezzo alla lotta delle contraddizioni, un punto di riferimento e uno strumento di aggregazione, un genere più folk, o meglio combat folk.

 Jankadjstrummer : Partiamo dagli albori, siete nati come gruppo punk ma vi siete liberati molto presto o forse non lo avete mai assorbito il lato nichilista del fenomeno, quindi niente esteriorità, niente violenza stupida ma voglia di incanalare la rabbia di tanti giovani verso un percorso di lotta capace di riconquistare tanti spazi vitali e far valere i propri diritti, una idea di punk diversa forse mutuata dalle lotte delle minoranze etniche presenti nella Londra fine anni ’70 tanto presenti nel suono e nelle liriche dei  Clash, in questo contesto come era vista la provincia da due giovani musicisti?  Era un azzardo esportare in Italia questi fermenti? Tutto sommato il terrorismo e la disillusione aveva messo in crisi sia il movimento studentesco che quello operaio…

Marino Severini: …Alla Fine degli anni 70 ci siamo trovati, sia io che Sandro , in mezzo ad una palude, dopo tanto correre ci sembrava essere, veramente, arrivati alla fine della Corsa, l’ultima stazione,  la fine di un Sogno e di un assalto al Cielo. Era la sconfitta e con essa il disorientamento, la sfiducia , la paura che ci circondavano. Nell’estate del 1979 facemmo un viaggio a Londra e li  “sul campo “ ci accorgemmo che il movimento Punk non era quello che veniva descritto  e raccontato anche sui quotidiani del Movimento…ma era tutta un’altra Storia! Poi il concerto dei Clash a Bologna il 1 giugno del 1980 il Giorno dei giorni, fu una vera e propria  illuminazione. Per noi non fu la “ solita“ scoperta  ma la risposta nel vento alla solita domanda :“ Che fare ? “. Quello che stavano facendo i Clash, potevamo farlo anche noi, è stata quella la lezione più contagiosa, l’esempio da seguire, la Chiamata! Quel concerto fu quella “ cosa “ che stavamo aspettando e che fino a quel giorno non sapevamo ancora cosa fosse….Si poteva ricominciare a stare in mezzo alla mischia , a ritrovare aggregazione e appartenenza non piu’ attorno ai fuochi della politica ma a quelli della Musica o meglio del rinato Rock’n’Roll !!, l’espressione più importante della Cultura popolare del 900. Il nostro essere “provinciali “ fece  allora la differenza  perche’quel giorno del 1 giugno del 1980 avemmo la visione e provammo la sensazione precisa ( per la coscienza dovemmo aspettare ) che la crepa c’era , ed era stata fatta da Strummer e dalla sua Banda. Per dirla tutta sia Michele Serra sulle pagine dell’Unita’, sia i Raff Punk su un volantino in cui scrivevano “Crass not Clash “ criticarono aspramente, da posizioni completamente opposte, la  “calata “ dei Clash in Italia. E le loro posizioni non erano altro che la rappresentazione di un’egemonia culturale e politica dalle mille teste che avevano “amministrato” il Movimento sia operaio che giovanile e che lo aveva  portato comunque alla sconfitta, alla fine di quella stagione. Finalmente per noi si apri’ quella crepa e da li’ decidemmo di passare, per trovare una nuova possibilita’ di partecipazione e protagonismo, liberi e liberati da quella egemonia della “sinistra“ tutta italiana.  La rivolta che si annunciava e che bisognava portare anche in Italia era quella dello STILE ! La strada e le sue subculture , gli Ultimi che diventano i primi. Infatti gli ultimi avevano reagito per primi al Nuovo Modello Occidentale imposto da Thatcher – Reagan. La finanza che vinceva sull’industria, il fare i soldi con i soldi. Il “punk “ reagi’ senza mediazione, proclamando culturalmente uno scontro frontale….. E fu cosi’ che rinacque anche il Rock’n’Roll che da anni era agonizzante e ostaggio delle regole della spettacolarizzazione e del profitto. Da troppo tempo era stato messo in gabbia dalle leggi del Mercato….

 

2)   Jankadjstrummer : i Gang non hanno mai fatto mistero che il faro, la loro fonte di ispirazione era il “combat rock” dei Clash, anche la scelta dei testi in inglese e la struttura dei brani seguivano quel clichè, cosa trovavate di dirompente in Joe Strummer e soci e perché ne eravate affascinati? Pensate sia ancora attuale il loro modo di scrivere il rock?

Marino: Per rispondere come si deve a questa domanda io direi di affrontare l’argomento come si dovrebbe. Bisogna , per prima cosa, tenere conto della nostra collocazione nel Tempo. E il tempo che è passato da “i   Clash “ ci permette oggi di vedere da lontano , di avere una panoramica ampia, tanto ampia da riuscire a portare “ i  Clash” fuori dal Tempo. I Clash o meglio la loro opera appartiene al Mito, con loro rinasce la Canzone, quella canzone che Canta , che narra il Mito ! Per circostanze storiche se volessimo trovare delle affinita’ o delle analogie dovremmo tornare ai tempi di Woody Guhtrie quindi all’inizio di quella canzone Popolare che trova un nuovo protagonismo nella narrazione del Mito. I Clash come Guthrie sono dei Cantori. Prima di questa forma canzone di Guthrie,  a narrare il Mito erano stati altri linguaggi ed altre culture a farlo, il Teatro , il Cinema , Il Romanzo , la Musica Classica…..poi ci fu la Canzone, quella popolare, intesa come “popular “ perche’ la traduzione italiana di “popolare “ non rende giustizia e chiarezza all immaginario   proprio della  cultura  anglosassone. Il Mito che questa canzone canta e narra e ‘ L’UNITA’ !  Proprio per questo  la stessa canzone  riesce come una radice a dar vita ad un’espansione culturale tanto grande che è il Rock’n’roll ! Il Grande Albero della Vita ! Il Rock’n’Roll inteso come l’ultima grande stagione dell’Umanesimo… perche’ l’Umanesimo che è radice della nostra cultura italiana, non è unica ma è frutto dell’incontro di tante culture diverse. E’ un  sincretismo che viene creato dal bisogno di utilita’ e  cio’ che è utile è sempre una nuova appartenenza, grazie alla quale si trova forza e sogno per dare nuovamente l’Assalto al Cielo: la Liberta’. Quindi se il Rock’n’Roll ‘ è la stagione di un Nuovo Umanesimo ed  è  l’espressione piu’ alta della Cultura Popolare del 900 ecco allora che  la stessa cultura, durante la stagione del Rock’n’roll , riacquista e riafferma   la sua caratteristica piu’ importante , la sua unicita’ , la sua essenza: l’Eternita’. La cultura popolare non è universale , non va bene a tutti e a tutti non è utile ma solo a chi è ultimo, a chi viene respinto , viene spinto ai margini, sfruttato , umiliato, sconfitto. Torna cosi’ con questa cultura un protagonismo che è quello del Bandito , del Fuorilegge , a  cui anche Dylan in John Wesley Harding riconosce il ruolo di Profeta !Fuorilegge inteso come colui che viola le leggi per affermarne il principio. E il principio dei principi quello  su  cui tutte le leggi e tutte le religioni si basano è semplicemente “ non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te “.In questo contesto va inserita la “ Canzone “ dei Clash ! E non va assolutamente ristretta o immeserita o ridimensionata dentro delle “gabbie “ tipo combat rock o punk o cose del genere utili solo ai commessi dei negozi di dischi o a riviste musicali brave a mettere nelle riserve il grande Spirito Guida del Rock. I Clash inoltre riuscirono con la loro opera a dare vita ad una nuova stagione della canzone che ci siamo detti, quella umanista e popolare , quindi resuscitarono il  rock’n’roll, addirittura sincretizzando gli stili della Strada , unendoli e con la forza dell’Unita’ detta anche Scena riuscirono ad  abbattere con essi  le mura d’Occidente, e li riversarono verso il Villaggio Globale. Il disco “ Sandinista” resta l’opera principale, la sintesi riuscita di tutto il lavoro artistico, culturale e politico dei Clash.Il discorso è molto lungo e non penso sia questa la sede giusta, ma come per Guthrie anche  per i Clash ritengo sia ora che venga resa giustizia al loro lavoro. Tanto per dire , ritengo giusto che a narrare Strummer sia Scorsese e non Julien Temple, perche’ c’è tutta un’altra regia del narrare…e Strummer per primo se lo merita una visione piu’ ampia dove il tutto è nell’attimo e l’attimo nell’Eternita’….. Come è giusto ormai che  a raccontare il Rock   si torni con un atteggiamento meno superficiale da parte della Critica  , della quale siamo orfani da troppo tempo soprattutto qui in Italia dove la chiacchiera e’ la principale responsabile dell’omicidio della Cultura.

Inoltre vorrei chiarire quello che ci riguarda   a proposito del seguire “quel cliche’ “ ecc ecc …dei Gang detti per anni “ i Clash italiani “, tanto per intenderci.

L’originalita’ è una categoria che riguarda il presente ed è per sua natura transitoria, vedi nell’arte la cosiddetta “ performance “, nell’Antichita’, per esempio, si credeva che l’imitazione di un modello nobilitasse la “ copia “, reiterare i moduli che hanno resistito all’usura del Tempo è un modo per iscriversi all’Eternita’….. per farne Parte. Un’Eternita’ di forme purificate, cioe’ di Archetipi ! Se noi teniamo conto di cio’ avremmo la consapevolezza di cio’ che sono e hanno rappresentato molte forme artistiche , molti linguaggi che nel tempo si sono susseguiti senza tener conto di una via orizzontale di progressione, ma hanno compiuto uno scarto di lato. E’ quello che nella storia dell’Arte si chiama Ritorno….vedi Dante , Picasso, Macchiavelli….. Questo accade anche nella scienza… Cerco di chiarire questo fatto nonostante il poco spazio e tempo a disposizione per scrollare di dosso ai Clash ma anche ai Gang una lettura fatta soltanto attraverso le lenti di militanza o di impegno ….Se cosi’ fosse significherebbe metterci ancora una volta al gioco della fune fra ideologia e politica, quando noi a questo gioco non partecipiamo piu’ da tempo. Io sono un Comunista ma proprio perche’ attraverso e mi faccio attraversare da culture che appartengono al Mito e all’Eternita’, ( prima fra tutte quella del Rock’n’roll ) partecipo alla Politica senza il fardello ideologico, pur restando ripeto un Comunista !

 

3)   Jankadjstrummer : “tribe Union” è il vostro primo EP autoprodotto, sono passati oltre 30 anni da quella uscita, e nonostante i ciuffi ingrigiti vedo che avete tanto voglia di partecipare attivamente al rilancio della musica italiana, pensate di essere ancora un punto di riferimento? perché leggo di molti vostri progetti per il futuro…

La SCENA è quello che conta , quello che da sempre ha permesso di far venire alla luce molte energie creative. Se un torrente non arriva al Fiume non raggiungera’ mai l’oceano e presto o tardi diventera’ palude. Dopo tanti anni la cosa che mi fa più piacere e mi fa sentire oggi più di ieri parte di una realtà’ culturale è proprio la mia presenza in più di 140 lavori di altri gruppi italiani….e la “storia “ continua …. Tenendo conto che le nostre canzoni sono presenti in altre 50-60 raccolte e compilation posso dire che tutto questo per me è la stupenda prova di una vera Appartenenza . L’invito a partecipare ad un lavoro è sempre un gesto che dimostra stima e affetto e di ciò vado fiero e orgoglioso. Soprattutto oggi che non ho alcun “valore di mercato “. Nessuno mi invita perchè con la mia presenza vende di più…è solo Appartenenza. Il riferimento o il confronto penso non sia solo musicale ma va aldilà, riguarda un modo di fare e di essere , uno Stile ! col quale fra alti e bassi anche in mezzo a centomila contraddizioni siamo riusciti ad attraversare questi 30 anni.

4)   Jankadjstrummer : mi dite qualcosa di più sul progetto di rilettura di brani “ Calibro 77 “, canzoni di lotta in auge in quegli anni di grandi fermenti  ed, ancora, sul nuovo disco di inediti che dovrebbe uscire dopo 13 anni?

Nell’Officina dei Gang ci sono molti lavori e progetti non  ancora realizzati , portati a termine…..uno di questi , al quale tengo molto,  e’  CALIBRO 77. Una rilettura di quelle canzoni che sia per me che per Sandro  fanno parte delle nostre radici musicali e che hanno contribuito a formare il nostro Stile , il nostro immaginario e che  sono anche  parte del corredo musicale e culturale  di quella che Balestrini chiamava Orda D’Oro, cioè la nostra Meravigliosa Generazione !    Gia’ dal titolo si capisce che vogliamo giocare alla  rovescia con  cosiddetti “anni di piombo “…che vogliamo raccontarli da un’altra prospettiva, la Nostra.  E allora cosa  c’è  di meglio se non  le canzoni a cui siamo ancora oggi  più legati: De Andre’. Lolli , De Gregori , Guccini , Area , Stormy six, Ivan Della Mea, Pietrangeli, Manfredi , Gaber , Bennato, Riki Gianco….Che erano la  colonna sonora di un  grandioso  Assalto Al Cielo !

C’è poi questo disco nuovo dopo 14 anni ! Quest’anno i Gang compiono 30 anni dall’uscita del primo disco Tribes Union, Non c’è modo migliore per festeggiare come si deve. Guardando avanti piu’ che facendo un resoconto. Il titolo è SANGUE E CENERE. Sono 11 canzoni . E’ prevista la collaborazione e la presenza di molti musicisti , sarà un disco “corale “! Molti di questi sono americani quindi c’è da parte nostra la volontà di realizzare un disco che sia anche un  incontro   ravvicinato con il sound della “ frontiera “.  Molte delle storie che ispirano le canzoni sono facce, abbracci, racconti che ho incontrato in questi anni, partigiani di ieri e di oggi , operai , migranti , costruttori di Pace…tutti in cammino come me verso Cosmopoli ! Cominceremo a registrare mese prossimo per finire in autunno e poterlo consegnare quindi a Babbo Natale.

5)    Jankadjstrummer : la dimensione live è un elemento caratterizzante del progetto Gang, c’è voglia di sinergia col pubblico, voglia di condividere, di scambiare sentimenti e stati d’animo senza nessuno steccato, qual’ è la vostra forza? E cosa ricevete dai vostri fans?

Da molti anni ho rinunciato a portare le mie canzoni ovunque. Mi lascio portare da loro. Un po’ come fanno i pastori con le pecore ed un Buon pastore sa quali sono i pascoli migliori dove l’erba e’ più buona e non contaminata da sostanze nocive, sa dove scorre l’acqua più  fresca e più pulita. A questa “ verita “ mi sono arreso. E facendo così mi ritrovo sempre a Casa ! Non fra “fans “ che è una parola che non ho mai usato e che non mi piace… ma fra compagni, fratelli, con i quali si condivide un Sogno e un progetto di Liberta’ , di emancipazione, di memoria da tenere viva, di Gioia e Rivoluzione. Il live e’ un momento in cui , dopo aver viaggiato su tante strade diverse , ci si incontra e si canta, come una volta l’umanità faceva attorno al fuoco ! Era ed è il modo migliore per affrontare la notte , il buio, la paura e il Grande freddo. Le canzoni sono belle se sono utili e viceversa. Cantarle insieme ci restituisce il senso di una Comunità. Quando questo accade non ci sono più steccati, palchi, transenne …. Siamo una cosa sola, quella Canzone !

6)       Jankadjstrummer :  Libertà creativa, autonomia nelle scelte, volontà di non piegarsi alle logiche di mercato sono sempre gli elementi che fanno scegliere agli artisti sia essi musicisti che altro di auto prodursi e di non lasciarsi condizionare, consigliereste ai giovani artisti di ripercorrere la strada da voi intrapresa, in sostanza, riconoscete di  aver fatto degli errori in questi lunghi anni di attività o non avete niente di cui recriminare?

Molti ci stimano per la …Coerenza ! Ma dico sempre che la coerenza per me non è altro che una roba da funamboli non e’ altro che la capacità di stare in equilibrio sulla fune ,a volte anche ad altezze elevate e quindi pericolose. Ecco , noi ci siamo riusciti , abbiamo imparato ad essere dei bravi funamboli. L’unico consiglio che mi permetto di dare ai più giovani e’ soltanto quello di saper “ Pungere e Volteggiare “ quindi di agire in base alle circostanze imparando a saper pungere e volteggiare in base al tempo e al luogo. Pungere e Volteggiare, come faceva Mohammed Ali’, il più grande combattente di tutti i tempi . Quanto a noi ci siamo permessi molti sbagli nella vita , ma se non l’avessimo fatti non avremmo imparato ed lo abbiamo imparato sulla nostra pelle. Questo pareggia il conto. Per il resto non penso proprio che esista qualcuno in questo “ ambiente “ che si puo’ permettere di scagliare verso di noi , la prima pietra. Quello che mi permetto di aggiungere è che noi siamo stati sempre molto “ fortunati “ nel senso che eravamo e siamo ancora molto ricchi di cultura quindi di buone relazioni, soprattutto umane. Questo ci ha permesso di poter sempre scegliere e assumerci quindi le responsabilità derivanti dalle scelte. Molti , soprattutto oggi ,questo non se lo possono permettere perchè sono molto più “poveri “ di noi. Ma le colpe vere di questa povertà sono altrove, sono di coloro che avrebbero dovuto farsi carico di tale situazione e creare quelle circostanze perchè i gruppi avessero potuto  scegliere. E qui la colpa è di tutto l’universo della sinistra, dall’Arci ai tanti centri sociali, ripeto tutti, quelli che in tutti questi anni non hanno saputo costruire un circuito, un territorio comune e libero, dove attrarre le migliori energie. Prendersela con i gruppi e le band, soprattutto singolarmente, e’ solamente una vigliaccata utile a perpetrare lo sfascio in atto, la fine della rivolta dello “stile” in Italia. Ma questo è un discorso lunghissimo che merita un’intervista a parte se vogliamo essere chiari e precisi.

JANKADJSTRUMMER