RIASCOLTATI PER VOI – FABRIZIO DE ANDRE’ – STORIA DI UN IMPIEGATO ( 1973 ) di Jankadjstrummer

de andrè
RIASCOLTATI PER VOI – FABRIZIO DE ANDRE’ – STORIA DI UN IMPIEGATO ( 1973 )
“ora sappiamo che è un delitto / il non rubare quando si ha fame”
INTRODUZIONE
2.
CANZONE DEL MAGGIO
3.
LA BOMBA IN TESTA
4.
AL BALLO MASCHERATO
5.
SOGNO NUMERO DUE
6.
CANZONE DEL PADRE
7.
IL BOMBAROLO
8.
VERRANNO A CHIEDERTI DEL NOSTRO AMORE
9.
NELLA MIA ORA DI LIBERTA’
https://youtu.be/w75KaCK9MQo
Della produzione di De Andrè niente risulta poco poetico ed ispirato ed è difficile per me indicare il disco migliore, posso solo esprimere la mia preferenza in questo momento che scrivo, perché nel tempo mi sono
legato a tutti i lavori del Faber. In questa fase della mia vita e della situazione politica che sta attraversando l’Italia, l’album che più calza questi sentimenti è senz’altro “Storia di un impiegato” perché è entrato, nel bene e nel male e con prepotenza nelle nostre storie personali e ci ha consegnato spunti di riflessione sutante problematiche ancora molto attuali, la lotta, i rapporti tra le generazioni, la violenza, il carcere. Un
disco, scritto nel 1973 con Nicola Piovani ( musica ) e Fabrizio Bentivoglio (liriche), un concept-album che insieme a “La buona Novella” (1970)
e “Non al denaro non all’amore nè al cielo” (1971) fa parte di una
trilogia in cui si riflette su grandi tempi. Un album particolare, di cui si è molto parlato e da taluni addirittura contestato perché sembrava quasi un incitamento alla ribellione mentre secondo me rappresenta un
quadro, sotto forma di poesia, in cui viene descritto un importante periodo storico. Un ritratto molto marcato ma assolutamente privo di qualsiasi pretesa di insegnare o ispirare azioni violente, anche se è innegabile la sua forza fatta di melodie e nuove sonorità che unite ai tanti temi caldi e sentiti si fondono in una miscela esplosiva. “Storia di un impiegato” è un disco sull’illusione che nasce da quel grande movimento di massa che fu il 1968. E’ un romanzo in musica in cui si traccia il percorso di un giovane che
partendo dall’ascolto di una canzone di lotta del ’68 (La canzone del Maggio) riflette sulla sua incapacità di prendere parte alla lotta, perchè ormai troppo integrato nella società borghese, ma è una canzone in cui c’è
una presa di coscienza dei problemi sociali e della necessità di lottare per cambiare la situazione; si parla di lotta: ricorda gli avvenimenti accaduti durante la rivolta nata dagli studenti e, rivolgendosi a quelli che alla
lotta non hanno partecipato, li accusa e ricorda loro che chiunque, anche chi, in quelle giornate, si è chiuso in casa per paura, è ugualmente coinvolto negli avvenimenti. La canzone contiene l’affermazione che la
rivolta non è finita ma ci sarà nuovamente, in futuro, più forte. L’impiegato riflette sulla sua vita fatta di mediocrità, paura e tanto individualismo e si paragona a quei ragazzi che hanno voluto, invece, ribellarsi al
sistema che li opprimeva, questa riflessione risveglia in lui sopiti ideali di protesta, che lentamente si fanno strada nella sua mente e nei suoi sogni (Al ballo mascherato e Sogno numero due), in cui pensa di risolvere
individualmente tutti i problemi. Decide così di gettare una bomba ad un ballo mascherato al quale partecipano tutti i miti, i valori della cultura e del potere borghese. E comincia a sognare di assistere agli effetti della deflagrazione su coloro che per anni ha rispettato, assiste all’agonia di tutti, del padre e della madre e dell’amico che gli ha insegnato a ribellarsi. Il sogno prosegue: la voce di un giudice lo informa che il potere borghese era al corrente dei suoi atti, addirittura lo stava seguendo dalla nascita così come segue tutti i suoi sudditi. L’accusa di omicidio, di strage, si trasforma in ringraziamento per aver eliminato vecchi residui che davano fastidio al potere stesso, che ormai ha trovato altri modi per governare. Il giudice lo
informa che ha usato correttamente gli strumenti della legge e che il suo gesto non è altro che la ricerca del potere personale. Così lo accolgono tra coloro che contano, tra coloro che decidono, tra coloro che governano e dispongono della altrui e della propria libertà. Un nuovo sogno, o una nuova puntata dei sogni precedenti, e l’impiegato prende il posto del padre da lui stesso sacrificato alla ricerca di uno spazio personale. Rivive una vita lancinante, fatta di illusioni e di relative delusioni, di difese disperate della propria integrità, del proprio denaro, delle proprietà, non è più un sogno, ma un incubo e l’impiegato si sveglia. Ha capito che in qualunque modo è un uomo finito, senza nessuna possibilità di recupero, che i suoi gesti
saranno sempre individualisti, tesi al proprio bisogno personale e che salendo la scala del potere non si sfugge comunque alla propria condizione di isolamento, d’angoscia. La bomba che nel sogno era stata
gettata con forza, con rabbia, per vendetta, ora, nella realtà, diventa un momento di ebbrezza e, ovviamente, di lucidità. Il sogno si trasforma in incubo quando l’uomo sogna suo padre, che lui stesso ha
ucciso “in un sogno precedente ”, e capisce di essere uguale a lui ( Canzone del padre). L’impiegato si sveglia consapevole di essere in tutto e per tutto funzionale a quella società che odia. L’impiegato sa cosa fare, sa dove andare, sa chi deve colpire e perché. Va dritto al parlamento a gettare una bomba vera per ammazzare gente vera, ma la sua abilità era soltanto un sogno: la bomba rotola giù verso un’edicola di giornali e l’unica
cosa che colpisce è, come una previsione, la faccia della sua fidanzata che sta su tutte le pagine dei giornali.
E alla fidanzata del mostro, l’impiegato scrive una lettera dal carcere nel quale è rinchiuso (Verranno a chiederti del nostro amore), e poi, nell’ultima traccia del disco, assume finalmente una nuova consapevolezza del suo ruolo all’interno di una collettività, in questo caso il carcere, e della lotta (Nella mia ora di libertà ). Nel carcere, in una realtà non più individualista, ma forse il massimo dell’essere uguali, l’impiegato non più impiegato scopre un nuovo modo di capire la vita e le cose che lo circondano. Scopre la
realtà della parola “collettivo” e della parola “potere”. Quand’ecco, proprio l’incarcerazione fa compiere al ragazzo l’ultimo passo per raggiungere la piena consapevolezza di ciò che è giusto fare: la lotta in carcere da
individuale si rifà collettiva e la rinuncia all’ora d’aria, come rinuncia all’individualismo prepara il terreno al sequestro dei secondini con l’ausilio di tutti i prigionieri, uniti, per riconquistare la vera aria, la vera libertà
che gli era stata, ingiustamente, sottratta.* Una grande novità stilistica del disco sta nel linguaggio, un linguaggio moderno che anziché racconto diventa immagini a volte psicologiche a volte oniriche in un pout-
pourri di elementi reali e non. Nove tracce che delineano un percorso in cui si rincorrono le diverse fasi della sua coscienza, sogni a volte carichi di lirismo ( Lottavano così come si gioca/i cuccioli del maggio era
normale/loro avevano il tempo anche per la galera/ad aspettarli fuori rimaneva/la stessa rabbia la stessa primavera), e di ironia (c’è chi lo vide piangere/un torrente di vocali/vedendo esplodere/un chiosco di
giornali). Una menzione speciale spetta ad un capolavoro “Verranno a chiederti del nostro amore” , una delle più intense canzoni d’amore se sia stata mai scritta, la lettera dal carcere del bombarolo alla sua donna
: partendo dal loro rapporto De Andrè si spinge ad una riflessione più ampia sui compromessi della coppia borghese…. “non sei riuscita a cambiarmi / non ti ho cambiata lo sai.”
*Molte informazioni sono riprese dalle note di copertina del disco a cura di Roberto Danè e dal libro di Doriano Fasoli, Fabrizio De André. Passaggi di tempo, pp. 175-176
BUON ASCOLTO O RIASCOLTO DA JANKADJSTRUMMER

RIASCOLTATI PER VOI : NIRVANA – NEVERMIND ANNO 1991 di Jankadjstrummer

RIASCOLTATI PER VOI :

NIRVANA – NEVERMIND ANNO 1991

di jankadjstrummer

  1. Smells Like Teen Spirit
  2. In Bloom
  3. Come As You Are
  4. Breed
  5. Lithium
  6. Polly
  7. Territorial Pissings
  8. Drain You
  9. Lounge Act
  10. Stay Away
  11. On A Plain
  12. Something In The Way

Era tanto tempo che pensavo ad un riascolto ragionato di questo “Nevermind” dei Nirvana per due ordini di motivi: il primo si lega alle inquietudini, alla sensazione di disagio che spuntano fuori dai solchi, l’altro motivo è la rabbia di kurt Cobain che mi ha sempre lasciato interdetto. Quindi nonostante il “ non ci pensare” del titolo quando partono le prime note di “Smells Like Teen Spirit” non posso fare a meno di percepire tanta sofferenza e tanta rabbia. Questo è il loro secondo disco a distanza di due anni dal buon esordio di “ Bleach” e così il trio “Kurt Cobain, Krist Novoselic e Dave Grohl sforna dodici brani per circa un ora di rock tiratissimo in perfetto stile grunge, intendiamoci i 3 non sono dei grandi musicisti ma è possibile che la voce roca ma accattivante e la tecnica musicale li abbiano elevato nell’olimpo del rock.
Dicevo di questa sensazione di malessere interiore che pervade l’intero lavoro già dai primi accordi, il riff inconfondibile di chitarra, la batteria incalzante, la voce stridula e a tratti tremula che urla la crisi profonda di Cobain , la crisi di tutta la generazione dei primi anni ’90 racchiusa nel magnifico ritornello cantato con vero trasporto. (“With the lights out it’s less dangerous/ Here we are now, entertain us/ I feel stupid and contagious/ Here we are now, entertain us/ A mulatto/ An albino/ A mosquito/ My Libido”) Con le luci spente è meno pericoloso/ Siamo qui ora,intratteneteci. Mi sento stupido e contagioso: Un mulatto. Un albino. Una zanzara. La mia libidine. Un rifiuto.
Se “Smells Like Teen Spirit” lascia basiti, sconvolti da tanta irruenza sonora anche il brano che segue “In Bloom” non è da meno: un giro di basso che fa da tappeto a versi semplicemente sussurrati poi un urlo che è un preludio ad una melodia semplice ma incisiva che i ritornelli rabbiosi rendono un vero capolavoro. (“Sell the kids for food/ weather changes moods/ Spring is here again/ reproductive glands”).

I suoni e le atmosfere diventano più tranquille ma sempre inquiete in “Come As You Are”, brano dal riff semplice ma geniale di quelli che rimangono impressi nella mente, carico di malinconia ma divenuto leggendario, qui si parla della insicurezza di Cobain a relazionarsi con gli altri, insicurezza che tuttavia accetta. “Breed” è pezzo carico di adrenalina, la batteria di Grohl ha un ritmo scatenato di chiara ispirazione punk hard-core. A seguire “Lithium”, uno dei pezzi più di successo dell’album (10 milioni di copie vendute). “Lithium” è sospesa tra la melodia e la rabbia del ritornello, un pezzo divenuto inno generazionale di un nuovo movimento di protesta e di riscatto, nel testo si parla di religione e del litio, una molecola usata per curare gli sbalzi di umore e la depressione. Con “Polly” il clima cambia pochi accordi di chitarra acustica accompagnano la grande forza della voce di Cobain, un pezzo cantautorale che racconta il dialogo tremendo tra una giovane donna e il suo stupratore.
“Polly” è soltanto una piccola pausa rilassante, perché immediatamente si torna al ritmo, all’esplosione dei suoni punk di “Territorial Pissings” fisicità musicale allo stato puro: non si può riumanere inermi in poltrona, bisogna saltare! Anche con “Drain You” e “Lounge Act”e “Stay Away”stessa musica, suoni ritmati e frasi urlate, giri di basso semplici ormai divenuti leggendari e una batteria che fa scintille, un mix esplosivo che esprime tutto il talento della band. Il rock è sanguigno, viscerale anche quando nel testo si parla d’amore come in “Drain You” . Il disco scorre come un fiume in piena c’è ancora tempo per 2 brani “On A Plain” uno dei pezzi più melodici del disco che nella versione unplugged registrata a New York per MTV raggiunge l’apice e l’ultimo brano che chiude il disco “Something In The Way”, solo due semplici accordi di chitarra acustica e la voce cupa di Kurt che racconta i suoi giorni trascorsi a vivere sotto un ponte quando da ragazzo scappò di casa. Non è dato sapere se è successo veramente o frutto della sua immaginazione, ma il testo è una toccante poesia ermetica “Underneath the bridge/ The tarp has sprung a leak/ And the animals I’ve trapped/ Have all become my pets/ And I’m living off of grass/ And the drippings from the ceiling/ But it’s ok to eat fish/ Cause they haven’t any feelings/ Something in the way” (“Al di sotto del ponte/ Il pesce ha mollato una pisciata/ E gli animali che ho catturato/ Sono diventati tutti miei animali domestici/ E non continuo a vivere d’erba/ E lo sgocciolio dal cielo/ Va bene mangiare pesce/ Perché loro non hanno sentimenti/ Qualcosa nella strada”).

Nevermind dei Nirvana è un disco che rimarrà nella storia del rock perché è riuscito a fare breccia su tutta una generazione di giovani di diverse estrazioni sociali e culturali, anche oggi a distanza di oltre un ventennio chi si approccia al rock alternativo passa inevitabilmente da questo lavoro del trio di Seattle e poco importa se la figura di Cobain è diventata una icona da stampare sulla maglietta.

Nell’aprile del 1994 Cobain la fa finita con un colpo di fucile lasciando uno scritto lapidario “ E’ meglio bruciare in fretta che spegnersi lentamente”.

JANKADJSTRUMMER

 

GONG – radio gnome invisible – la trilogia di Jankadjstrummer

 GONG
THE GONG –  LA TRILOGIA DI RADIO GNOME INVISIBLE
Part 1: Flying Teapot
(Virgin, 1973)
Part 2: Angel’s Egg
(Virgin, 1973)
Part3: You
(Virgin, 1974)
Il momento di massimo splendore e se vogliamo di massima ispirazione per i Gong è il biennio 1973/1974 quando prende forma il progetto Radio Gnome Invisible, 3 album separati “Flying Teapot”, “Angel’s Egg” e”You” accomunati da un filo conduttore musicale e da un storia surrreale ai limiti della demenzialità. Lanascita del gruppo, però, risale a 4 anni prima quando David Allen, un hippie australiano già membro dei Soft Machine è costretto, per problemi burocratici a stazionare per un lungo periodo a Parigi, qui incontra lapoetessa Gilli Smith con cui inizia una collaborazione che diventerà anche una storia d’amore. Coadiuvati dal sassofonista Didier Malherbe e dal chitarrista Christian Tritsch danno alle stampe un album sorprendenteper l’epoca, un misto di rock e tanta improvvisazione che sconfina nel free-jazz. Dicevo di questo trittico che
diventa un concept album esasperato perché oltre che alla storia si punta a costruire un opera rock dai connotati molto raffinati e ricercati da essere definita quasi una provocazione. La storia che viene raccontata
è alquanto bizzarra: narra di una flying teapot (una teiera volante) proveniente dal pianeta Gong che atterra sulle montagne del Tibet, qui tre personaggi che dovrebbero essere i portavoce degli umani dai nomi
improbabili, Mista T Being, Fred The Fish e Banana Ananda incontrano i Pot Head Pixies alieni verdi muniti di piccole antenne sintonizzate su Radio Gnome Invisible che devono portare a termine un’ardua missione:
preparare il pianeta Terra all’invasione pacifica dei Gonghiani che avverrebbe nel 2032, il tutto sotto la supervisione di saggi dell’intelligenza sovraumana (gli Octave Doctors), due occhi giganti che proteggono il
pianeta GONG. I personaggi sono buffi ed estrosi come il terrestre Banana Ananda un orso Yogi che vive in una caverna nel Tibet che per cadere in trance usa la frase “banana nirvana manana” o Zero The Hero che
rappresenta il pianeta terra sul planet Gong dove regna l’Anarchia intesa come autogoverno fluttuante. Dal punto di vista musicale Radio Gnome Invisible rappresenta un mix di suoni ben amalgamati una sorta di
world music ante litteram in cui si potevano notare influenze classiche, musiche balcaniche ma anche psichedelia americane e scuola di Canterbury. Ho sempre trovato ostica, difficile la musica dei Gong dove si
trova tutto e il contrario di tutto, un rock inetichettabile intriso di misticismo e di cultura Hippie, sicuramente mai stabile ma sempre protesa verso la ricerca di nuovi suoni e di un nuovo modo di intendere l’arte. Il
riascolto di questi giorni della trilogia è sorprendente mi sono accorto di come la band avesse le idee chiare sul percorso che stava tracciando. Ma veniamo ai singoli lavori, abbiamo detto di:
Flying Teapotche si apre con una perla che sarà il marchio di fabbrica del suono Gong “Radio Gnome Invisible”, una filastrocca psichedelica arrangiata in un modo sublime, orecchiabile che dimostra di come la
band sia avanti una spanna rispetto a quanto si ascoltava all’epoca. Anche una cantilena come “Pot Head Pixies” diventa una bella canzone. “Zero The Hero And The Witch’s Spell” è un piccolo capolavoro con repentini cambi umore, dal malinconico al mistico che la voce quasi orgasmica della strega Gilli Smithinietta di mistero, eros ed eteree visioni in un sensazionale crescendo che apre alle note “Witch’s Song/ I Am Your Pussy”, altro brano memorabile. Ma il pezzo forte del disco è Flying teapot dodici minuti di
complessità sonora, si parte da un ritmo di lieve jazzato addolcito dal flauto di Malherbe per raggiungerevette espressive con un ritornello esplosivo dagli effetti quasi ipnotici, un autentico capolavoro che non avevo mai apprezzato. Nel secondo capitolo della saga
Angel’s Eggdel 1973,
la struttura musicale cambia, diventa più matura, c’è molto più spazio per le parti strumentali affidate alla chitarra di Steve Hillage e alle tastiere di Tim Blake, mentre Allen si dedica ai testi. In “Other Side Of The Sky” la voce di Gilli e le tastiere fanno rivivere l’ atmosfera del viaggio interstellare di Zero the hero per il pianeta GONG . Nel disco i brani assumono i connotati di vere e proprie canzoni come in “Sold The Highest Buddha” e “Prostitute Poem”,
“Givin My Luv To You” e “Selene”, quindi composizioni brevi e ben curate, musica fluida ma solenne. Le armonie nella voce intergalattica della Smyth si fonde con il suono del sax e delle percussioni, la lingua francese ed inglese usata a sua piacimento tra gemiti e parole la rendono, come dice qualcuno, una sirena spaziale . “Prostitute Poem” è il capolavoro del disco, ma anche, “Outer Temple/Inner Temple”, non è da meno perché in bilico tra i suoni cosmici e quelli del surf americano.Poi Arriva
You del 1974 ,
 ultimo capitolo della trilogia, forse il disco più lineare e classico del rock quindi il meno innovativo, quello più carente di intuizioni stilistiche. Vengono ripresi materiali di lavori precedenti eresi più corposi da accompagnamenti più sontuosi e solenni si ha, quindi, la sensazione che ci sia un calo di idee e di originalità “Thought Four Naught”, “A Pot Head Pixie Advice”, “Magick Mother Invocation” e”Master Builder” sono pezzi ben eseguiti ma privi di quella creatività a cui Dave Allen ci aveva abituato.
L’ascolto dei tre dischi in contemporanea aumenta questa sensazione, questo squilibrio, questo divario tra i 3 lavori, tuttavia i GONG con Radio Gnome Invisible sono riusciti a coniare uno stile inconfondibile, grazie a
quel pozzo di idee creative che stava nella mente di Daevid Allen, personaggio istrionico, eclettico che ha dato vita a una delle saghe più estrose e importanti della storia della musica rock.
FORMAZIONE nei 3 dischi che comprende anche i nomignoli utilizzati dai componenti:
· Daevid Allen alias Bert Camembert (chitarra, voce )
· Gilli Smyth alias Shakty Yoni (voce – space wisper )
· Steve Hillage alias The Submarine Captain o Stevie Hillside (chitarra solista – slideguitar, )
· Tim Blake alias High Tea Moonweed o Francis Bacon (organo e tastiere )
· Didier Malherbe – Bloomdido Bad de Grasse (sax e flauto )
· Mike Howlett – Mista T Being (basso )
· Pierre Moerlen – Dierre de Strasbourg o Lawrence the Alien (batteria, percussioni)
BUON ASCOLTO DA JANKADJSTRUMMER

o troveremo la strada o ne costruiremo una

Annibale, Annibale grande generale nero
con una schiera di elefanti attraversasti le alpi e ne uscisti tutto intero a quei tempi gli europei non riuscivano a passarle neanche a piedi ma tu Annibale, Annibale grande generale nero tu le passasti con un mare di elefanti.
Lo sapete quanto sono grandi, grossi e lenti gli elefanti?…….
FIGLI DI ANNIBALE ALMAMEGRETTA

L'immagine può contenere: il seguente testo "troveremo una strada o ne costruiremo una. ANNIBALE (247-182 A.C.)"

INTERVISTA ESCLUSIVA A MARINO E SANDRO SEVERINI DEI GANG di Jankadjstrummer

INTERVISTA ESCLUSIVA A  MARINO E SANDRO SEVERINI  DEI GANG

A CURA  DI  JANKADJSTRUMMER      1° PARTE

 

L’incontro con i Fratelli Severini è quanto di più appagante potessi immaginare, Marino è un fiume in piena bastano poche battute e si lascia andare a parlare di rock, di politica, cultura popolare ma anche di filosofia, arte e di economia globale, un autentico concentrato di cultura e di conoscenza. Marino ha tante cose da dire e lo fa con estrema semplicità e con la lucidità di chi ha combattuto nella sua vita tante battaglie e ne è orgoglioso. L’intervista per questo motivo sarà pubblicata in due parti in modo da poter meglio approfondire il “Gang-pensiero”:

I Gang, band storica del rock italiano nata all’inizio degli anni 80, con 10 album all’attivo, eredi italiani delle sonorità del periodo punk londinese, sono nati dal progetto dei fratelli Severini, Marino e Sandro, nativi di Filottrano in provincia di Ancona. Da sempre politicamente e socialmente molto attivi e impegnati, sono una delle più note band militanti nel panorama musicale italiano e disponibili in svariate situazioni a mettere la loro musica al servizio di ideali e progetti con un unico grande filo conduttore: i diritti umani e la solidarietà.
Durante il loro percorso il rapporto con l’arte e la musica si è modificato rispetto all’idea originaria, sviluppando così nel tempo la metafora e il linguaggio profetico come antidoto alla perdita della memoria individuale e collettiva: uno dei mali della società italiana contemporanea. Il progetto è quindi quello di fondere il rock con la tradizione popolare, nel senso di dare una vera identità culturale alla propria musica, che vuole essere, in mezzo alla lotta delle contraddizioni, un punto di riferimento e uno strumento di aggregazione, un genere più folk, o meglio combat folk.

 Jankadjstrummer : Partiamo dagli albori, siete nati come gruppo punk ma vi siete liberati molto presto o forse non lo avete mai assorbito il lato nichilista del fenomeno, quindi niente esteriorità, niente violenza stupida ma voglia di incanalare la rabbia di tanti giovani verso un percorso di lotta capace di riconquistare tanti spazi vitali e far valere i propri diritti, una idea di punk diversa forse mutuata dalle lotte delle minoranze etniche presenti nella Londra fine anni ’70 tanto presenti nel suono e nelle liriche dei  Clash, in questo contesto come era vista la provincia da due giovani musicisti?  Era un azzardo esportare in Italia questi fermenti? Tutto sommato il terrorismo e la disillusione aveva messo in crisi sia il movimento studentesco che quello operaio…

Marino Severini: …Alla Fine degli anni 70 ci siamo trovati, sia io che Sandro , in mezzo ad una palude, dopo tanto correre ci sembrava essere, veramente, arrivati alla fine della Corsa, l’ultima stazione,  la fine di un Sogno e di un assalto al Cielo. Era la sconfitta e con essa il disorientamento, la sfiducia , la paura che ci circondavano. Nell’estate del 1979 facemmo un viaggio a Londra e li  “sul campo “ ci accorgemmo che il movimento Punk non era quello che veniva descritto  e raccontato anche sui quotidiani del Movimento…ma era tutta un’altra Storia! Poi il concerto dei Clash a Bologna il 1 giugno del 1980 il Giorno dei giorni, fu una vera e propria  illuminazione. Per noi non fu la “ solita“ scoperta  ma la risposta nel vento alla solita domanda :“ Che fare ? “. Quello che stavano facendo i Clash, potevamo farlo anche noi, è stata quella la lezione più contagiosa, l’esempio da seguire, la Chiamata! Quel concerto fu quella “ cosa “ che stavamo aspettando e che fino a quel giorno non sapevamo ancora cosa fosse….Si poteva ricominciare a stare in mezzo alla mischia , a ritrovare aggregazione e appartenenza non piu’ attorno ai fuochi della politica ma a quelli della Musica o meglio del rinato Rock’n’Roll !!, l’espressione più importante della Cultura popolare del 900. Il nostro essere “provinciali “ fece  allora la differenza  perche’quel giorno del 1 giugno del 1980 avemmo la visione e provammo la sensazione precisa ( per la coscienza dovemmo aspettare ) che la crepa c’era , ed era stata fatta da Strummer e dalla sua Banda. Per dirla tutta sia Michele Serra sulle pagine dell’Unita’, sia i Raff Punk su un volantino in cui scrivevano “Crass not Clash “ criticarono aspramente, da posizioni completamente opposte, la  “calata “ dei Clash in Italia. E le loro posizioni non erano altro che la rappresentazione di un’egemonia culturale e politica dalle mille teste che avevano “amministrato” il Movimento sia operaio che giovanile e che lo aveva  portato comunque alla sconfitta, alla fine di quella stagione. Finalmente per noi si apri’ quella crepa e da li’ decidemmo di passare, per trovare una nuova possibilita’ di partecipazione e protagonismo, liberi e liberati da quella egemonia della “sinistra“ tutta italiana.  La rivolta che si annunciava e che bisognava portare anche in Italia era quella dello STILE ! La strada e le sue subculture , gli Ultimi che diventano i primi. Infatti gli ultimi avevano reagito per primi al Nuovo Modello Occidentale imposto da Thatcher – Reagan. La finanza che vinceva sull’industria, il fare i soldi con i soldi. Il “punk “ reagi’ senza mediazione, proclamando culturalmente uno scontro frontale….. E fu cosi’ che rinacque anche il Rock’n’Roll che da anni era agonizzante e ostaggio delle regole della spettacolarizzazione e del profitto. Da troppo tempo era stato messo in gabbia dalle leggi del Mercato….

 

2)   Jankadjstrummer : i Gang non hanno mai fatto mistero che il faro, la loro fonte di ispirazione era il “combat rock” dei Clash, anche la scelta dei testi in inglese e la struttura dei brani seguivano quel clichè, cosa trovavate di dirompente in Joe Strummer e soci e perché ne eravate affascinati? Pensate sia ancora attuale il loro modo di scrivere il rock?

Marino: Per rispondere come si deve a questa domanda io direi di affrontare l’argomento come si dovrebbe. Bisogna , per prima cosa, tenere conto della nostra collocazione nel Tempo. E il tempo che è passato da “i   Clash “ ci permette oggi di vedere da lontano , di avere una panoramica ampia, tanto ampia da riuscire a portare “ i  Clash” fuori dal Tempo. I Clash o meglio la loro opera appartiene al Mito, con loro rinasce la Canzone, quella canzone che Canta , che narra il Mito ! Per circostanze storiche se volessimo trovare delle affinita’ o delle analogie dovremmo tornare ai tempi di Woody Guhtrie quindi all’inizio di quella canzone Popolare che trova un nuovo protagonismo nella narrazione del Mito. I Clash come Guthrie sono dei Cantori. Prima di questa forma canzone di Guthrie,  a narrare il Mito erano stati altri linguaggi ed altre culture a farlo, il Teatro , il Cinema , Il Romanzo , la Musica Classica…..poi ci fu la Canzone, quella popolare, intesa come “popular “ perche’ la traduzione italiana di “popolare “ non rende giustizia e chiarezza all immaginario   proprio della  cultura  anglosassone. Il Mito che questa canzone canta e narra e ‘ L’UNITA’ !  Proprio per questo  la stessa canzone  riesce come una radice a dar vita ad un’espansione culturale tanto grande che è il Rock’n’roll ! Il Grande Albero della Vita ! Il Rock’n’Roll inteso come l’ultima grande stagione dell’Umanesimo… perche’ l’Umanesimo che è radice della nostra cultura italiana, non è unica ma è frutto dell’incontro di tante culture diverse. E’ un  sincretismo che viene creato dal bisogno di utilita’ e  cio’ che è utile è sempre una nuova appartenenza, grazie alla quale si trova forza e sogno per dare nuovamente l’Assalto al Cielo: la Liberta’. Quindi se il Rock’n’Roll ‘ è la stagione di un Nuovo Umanesimo ed  è  l’espressione piu’ alta della Cultura Popolare del 900 ecco allora che  la stessa cultura, durante la stagione del Rock’n’roll , riacquista e riafferma   la sua caratteristica piu’ importante , la sua unicita’ , la sua essenza: l’Eternita’. La cultura popolare non è universale , non va bene a tutti e a tutti non è utile ma solo a chi è ultimo, a chi viene respinto , viene spinto ai margini, sfruttato , umiliato, sconfitto. Torna cosi’ con questa cultura un protagonismo che è quello del Bandito , del Fuorilegge , a  cui anche Dylan in John Wesley Harding riconosce il ruolo di Profeta !Fuorilegge inteso come colui che viola le leggi per affermarne il principio. E il principio dei principi quello  su  cui tutte le leggi e tutte le religioni si basano è semplicemente “ non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te “.In questo contesto va inserita la “ Canzone “ dei Clash ! E non va assolutamente ristretta o immeserita o ridimensionata dentro delle “gabbie “ tipo combat rock o punk o cose del genere utili solo ai commessi dei negozi di dischi o a riviste musicali brave a mettere nelle riserve il grande Spirito Guida del Rock. I Clash inoltre riuscirono con la loro opera a dare vita ad una nuova stagione della canzone che ci siamo detti, quella umanista e popolare , quindi resuscitarono il  rock’n’roll, addirittura sincretizzando gli stili della Strada , unendoli e con la forza dell’Unita’ detta anche Scena riuscirono ad  abbattere con essi  le mura d’Occidente, e li riversarono verso il Villaggio Globale. Il disco “ Sandinista” resta l’opera principale, la sintesi riuscita di tutto il lavoro artistico, culturale e politico dei Clash.Il discorso è molto lungo e non penso sia questa la sede giusta, ma come per Guthrie anche  per i Clash ritengo sia ora che venga resa giustizia al loro lavoro. Tanto per dire , ritengo giusto che a narrare Strummer sia Scorsese e non Julien Temple, perche’ c’è tutta un’altra regia del narrare…e Strummer per primo se lo merita una visione piu’ ampia dove il tutto è nell’attimo e l’attimo nell’Eternita’….. Come è giusto ormai che  a raccontare il Rock   si torni con un atteggiamento meno superficiale da parte della Critica  , della quale siamo orfani da troppo tempo soprattutto qui in Italia dove la chiacchiera e’ la principale responsabile dell’omicidio della Cultura.

Inoltre vorrei chiarire quello che ci riguarda   a proposito del seguire “quel cliche’ “ ecc ecc …dei Gang detti per anni “ i Clash italiani “, tanto per intenderci.

L’originalita’ è una categoria che riguarda il presente ed è per sua natura transitoria, vedi nell’arte la cosiddetta “ performance “, nell’Antichita’, per esempio, si credeva che l’imitazione di un modello nobilitasse la “ copia “, reiterare i moduli che hanno resistito all’usura del Tempo è un modo per iscriversi all’Eternita’….. per farne Parte. Un’Eternita’ di forme purificate, cioe’ di Archetipi ! Se noi teniamo conto di cio’ avremmo la consapevolezza di cio’ che sono e hanno rappresentato molte forme artistiche , molti linguaggi che nel tempo si sono susseguiti senza tener conto di una via orizzontale di progressione, ma hanno compiuto uno scarto di lato. E’ quello che nella storia dell’Arte si chiama Ritorno….vedi Dante , Picasso, Macchiavelli….. Questo accade anche nella scienza… Cerco di chiarire questo fatto nonostante il poco spazio e tempo a disposizione per scrollare di dosso ai Clash ma anche ai Gang una lettura fatta soltanto attraverso le lenti di militanza o di impegno ….Se cosi’ fosse significherebbe metterci ancora una volta al gioco della fune fra ideologia e politica, quando noi a questo gioco non partecipiamo piu’ da tempo. Io sono un Comunista ma proprio perche’ attraverso e mi faccio attraversare da culture che appartengono al Mito e all’Eternita’, ( prima fra tutte quella del Rock’n’roll ) partecipo alla Politica senza il fardello ideologico, pur restando ripeto un Comunista !

 

3)   Jankadjstrummer : “tribe Union” è il vostro primo EP autoprodotto, sono passati oltre 30 anni da quella uscita, e nonostante i ciuffi ingrigiti vedo che avete tanto voglia di partecipare attivamente al rilancio della musica italiana, pensate di essere ancora un punto di riferimento? perché leggo di molti vostri progetti per il futuro…

La SCENA è quello che conta , quello che da sempre ha permesso di far venire alla luce molte energie creative. Se un torrente non arriva al Fiume non raggiungera’ mai l’oceano e presto o tardi diventera’ palude. Dopo tanti anni la cosa che mi fa più piacere e mi fa sentire oggi più di ieri parte di una realtà’ culturale è proprio la mia presenza in più di 140 lavori di altri gruppi italiani….e la “storia “ continua …. Tenendo conto che le nostre canzoni sono presenti in altre 50-60 raccolte e compilation posso dire che tutto questo per me è la stupenda prova di una vera Appartenenza . L’invito a partecipare ad un lavoro è sempre un gesto che dimostra stima e affetto e di ciò vado fiero e orgoglioso. Soprattutto oggi che non ho alcun “valore di mercato “. Nessuno mi invita perchè con la mia presenza vende di più…è solo Appartenenza. Il riferimento o il confronto penso non sia solo musicale ma va aldilà, riguarda un modo di fare e di essere , uno Stile ! col quale fra alti e bassi anche in mezzo a centomila contraddizioni siamo riusciti ad attraversare questi 30 anni.

4)   Jankadjstrummer : mi dite qualcosa di più sul progetto di rilettura di brani “ Calibro 77 “, canzoni di lotta in auge in quegli anni di grandi fermenti  ed, ancora, sul nuovo disco di inediti che dovrebbe uscire dopo 13 anni?

Nell’Officina dei Gang ci sono molti lavori e progetti non  ancora realizzati , portati a termine…..uno di questi , al quale tengo molto,  e’  CALIBRO 77. Una rilettura di quelle canzoni che sia per me che per Sandro  fanno parte delle nostre radici musicali e che hanno contribuito a formare il nostro Stile , il nostro immaginario e che  sono anche  parte del corredo musicale e culturale  di quella che Balestrini chiamava Orda D’Oro, cioè la nostra Meravigliosa Generazione !    Gia’ dal titolo si capisce che vogliamo giocare alla  rovescia con  cosiddetti “anni di piombo “…che vogliamo raccontarli da un’altra prospettiva, la Nostra.  E allora cosa  c’è  di meglio se non  le canzoni a cui siamo ancora oggi  più legati: De Andre’. Lolli , De Gregori , Guccini , Area , Stormy six, Ivan Della Mea, Pietrangeli, Manfredi , Gaber , Bennato, Riki Gianco….Che erano la  colonna sonora di un  grandioso  Assalto Al Cielo !

C’è poi questo disco nuovo dopo 14 anni ! Quest’anno i Gang compiono 30 anni dall’uscita del primo disco Tribes Union, Non c’è modo migliore per festeggiare come si deve. Guardando avanti piu’ che facendo un resoconto. Il titolo è SANGUE E CENERE. Sono 11 canzoni . E’ prevista la collaborazione e la presenza di molti musicisti , sarà un disco “corale “! Molti di questi sono americani quindi c’è da parte nostra la volontà di realizzare un disco che sia anche un  incontro   ravvicinato con il sound della “ frontiera “.  Molte delle storie che ispirano le canzoni sono facce, abbracci, racconti che ho incontrato in questi anni, partigiani di ieri e di oggi , operai , migranti , costruttori di Pace…tutti in cammino come me verso Cosmopoli ! Cominceremo a registrare mese prossimo per finire in autunno e poterlo consegnare quindi a Babbo Natale.

5)    Jankadjstrummer : la dimensione live è un elemento caratterizzante del progetto Gang, c’è voglia di sinergia col pubblico, voglia di condividere, di scambiare sentimenti e stati d’animo senza nessuno steccato, qual’ è la vostra forza? E cosa ricevete dai vostri fans?

Da molti anni ho rinunciato a portare le mie canzoni ovunque. Mi lascio portare da loro. Un po’ come fanno i pastori con le pecore ed un Buon pastore sa quali sono i pascoli migliori dove l’erba e’ più buona e non contaminata da sostanze nocive, sa dove scorre l’acqua più  fresca e più pulita. A questa “ verita “ mi sono arreso. E facendo così mi ritrovo sempre a Casa ! Non fra “fans “ che è una parola che non ho mai usato e che non mi piace… ma fra compagni, fratelli, con i quali si condivide un Sogno e un progetto di Liberta’ , di emancipazione, di memoria da tenere viva, di Gioia e Rivoluzione. Il live e’ un momento in cui , dopo aver viaggiato su tante strade diverse , ci si incontra e si canta, come una volta l’umanità faceva attorno al fuoco ! Era ed è il modo migliore per affrontare la notte , il buio, la paura e il Grande freddo. Le canzoni sono belle se sono utili e viceversa. Cantarle insieme ci restituisce il senso di una Comunità. Quando questo accade non ci sono più steccati, palchi, transenne …. Siamo una cosa sola, quella Canzone !

6)       Jankadjstrummer :  Libertà creativa, autonomia nelle scelte, volontà di non piegarsi alle logiche di mercato sono sempre gli elementi che fanno scegliere agli artisti sia essi musicisti che altro di auto prodursi e di non lasciarsi condizionare, consigliereste ai giovani artisti di ripercorrere la strada da voi intrapresa, in sostanza, riconoscete di  aver fatto degli errori in questi lunghi anni di attività o non avete niente di cui recriminare?

Molti ci stimano per la …Coerenza ! Ma dico sempre che la coerenza per me non è altro che una roba da funamboli non e’ altro che la capacità di stare in equilibrio sulla fune ,a volte anche ad altezze elevate e quindi pericolose. Ecco , noi ci siamo riusciti , abbiamo imparato ad essere dei bravi funamboli. L’unico consiglio che mi permetto di dare ai più giovani e’ soltanto quello di saper “ Pungere e Volteggiare “ quindi di agire in base alle circostanze imparando a saper pungere e volteggiare in base al tempo e al luogo. Pungere e Volteggiare, come faceva Mohammed Ali’, il più grande combattente di tutti i tempi . Quanto a noi ci siamo permessi molti sbagli nella vita , ma se non l’avessimo fatti non avremmo imparato ed lo abbiamo imparato sulla nostra pelle. Questo pareggia il conto. Per il resto non penso proprio che esista qualcuno in questo “ ambiente “ che si puo’ permettere di scagliare verso di noi , la prima pietra. Quello che mi permetto di aggiungere è che noi siamo stati sempre molto “ fortunati “ nel senso che eravamo e siamo ancora molto ricchi di cultura quindi di buone relazioni, soprattutto umane. Questo ci ha permesso di poter sempre scegliere e assumerci quindi le responsabilità derivanti dalle scelte. Molti , soprattutto oggi ,questo non se lo possono permettere perchè sono molto più “poveri “ di noi. Ma le colpe vere di questa povertà sono altrove, sono di coloro che avrebbero dovuto farsi carico di tale situazione e creare quelle circostanze perchè i gruppi avessero potuto  scegliere. E qui la colpa è di tutto l’universo della sinistra, dall’Arci ai tanti centri sociali, ripeto tutti, quelli che in tutti questi anni non hanno saputo costruire un circuito, un territorio comune e libero, dove attrarre le migliori energie. Prendersela con i gruppi e le band, soprattutto singolarmente, e’ solamente una vigliaccata utile a perpetrare lo sfascio in atto, la fine della rivolta dello “stile” in Italia. Ma questo è un discorso lunghissimo che merita un’intervista a parte se vogliamo essere chiari e precisi.

JANKADJSTRUMMER