Appena 48 anni fa la gente a Napoli scendeva in corteo perchè voleva il Vaccino….

Un tempo a Napoli si protestava per avere il vaccino, non per rifiutarlo

Il Vibro Cholerae; un batterio che non viveva liberamente nell’ambiente e non aveva serbatoi naturali oltre l’uomo, arrivò in occidente grazie ai piroscafi e ai movimenti su vasta scala di persone e che stava “nascosto” negli intestini dei marinai e dei passeggeri, nella lro biancheria da letto e nei loro rifiuti. Ebbene, i primi casi di “Colera” scoppiarono tra le strutture portuali, specie nella stagione calda. Le prime vittime erano i consumatori di molluschi crudi pescati nei pressi di scarichi fognari, lavandaie che lavavano gli indumenti del personale di bordo, e gestori di pensioni e ristoranti nelle vicinanze del porto. In casi meno fortunati, le precarie condizioni igieniche potevano innescare contagi a catena. Quartieri squallidi e affollati offrivano l’ambiente ideale. Napoli rappresentò l’esempio, anche perchè il grande porto italiano era la città europea più spesso e più duramente colpita dai bengalesi. Nell’ anno 1880 Napoli doveva mettere in atto una riforma sanitaria, e nel 1884 stava per sperimentare la più famosa delle Otto epidemie di Colera, da cui venne devastata nel corso del 19° secolo. La città bassa di Napoli era la più colpita e tristemente nota per il suo alto indice di povertà oltre alla malsana condizione di vita: Mercato, Pendino, Porto e Vicaria. Nel 1837 il tasso di mortalità  ogni 1000 abitanti  fu dell’8% in tutta Napoli. Ho detto 1837, che è stato l’anno che il grande poeta Giacomo Leopardi a Torre del Greco, morì per scompenso cardiaco ed edema polmonare, quali conseguenze del Colera. Praticamente, il Colera era diverso da malattie come la Tubercolosi, la Sifilide, l?influenza e la Peste che interessavano tutti i ceti sociali. Il Colera, veniva trasmesso per  per via Oro-fecale, e proprio per questo venne definito la “malattia sociale” con forte tendenza sui poveri in ambienti caratterizzati da edilizia scadente, erogazione idrica discontinua, malnutrizione, sporcizia e incuria.

Bene, per accorciare una storia ricca, ma lunga, passo al 1973; quindi, appena qualche anno fa; il 24 Agosto che una recrudescenza di Colera colpì ancora l’Italia e al contrario di quanto abbiamo vissuto  per il Coronavirus,  in quell’anno, ( 1973 ) l’epicentro fu al sud Italia; esattamente Napoli. L’inizio fu nell’estate del 1973 giorno 24 Agosto, nella cittadina campana di Torre del Greco; dove Giacomo Leopardi morì, proprio di Colera. A Torre del Greco vennero registrate due casi di gastroenterite acuta.  Da li a pochi giorni, il famoso Ospedale Cotugno si vide sovraffollato di persone con sintomi riconducibili al Colera. E allora ? Il Colera venne dichiarata malattia molto contagiosa. Ma ciò che incutette più terrore fu la paura della gente. La stampa raccontava che la gente di Napoli si trovò a vivere una drammaticità mai conosciuta prima. Le file per le vaccinazioni che somministravano persino anche i militari americani. La gente portò alla mente il periodo ormai alle spalle del 1943, quando veniva spruzzato il Ddt al fine di impedire l’epidemia da Tifo. Rispetto all’attuale pandemia fu il modo con cui all’epoca si manifestò.  I primi morti diedero intendere che si pensava il Colera come una malattia di sola spettanza del terzo mondo. Invece NO, era presente anche in Italia. Inizialmente venne incolpato l’uso improprio di frutti di mare, pertanto vi fu un sequestro di massa e il divieto di consumare pesce. Il limone, che per certi aspetti potevano fronteggiare gli effetti del colera,raggiunsero prezzi stellari. Un dato molto rilevante emerse: la solidarietà della collettività al fine di superare quella terribile situazione.

Siamo responsabili solo del nostro orticello, o responsabile della salute collettiva come valore?

Positivo al coronavirus ma asintomatico: per quanto tempo si è contagiosi?  - Corriere.it

Fermo restando che una persona affetta da infezione da sars-cov-2 è scontato, ma perchè la persona in perfetta forma deve anch’essa isolarsi ?

La risposta  va da sè, e cioè, che l’asintomatico  può essere un potenziale portatore sano asintomatico del virus, quindi contagiare gli altri pur nella sua totale inconsapevolezza. Non a caso è stato chiesto a tutti, di compiere un vero e proprio salto culturale: passare dal concentrarsi esclusivamente su di sè al concentrarsi sulla collettività.

Auspico, quindi, che questa presa di coscienza non svanisca come la neve al sole, ma che aiuti a comunicare efficacemente l’importanza, ad esempio, di Vaccinarsi contro l’Influenza. E’ una pratica fondamentale per il singolo individuo e per la collettività: più vaccinati ci sono meno l’influenza gira, e meno persone  a rischio, che magari non possono vaccinarsi, saranno contagiate. Inoltre, e perchè no, vale la pena sottolineare che la profilassi aiuta a non ingorgare gli ospedali: perchè rischiare di farsi ricoverare per l’influenza e magari contrarre il Covid-19 in ospedale.Nnon dimentichiamo che molte infezione portano il termine “Nosocomiali”, appunto perchè prese presso la struttura ospedaliera. E tuttavia, numeri alla mano, in Italia in pochissimi si vaccinano contro l’influenza; direi, un modesto 15% di tutta la popolazione  e il 53% degli over 65.

Io, sono convinto che se questi dati fossero stati più alti, i numeri del contagio da Sars-Cov-2 sarebbero stati di meno; ma non ho fra le mani disponibili informazioni che suffragano questa mia…diciamo così, affermazione. In conclusione, vacciniamoci anche per l’Influenza stagionale. E’ possibile anche se assieme al vaccino contro Covid-19….possibilmente distanziati di un paio di settimane.

 

Voci infondate girano su Web: IL Vaccino modifica il nostro DNA.

Il vaccino anti Covid ci cambia il Dna? Smontata la bufala No Vax - ilGiornale.it

Fintanto che, queste voci originano da gente che  non conosce si può anche accettare con un “poveracci loro!”, ma quando escono fuori da professionisti della branca medica….oè, fa davvero male, non solo alla verità scientifica, ma alla vita degli esseri umani in questo drammatico contesto pandemico. E’ una affermazione a dir poco, ASSURDA…e Impossibile. Non è neppure ipotizzabile una simile “bufala”, che ha creato; per fortuna sui pochi, che la persona  a cui viene inoculato il vaccino, fra un tempo medio lungo, si vede il suo DNA modificato. La molecola di mRNA contenuta nel prodotto vaccinale, non viene processata nel NUCLEO DELLA CELLULA ( maiuscolo di proposito ), bensì, nel CITOPLASMA; ovverosia quella parte della cellula che si trova esternamente al Nucleo che è la sede dove sta il nostro DNA. La molecola di mRNA appena subito dopo l’inoculazione viene degradata in toto; eliminata con il sudore o con le urina, insomma, sparisce. E allora, chiederei a costoro, dove vedono questo rischio che va ad integrarsi col genoma della cellula del paziente a cui è  stato somministrato il vaccino ?

questo spaccato di cellula, mostra al centro il nucleo, dove è presente il DNA, ed esternamente il citoplasma con tutti i suoi costituenti, detti organelli che sono delle sostanze funzionanti per la cellula, fatta eccezione del Nucleo.Cellula: definizione, caratteristiche e proprietà

L’anno che ci siamo messi alle spalle- 2020- ci ha fatto conoscere un termine….

Come gestire l'assenza del dipendente per quarantena o per malattia  Covid‐19 - Studio Tributario Bracciali

…Già, “Stare in quarantena”. Ma non è una cosa del nostro tempo, ma di quarantena la stessa Bibbia ne parla, dove il numero 40 ha un suol valore simbolico: come pure il 3 oppure anche il 7.

Ecco, quarantena sta a significare un lunga attesa, sufficiente per vedere le opere di Dio, ma va significata pure come un lunga prova, un  tempo dentro il quale la persona deve assumersi le proprie responsabilità, senza procastinarle ulteriormente.

E quaranta giorni è anche la durata del diluvio universale, come pure  il tempo che Mosè trascorse sul monte Sinai, oppure financo il tempo occorrente alla donna per purificarsi dopo il parto.

Nella accezione corrente la parola “Quarantena origina dal veneziano antico “quarantina”. Letteralmente sta ad indicare un tempo di quaranta giorni, ma in senso figurato, può anche alludere sia a un momento di penitenza; come il digiuno che si infliggeva ai frati, sia a un tempo di isolamento imposto dagli uomini, animali o cose provenienti da aree infette o sospettati tali.

Il fatto che proprio quaranta giorni siano l’unità che è stata scelta come misura profilattica, cioè, cautelare, preventiva, ha certamente un legame col simbolismo biblico: dopo quaranta giorni chi è stato isolato può tornare nel mondo, analogamente il peccatore, finalmente purificato può fare ritorno a Dio.

Ma non solo. La quarantena come la conosciamo, nasce nella Venezia del ‘600. Proprio lì  si cominciò a  capire che il contatto con persone affette da alcune malattie potevano favorire l’insorgenza di altri casi e cominciarono a svilupparsi concetti e procedure che poi si sarebbero  rivelati essenziali per il controllo delle malattie infettive. E’infatti ragionevole supporre che i quaranta giorni siano stati scelti  non per ragioni simboliche, ma perchè i medici avevano notato che quel tempo era sufficiente per considerare relativamente sicura la ripresa di contatti con persone infette o potenzialmente tali.

 

Ebola viene trasmesso anche da uomo a uomo…

Allarme ebola, rapporti sessuali veicolo di contagio anche dopo la  guarigione

Questo è l’altro cinico aspetto di questo virus. Nei rapporti sessuali, come pure con l’allattamento. Questo per dire che, Ebola si trasmette molto facilmente da persona a persona, ma soltanto attraverso il contatto diretto fra un individuo sano e i fluidi corporei di una persona infetta.

Il fatto che i malati siano contagiosi sin dall’inizio, quando i loro sintomi sembrano quelli dell’influenza, aumenta le opportunità di diffusione dell’epidemia, mentre la persona continua a sottovalutare il  pericolo e a spostarsi anzichè mettersi a letto. Inoltre, la via di trasmissione sessuale e quella tra la mamma a figlio attraverso l’allattamento al seno, sono possibili anche per mesi dopo la guarigione. Proprio da queste modalità di contagio, l’epidemia del 2013-2016  trovò terreno fertile.

I pazienti allettati in casa rappresentavano un pericolo letale per familiari, amici e chiunque entrasse per prendersi cura di loro o entrare nella stanza  contaminata. Per tale motivo Ebola iniziò a diffondersi  non a distanza ma attraverso stretti contatti tra tutti coloro che si avvicinavano al malato o condividevano gli  spazi domestici.

Le stesse considerazioni resero i funerali e le sepolture un secondo importante sito di trasmissione nel corso di tutta l’epidemia  di quegli anni 2013-2016. Calcolate che gli stessi operai addetti alla sepoltura correvano notevole rischio di sviluppare la malattia, perchè subito dopo la morte, il cadavere sprigiona una elevata carica virale.

Quindi….cos’è Ebola ?

Ebola, ecco come uccide. Scoperto il meccanismo che annienta le difese - Il Fatto Quotidiano

Ecco, ve lo presento. Appartiene alla famiglia dei “Filovirus”. Il termine è appropriato a motivo della sua forma stretta e lunga, che quasi somiglia a uno spaghetto. L’Africa Subsahariana è la zona  in cui sono più diffusi. Ebola può fare affidamento su diversi ospiti-serbatoio. Fra questo i più noti e importanti sono alcune specie di pipistrelli frugivori, che, appunto, si nutrono dei frutti e di altre piante. I pipistrelli sono gli unici ospiti asintomatici del virus. Altre specie animali, come lo scimpanzè, il gorilla, manifestano sintomi di vario tipo. L’ospite che paga dazio molto caro, è l’uomo a cui provoca una malattia molto grave e mortale, che va dal 25 al 90% a seconda della tipologia di virus.

Si conoscono diversi tipologie di febbri emorragiche causate da virus molto diversi fra di loro. Uno di questi appartiene a una famiglia che abbiamo già incontrato; gli “Hantavirus”. Del virus Ebola invece esistono ben sei generi: Ebola virus, Sudan Virus Ebola, Bombali Virus, Ebola Reston Virus, Tai Forest virus, Bundibugyo ebolavirus. Di questi, solo alcuni infettano l’uomo. Ad esempio, “l’Ebola Reston” che è un Virus orinato nelle Filippine circa 20 anni fa, procurava sintomatologie febbrili emorragiche ma solo verso i suini.

A volere differenziarlo dai virus dell’Influenza e del Coronavirus, Ebola non si trasmette per via aerea, ma solo con il  contatto diretto con secrezioni ed escrezioni, come sangue, escrementi e altri fluidi corporei. Questo lo rende, fortunatamente meno contagioso. Tuttavia, nuovi focolai di Ebola si verificano ciclicamente, soprattutto  nei paesi poveri che non sempre hanno risorse adeguate per affrontarli e bloccarne la diffusione.

Nel 2014, però, si sono verificati  alcuni casi anche negli Stati Uniti, tutti originati da un solo paziente; il cosiddetto “Paziente Zero”.

Interessò 11 persone, tra cui alcuni reduci da viaggi in  Africa. In questo caso, però, grazie ai mezzi più potenti a disposizione, il Virus,è stato fermato subito.

Un racconto vero, che porta all’origine del Virus dell’Ebola…

I POPOLI DELLE FORESTE TROPICALI | TERRARIA

Abbiamo conosciuto  molti virus, e anche l’Ebola similmente ad altri virus, proviene da una foresta, ed esattamente quella Guinea, e che è il risultato di una zoonosi; cioè a dire, malattie che  si trasmettono dagli animali all’uomo; ancora più chiaro, il salto di specie da un animale all’uomo, per dirla in termini scientifici.

Alla luce di tante testimonianze raccolte, si è riusciti a fare una ricostruzione circa la dinamica avvenuta circa il passaggio di questo virus all’uomo. La storia ci racconta di un bambino, che io, per ragioni etiche, e di praticità, ne modifico il nome.  Comunque sia, i fatti sono avvenuti più o meno nel seguente modo. N’golo era un bimbo di circa sei-sette anni, figlio di un  bracciante raccoglitore di frutti delle palme nella foresta. N’golo viveva con la sua famiglia in una capanna di fango e paglia, in un villaggio di poche anime. In questa capanna c’erano due giacigli; uno per il papà e la mamma e uno per i cinque figli che dormivano assieme. Nella capanna, oltre a una pentola, una cesta con dentro vestiti per la famiglia.

L’acqua per lavarsi andavano a prenderla al fiume vicino; acqua che utilizzava la mamma anche per cucinare. Nessuno dei figli frequentava una scuola. Il fratello maggiore, di tanto in tanto accompagnava il papà a lavoro.

N’golo, trascorreva le sue giornate in compagnia dei fratelli a giocare, e quando capitava a fare qualche lavoretto che serviva alla mamma: andava al fiume a prendere l’acqua, come pure a raccogliere radici e frutti che crescevano nelle vicinanze del villaggio.

Venne un giorno in cui papà rientrò a casa con una bella notizia. Presto avrebbero avuto una casa vera.

Alcune aziende avevano creato grandi piantagioni. Avevano disboscato la foresta, e vi piantarono tante migliaia  di palme in fila, per ettari e ettari. Insomma, non ci fu più necessità di andare alla foresta a raccogliere frutti.

Nella piantagione nuova, il papà di N’golo poteva raccogliere molti più frutti e in poco tempo, oltre a guadagnare di più.

Partirono la mattina presto, la mamma portava la cesta coi vestiti, la pentola e l’acqua per il viaggio. Il papà portava sulle sue spalle la sorellina più piccola.

Dopo qualche ora  giunsero al nuovo villaggio. Era diverso da quello di prima; più grande e le case erano costruite con lamiere.

Ebbene, entrarono nella loro nuova casa, che era stata assegnata. Dentro faceva molto caldo. Fuori, un nutrito gruppo di altri bambini che giocavano intorno a un rigagnolo pieno di insetti. La mamma mandò N’golo a vedere  se c’era qualcosa per loro. N’golo rovistò in mezzo a quegli indumenti caldi e maleodoranti, e trovò una maglietta gialla per lui e un vestitino rosa, con un buco sulla spalla, per la sorellina più piccola.

La mattina dopo, N’golo si svegliò presto. si affacciò sulla strada sterrata e vide uomini che andavano a lavorare, uno dietro l’altro, e ognuno con la propria cesta e il coltello.

La sera, a tavola per la cena, il papà raccontava che adesso il suo lavoro era molto più semplice. Le palme crescevano  tutte in fila, e ben orinate. Erbacce non ce n’erano e neppure piante spinose sul sentiero. Persino predatori o animai selvatici non ce n’erano. Il papà era molto contento ma anche un po’ perplesso perchè le palme erano piene di pipistrelli che dormivano  appesi a testa in giù. Un suo amico gli aveva detto che i pipistrelli erano fuggiti dalla foresta e si erano trasferiti nel palmeto. Lì, si sentivano più al sicuro dai predatori e il cibo lo trovavano più facilmente.

Al papà diN’golo piacevano molto i pipistrelli arrostiti e sua moglie li cucinava allo spiedo con le banane verdi. Sulle palme, di pipistrelli ce n’erano a volontà. Erano così numerosi e scuri che quasi oscuravano i raggi del sole.

Una sera, prima di tornare a casa, il papà diN’golo  ne afferrò tre e li chiuse in una cesta insieme  all’ultimo raccolto di quella giornata…./

A DOPO IL SEGUITO

 

Due passi assieme alla “Famiglia dei Coronavirus”…

Viaggio al centro del virus: com'è fatto SARS-CoV-2 Università Vita-Salute San Raffaele

Forse lo conosciamo per la sola SARS-COV-2, ma è una famiglia abbastanza ampia di Virus. Il nome origina dal fatto che presentano delle punte sulla superficie, che portano alla mente la forma di una “corona”.

Sono Virus a RNA, che colpiscono sia mammiferi sia uccelli con effetti molto diversi.

Fino alla comparsa di SARS-COV-2; cioè il nuovo coronavirus, questi virus colpivano l’uomo in particolare ma con forme lievi alle vie respiratorie, similmente ai comuni raffreddori.

Nella specie animale, i coronavirus hanno effetti molto diversi. Ad esempio, nei volatili provocano bronchiti, mentre in altri mammiferi, come i bovini e i suini, provocano  malattie gastrointestinali. I topi sono anche bersagli preferiti, ma in questi animali gli effetti sono più pesanti. Calcolate che al topo causa forme di encefalite, epatite, malattie del  cervello e del fegato.

In ultima analisi, i coronavirus circolano molto tra gli animali e in più di un’occasione si sono dimostrati capaci di effettuare il “Salto di specie”.

Ricorderete nel 2003, ad esempio, da un altro salto di specie di un coronavirus venne fuori il virus SARS, molto letale che ha provocato una grave emergenza sanitaria, ma che fu risolta fortunatamente prima che potesse trasformarsi  in una Pandemia. Poi, nel 2012, la MERS, identificata. Un’altra infezione da Coronavirus che origina dai pipistrelli. Prima di arrivare all’uomo, però, il virus della MERS è passato attraverso due “ospiti-serbatoio”- I Dromedari e i Cammelli.

Nel precedente articolo accennai le origini del Morbillo.

Guerra del Peloponneso (Tucidide) - Wikipedia

Muhammad ibn Zakariya al-Razi - Hektoen International

La foto sotto rappresenta il medico persiano:”muhammad ibn zakariya ” a cui va la paternità della scoperta del Morbillo.

…Infatti, come ho concluso il precedente, la misteriosa malattia venne chiamata :” Peste di Atene”. A  “battezzarla” con questo nome è stato lo storico  greco di quel tempo, Tucidide che invase Atene nel V° secolo a.c.

Ebbene, sin da quel momento si succedettero epidemie cicliche che mietette diverse migliaia di vite umane. Il Morbillo, tuttavia, non venne riconosciuto subito. I medici del tempo lo scambiarono con altre malattie infettive che  presentavano gli stessi sintomi, come la scarlattina, la varicella e  anche il vaiolo. Fu  un medico persiano del X° secolo, certo Abu Bakr Muhammad, che avendo accuratamente studiata la malattia fornì precise descrizioni.

In epoca medievale si assistè  a un aumento demografico in diverse città già esistenti. Questo, favorì molto il Morbillo a continuare a prosperare sia in Europa sia nel Nord Africa e quando i primi esploratori si avventurarono nel continente americano, il Virus ebbe vita agevole e fertile. La città di Cuba, nel 1529  vide la sua popolazione  notevolmente decimata a causa del Morbillo. La stessa cosa accadde in Honduras che vide metà della sua popolazione scomparsa divorata dal Morbillo.

La domanda che sorge spontanea è:”Ma perchè questo flagello ?” A quel tempo, le condizioni sanitarie come anche le conoscenze mediche erano molto deficitarie, quindi, qualsiasi malattia procurava effetti devastanti.

Ma c’era anche un’altra ragione molto importante, e cioè, che il sistema Immunitario di quelle popolazioni  erano come un fortino privo di “sentinelle”, quindi, indifeso. Questo permetteva al virus di circolare indisturbato proprio perchè, nessuna persona si era incontrata con questo virus. Di contro, chi usciva vivo dall’infezione, maturava anticorpi che lo rendevano Immune e difficilmente contraeva per la seconda volta la malattia perchè nel suo percorso, incontrava molti “Ostacoli” che gli rendevano la “vita” assai difficile; anzi impossibile e pochissime probabilità di arrivare alle persone più fragili.

Una terribile Peste, quella “Bovina”, ma è stata debellata per sempre

AgroAvances .:. La erradicación no pone fin a la lucha contra la peste bovina

La peste bovina è originata sicuramente  un migliaio di anni fa. La causa era un certo virus appartenente alla famiglia dei “Morbillivirus”. Il  bersaglio principale erano i bovini ai quali dava forti sofferenze con mortalità molto elevata.

L’animale infettato, manifestava forte malessere con febbre molto alta, diarrea, ulcere e molto spesso morivano a qualche settimana dalla comparsa dei primi sintomi.

Il Morbillivirus era un Virus talmente mortale  che era capace di decimare intere mandrie nel giro di qualche settimana.

Calcolate che a quei tempi l’economia era basata soltanto sul bestiame, il che rende facile comprendere come questa “peste bovina” condizionò in modo assai pesante l’intera storia dell’umanità.

Una malattia che colpiva gli animali, ma che provocò  tante conseguenze come carestie, migrazioni e povertà.

Si calcola, in quel tempo, che non vi fu angolo del pianeta ad essere risparmiato. La storia ci dice, che questa peste si estese dalle coste africane sull’oceano Atlantico all’arcipelago filippino e dalla Scandinavia al Capo di Buona Speranza; cioè, quella punta più a sud dell’Africa. Alcuni focolai si formarono anche nel continente australiano e nel Brasile.

La sola arma capace di debellarla è stato il Vaccino, o meglio dire, una serie di Vaccini, che i ricercatori del tempo andavano mano mano perfezionando e che diffusero, al fine di circoscrivere la malattia in territori sempre più piccoli. Recenti informazioni, dicono che l’ultimo focolaio  risale all’anno 2001 in Kenya.

Dopo nove anni di silenzio, la FAO( organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione ), che dichiarò la definitiva eradicazione del virus, quindi la scomparsa della peste bovina.

Questa modesta storia, che ci ricorda un traguardo storico raggiunto dalla scienza, viene oggi testimoniato dall’obelisco  celebrativo di Alessandro Romano, e venne denominato “Eradicazione della peste bovina”, che si erge davanti il ministero della salute a Roma.

Ma…..i suoi effetti non si sono esauriti perchè ha lasciato  il suo “erede”, cioè, un altro virus non meno pericoloso e insidioso….

 Buona lettura, anche se  per i pochi