Creato da fiumecheva il 06/05/2005

Fiumecheva

E continuo a camminare

 

Messaggi di Settembre 2015

"Lo specchio"

Post n°1132 pubblicato il 22 Settembre 2015 da fiumecheva
 

13.

Sua figlia è la sua gioia. Quante volte aveva sentito in qualche film la frase: ”Sei la luce dei miei occhi!” Fino al giorno della nascita di sua figlia non ne aveva capito appieno il significato.
La sua nascita non era stata per niente programmata, era fidanzata da poco con l’uomo che poi sarebbe diventato suo marito, ma al solo sospetto di essere inattesa di un figlio la rese felice.
I fratelli, successivamente, furono, per così dire, programmati, l’esperienza fatta con lei le fecero desiderare di farla ancora e ancora, nonostante le gravidanze difficili e sempre un po’ a rischio
 Amare i propri figli nel momento stesso che nella sua mente si formava solo l’idea a lei era capitato ogni volta.
A volte pensava che i suoi figli fossero più vecchi di quello che in realtàerano. ”Per forza sono così bravi e assennati, il partorirli è stata solo unaformalità, loro esistevano già da moltissimo tempo!”
Per i medici avrebbe dovuto fermarsi a lei, infatti la sua seconda gravidanza non andò come doveva. Fu un brutto periodo e a volte, anche ora, guardando la sua bellissima primogenita, il pensiero si sofferma su quella bimba che non è mai nata, ma che nel suo cuore esiste e sempre esisterà, ora lo fa con meno dolore,è come se quella bimba vivesse in un mondo parallelo.
Ecco, di nuovo si era persa nel suo mondo,
Sua figlia, come dice la canzone: “La prima cosa bella…….”, le stava raccontando le sue avventure e disavventure, da qualche anno viveva col suo compagno, ma spesso passava da casa per raccontarle tutto quello che le capitava.
Lei si diverte un mondo ad ascoltarla, fin da piccola ha avuto quella bellissima capacità di raccontare le cose in modo ironico e buffo, anche le cose che avrebbero potuto sembrare tragiche, è sempre riuscita a stemperarle.
Anche quel giorno era così, sua figlia raccontava la sua giornata e lei, mentre potava e ascoltava, ogni tanto doveva interrompere il suo lavoro per il troppo ridere.

 
 
 

"Lo specchio"

Post n°1131 pubblicato il 15 Settembre 2015 da fiumecheva
 

12.

Le apparve il volto di sua madre.
Sua madre una donna difficile. Una persona con tante malattie reali e non,sempre in lotta contro tutto e tutti, anche contro se stessa.
In lotta contro quel corpo che non sentiva suo e del quale dava la colpa alle gravidanze.
E poi gli sbalzi d’umore e quel suo continuo voler essere al centro dell’attenzione e il suo essere vendicativa.
I suoi fratelli  e lei spesso camminavano in punta di piedi, o meglio come su una corda tesa.
Non si poteva mostrale di essere troppo felici perché lei felice non era e nonsi poteva essere troppo tristi perché nessuno lo era più di lei.
In perfetto equilibrio tra l’essere e non essere felici.
“Mamma!” di nuovo sussurrò tra se e se.
Stupita si toccò la guancia e il riflesso sullo specchio fece la stessa cosa.Lasciò cadere la mano lentamente e le dita impolverate scivolando sulla guancia lasciarono tracce scure.
Mamma era ancora un dolore lancinante al cuore.
“Mamma!” si ripeté.

“Mamma? Sei nel capanno?”
Si riprese dalla sorpresa e sorridendo uscì dal capanno. Sua figlia che l’aspettava fuori
le chiese: “Che cosa ti sei inventata oggi?”  e poi guardandola si mise a ridere. “Ma guardati hai il viso sporco come una bambina!”
Lei rientrò un attimo di nuovo nel capanno e prese delle forbici e una sega,uscendo guardò di sbieco di nuovo lo specchio, lei non c’era più.
“Oggi si pota!”
E ridendo si pulì la guancia impolverata con il bordo della maglietta che indossa
va
.

 
 
 

"Lo specchio"

Post n°1130 pubblicato il 10 Settembre 2015 da fiumecheva
 

11.
Dietro la cuccia di Merlino ha piantato un tamerice, ora coi suoi rami la ricopre quasi completamente.
Le piace questo albero, l'inverno, completamente spoglio, è il rifugio per i pettirossi, poi a primavera si ricopre di una miriade di fiorellini rosa e diventa dall'aspetto soffice e vaporoso, e poi di nuovo cambia e piano piano diventa completamente verde.
Qualche ramo, quel giorno decise, andava potato.
Si diresse verso il capanno degli attrezzi e ne aprì la porta cigolante e mal messa, l’odore di umidità e aria stantia le riempì le narici, il capanno era più vecchio di lei e i muri in alcuni punti avevano l’intonaco staccato, che lasciava in mostra le antiche pietre. Amava quelle pietre! 
Anche le pareti esterne avevano subito l’azione del tempo che passava e in una in particolare si era formata una grossa crepa, attraverso la quale, avvicinandosi, si poteva vedere l’interno.
Una crepa che come una ruga racconta una storia, di tempi passati, di vita vissuta, ma che accende la anche la fantasia.
Si era persa molte volte ad osservare quella crepa che per lei era diventa un po’ come una porta segreta verso altri mondi lontani.

Dentro il capanno il caos regnava sovrano, mucchi di cassette per la frutta, vasi e sottovasi usati, sedie vecchie, attrezzi da giardino, una carriola appoggiata a una parete e poi un armadio smontato e appoggiato in un angolo.
Una delle ante del vecchio armadio aveva uno specchio, entrando vide in controluce la sua sagoma che si rifletteva, accese la luce con l’antichissimo interruttore a leva. La corrente passava ancora attraverso una piattina semplicemente inchiodata al muro fino al centro del soffitto, con travi di legno, per finire in un portalampada con la lampadina a incandescenza.
Si avvicinò allo specchio polveroso e macchiato in più punti, dove l’umidità gli aveva tolto il potere di riflettere, la lampadina, a penzoloni al centro del soffitto, oscillava per la corrente d’aria che si era creata all’apertura della porta. Con quella luce un po’ a intermittenza, stranamente incuriosita, con la mano tolse lo strato di polvere all’altezza del suo viso e….

 
 
 

"Lo specchio"

Post n°1129 pubblicato il 09 Settembre 2015 da fiumecheva
 

10.
Si rimise in piedi non senza difficoltà e questo le ricordò che doveva assolutamente riscriversi in palestra.
Di fianco al laghetto c’è una vecchia cuccia artigianale in legno, che era lì da prima che lei decidesse di scavare il laghetto. Un tempo il giardino era il regno di Merlino, il cane col sorriso, come spesso amava chiamarlo.

Merlino era un meticcio, incrocio fra una femmina di un pastore tedesco e di un maschio pastore belga. Quando appoggiava le sue zampone anteriori sulle sue spalle era più alto di lei, non ci volesse molto ad esser più alti di lei.
Lei lo aveva visto nascere insieme ai suoi fratelli e quando tutti iniziarono a camminare ed ad allontanarsi un po’ dalla madre, Merlino era quello che le veniva più spesso incontro. Lui l’aveva scelta.
Quando era cucciolo gli aveva insegnato tre semplici esercizi: a camminare al passo di fianco a lei, a sedersi al suo comando e a porgerle la zampa. C'era un gioco che amavano molto fare: correre. Facevano a chi arrivava primo, ma naturalmente vinceva sempre lui e ne sembrava molto felice. Allora a volte, però, lei lo imbrogliava un po', si metteva pari lui pronta a partire, poi faceva una finta e correva nella direzione opposta, lui che era partito come un fulmine, a metà strada, accorgendosi che non lo seguiva, si fermava, lei rideva e lui la guardava tra il perplesso e il deluso, poi ripartiva a razzo inseguendola e superandola. Col tempo aveva imparato il trucco e così ad ogni partenza pure lui faceva le finte: un po' a destra, un po' a sinistra e poi di nuovo a destra... e diventava un gioco infinito. E ridevano, ridevano a crepapelle, si, pure lui, il cane col sorriso.
Quando era triste e nervosa lei usciva di casa per sbollirsi e si sedeva nel prato, che ora è il suo giardino magico, e con la schiena si appoggiava al muro.
Merlino si avvicinava e lui, che al solito era così esuberante e giocherellone da risultare quasi fastidioso, in quei momenti si metteva seduto accanto a lei e guardava nella sua stessa direzione, tante volte lei si è chiesta se capisse veramente cosa stava guardando, ma il fatto è che se ne stava lì a respirare appena. 
Aveva occhi vispi e intelligenti e, come di solito si dice, gli mancava solo la parola, ma in quei momenti, ne era certa, se anche avesse potuto parlare, non l'avrebbe fatto. Se ne stava lì e aspettava.
Quando, poi, a lei era passata un po' la tristezza, si girava e allungando la mano lo accarezzava. E ogni volta lei capiva cosa vuol dire: esserci. 
Che l'amore dev'essere così: guardare nella stessa direzione.
Purtroppo morì avvelenato da un maledetto ignoto e quando lei se ne accorse, ormai il veterinario non poteva farci più nulla. Lo vegliò tutta la notte e verso mattino sembrava stare meglio, si era alzato in piedi scodinzolò e le regalò uno dei suoi sorrisi. L’ultimo sorriso.
Si, la sua cuccia è ancora lì, in giardino, non ha voluto che la portassero via. Di fianco ci ha scavato il laghetto e di fronte ci ha messo una panchina, quando si siede lì, a riflettere guardando i pesci nuotare, a volte le sembra di sentire ancora il suo respiro.

"E me ne sto qui
Seduto accanto a te
Guardo dove tu guardi
Respiro piano per non disturbare
Non ti tocco
Non asciugo le tue lacrime
Questo tu non lo vuoi.
Aspetto
Che ti giri verso di me
Che tu veda
Che ti sono accanto
Che tu capisca 
Che ci sono sempre stato
Che ti basta allungare la mano
Per toccarmi 
e che non sei sola."


 
 
 

"Lo specchio"

Post n°1128 pubblicato il 08 Settembre 2015 da fiumecheva
 

9.
Pranzarono tranquillamente parlando del più e del meno.
Rassettata la cucina decise di occuparsi un po’ del giardino.
Era una bellissima giornata, il sole era più brillante che mai anche se l’aria piuttosto fresca.
Si, si sentiva fortunata, viveva in un piccolo angolo di paradiso, ma i posti più belli erano in un luogo segreto nel suo cuore e in quel suo giardino disordinato e selvatico.
Rimboccò l'acqua al laghetto, l'acqua era cristallina, i pesci rossi ,Moby Dick e Corsaro Rosso, nuotavano quasi in superficie, i piccoli restavano un po' più nel fondo, forse avevano freddo. Non aveva ancora tolto la panchina e neppure ricoverato i mobili da giardino che aveva nella veranda, l'estate era finita da un pezzo eppure guardando il giardino con quel bel sole, il tempo sembrava essersi fermato...
Forse aspettava lei, che da un po' non se ne curava.
Forse voleva ricordarle cose che aveva lasciato, e chi e quali erano i suoi sogni.
Sdraiata tra l'erba alta col sole che la scaldava, l'odore di terra asciutta e un vento tiepido che leggermente piegava la cima dei pioppi e fa frusciare le foglie.
Chiuse gli occhi ed eccolo lì il fiume che scorre, tranquillo.
Fruscio di foglie, sciacquio dell'acqua che scorre e il calore del sole sul viso.
Ora era tutto perfetto e poteva allungare una mano e trovare le loro mani ad accoglierla, loro che in silenzio le restano sempre accanto.
Sospirò.
E aprì gli occhi per sognare più in là, perché in fondo anche la realtà non era poi così male....

 
 
 

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