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...Madame Michel ha l'eleganza del riccio: fuori è protetta da aculei, una vera e propria fortezza, ma ho il sospetto che dentro sia semplice e raffinata come i ricci, animaletti fintamente indolenti, risolutamente solitari e terribilmente eleganti...

 

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LE ARANCE DI LAURA

Post n°158 pubblicato il 06 Febbraio 2009 da Crepuscolando
 

questo blog partecipa al gioco letterario ‘incipit’ promosso da Writer http://blog.libero.it/AltreLatitudini/", PERO' E' FUORI CONCORSO PER NON AVER RISPETTATO LE REGOLE, quindi, caso mai a qualcuno venisse voglia, astenetevi dal votarlo, grazie!  (in pratica, potete pure astenervi dalla lettura...).

Era una magnifica giornata, tiepida e  trasparente. Le montagne formavano un semicerchio di vette innevate  e sembravano così vicine da poterle toccare allungando un braccio. Le otto del mattino. Pareva impossibile che avesse potuto rovinarsi in quel modo  la sera primaI ricordi si affacciarono pian piano alla mente della piccola Laura, mentre si stropicciava gli occhi, seduta nel mezzo del suo lettino, con la trapunta pesante di raso rosa che amava tanto. Dalla finestra di fronte a lei il consueto panorama che la accoglieva ogni mattina nei suoi soggiorni a casa della nonna, in quel paesino di montagna: quelle cime tondeggianti e innevate che le dicevano buongiorno ed il sole che cominciava ad innalzarsi. Di solito sarebbe saltata giù dal letto rabbrividendo e, indossata la vestaglietta di lana, cucita per lei dalla zia, sarebbe volata di sotto, giù per le scale a chiocciola, inseguendo il profumo della cioccolata calda che sapeva preparata appositamente per lei… Ma quella mattina qualcosa la frenava, il ricordo di qualcosa di diverso avvenuto la sera prima…

Amava rifugiarsi a casa della nonna e della sua adorata zia di cui portava il nome e che non si era mai sposata, una vita dedicata ai genitori prima ed ai nipoti poi. Amava quel paesino che tutti detestavano per la sua monotonia: lei ci sguazzava in quel silenzio che contrapponeva al caos di casa sua, dove erano in troppi in troppo poco spazio; adorava  le montagne alte che lo circondavano, il freddo pungente d’inverno che le pizzicava le guance nelle sue lunghe passeggiate per i  vicoletti che si inerpicavano, e il fresco d’estate, quando la zia la coccolava con  lussi esagerati fatti di granite al limone e coni al cioccolato… Si divertiva da matti a vendere nella piccola tabaccheria della zia, dove c’era un po’ di tutto,  imparando i prezzi e a dare il resto in modo giusto. Si sentiva una piccola principessa con i vestitini confezionati apposta per lei con gli avanzi di stoffa e soprattutto aveva ore e ore di tempo per leggere nei posti più belli del mondo: i in cima alla mansarda, ad un dito dalle vette; vicino al focolare scoppiettante d’inverno, nel piccolo orticello d’estate…

L’orticello!... Ecco il ricordo della sera prima prendere corpo, nitido il motivo che questa mattina l’aveva fatta svegliare con l’ansia! Eppure lei non voleva, non sapeva… La mattina precedente la nonna le aveva chiesto di andare a raccogliere le uova nel pollaio e lei ci era andata di corsa col suo cestino sotto il braccio: la cosa la divertiva molto, amava scoprire ogni volta dove le galline le avevano deposte, era un po’ una caccia al tesoro; amava il contatto delle uova ancora calde nella mano e più ne raccoglieva, più si sentiva contenta! Quella mattina tiepida e di sole, aprendo il cancelletto dell’orticello, la colpì in modo particolare lo spettacolo dell’arancio che si innalzava proprio sopra il pollaio: era talmente carico di frutti che la sua chioma era una macchia arancione fortissima che splendeva in mezzo al bianco della neve tutt’intorno e i rami si piegavano quasi sotto il loro peso… Fu così che ebbe l’idea, pensò che in quel modo avrebbe potuto ringraziare la nonna e la zia per tutto l’amore che le riservavano e per tutti i bei momenti che le facevano vivere. Con le  piccole forze del suo gracile corpo, riuscì a spostare l’altissima scala che il nonno aveva costruito con vecchi rami solidi e l’appoggiò al grande albero. S’inerpicò tra i rami e cominciò a raccogliere tutti i frutti: le arance erano belle e grosse e pareva non aspettassero che la sua manina che le staccasse dai rami. Laura raccoglieva e lanciava giù, raccoglieva e lanciava, mentre le galline starnazzavano furiosamente e scappavano dappertutto, terrorizzate da quell’inatteso bombardamento mattutino. Ci volle un bel po’ perché le raccogliesse tutte, ma alla fine ce la fece! Quando scese dalla scala, era proprio soddisfatta: l’albero era bello pulito e a terra, tra la neve, adesso c’era un magnifico tappeto arancione che era una gioia per gli occhi. Rimise la scala al suo posto, prese il suo panierino pieno di uova e tornò a casa, decidendo di non dire nulla per non guastare la sorpresa: aveva trovato davvero un bel modo per rendersi utile e non vedeva l’ora di ricevere i complimenti e le lodi per la sua faticaccia...

Il ricordo di cosa era poi successo le giunse nella pancia come un pugno: mentre stava leggendo su in soffitta aveva sentito le voci concitate del nonno prima, della nonna poi ed infine della zia: ripetevano il suo nome, per cui scese a vedere cosa fosse successo e per la prima volta in vita sua si ritrovò i loro sei occhi puntati contro, accusatori. Le ci volle un po’ per comprendere che non avevano gradito la sorpresa, anzi… Ascoltò i loro rimproveri in silenzio, mentre grossi lacrimoni le rotolavano sulle guance, non provò nemmeno a dire che pensava di aver fatto una cosa buona, li lasciò pensare che lo avesse fatto per puro divertimento. Quando le intimarono di andare a letto senza cena, loro che di solito la imploravano per farla mangiare un po’ di più, corse via nella sua stanzetta, pensando che era finita, che aveva rovinato tutto, che non le avrebbero mai voluto più bene, che i suoi meravigliosi soggiorni in quel posto unico non sarebbero più esistiti per lei… Si addormentò tra le lenzuola ghiacciate, singhiozzando disperatamente, consolata solo dalla luna alta che faceva risplendere le sue amate cime al di là della finestra…

Ecco cosa era successo la sera prima, ecco perché si sentiva la testa dolere e gli occhi gonfi… E adesso? Cosa doveva fare? Cercare di spiegare? Ma loro non le volevano più bene, l’aveva letto nei loro occhi, lo sapeva che era finita. Avrebbe dovuto chiamare la mamma, se già non lo avevano fatto loro, chiederle di venirla a prendere, avrebbe dovuto… Ma mentre si interrogava così, seduta nel mezzo del suo lettino, sentì il naso pizzicarle per un forte odore di cioccolata calda: la porta si aprì ed eccoli lì tutti e tre. La nonna con i suoi lunghi capelli  bianchi non trattenuti dalle solite forcine, con una bella tazza fumante di cioccolato, la zia con la sua lunga camicia da notte di flanella a fiorellini ed in mano i suoi biscotti preferiti, ed il nonno con il suo cappello, già pronto ad uscire per la sua passeggiata mattutina. Non dissero niente, solo l’abbracciarono forte e la lasciarono piangere tra le loro braccia, che sapevano di montagna, di buono, di focolare, ma soprattutto di tanto amore…

 

 

 

 
 
 
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INFO


Un blog di: Crepuscolando
Data di creazione: 19/04/2007
 

immagine"Ma se io avessi

previsto tutto questo

dati causa e pretesto

e le attuali conclusioni..."

...No, non avrei fatto

lo stesso...immagine

 
 

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