LA FATA DELL'AUTUNNO
BENVENUTI
UN BAMBINO E LA FATA
Ogni volta che un bambino smette di credere alle Fate, una Fata muore…
~• James Matthew Barrie •~
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Il mio grazie sincero va a tutti coloro che si adoperano con la grafica e consigli e rendono disponibile a tutti la loro creatività.
Messaggi di Ottobre 2017
Uomini nani elfi fate
Un cielo smeraldo Sopra alberi lapislazzuli Case di cristallo
Fiori di diamante
Splendido dei fiori dell’arcobaleno
Fate di ghiaccio
Sopra oscuri boschi
Sicure da ciò che non è uguale a loro
Acqua infuocata
Scorre lenta
Perché lei sa.
È ora di riunirsi.
Un cielo grigio
Sopra alberi marci
Solo cemento
Niente fiori
Uomini tristi e senza sogni
Un boato, un urlo
Un altro se ne và. Indifferenza.
Sicuri della loro superiorità
Aria malata
Ascolta ansiosa
Perché lei sa.
È ora di riunirsi.
Un cielo azzurro
Sopra campi verdi
Piccoli villaggi
Nelle foreste
Elfi dimenticati
Della loro antica virtù
Vivono nella paura
Sicuri che la loro neutralità li salverà
Terra ingiallita
Sussulta pensosa,
perché lei sa.
È ora di riunirsi.
Un cielo mai visto
Sopra immense dalla loro bramosia
Di avere di più
Sicuri che la ricchezza li salverà
Fuoco avvizzito
Vede attento
Perché lui sa.
È ora di riunirsi.
Un cielo nero
Sopra invisibili luoghi
Nessuna creatura vive
In quelle terre
La regina ride
Del suo imminente successo
Nulla la fermerà
La morte è felice
Con la sua nuova padrona
Ed attende con ansia
L’angosciata vittoria
Un cielo arcobaleno
Sopra terre ridenti
Fiori risplendono
Per l’alba di una nuova era
Fate, Uomini, Elfi, Nani
Finalmente riuniti,
Ancora insieme,
Per un’ultima grande battaglia.
Trema la regina dell’oscurità
Ora ha paura
La morte si rivolta alla sua padrona
La vittoria non arriverà.
Laty
(dal Web)
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La fata sotto il Melograno
C’erano una volta un re e una regina che non avevo figli. Il re era in collera, per questo motivo, e volle dividersi dalla moglie perché non gli dava dei bambini. la fece chiudere in una stanza e la lasciò lì. Le mandava da mangiare con una cameriera. Un giorno la poveretta s’affacciò nel giardino; c’era un melagrano carico di frutti; allora la regina disse:- Oh, Signore! Al melograno hai dato tanti figli e a me neppure uno; e sono pure in discordia con mio marito per un figlio che non mi dai-. In quell’istante c’era lì una fata e le fece l’incantesimo di rimanere incinta. La regina s’accorse d’essere incinta e lo mandò a dire e lo mandò a dire al re. Il re, saputa la notizia, all’ora che dovevano portarle da mangiare, andò egli stesso e domandò:- Com’è questa storia? – La moglie gli raccontò e così il re la riprese con sé. Ben presto partorì e mise al mondo una bambina. Trovarono una nutrice e l’allevarono. Passò il tempo e la bambina compì tre anni; cominciò a passeggiare per il giardino. Il re disse alla nutrice- Fa attenzione alla bambina; se le succederà qualcosa, ti ucciderò-. La nutrice la mise davanti a sé e s’incamminarono. A un tratto la bambina cominciò a trovare fiori e a raccoglierli. Quando s’avvicinò al melograno, il terreno s’aprì cadde dentro; la fata la prese. Le fece cambiare i vestiti, le regalò il croccante; le disse però di non svelare chi le aveva dato i vestiti nuovi:- Altrimenti non darò più croccante -. Poi la portò fuori. La nutrice la vide e domandò:- Chi ti messo questi vestiti?- Insisteva, e la bambina si mise a piangere: - Lasciami, altrimenti chiamo mamma-. La nutrice fu costretta a lasciar perdere. Tornarono a casa; la regina chiese alla figlia: Chi ti ha cambiato i vestiti?- La piccola rispose che non sapeva nulla.
Il giorno dopo, quando uscirono a passeggiare, accadde la stessa cosa. Giunta vicino al melograno, la fata prese di nuovo la bambina: le cambiò i vestiti e le diede dei dolci. Tornata a casa, la madre la interrogò un’altra volta e, davanti al fatto inspiegabile, chiamò il re; disse – Ieri non ti ho parlato, perché credevo che sarebbe finita; ma ora devo dirti che due giorni la bambina torna a casa vestita in modo diverso; l’interrogata e non mi ha risposto -. Il re propose: Mettiamole paura, così parlerà. Prendiamo una spada, facciamo venire la bambina e le diciamo che se non parla la uccideremo -.La bambina si spaventò e disse- Aspettate, vi racconterò tutto. Quando sono uscita a passeggio, sono stata presa da una signora che mi ha cambiato i vestiti e mi ha dato dei dolci. – disse il re,- va pure ogni giorno; non fa niente.
Il giorno successivo il re chiamò la nutrice e disse- Porta a passeggio la bambina -. La nutrice la prese per mano e la portò a passeggio. Arrivata vicino al melograno, venne fuori la fata, le tolse la bambina e la condusse con sé, dove lei abitava. La nutrice non trovò più la bambina; non ricomparve più. Corse a raccontare tutto al re; per il dolore, il padre e la madre restarono di sasso.
Ma lasciamo questi e torniamo dalla bambina. La fata le disse:- Non avessi detto niente ai tuoi, non sarebbe finita così -. All’improvviso l’abbandonò e scomparve; aggiunse solamente:- Dovrai rimanere qui! – non disse altre parole. La ragazza restò lì al compimento dei vent’anni. Poi finì le provviste e si mise a cercare se non ci fosse qualche tozzo di pane da qualche parte. Mentre cercava, d’accorse di una lastra di pietra un po’ spostata: “Forse troverò qualcosa”. Tolse la pietra e vide che c’era un’altra stanza, entrò; si strattava d’una stanza di studenti. Era tutto in disordine, il letto; lei lo sistemò, poi alla credenza, prese del pane d’orzo e tornò a casa.
Venne lo studente e trovò tutto in ordine: “Chi è stato a mettermi in ordine la camera?- pensò- Domani farò la posta e vedrò chi è?”. Così giorno dopo si nascose sotto il letto. All’ora solita lei entrò, arrivò nella stanza. Appena vide, gli venne fuori e disse:- Fermati! Sicché tu ad avere tanta audacia. Come hai fatto a trovarti qui?- Lei gli raccontò la storia e lo studente concluse:- Per me va bene lo stesso -. Rimasero insieme per due mesi e s’erano affezionati l’un altro. Giunse l’ora che il giovane, finiti gli studi, doveva tornarsene a casa. Ora non sapeva come fare a lasciarla. Scrisse alla sua famiglia che gli mandassero la carrozza con una bottiglia di vino col sonnifero. A mezzogiorno arrivò la carrozza e gli portò il vino. Si misero a mangiare; egli mise fuori la bottiglia e disse: -Assaggia questo vino; dimmi cosa te ne pare. Mi è stato mandato dalla mia famiglia-. Suo padre gli aveva fatto sapere d’aver combinato il matrimonio; appena tornato, si sarebbe sposato. Nel sonno. Dopo un quarto d’ora lei s’accorse e disse:- Mi hai tradita -. S’alzò e cominciò a correre per la strada. Incontrò un fraticello e chiese:- Vuoi che ci scambiamo i vestiti? – E lui: - Cosa? Casco dalle nuvole!- Lei insistette e gli disse di non preoccuparsi. Li scambiarono. Allora lei raggiunse la carrozza e domandò al cocchiere:- Mi fai salire un po’ su? – E il cocchiere :- Glielo chiedo al padrone -. padrone rispose:- Lo faccio salire in carrozza con me-. La fece venir dentro. Poco un tratto di strada, il giovane domandò :- Fraticello, hai incontrato una donna per la strada?- Il fraticello rispose: Si, ne ho incontrata una che piangeva forte. E cosa diceva? Giulio, Giulio mio! Sopra un letto bianco, pieno di rose e viole, ho perso Giulio, mio signore.
Fecero un altro tratto di strada e chiese di nuovo:- Fraticello, fraticello, hai incontrato una donna per la strada?- Per tutto il tragitto, di tanto in tanto, le ripeteva la domanda: gli era rimasta la ferita! Arrivarono in città; la fidanzata era già pronta; il padre gli comunicò che l’indomani mattina si doveva sposare. La sera, poiché il fraticello per la strada gli aveva saputo dar notizie, volle cenare con lui. Mangiava due bocconi e domandava:- Fraticello, fraticello, hai incontrato una donna per la strada?- E l’altro:- Sì, ne ho incontrata una che piangeva forte. – E cosa diceva?- Giulio, Giulio mio! Sopra un letto bianco, pieno di rose e viole, ho perso Giulio, mio signore-. Dopo cena, ci fu il ballo. Il giovane volle che il fraticello ballasse con lui e di tanto in tanto gli ripeteva la domanda.
Giunse l’ora di andare a letto e volle dormire col fraticello. Questi rispose che non poteva dormire con lui, ch’era un signore. Ma egli insistette; voleva dormire assolutamente con lui. Allora il fraticello disse:- Se vuoi che proprio dorma con te, sappi che noi abbiamo l’usanza di non spogliarci mai; toglierò solo le scarpe-. L’altro, per la gioia, disse che gli importava. Durante la notte, di tanto in tanto, gli ripeteva la domanda.
Arrivò il mattino; il fraticello si alzò in fretta per primo e chiese:- Mi dai il permesso di entrare nella stanza della sposa per vedere l’abito?- Entra pure, - rispose l’altro :- fa come vuoi -. Il fraticello entrò, tolse il vestito che aveva e si vesti da sposa. Poi rientrò e gli venne incontro:- Da quando tempo chiedi di me; eccomi, son venuta!-
Allora il giovane andò dal padre e disse:- E lei che voglio sposare-. Il padre rispose :- fa come vuoi-. Ed è finita la storia.
Racconto: di Brizia Lucia
(dal Web)
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Nel sogno di anime gemelle
Un guerriero passeggiando lontano da casa
Pensa alla sua principessa
Nelle tempestose notti buie,
tra freddo e gelo, ma nei suoi pensieri
Il calore dei ricordi di lei
La principessa volge il suo lungo sguardo
oltre il fantastico orizzonte,
ascoltando il battito del suo cuore,
nello stupefacente e irreale sogno,
con la felicità che riempie il suo spirito.
Il guerriero nella sua beata solitudine,
Vive con gli infiniti colori della sua anima,
circondati entrambi da prati, erba fresca carezzata di rugiada,
arreca piacere il ruscello montano sulle rocce,
L’arte velata dentro le loro vene
Entrambi sopravvivono in una foresta incantata
magica e surreale tra fate, gnomi, elfi e folletti,
immersi nello splendore del verde
nello straordinario universo della fantasia
E amati da ciascun animale.
Autore: Daniela Cesta
(dal Web)
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Duello tra Mago Inverno e la Fata Primavera
Il Mago Inverno nel bosco era arrivato
È sopra un bianco tappeto si era addormentato
Ma…ogni tanto si svegliava un pochino
Per cantare con il folletto nascondino.
Poi il silenzio tornava e il bosco si riaddormentava.
Allora la fata Primavera approfittò
e… zitta, zitta nel bosco arrivò.
Così per poter l’inverno svegliare
Si mise a cantare e ballare.
L’inverno si svegliò e con voce grossa parlò:
“perché sei qui?chi ti ha chiamato?
Non vedi che il bosco e ancora addormentato?”.
La primavera allora rispose,
mentre spargeva petali di rose: “il bosco
ha bisogno di sole! Del verde, dell’ azzurro,
del profumo delle viole!
il mago inverno non senti ragione
e si mise a gridare con il suo vocione:
“vattene via! Non mi far arrabbiare!
Io in questo bosco voglio restare!
Con il mio cilindro farò una magia e…..
…tu, mia cara, dovrai andare via!”
La fata primavera pensò che la cosa migliore da fare
Era, senza dubbio duellare
Così, il mago inverno tolse il suo cilindro e fece apparire
Due maschere e due spade per poter la lite finire
Chissà chi vincerà?
Il più forte nel bosco resterà!
Tratto: I Bambini della scuola dell’infanzia
“Gianni Rodari” di Monteleone
(dal Web)
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Il bosco di bru
Un vecchio sambuco abitava sulla riva di un laghetto vicino ad bosco di castagni e roveri secolari.
Nessuno si avvicinava a lui soleva riposare sotto i suoi rami perché si riteneva abitato da streghe o strani esseri che si divertivano a far dispetti.
Come far sparire cappelli e grembiuli, così di colpo, con folate che li portavano lontano sull’acqua o nei campi.
Quindi nessuno si avvicinava tranne un piccolo musino biondo che amava i sambuchi.
Fin dal loro primo incontro sapeva che non erano esseri malvagi, quei piccoli folletti alati che lo abitavano, ma fate, e quei dispetti innocenti erano solo stratagemmi per tener lontani i più, dalla loro casa. Amava i sambuchi la loro voce e il loro profumo, amava soprattutto il vecchio che sapeva raccontare storie. Bastava infilarsi là, sotto i rami più bassi, rannicchiarsi sull’erba tenera e lui iniziava, con la sua voce a scatti e scricchiolii, a raccontare. Raccontava del bosco e del lago prima, molto prima che gli uomini arrivassero a coltivare tutt’intorno. Cantava del ghiro e il pipistrello, dei piccoli merli caduti dal nido.
Dei doni infiniti, le castagne, i mughetti, le ghirlande di agrifoglio.
Parlava e parlava di notti innevate, dello spuntar di lune e stelle comete, del potere dei venti, della ricchezza della terra, dei misteri nascosti in nuvole spumeggianti. Stava regalando l’infinito mondo e la magia, a lei, piccolo muso biondo,
sempre più presa, là sotto, nella bellezza del creato. Ora che gli anni sono trascorsi, che il vecchio nonno è stato inghiottito dal lago, non ci sono più le fate a proteggere il bosco ma cattedrali di rovi,
ancora sento la magia e amo i sambuchi. Sento quella voce che racconta ciò che è stato e che può ancora tornare, si, mi basta chiudere gli occhi, ed entrare.
Autore: Bruna Roncoroni
(dal Web)
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