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LA VOCE DI KAYFA

IL BLOG DI ENZO GIARRITIELLO

 

Messaggi di Giugno 2017

DISUGUAGLIANZE DI STATO ITALIANE

Post n°1826 pubblicato il 28 Giugno 2017 da kayfakayfa

In uno dei suoi tanti scontri verbali a distanza con Beppe Grillo e il M5S, il segretario del Pd, Matteo Renzi, il 20 maggio di quest’anno, intervenendo alla scuola politica del Pd a Milano, definì incostituzionale il reddito di cittadinanza, da sempre cavallo di battaglia dei grillini perché, a suo dire, l’introduzione di una simile norma nel nostro ordinamento giuridico lederebbe il principio primo della Costituzione che recita: “l’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”!

Considerando che ad aprile del 2017, stando all’Istat, la disoccupazione era al 11,1%,  - quella giovanile al 34% - ossia circa 7 milioni di italiani sono senza lavoro, adottando lo stesso metodo di ragionamento del segretario del Pd, analizzando tutta una serie di anomalie istituzionali che avvengono nel nostro paese, legittimamente sovviene il dubbio che viviamo in un paese incostituzionale.  

Se a questi dati aggiungiamo i ripetuti salvataggi delle banche in sofferenza a spese dello stato – ultimo quello delle banche venete- con ripercussioni negative sui correntisti e sui piccoli investitori, è ovvio che nelle persone si acuisce terribilmente la sensazione di vivere in un paese dove la politica, anziché fare gli interessi dei cittadini, tutela quelli delle lobby o di pochi intimi e ricchi amici.

Questa inversa logica  robinhoodiana - si leva ai “poveri” per dare ai “ricchi” – ha partorito tante tragedie familiari di imprenditori e padri di famiglia suicidatisi perché vittime della crisi. Tra questi ne citaimao ad esempio due: il suicidio nel dicembre del 2015 di Luigino D’angelo, il pensionato di Civitavecchia che con il fallimento di Banca Etruria - la banca di cui all’epoca vicepresidente era il papà Maria Elena Boschi, allora Ministro delle riforme, oggi sottosegretario alla Presidenza del Consiglio - vide andare in fumo i propri risparmi investiti in obbligazioni subordinate e per il dolore si tolse la vita; ieri il darsi fuoco presso lo sportello dell’Inps di Settimo Torinese di Concetta Candido, licenziata e per mesi senza assegno di disoccupazione, ora in lotta contro la morte al CTO di Torino.

Due storie apparentemente diverse quella di Luigino e di Concetta, eppure tenute insieme da un comune denominatore che le rende facce distinte di un’unica medaglia: la mancanza di tutele, o poco meno, da parte delle istituzioni verso i cittadini “comuni”.

Infatti, per quanto concerne i truffati dal crack di Banca Etruria, Banca Marche, Carife e Carichieti, checché ne dica il Ministro Padoan secondo cui saranno rimborsati circa 190 milioni, per il Codacons la cifra stimata dal governo copre appena il 44% dell’ammontare complessivo che è di 441 milioni di euro.

Dunque molti clienti che videro andare in fumo i propri risparmi non riceveranno alcunché.

Per quanto invece riguarda il salvataggio delle banche venete,  se da un lato lo Stato è pronto a investire 5,2 miliardi provenienti dal fondo salva banche che è di complessivi 20 miliardi, per le stesse si prevedono nel tempo ulteriori coperture statali per altri 12 miliardi che farebbero  schizzare la cifra del salvataggio a 17 miliardi.

A queste cifre astronomiche  che lo Stato sarebbe pronto a versare per salvare le banche venete non possiamo non aggiungere i 90 miliardi di euro evasi dai concessionari di slot machine e condonati nel 2012 dalla Corte dei Conti ad “appena”  2,5 miliardi di euro, successivamente ridotti a poco meno di 860 milioni di euro.

Un caso di sanatoria, quest’ultimo, così eclatante e anticostituzionale in quanto lede palesemente i diritti dei cittadini onesti, eppure nessuno più ne parla, nemmeno il M5S.

Visto l’alto numero di votanti al referendum costituzionale del 4 dicembre 2016 – quello che bocciò la riforma Renzi/Boschi - in controtendenza con l’astensionismo che caratterizza solitamente le elezioni nazionali e locali, ne deduciamo che i cittadini non hanno affatto fiducia nella politica tanto che quando si concede loro la possibilità di esprimere liberamente il proprio parere - senza la coercizione delle liste bloccate o quant’altro ne limiti il voto in maniera anche questa palesemente incostituzionale – non hanno problemi a recarsi ai seggi per esprimere il proprio parere.

Visto che anche l’Italicum, la legge elettorale varata dal governo Renzi - quella che tutti ci avrebbero copiato - poi bocciata dalla Consulta per incostituzionalità a causa delle liste bloccate e per l’abnorme premio di maggioranza che assegnava alla lista vincente, c’è da chiedersi perché solo quando si tratta del  reddito di cittadinanza il segretario del Pd e altri come lui vi si oppongono fermamente appellandosi ai valori della Costituzione.

Quegli stessi valori non sono lesi dai milioni di disoccupati, da una legge elettorale che impedisce ai cittadini di scegliersi i candidati, al salvataggio degli evasori con condoni vari e delle banche a spese dei poveri investitori e risparmiatori?

Tutto ciò non è diseguaglianza di Stato in quanto pare distinguere i cittadini in distinte categorie di serie A e serie B; contravvenendo all’articolo 3 della Costituzione che recita “ Tutti i cittadini hanno pari dignita' sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E' compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la liberta' e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese?

 

 

 
 
 

MARCIALONGA IN SALITA, PELLEGRINI DELLO SPORT

Post n°1825 pubblicato il 25 Giugno 2017 da kayfakayfa
 
Tag: RUNNER

Se è vero, e lo è, che ogni gara è una storia sé, è altrettanto vero che ogni sport, sia a livello agonistico che amatoriale, è segnato da sfide che ne fanno la storia. Per quanto concerne il podismo, alias running, in Italia ci sono diverse gare che ricoprono tale ruolo, sia per la complessità del percorso, sia per  la lunghezza del chilometraggio, unitamente alla bellezza dello scenario in cui sono ambientate: la 100 chilometri del passatore, sogno e incubo di ogni runner; la Pistoia- Abetone; la Cortina- Dobbiaco; la Strasimeno,l’ultramaratona del lago Trasimeno; la Seiore dei  Templari, per citarne alcune.

Per quanto concerne la Campania, tra le più famose  la Coast to Coast (Sorrento-Positano-Sorrento) che quest’anno, oltre alle classiche maratona e mezza maratona, avrà anche l’ultramaratona di 59 km; la 25 km di Maddaloni - maratonina della mela annurca - con passaggio nel centro storico di Sant’agata dei Goti e suggestivo attraversamento sui ponti della valle al suono dell’inno di Mameli; la Maree Monti con partenza e arrivo a Sorrento, scollinando su  Massalubrense;  la San Lorenzo di Cava dei tirreni, la gara più “antica” del circuito campano, giunta alla 56°edizione; la marcialonga in salita Mercogliano-Montevergine, 16 km tutti in ascesa,senza un attimo di respiro,  fino al Santuario di Mamma Schiavona.

Gare dal sapore epico, seppure mi rendo conto dell’esagerazione lessicale, perché di notevole complessità tanto che chi decide di parteciparvi ammette la propria follia.

Personalmente non so se sia follia o cos’altro a spingere un runner  a cimentarsi in simili sfide che,bisogna ammetterlo, pongono a dura prova il fisico e la mente, imponendo degli allenamenti impegnativi e un attento stile di vita, soprattutto a tavola, con il solo obiettivo di arrivare al traguardo senza troppa sofferenza. Almeno per me è così.

Del resto chi mi conosce sa che non vivo in maniera ossessiva e ossessionante la passione per la corsa. Per me correre rappresenta prima di tutto un pretesto per stare con gli amici e divertirmi con loro. Il risultato cronometrico non mi ha mai assillato più del dovuto. Seppure quandomi succede di correre una 10 km sotto i 50 minuti o una 21 km sotto l’ora e cinquanta, lo ammetto, mi sento soddisfatto.

Ieri si è corsa la ventesima edizione della marcialonga in salita, una gara tremenda a detta di chi l’ha corsa almeno una volta. Sedici chilometri tutti in salita-  in alcuni tratti con il 10% di pendenza, soprattutto negli ultimi tre chilometri.

È una gara dall’innegabile fascino mistico anche per chi come si professa non credente o addirittura ateo.

Inerpicarsi per sedici chilometri da Mercogliano fin su al monastero di Montevergine si è rivelato uno sforzo al di là dell’immaginabile.Anche perché in molti di noi albergava la speranza che, pur correndo d’estate con questo caldo africano che da settimane sta affliggendo la penisola comportando problemi di siccità,  correre alle quattro del pomeriggio in alta collina avrebbe garantito un minimo di frescura,e dunque di sollievo, rispetto all’afa che si respira al livello del mare.

Tale speranza s’è rivelata subito vana non  appena siamo giunti a Mercogliano: i 30° di temperatura esterna indicati dal termometro dell’auto e la sensazione opprimente di umidità che ci ha colti non appena siamo scesi dalla vettura hanno cancellato ogni illusione.

In tanti, prima della partenza, ci alternavamo alla fontanina posta in piazza per bagnarci il capo nel tentativo di  trovare un po’ di refrigerio. Quel sollievo che mai ci ha accolti per tutto il tragitto. I rifornimenti lungo il percorso si sono tramutati in agognati momenti per concederci  brevi docce con le bottigliette d'acqua offerte ogni quattro chilometri dai rappresentanti dello staff per lenire l’arsura e l’afa che perfino nei pochi tratti ombreggiati non ci hanno mai abbandonato rendendo faticoso respirare, inzuppando le scarpette come se stessimo correndo, magari fosse stato così!, sotto un nubifragio.

Per quanto mi riguarda penso che definire un calvario la gara di ieri non sia affatto un’esagerazione.

 Mi si obietterà che me la sono cercata. È vero, me la sono cercata, come tutti gli altri partecipanti. Eppure, quando alla fine ho tagliato il traguardo, la fatica che mi ha accompagnato per tutto il percorso s’è diradata al pensiero che dovevo affrettarmi nel cambiarmi perché, come mi ero ripromesso nei giorni precedenti,prima di andare via, ci tenevo a entrare nel santuario per omaggiare la Madonna.

Un pensiero che ho scoperto avevano tanti atleti che erano arrivati fin lassù.

Nemmeno per un istante, mentre mi arrampicavo sulla montagna, malgrado fossi preda della sofferenza dovuta al caldo torrido, mi ha sfiorato il pensiero “chi me l’ha fatto fare?”.

Ogniqualvolta sentivo le gambe venire meno, istintivamente alzavo lo sguardo al monastero incastonato nella roccia come un diamente in un anello, circondato dalla boscaglia. Come se producesse un effetto propellente, quella visione cancellava ogni barlume di spossatezza e scoramento, stimolandomi a proseguire verso la meta.

Una volta tagliato il traguardo e cambiatomi, entrando in chiesa mi ha colto un moto di commozione che ho trattenuto a fatica: per uno che si professa non credente, o quanto meno credente a modo suo - “quando gli conviene” direbbe un sacerdote che conosco – è stata certamente una reazione imprevista. Diciamo insolita. Probabilmente dovuta all’accumulo di tensione nervosa e fatica durante la gara che in quel luogo trasudante spiritualità,trovava la propria liberazione.

O forse è vero che in ognuno di noi risiede un principio divino che per manifestarsi ha bisogno che l’individuo si trovi in condizioni e situazioni emotive particolari.

Quale possa essere stata la ragione di quell’improvviso coinvolgimento spirituale in chiesa, probabilmente non lo saprò mai. Di sicuro la gara di ieri ha dimostrato che davanti alle difficoltà, l’uomo non si fa scrupoli ad affidarsi finanche all’ignoto per superarle.  

Fede, superstizione o che?, ieri in prossimità dell’arrivo c’è stato chi ha sentito addirittura il bisogno di levarsi le scarpe e coprire scalzo gli ultimi duecento metri.

A costoro va tutto il mio rispetto così come a tutti quelli che ieri hanno partecipato alla “scalata” di Montevergine.

Ieri non eravamo atleti bensì pellegrini, seppure in tanti non ne fossero consapevoli!

 
 
 

DATECI UN GLOBAL DAY AL GIORNO

Post n°1824 pubblicato il 21 Giugno 2017 da kayfakayfa

Oggi 21 giugno 2017 si celebra il Global Day, la giornata mondiale della SLA, sclerosi laterale amiotrofica, per sensibilizzare l'opinione pubblica mondiale verso questa terribile malattia, (solo in Italia 6 mila casi).

In tutto il mondo sono 67le associazioni di pazienti affetti da SLA – in Italia ce ne è solo una, AISLA presieduta dall'ex calciatore Massimo Mauro – che con il sostegno di familiari e sanitari hanno come obiettivo rendere pubbliche le problematiche dei pazienti e dei loro familiari.

Un'iniziativa assolutamente lodevole, che merita l'incondizionato sostegno di tutti noi.

Anche perché le problematiche dei malati di SLA e dei loro parenti sono molti simili a quelle di pazienti affetti da altre malattie neurodegenerative, ad esempio l'alzheimer.

Mi permetto di scrivere ciò avendo perso nel 2010 papà con l'alzheimer, dopo un lungo calvario durato più di otto anni dal momento della diagnosi a quello della sua scomparsa.

Papà era un uomo attivo,amante dello sport e dell'arte. Una persona introversa e pudica che,viveva unicamente per la famiglia. I suoi unici svaghi, la partita di pallone il sabato pomeriggio, e a volte la domenica, con gli amici sui campi di calcio dell'ex poligono di Cavalleggeri d'Aosta;dipingere e andare per mostre e per musei, da solo o portando con sé mia sorella e me quando eravamo ancora ragazzini. È grazie a lui se conosco posti di Napoli tuttora ignoti a molti.

Quando iniziarono a manifestarsi i primi sintomi del male - problemi di deambulazione e depressione - unitamente ai medici cui ci rivolgevamo per capire cosa stesse succedendo, inizialmente pensavamo che tutto quello fosse una reazione inconscia di papà all'essere andato da poco in pensione: un rifiuto incondizionato alla nuova vita.

Tuttavia quando iniziavamo a raccontare dei tanti hobby e interessi che coltivava, i medici erano concordi nel sostenere che per una persona con come lui la pensione doveva rappresentare un momento di liberazione anziché di sofferenza in quanto avrebbe finalmente avuto a disposizione tuttoil tempo che voleva per dedicarsi alle proprie passioni. Quindi lostato depressivo in cui versava era incomprensibile.

Fu solo dopo un'analisi particolare che apprendemmo la tremenda verità: da allora iniziò un calvario che si concluse alle 4 del mattino dell'8 maggio 2010,quando papà si spense nel letto di casa e le mie mani gli chiusero per sempre le palpebre.

In quegli otto anni che seguirono alla diagnosi, il calvario, sia per lui che per noi, crebbe in maniera esponenziale. Soprattutto per mia madre e mia sorella che,non mi vergogno ad ammetterlo, si accollò gli impegni maggiori tipo andare dal medico per farsi prescrivere le ricette, recarsi alla ASL per ritirare i medicinali e quant'altro.

Personalmente quando andavo a casa dei miei genitori mi fermavo pochi minuti, giusto il tempo per un saluto e subito scappavo via: trovarmi al cospetto di quell'uomo il cui sguardo spiritato testimoniava le tenebre della sua mente, con i pannoloni che fuoriuscivano dai risvolti dei pantaloni,il quale si ostinava a voler fare i bisogni nel water, facendo un macello, era una sofferenza dalla quale cercavo di fuggire non appena potevo.

So che mia sorella spesso si lamentava con mamma di quel mio modo di fare; e so che mamma mi giustificava, dicendo, “non è cattiveria, sulamente è che nun so fire e vedè accussì” (non è cattiveria, solo che non riesce a vederlo in queste condizioni).

Era vero! Per me quell'uomo malato, la cui mente confondeva sempre più il passato con il presente, non era mio padre. E quando, per via del cedimento del femore, mamma cadde e fu ricoverata, costringendomi ad alternarmi con mia sorella al capezzale di papà, ho sempre pensato che si trattava di un sottile disegno del destino per costringermi ad assumermi le mie responsabilità di figlio.

Per quasi cinque anni,mattina e sera, sono stato vicino a papà, vedendolo consumarsi lentamente come una candela.

In quegli anni ho condiviso con i miei familiari il dramma fisico e morale che malattie simili inoculano in un ambiente familiare, non solo nell'ammalato.

Per quanto puoi cercare un badante per sgravarti, seppure in parte, da quell'enorme peso –la tua libertà di individuo va a farsi benedire -, alla fine le problematiche da affrontare restano comunque tante. A partire dai soldi per comprare i pannoloni, all'assistenza a domicilio di un infermiere e di un fisiatra per evitare che le giunture e i muscoli si irrigidiscano in maniera irrimediabile.

Tutte cose che dovrebbe passare l'ASL ma per le quali spesso, almeno per quanto concerneva i pannoloni, dovevamo anticipare noi i soldi visto che quando ci recavamo a ritirarli mancavano.

Senza contare la solitudine che circonda chi ha la sventura di vivere un dramma simile: le tante belle parole di conforto servono a poco, il problema è esclusivamente di chi lo vive. Confidare nell'aiuto degli altri è speranza vana. Ma è giusto che sia così, ognuno ha una propria vita da vivere, ed è suo diritto viverla!

All'inizio ho messo in evidenza che papà era persona “introversa “ e “pudica”. Ci tenevo a sottolinearlo in quanto, se all'epoca in cui la malattia iniziò a manifestarsi papà fosse stato relativamente lucido, se solo immaginato che un giorno mia sorella e io lo avremmo pulito e lavato intimamente e lo avremmo aiutato a defecare con le nostre mani, forse, in un lampo di lucidità, avrebbe compiuto un gesto inconsulto.

La fortuna di papà – è paradossale ma, in questo caso, debbo per forza usare il vocabolo fortuna – è che nel suo caso a degenerare contemporaneamente al fisico era la mente.

Viceversa, che io sappia,un ammalato di SLA ha invece la sventura di restare mentalmente lucido fino all'ultimo respiro. Per cui la sua sofferenza è raddoppiata, presumo come quella di chi gli sta vicino.

Papà in pochi mese mentalmente non fu più in sé. Le sue sofferenze furono soprattutto fisiche, per lo più indotte dalle piaghe da decubito. E quando dico“piaghe” uso un eufemismo visto che, soprattutto dietro alla schiena, per quanto mamma vigilasse affinché noi e le badanti rigirassimo papà su ambo i fianchi per prevenire le piaghe, si aprirono delle vere e proprie voragini di carne che in alcuni punti mostravano il bianco dei nervi.

Solo chi ha vissuto e vive un simile inferno può comprendere il dramma che coglie qualunque famiglia in cui vi sia un ammalato che necessita di cure ininterrotte 24 ore su 24.

Ecco perché ritengo che quella di oggi non dovrebbe essere esclusivamente la giornata per sensibilizzare il mondo sui problemi di chi soffre di SLA bensì di chiunque è colto da una malattia neurodegenerativa e, in generale,fosse affetto da qualsiasi malattia che inesorabilmente lo accompagnerà verso la fine.

Le malattie neurodegenerative minano la dignità dell'ammalato in quanto attaccano il cervello, esasperando le sofferenze dei familiari che null'altro possono fare se non assistere inermi il proprio caro fino al momento del trapasso, cercando di regalargli un minimo di sollievo con una carezza o un sorriso forzato.

Sofferenze amplificate dalla rigidità burocratica e dalle tante mancanze di uno Stato il quale spesso si mostra incapace di tutelare quanti hanno la sventura di vivere simili tragedie. Pertanto, mi dispiace dirlo, non ci si deve stupire se alcuni scelgono, per godere di un ultimo barlume di dignità, come estrema ratio la morte, come dimostrano i casi di WelbjdjFabio e tanti altri malati costretti coscientemente a vivere una vita da vegetali.

Non ci si stupisca se al cospetto di quei “cadaveri viventi” dai corpi incartapecoriti, un familiare in un momento di disperazione invoca Dio affinché ponga fine a quella vita non vita. Non è egoismo , o solo egoismo. Quell'implorazione è un disperato atto d'amore da parte di chi sa che tutto ciò che fa non serve che ad allungare l'agonia del proprio caro; che darebbe chissà che pur di non vederlo più soffrire.Magari sarebbe finanche disposto ad accompagnarlo in Svizzera o altrove dove l'eutanasia è consentita.

Facile giudicare da parte di chi funge da mero spettatore dei drammi altrui!

Chi si preoccupa di offrire una morta dignitosa al capo dei capi Totò Riina, pensasse a quelle tante persone che, pur non avendo commesso alcun crimine,affette da malattie che rendono la loro vita un vero inferno, insieme ai loro cari che le assistono, sono condannate a vivere un'esistenza disperata perché in questa società la voce dei deboli e dei disperati non ha alcun amplificatore

Oggi si celebra il Global Day. Forse sarebbe il caso lo si celebrasse quotidianamente. Non è detto che, alla lunga, l'eco dei disperati non inizi a trovare finalmente riscontro!

 
 
 

RIGNANO SULL'ARNO, AMARA SORPRESA PER RENZI E IL PD

Post n°1823 pubblicato il 13 Giugno 2017 da kayfakayfa

Gioire delle altrui disgrazie, anziché preoccuparsi seriamente delle proprie, è sport praticato dagli incapaci e dai perdenti, quindi l'esultanza con cui il Pd e il suo Segretario, Matteo Renzi, stanno “festeggiando” la disfatta del M5S alle amministrative di domenica scorsa è indicativa dello stato confusionale del primo partito di centrosinistra (?) italiano.

Se davvero fosse, e lo è, che domenica scorsa il M5S ha registrato una delle pagine più nere della sua recente storia politica - forse addirittura superiore alla debacle delle elezioni europee del 2014 dove si piazzò secondo doppiato dal Pd – è altresì vero che il Pd ha ben poco da gioire, se non appunto per la disfatta grillina: mentre il M5S è fuori dai ballottaggio in tutti i grandi comuni dove s'è votato, il Pd è al ballottaggio in 13 di cui in 9 l'amministrazione uscente era di centrosinistra.

Se ai ballottaggi il Pd dovesse vincerne anche solo la metà, non si potrà certo parlare di sconfitta ma nemmeno di vittoria. Al massimo si potrebbe parlare di “non vittoria” come quella di Bersani alle politiche del 2013, “siamo primi ma non abbiamo vinto”.

Al momento una bruciante sconfitta Renzi l'ha subita proprio a Rignano sull'Arno, il suo paese, dove la candidata del Pd Eva Uccella è stata superata dal sindaco uscente Daniele Lorenzini: in conflitto con Tiziano Renzi per aver dichiarato che il padre dell'ex Premier gli aveva rivelato di sapere di essere indagato dalla Procura della Repubblica di Napoli nell'ambito dell'inchiesta Consip, il sindaco uscente ha abbandonato il Pd ma non la politica, ricandidandosi nella lista civica “Insieme per Rignano”, venendo rieletto con quasi il 60% di preferenze.

Un risultato che moralmente umilia il segretario del Pd perché registrato in quello che doveva essere il suo feudo per eccellenza, dove i giocatori di casa, alias i cittadini, avrebbero dovuto mostrare il massimo dell'impegno garantendogli una vittoria sicura.

E invece quegli stessi giocatori hanno determinato l'amara sconfitta, tributando onore e gloria all'avversario di papà Renzi.

I latini dicevano “nemo profeta in patria” per indicare che nessuno è profeta in casa propria. In questo caso però, più che di profeta rinnegato dai suoi stessi concittadini, sarebbe più giusto parlare di leader politico bocciato dai suoi stessi compaesani perché ritenuto politicamente non credibile.

Una bocciatura morale difficile da digerire per uno orgoglioso come Renzi.

Per addolcirla il segretario del Pd dovrebbe ammettere che i rignanesi hanno preferito rivotare Lorenzini perché lo conoscono e perché come sindaco ha lavorato bene. Ma se lo facesse sminuirebbe la sconfitta del M5S in quanto significherebbe tacitamente ammettere quello che in tanto vanno ripetendo, ossia che il voto amministrativo è localistico, dunque del tutto diverso da quello nazionale dove invece alla singola persona si preferisce il simbolo del partito.

E mai come oggi il simbolo del Pd fatica a fare presa sull'elettorato, come dimostra sia il calo di votanti alle primarie del Pd, sia l'aumento di astenuti alle elezioni di domenica che ha favorito il centrodestra.

Se è vero, e lo è!, che il M5S domenica ha subito una sonora sconfitta, è altresì vero che il Pd non ha certo brillato.

Il risultato di Rignano sull'Arno parla da solo e dice molto più di quanto sembrerebbe!

 
 
 

AMMNISTRATIVE 2017: É DAVVERO DISFATTA GRILLINA?

Post n°1822 pubblicato il 12 Giugno 2017 da kayfakayfa

All'indomani delle elezioni europee del 2014, il cui esito sancì il doppiaggio del Pd nei confronti del M5S con il 40,8% rispetto al 21,16%, un gongolante Matteo Renzi, unitamente ai leader degli altri partiti di vecchio stampo, non ebbe dubbi nell'affermare che la meteora grillina si stava lentamente spegnendo.

A smentirlo fu l'esito imprevisto e traumatico delle amministrative del 2016 dove il M5S si aggiudicò i comuni di Roma e Torino, vincendo quasi tutti i ballottaggi, assestando una mazzata al Pd senza precedenti.

Dopo l'esito delle amministrative di ieri dove il vero sconfitto è il M5S, che non solo non riesce ad andare al ballottaggio nei 25 capoluoghi in cui si votava, tra cui Genova città di Grillo, ma vi riesce solo in 8 comuni su 140, è plausibile che la debacle grillina alimenti gli entusiasmi di tutti gli altri partiti, Pd in testa seppure il vero vincitore di questa tornata elettorale è il centrodestra compatto.

O sarebbe meglio dire Silvio Berlusconi, quello stesso Berlusconi che secondo il boss mafioso Graviano, intercettato 2016 nel carcere di Ascoli Piceno mentre parlava con il camorrista Umberto Adinolfi, sarebbe il possibile mandante delle stragi del 93 per spianarsi politicamente la discesa campo.

Mentre le parole di Graviano sono del tutto taciute dai media nazionali, esclusa qualche pecora nera de Il Fatto Quotidiano, le prima pagine di tutti i grandi giornali e telegiornali danno ampio spazio alla mazzata grillina e alla rivalsa politica del centrodestra.

Che il M5S fosse inviso alla stragrande maggioranza dei media nazionali non lo scopriamo certo ora. Quello che stupisce è l'entusiasmo dilagante per la sconfitta di Grillo & c. da destra a sinistra passando per il centro, quasi che in Italia esistesse un unico partito, il partito della nazione.

È fuori discussione che grillo & c. debbano riflettere sull'esito del voto; chiedersi il perché di questa sonora batosta; magari domandarsi perché l'espulso Pizzarotti a Parma vada al ballottaggio contro il candidato del centrosinistra mentre il M5S ha preso meno di 2500 voti.

L'esito del voto di ieri è la conferma che qualcosa a livello di comunicazione nel M5S va rivisto. Nello stesso tempo il risultato non deve essere né enfatizzato né estremizzato più del dovuto in quanto, trattandosi di votazioni locali, è normale che gli elettori, all'atto in cui devono votare il rinnovo del consiglio comunale, tendano a favorire chi ha svolto dignitosamente il proprio lavoro nella passata amministrazione o chi conoscono bene.

Se a ciò aggiungiamo una uniforme informazione finalizzata a screditare il M5S, tacendo sulle pecche e disgrazie altrui, non c'è da stupirsi se alla fine l'esito del voto sia quello che conosciamo.

Ma gridare vittoria come se “l'orso” lo si fosse ucciso anziché solo ferito è pericoloso.

Non si può infatti escludere che alle prossime politiche non avvenga quanto avvenne alle amministrative del 2016 ossia che dopo la sonora sconfitta delle europee, il M5S sbancò alle successive amministrative mandando in tilt i piani di quanti già pregustavano di fare affari con le olimpiadi di Roma e invece l'avvento del sindaco Raggi che disse no alla candidatura della capitale ai giochi per salvaguardare i conti pubblici, lasciò all'asciutto l'appetito di tanti.

Dopo il voto di ieri, sembra che Renzi già scalpita per andare a elezioni anticipate a novembre per sfruttare l'effetto negativo che sembra essersi abbattuto sui grillini.

Eppure dopo l'esperienza delle europee del 2014 l'ex Premier dovrebbe mostrarsi più cauto e fare gli scongiuri, anziché esultare come se avesse già vinto: errare humanum est, perseverare autem diabulicum!

 
 
 

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