Creato da rteo1 il 25/10/2008
filo aperto con tutti coloro che s'interrogano sull'organizzazione politica della società e che sognano una democrazia sul modello della Grecia classica

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LA RIFORMA COSTITUZIONALE E LA DISEGUAGLIANZA

Post n°866 pubblicato il 15 Novembre 2016 da rteo1

LA RIFORMA COSTITUZIONALE E LA DISEGUAGLIANZA

Il Referendum costituzionale del 4 dicembre ha messo in evidenza un contrasto profondo nella società italiana. Trattasi di una divisione che viene da lontano e che non è stata mai superata nel tempo, neppure dall'avvento della democrazia. Non è, pertanto, il Si o il No alla Riforma costituzionale, né di esprimere un giudizio positivo o negativo su Renzi e il suo governo, ma è una questione di come viene intesa la Comunità-statale da parte delle forze politiche e dai cittadini. Per comprendere la vera natura del problema occorre necessariamente partire dai "fondamentali". Da questi si trae che per organizzare lo Stato ci sono due modelli opposti: uno fondato sull'eguaglianza, l'altro sulla diseguaglianza. Il primo è quello cui si ispirano le democrazie; il secondo, invece, le oligarchie. L'esperienza politica e la consapevolezza della dinamica conflittuale per la conquista del potere di governo degli esseri umani ha fatto finora organizzare dei regimi intermedi di governo nei quali coesistono sia la parte democratica sia la parte oligarchica (la Costituzione mista, definita Politia da Aristotele). L'equilibrio, però, è sempre stato, e sempre sarà, precario perché, inevitabilmente, come già messo in evidenza da Aristotele, la parte democratica cercherà continuamente di estendere a tutta la Comunità-statale  la sua idea di eguaglianza e libertà, così come la parte oligarchica agirà per affermare la disuguaglianza nella distribuzione delle ricchezze (e onori e cariche pubbliche). È del tutto evidente, perciò, che finché non si riuscirà a rendere del tutto omogenea la Comunità-statale (composta, cioè, da cittadini tutti sostenitori dell'eguaglianza oppure tutti sostenitori della diseguaglianza) non sarà mai possibile una convivenza pacifica e un fine generale condiviso. E non sarà mai sufficiente nessun principio, né valore o dogma politico che evochi la Unità o la Indivisibilità del Popolo e delle sue istituzioni finché ci sarà diseguaglianza sostanziale tra i cittadini. Non ci sarà mai, perciò, unanime condivisione tra ricchi e poveri (né tra lavoratori pubblici e privati, o tra precari e a tempo indeterminato, ecc.) della stessa Costituzione, anche quando sembri accettata da tutti. Osservando l'azione svolta finora dalle forze politiche si riscontra che l'amalgama e la pace sociale non sono state mai una priorità; anzi, ha sempre prevalso la logica "spartitoria e divisoria" (e anche la legge elettorale rafforza le separazioni). Purtroppo è andata in questa stessa direzione la cosiddetta "rottamazione generazionale", la quale, come è ben evidente nei fatti e dagli atti finora compiuti, ha seguito la medesima logica "divisiva", riconoscendo provvidenze e risorse soltanto ad alcuni segmenti sociali ed economici. Non è oggettivo, perciò, affermare che è in atto un contrasto tra coloro  che "guardano al futuro" e quelli che rappresentano il passato, né tra coloro che dicono sempre No e non sanno mai dire Si, perché, in verità, c'è soltanto una lotta di potere, per cui, comunque andrà il Referendum, in Italia continuerà a persistere la diseguaglianza sociale ed economica tra i cittadini. Anzi, spostandosi, con la Riforma, l'attuale primato politico del Parlamento in favore del Governo, che riduce la rappresentanza, si avrà un ulteriore rafforzamento della parte oligarchica nella Comunità-statale con conseguente estremizzazione delle diseguaglianze. Aristotele sosteneva che alla base di ogni Stato c'era la famiglia naturale e che in questa tutti i componenti (genitori e figli) godevano degli stessi beni e di tutti i beni disponibili. Dalla "fusione" delle singole famiglie e con aggregazioni successive sempre più complesse sono sorti gli Stati (le Comunità-statali), ma molti di questi, se non tutti, non hanno conservato e protetto il vincolo originario, che teneva unite le singole famiglie naturali, ossia la comunanza dei beni (oltre all'affetto e al vincolo di sangue). La regola politica (la legge), perciò, ha alterato gli istinti naturali degli esseri umani che non erano di ostacolo alla condivisione delle risorse, rendendo, così, la società civile peggiore dello "stato di natura". In questa fase il Governo italiano e i Comitati per il Si stanno affermando che con la Riforma costituzionale viene modificata soltanto la seconda Parte, ossia quella dell'organizzazione dello Stato (più precisamente della Repubblica), senza toccare la Prima Parte, cioè quella dei diritti. Trattasi di uno slogan che, sebbene possa risultare efficace nella comunicazione, tuttavia veicola un'idea pericolosa per l'equilibrio, i princìpi e i valori della democrazia, perché in realtà si riorganizza soltanto il potere del governo ma non si interviene sulle diseguaglianze dei diritti. Il vero cambiamento, infatti, e l'unico, per chi un giorno volesse realmente riorganizzare la Comunità-statale italiana, è solo quello che tocca l'art.3 della Costituzione, modificandolo nel senso di fissare l'eguaglianza reale e sostanziale tra i cittadini nella distribuzione delle risorse, oltre a quella formale "dinanzi alla legge". Solo in questo modo ci saranno garanzie per tutti e si potrà avere una Comunità-statale omogenea con un fine generale condiviso. E così non avrà più alcuna importanza neppure chi guida il Governo, se il Parlamento sia bicamerale o monocamerale, né il bicameralismo paritario o differenziato, né la legge elettorale maggioritaria o proporzionale, e neppure se rimangano le Province, il CNEL, le Regioni e il Titolo V, perché sarà l'eguaglianza reale e sostanziale a prevalere su tutto, divenendo inefficace qualsiasi logica divisoria dei partiti e delle oligarchie.

 
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Commenti al Post:
Vince198
Vince198 il 17/11/16 alle 09:08 via WEB
Splendido post, minuziosa descrizione di una situazione che è ai limiti del sopportabile per l'arrogante pretesa di chi, in casa nostra, pensa di essere su un piedistallo e dettar regole "urbi et orbi". Il tutto non considerando il fatto che le regole generali si fanno "insieme": questa circostanza mi ha indotto a leggere alcune tracce che erano finite nel mio dimenticatoio.
Poco male e grazie per averle linkate. Ripeto, non sono particolarmente esperto in queste tematiche però, con l’interessamento e l’approfondimento che ho assimilato in questo contesto e in altre circostanze - sforzandomi di rimanere fuori da spinte ideologiche che falserebbero la visione di queste problematiche - credo che, secondo i promotori di queste modifiche costituzionali, prevalga la presunta tesi di una riforma essenzialmente tecnica, rivolta a razionalizzare i percorsi decisionali e a renderli più spediti ed efficienti incontri, come afferma il prof. Zagrebelski, è la razionalizzazione di una trasformazione essenzialmente incostituzionale, che rovescia la piramide democratica.
E’ sempre il solito refrain: le decisioni politiche da tempo si elaborano dall'alto, in sedi riservate e poco trasparenti, e vengono imposte per linee discendenti sui cittadini e sul Parlamento, considerato un intralcio e perciò umiliato in tutte le occasioni che contano. La democrazia partecipativa è stata sostituita da un sistema opposto di oligarchia "riservata" (reputo sublime questa parola virgolettata, usata dal predetto professore).
Che quest'ultima funzioni poco e male a causa delle sue divisioni interne non significa affatto che non sia un'oligarchia: significa soltanto ch'essa incontra difficoltà di funzionamento. Le riforme costituzionali sono in realtà adeguamenti della Costituzione a questa realtà oligarchica. Poiché – conclude il prof. - siamo per la democrazia, e non per l'oligarchia, siamo contrari a questo adeguamento contrabbandato come riforma.
E vorrei pure vedere, aggiungo io..
Ti prego di accettare i miei più sinceri complimenti per questa disamina del tutto esaustiva.
(Rispondi)
 
rteo1
rteo1 il 17/11/16 alle 09:59 via WEB
Sono io a doverti ringraziare per il tempo che hai speso nella lettura. Constato con piacere che hai colto il senso profondo del problema. Questo è politico, non giuridico, e viene dai fondamenti. Ossia dai primordi degli aggregati umani. Aristotele mi ha insegnato che per capire una casa devo capire che cosa è il primo mattone che è stato messo in opera. Zagrebelski, come ho già avuto modo di dire altrove, ebbi il grande piacere di conoscerlo oltre 30 anni fa, ad un seminario organizzato dalla mia Professoressa Lorenza Carlassare. E' uno studioso serio, e, a differenza di pochi altri, non si è limitato ad approfondire la Costituzione e a spiegarla ma è risalito alle origini. Ho di recente conosciuto un altro Accademico, che definisco tale con vero piacere, ed è il Prof. Dian Schefold, un emerito Costituzionalista tedesco, sentito anche dalla Commissione affari costituzionali della Camera durante la fase di studio della Riforma. Il Prof. Schefold (che conosce perfettamente oltre cinque lingue, oltre il latino e il greco)ha sempre orientato le mie indagini verso i fondamentali. Da questi si trae che i regimi di governo del popolo sono due opposti:uno si fonda sull'eguaglianza assoluta e l'altro sulla diseguaglianza assoluta. Poichè, però, sono entrambi estremi, finora sono stati costituiti degli ordinamenti misti: un po' di eguaglianza (democrazia) e un po' di diseguaglianza (oligarchia). Ma questo sistema è sempre stato, e sempre sarà, dinamico e conflittuale. C'è un rimedio ? Si, andare verso l'eguaglianza (dal mio punto di vista, ovviamente, perchè sono contro l'oligarchia), ma, sembrerà strano, le maggiori resistenze s'incontrano principalmente in quella parte del popolo che sopravvive con le briciole regalate dagli oligarchi. Eppure l'eguaglianza, che è un principio in democrazia, tutela tutti, anche chi oggi è ricco, perchè domani potrebbe diventare povero.
(Rispondi)
malware_jinx
malware_jinx il 18/11/16 alle 21:46 via WEB
Ritengo che le ragioni della divisione sociale risiedano quasi sempre in un binomio che caratterizza il potere in ogni luogo, in ogni tempo. 1-il potere ha bisogno di un sostegno dal basso e per assicurarselo tende a privilegiare chi eventualmente si presti ad offrire tale sostegno; 2-il potere, per mantenersi in vita ed esercitare il proprio imperio, deve evitare l’unità dei sottoposti, che ne metterebbero a repentaglio la forza e la durata (divide et impera). Purtroppo, finchè l’uomo avrà bisogno di un “padrone”, non vedo come il principio di eguaglianza possa attuarsi. Ad oggi non c’è posto al mondo dove ciò esista. Ciao, Jx
(Rispondi)
 
rteo1
rteo1 il 19/11/16 alle 08:41 via WEB
Giusta analisi. Condivisa. Circa l'eguaglianza, che tu giustamente dici non essersi mai realizzata, sento soltanto di poter sostenere che non per questo essa non debba essere proposta come base della democrazia. Di questa, infatti, come ha insegnato Aristotele (e non i costituzionalisti dozzinari che si stanno battendo per la Riforma), se ne possono avere varie forme, da quella ove la partecipazione del popolo è assolta a quella in cui, invece, è ridotta al minimo. Più il Popolo (attenzione, però, questa parola è equivoca perchè in essa sono inclusi anche i poteri "forti"per "Popolo" perciò Aristotele intendeva la sola plebe, i poveri), entra direttamente nella gestione del governo e più si ha democrazia e,di conseguenza, eguaglianza tra i cittadini.
(Rispondi)
malware_jinx
malware_jinx il 21/11/16 alle 22:12 via WEB
come dicevo nel "Punto Secondo" del NO, qui da noi il concetto di democrazia è ancora spesso un'opinione; ecco che un premier che si accinge ad eliminare un organo di salvaguardia della libertà popolare asserisce non esservi rischio alcuno per la democrazia. Sai che cosa penso? Che, da Aristotele in poi, la gente non abbia fatto grandi progressi in termini di consapevolezza del proprio ruolo nella gestione del governo della cosa pubblica. Si ha tuttora un forte bisogno (ancorché inconfessato) di un'entità superiore che s'incarichi di decidere e guidare. Immaturità mai sconfitta. Ciao, Jx
(Rispondi)
 
rteo1
rteo1 il 21/11/16 alle 23:38 via WEB
Le tue riflessioni sono condivisibili. Non posso tacere che c'è una dinamica di sistema che non è sottoposta al controllo umano. Socrate aveva visto giusto, quando parlava di coppie antagoniste. E' il destino del tutto. La democrazia, così come la monarchia e l'oligarchia si alternano nel tempo, e non è possibile arrestarle. Renzi o non Renzi prima o poi l'attuale assetto governativo subirà una nuova trasformazione. In tutte le società si scontrano le idee dell'eguaglianza e della diseguaglianza e mai si troverà un punto d'incontro che possa essere definitivo. Entrambe cercheranno sempre di prevalere sull'altra parte. Socrate indicava la soluzione, ossia coltivare le virtù e la conoscenza. E' soltanto l'uomo che potrà fare la differenza. Non lo faranno mai le Costituzioni, nè le leggi. Per questo bisognerà educare gli uomini al bene comune, alla solidarietà sociale, all'equità e alla giustizia. Il buon cittadino dovrà essere anche un buon uomo, e solo così ci saranno degli ordinamenti realmente umani e per gli uomini, e mai più contro gli uomini.
(Rispondi)
Quivisunusdepopulo
Quivisunusdepopulo il 26/11/16 alle 20:25 via WEB
Buonasera egregio signore, il suo saggio su Aristoteie, i brogli elettorali, la costituzione e la vera parità tra i cittadini di uno stato é ceramente apprezzabile! chi potrebbe dissentire? Tuttavia nessuno può dubitare che la sua conclusione sia, purtroppo, solo un'utopia. Distinti saluti.
(Rispondi)
 
rteo1
rteo1 il 27/11/16 alle 15:31 via WEB
Non importa. Non ho alcuna certezza che l'utopia, meglio trattata di T. Moro, non possa diventare una realtà nel futuro. Le mie "argomentazioni" non sono necessariamente collegate allo spazio-tempo in cui viviamo. Ricambio i saluti, e grazie del commento.
(Rispondi)
ITALIANOinATTESA
ITALIANOinATTESA il 01/12/16 alle 00:18 via WEB
<<La regola politica (la legge), perciò, ha alterato gli istinti naturali degli esseri umani che non erano di ostacolo alla condivisione delle risorse, rendendo, così, la società civile peggiore dello "stato di natura".>> L'utilizzo della legge in modo strumentale per consolidare il potere oligarchico non può che incancrenire le divisioni in classi sociali tradendo così anche lo stato di natura come ben hai evidenziato, che già di per se stesso, a volte, potrebbe contenere delle barriere insuperabili per vari motivi. Non ultimi quelli ambientali.
La tua visione utopica dovrebbe essere, secondo me, perseguita sempre dalle persone sensibili al fine di tentare almeno di ridurre le differenze e le discriminazioni. Un saluto, M@.
(Rispondi)
 
rteo1
rteo1 il 01/12/16 alle 09:10 via WEB
Caro Mario, ciò che noi definiamo "Utopia", ossia assenza di luogo,nel senso che non esiste da nessuna parte, non è vero in assoluto. La "nostra mente" non è fuori dal tempio; tutto è collegato, e i nostri pensieri non sono i nostri. Non pensare, ora, che io, oltre ad essere "utopista" sia anche "folle", ma dico che la nostra materia corporea è fatta di parte del tutto che trova origine nel tutto. E nel tutto c'è anche quella che noi chiamiamo "utopia". Utopia, perciò, non è ciò che non esiste in nessun luogo ma soltanto ciò che gli uomini non vogliono che esista nel proprio luogo!
(Rispondi)
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