Creato da rteo1 il 25/10/2008
filo aperto con tutti coloro che s'interrogano sull'organizzazione politica della società e che sognano una democrazia sul modello della Grecia classica

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Messaggi del 25/08/2014

IO SONO IL DIRETTORE

Post n°708 pubblicato il 25 Agosto 2014 da rteo1

IO SONO IL DIRETTORE

IO SONO IL DIRETTORE !” (sottinteso: tu non sei nessuno; sei un precario; il tuo contratto dipende da me, dalla mia volontà; posso decidere se fartelo prorogare oppure no, e dire che non mi servi più e mandarti a casa. Anzi posso dire perfino che non sei altezza del compito, tanto nessuno crederà mai a te, perché sono IO il  Direttore). Le espressioni che precedono sembrano il frutto della pura fantasia, invece  sono vere; rappresentano la realtà quotidiana che vivono tantissimi lavoratori precari (e chi la racconta), che uno Stato, che Gramsci definiva come lo strumento al servizio della classe dominante e che Marx voleva abbattere per organizzare una società senza più classi, ha organizzato per perpetuare “di fatto” la schiavitù (che non è soltanto fisica, ma anche psicologica e morale) che è stato costretto ad abolire per legge. E allora il “precario”, di fronte a tale semidio che parla investito d’autorità pubblica (imperium), pensa che in fondo ha ragione il Direttore, perché lui ha fallito sempre nella vita, mentre invece il Direttore, che è arrivato su tale vetta, è sicuramente migliore (sono soltanto malelingue quelle che dicono che ha avuto sempre dietro un Senatore importante, e che è un incapace, instabile mentalmente, ignorante). E ricorda anche che dalle elementari, fino al liceo pur avendo ottenuto sempre dei risultati scolastici ottimi (tanti dieci, ma forse per benevolenza, così come anche il 60/60 alla maturità con la versione di Greco tradotta anche in latino, avendo finito prima del tempo concesso) poi ha sbagliato le scelte successive. Avrebbe voluto iscriversi a lettere classiche ma le fu imposto dalla famiglia di scegliere farmacia. I risultati comunque furono buoni lo stesso, anche se durante il cammino la vita gli pose una serie di ostacoli di vario genere e complessità. La laurea alla fine arrivò ma la farmacia no, perché il numero chiuso di una sola farmacia per ogni 5.000 abitanti glielo impediva. E allora non restava altro da fare che lavorare come dipendente, in attesa di tempi migliori. Intanto, per un vizio d’infanzia, malgrado la famiglia da seguire e un padre bisognoso di cure, riprendeva gli studi e conseguiva una specializzazione triennale e un master in management sanitario che gli davano l’opportunità di avere un contratto di collaborazione coordinata e continuativa con un’azienda ospedaliera. In questo lavoro si prodigava, e non perché precario, per conservare il rapporto di lavoro, ma per indole e cultura umanistica (a volte fa la differenza, forse anche con il Direttore) tanto che veniva benvoluto da tutti, soprattutto dai pazienti che serviva con umiltà e competenza professionale. Il Direttore, però, questo consenso pubblico, tanto diffuso, non lo gradiva, perché dava risalto al “precario”, e creava anche gelosie nelle dirigenti di ruolo (assunte grazie al sisma del 1980: si, il sisma, che non ha portato soltanto disgrazie, ma anche posti di lavoro, seppur a volte con concorsi fasulli). “Il precario”, in altri termini, stava sovvertendo l’ordine costituito; i ruoli non venivano più rispettati per come la legge li ha distinti (di ruolo e non di ruolo, ossia precario; tra servitori dello Stato e servi di nessuno) ma metteva in risalto la competenza: se sei capace meriti, se non lo sei non meriti. Il sistema, così, avrebbe rischiato gravi conseguenze, quasi rivoluzionarie. E allora, come reagire ? Alla scadenza del contratto (a dicembre 2014) il Direttore farà in modo che non venga rinnovato. Il precario, così, a 50 anni suonati, se ne tornerà a casa buttando tutti i titoli scolastici e accademici rilasciati dallo Stato nel “cesso”, ma non sarà solo il precario ad aver perso la partita con la vita perché nel “cesso” ci finirà anche la credibilità dello Stato.

 
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SOTTO TUTELA I POLITICI SPENDACCIONI

Post n°707 pubblicato il 25 Agosto 2014 da rteo1

SOTTO TUTELA I POLITICI SPENDACCIONI

Poveri tedeschi ! Un popolo che  prende tutto sul serio, che si impegna con costanza e perseveranza nelle cose che fa, ma sceglie sempre pessime compagnie; che sa fare sacrifici, quando è necessario, e spende le proprie risorse con equilibrio, e spirito di comunità solidale, senza mai scialacquarle e dissiparle, evitando di prendere a prestito soldi non necessari per il bene comune ma da dispensare per finalità clientelari, propagandistiche e politiche (indennità folli, vitalizi incostituzionali, rimborsi politici gonfiati, pletora di enti pubblici, dipendenti e aziende fallimentari). Un Popolo che ha fatto rinascere la Germania riunita, che ha risanato le ferite della separazione del muro di Berlino, che gli Stati vincitori della seconda guerra mondiale hanno utilizzato per dividere in due lo stesso popolo, ma anche molte famiglie, e tantissimi giovani hanno perso la vita nel tentativo di ricongiungersi col proprio nucleo familiare. E’ vero che doveva pagare cara la dittatura del nazismo (imitazione del melodramma fascista), dei lager e degli stermini di massa (peraltro graditi a molti altri Stati occidentali, che così risolvevano anche problemi di casa  propria) con l’illusione di selezionare l’Uomo Ariano di stampo tedesco, e che ha dovuto riparare i danni della guerra persa, ma di certo ora la Germania non merita di essere messa nell’angolo dagli “ultimi della classe” che vogliono continuare a dissipare risorse che non possiedono, sostenendo che  hanno bisogno di flessibilità nella gestione del bilancio pubblico per far “crescere un’economia” che, in realtà, non può più crescere perché le spese statali e politiche ormai assorbono circa il 70% delle risorse (del PIL). Non si può escludere che la Germania  per un “senso di colpa” storico e per non essere isolata dalla coalizione di alcuni potenziali “bancarottieri” si faccia piegare dalla logica delle solite cicale italiane, che pare stia coinvolgendo anche i leaders francesi, che rifiutano di accettare la realtà, ossia di non essere più la grandeur che con la rivoluzione del 1789 ha diffuso i principi di libertà, eguaglianza e fratellanza della Repubblica (poi rimessa in discussione restaurando la forma monarchica dell’era Napoleonica, cui, per certi versi, s’ispira l’attuale Repubblica presidenziale). Ma tale resa, però, potrebbe rivelarsi  nefasta per tutta l’U.E. Non vi è dubbio che occorra evitare la “rottura” del giocattolo europeo, ma sarebbe insano affidare la leadership a chi non ha dato prova di meritarsela (equivale ad affidare la conduzione di un TIR a chi non sa guidare e ha già procurato molti “incidenti stradali”): il buon senso, infatti, deve sconsigliare i “primi della classe”  a compiacere “i somari”, smettendola di studiare e di fare i compiti (tanto vale chiudere definitivamente la scuola perché non avrebbe senso tenere in piedi ciò che aspira a diventare un circo dove sono i clown i veri protagonisti). Va riconosciuto (anche se non può far piacere) che la Germania ha finora dato prova di essere “il primo della classe” e se i politici degli altri Stati avessero un minimo di onestà (purtroppo ignota alla categoria) dovrebbero ammettere che le spetta l’onore e l’onere di indicare le soluzioni agli altri compagni, soprattutto quando questi non hanno dimostrato buon senso e continuano a sbagliare le previsioni (il calo dei consumi e del PIL, l’aumento del debito, della disoccupazione, ecc.). E tale potere di  rappresentanza politica  sarebbe in perfetta linea con quanto avviene anche nella vita civile rispetto ai minori e agli interdetti per i quali si nomina il tutore. Certamente, in questi casi, trattasi di una esigenza sociale, ma non vi è dubbio che ciò possa verificarsi anche in ambito politico, nel qual caso, dovrà affidarsi la guida di un’alleanza di popoli a chi se la merita per capacità, serietà ed equilibrio nella gestione delle risorse pubbliche tenendo “sotto tutela” i “capetti” che governano spendendo soldi che non hanno, convinti che i debiti non si debbano pagare, o li scaricano sulle generazioni future.

 
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