Esperienzaemozionale

Un viaggio nel tempo e nello spazio, come lo è la vita stessa, dove riscoprire se stessi.

 

 

LA FELICITA 'E LA PACE DEL CUORE NASCONO DALLA COSCIENZA DI FARE CIO CHE RITENIAMO GIUSTO E DOVEROSO NON DAL FARE CIO CHE GLI ALTRI DICONO E FANNO .
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« protezione civileIl lungo viaggio »

La 180

Post n°124 pubblicato il 16 Febbraio 2010 da JON.L
 
Tag: La 180

Già, la 180, una realtà parzialmente realizzata, che lascia e ha lasciato molti buchi, problemi e drammi, in balia di chi li vive in prima persona o ne è parte...
In questa assurda Italia, dove esiste l'"Elezione" di fianco alla disperazione...

Franco Basaglia nacque a Venezia l'11 marzo 1924.
Conseguita la maturità  classica proseguì gli studi iscrivendosi alla facoltà  di Medicina e chirurgia dell'Università  di Padova.
Terminati gli studi si laurea nel 1949 e più tardi  nel 1953 si specializza in Malattie nervose e mentali, unendosi  in matrimonio con  Franca Ongaro, che fu coautrice di alcune opere sulla psichiatria e deputata di Sinistra Indipendente.
Nel 1958 lavora presso l'Università  di Padova, come assistente presso la Clinica di malattie nervose e mentali ed ottenne la libera docenza in Psichiatria. All'epoca il pro-rettore dell'ateneo di Padova era  Massimo Crepet, amico personale di Basaglia.
Per le sue idee innovative e rivoluzionarie Basaglia  non venne bene accolto in ambito accademico, cosicchè nel  1961 decise di a rinunciare alla carriera universitaria e di trasferirsi a Gorizia.
Fu direttore dal 1961 dell' dell'Ospedale Psichiatrico di Gorizia dove vi fu un forte impatto con la realtà manicomiale: c'era la massima segregazione dei malati mentali, la contenzione, la camicia di forza e  l'elettroshock. Basaglia sosteneva con i medici e gli  infermieri dell'ospedale psichiatrico che
"Un malato di mente entra nel manicomio come persona per diventare una cosa”.
Il malato, prima di tutto, è una “persona” e come tale deve  essere considerata e curata
“ Noi siamo qui per dimenticare di essere psichiatri e per ricordare di essere persone".

Basaglia applica un moderno metodo terapeutico consistente nel non considerare più il malato mentale alla stregua di un un individuo pericoloso ma al contrario un essere del quale devono essere sottolineate, anzichè represse, le qualità  umane.
Il malato va inserito di conseguenza in continui rapporti con il mondo esterno,  permettendogli di dedicarsi al lavoro e al mantenimento dei rapporti umani.

Basaglia si avvicina all'antipsichiatria,  una corrente di pensiero sorta in Inghilterra nel quadro della contestazione e dei fermenti rivoluzionari del  1968 ad opera principalmente di D. Cooper (n. Capetown 1931).
L'antipsichiatria e  l'azione dello stesso Basaglia prendono spunto dall'infelice situazione degli ospedali psichiatrici; il movimento si oppone alla psichiatria tradizionale.
La psichiatria tradizionale, accusata di  non aver compreso i sintomi della malattia mentale, doveva cessare di giocare un ruolo nel processo di esclusione del "malato mentale ", voluto da un sistema politico convinto di poter negare ed annullare le proprie contraddizioni allontanandole dalla società, rifiutandone la dialettica, per potersi riconoscere ideologicamente come una società  senza contraddizioni.

Questo in sostanza il fondamento dell'ideologia di Basaglia che naturalmente non era distante ne scevra da altre idee politiche del tempo; la psichiatria stessa e le soluzioni proposte erano e sono tutt'oggi fortemente contaminate dalla politica; è ben noto che l'eccessiva politicizzazione comporta o crea il rischio di una possibile utilizzazione per finalità  eufemisticamente definibili "extra-assistenziali", sia che il malato mentale venga considerato "vittima sociale" o "espressione del capitalismo".
Scopo dell'antipsichiatria è coinvolgere nella propria concezione polemica tutte le istituzioni: famiglia,, scuola, fabbrica.
L'antipsichiatria rifiuta il modello medico biologico della malattia; un modello  fortemente impregnato di sostanziale libertà  e anti-istituzionale., secondo il quale non si deve agire in difesa del malato mentale ma pensare solo di ricondurlo nell'ambito di una norma stabilita dal "potere".

Per il trattamento dei casi singoli essa  riconosce validi esclusivamente gli interventi di ordine psicoterapico e a quelli politico-sociologici che  avrebbero il compito di suscitare nel malato la presa di coscienza della vera origine della propria sofferenza; collega la prevenzione a un radicale rinnovamento del sistema sociale.

In Italia i fermenti e diversi motivi e affinità  con il movimento psichiatrico sono stati ripresi da Basaglia, Jervis, con differenti versioni della psichiatria alternativa e un coinvolgimento politico di alcune forze della sinistra  italiana.

La rivoluzione inizia a Gorizia dove il manicomio fu profondamente trasformato tramite l'eliminazione di qualsiasi tipo di cura o contenimento e l'apertura dei cancelli, per dar luogo alla "comunità  terapeutica"; i pazienti si tornavano ad essere uomini, ovvero persone in crisi - anche esistenziale - quindi non più "malattia" e "diversità ".

Diceva Basaglia: "Una cosa è considerare il problema una crisi, e una cosa è considerarlo una diagnosi, perchè la diagnosi è un oggetto, la crisi è una soggettività  ed ancora: "La follia è una condizione umana.
In noi la follia esiste ed è presente come lo è la ragione.
Il problema è che la società , per dirsi civile, dovrebbe accettare tanto la ragione quanto la follia, invece incarica una scienza, la psichiatria, di tradurre la follia in malattia allo scopo di eliminarla.
Il manicomio ha qui la sua ragion d' essere".

Basaglia illustra e si rifà  ad  una serie di teorie di Esterson, Laing e Cooper dove senza mezzi termini si afferma che "la famiglia è il crogiolo della schizofrenia".
Proprio nella famiglia si individua quel difetto di comunicazione teorizzato da alcuni antipsichiatri e battezzato successivamente come double bind (doppio legame), teoria oggi obsoleta e del tutto sconfessata, ripresa da alcuni italiani come Cancrini.

Per le sue idee Basaglia fu in parte osteggiato anche negli stessi ambienti psichiatrici, specialmente in seguito ad un omicidio commesso da un paziente psichiatrico dimesso dal Basaglia che per tale ragione nel 1968 fu incriminato.
Assolto, lascia la direzione dell'Ospedale Psichiatrico di Gorizia.

Nel 1969 lo troviamo all'ospedale di Colorno a Parma e due anni dopo direttore del manicomio San Giovanni di Trieste; il periodo, dove sono ancora caldi i fermenti del 1968, che precede la chiusura dei manicomi e la promulgazione della legge di riforma psichiatrica.
Basaglia a Trieste rivoluziona l'ospedale psichiatrico avviando laboratori di pittura e di teatro. Venne formata anche una cooperativa di pazienti, che iniziavano a  svolgere lavori riconosciuti e retribuiti. Nel 1973 Trieste venne designata "zona pilota" per l'Italia nella ricerca dell'Oms sui servizi di salute mentale. Tutt'oggi i servizi di Trieste propongono come slogan il motto
"La libertà è¨ terapeutica".

Nel medesimo anno gli psichiatri che identificarono le loro idee in Basaglia si coalizzarono in Psichiatria Democratica, un movimento tutt'ora esistente ed attivo nelle audizioni parlamentari, appoggiato dalle forze della sinistra italiana. Il movimento fu determinante nel dare impulso al superamento del manicomio tramite una serie di manifestazioni di protesta.
Nel gennaio 1977 nel corso di una conferenza stampa Franco Basaglia e Michele Zanetti, presidente della Provincia di Trieste, annunciarono la chiusura dell'ospedale psichiatrico  San Giovanni.

Il 13 maggio 1978, fu promulgata in Parlamento la legge di riforma psichiatrica, L. n.180/78. Secondo Basaglia il movimento di Psichiatria democratica, doveva allora andare oltre la chiusura dei manicomi ed affrontare quel disagio sociale attraverso il quale miseria, indigenza, tossicodipendenza, emarginazione, delinquenza, conducono alla follia (ndr: oggi le cause sono tutt'ora sconosciute). 

Nell'agosto del 1980 Basaglia spira nella sua casa a Venezia, dopo una lunga malattia.

La legge 180 alla quale Basaglia ha dato il nome (legge Basaglia) seppur buona nell'impalcatura e nell'intento  chiudere definitivamente il manicomio, si basa però  su teorie oggi considerate obsolete e superate, come ad esempio il doppio legame, la negazione della diagnosi, l'idea fallita di poter curare senza ricorrere all'uso dei farmaci e persino la mancata promessa di "cura" e risultati.
Infatti il trattamento della malattia mentale non può risolversi esclusivamente con interventi di tipo sociale; negli ultimi anni si parla di una serie di cause (multifattorialità ) biologiche, sociali, genetiche ed ereditare legate o meno all'ambiente, con un ruolo senz'altro ridotto o assente della famiglia.
Conseguentemente alla luce di questi nuovi approcci, a seguito di studi, accadimenti e nuovi modelli terapeutici la legge 180 è ancor oggi oggetto di  discussione.

Secondo numerose associazioni di familiari va migliorata, mantenendone fermi i principi antimanicomialisti e il riferimento al territorio come luogo principale di cura e accoglimento della persona affetta da disturbo mentale.

 

 

Commenti al Post:
summit2
summit2 il 16/02/10 alle 16:18 via WEB
Nonostante ci voglia molto tempo per guarire da alcuni disturbi mentali, con una terapia appropriata molti malati possono raggiungere una certa stabilità ed essere produttivi...in'oltre la famiglia può fare molto comunicando. Quando le parole non servono, sedersi in silenzio e ascoltare. Mostrare che comprendiamo il suo stato d’animo e i suoi pensieri, senza condannarli. Fargli capire in maniera semplice e coerente che gli vogliamo bene: sarà utile sia a noi che al vostro caro ke soffre. un buon pomeriggio. Tanya
 
swala_simba
swala_simba il 17/02/10 alle 10:39 via WEB
Spazio spazio, io voglio, tanto spazio
per dolcissima muovermi ferita:
voglio spazio per cantare crescere
errare e saltare il fosso
della divina sapienza.
Spazio datemi spazio
ch’io lanci un urlo inumano,
quell’urlo di silenzio negli anni
che ho toccato con mano.

Alda Merini, da "Vuoto d'amore"
 
 
JON.L
JON.L il 19/02/10 alle 11:14 via WEB
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