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Furtunato, l'ultimo tarallaro.

Post n°2133 pubblicato il 27 Febbraio 2012 da luger2
 

Il tarallo " nzogna e pepe ", sugna e pepe, è un tipico prodotto della tradizione gastronomica napoletana.Si tratta di un tarallo cotto al forno, i cui ingredienti sono farina, sugna, pepe, ricoperto da mandorle nella parte superiore.
Matilde Serao, nella sua opera " Il ventre di Napoli " descrive i famosi fondaci, quartieri molto popolari nelle vicinanze del porto, dove la miseria e la fame regnavano incontrastate. A sconfiggere quella fame spesso ci riusciva, a partire dalla fine del 1700, il tarallo.Come molti prodotti alimentari di antica tradizione, il tarallo è figlio della creatività e fantasia di tante generazioni la cui principale preoccupazione era la necessità di utilizzare tutte le risorse alimentari di cui disponevano. E fu così che i fornai, nel 1700, non avendo nessuna intenzione di buttare lo " sfrriddo " cioè i ritagli di pasta con cui avevano appena preparato ed infornato il pane, si inventarono il tarallo: aggiunsero della sugna, la "nzogna " in lingua napoletana ", del pepe in abbondanza a quei ritagli di pasta, lavoravano sapientemente l'impasto ottenuto, ricavavano delle striscioline, le attorcigliavano tra loro, gli davano una forma a ciambella e le infornavano. Agli inizi del 1800 qualcuno ebbe la felicissima idea di aggiungervi le mandorle che vanno a nozze col pepe. Essendo un cibo povero, il tarallo aveva ed ha tuttora, una grossa diffusione. Ne traevano profitto i fornai che non buttavano nulla della loro lavorazione, ne traeva beneficio la povera gente che con pochi soldi, riempiva lo stomaco affamato con qualcosa dal gusto eccellente e con un apporto calorico, dovuto alla sugna presente nell'impasto, non indifferente. Ne traevano profitti anche gli osti, nei cui locali si consumavano molti taralli, perchè il pepe presente nell'impasto faceva si che gli avventori consumassero anche molto vino. Vista la sua grande diffusione non poteva mancare la figura del " tarallaro " venditore ambulante di taralli che, con la sua cesta piena di taralli , coperti da un panno  per tenerli al caldo, girava per i vicoli e le strade di Napoli.

In genere si faceva notare urlando: "O' tarallar'", "tarallucc' nzogna è pepe".

Purtroppo quasi tutti i lavori ambulanti a Napoli sono scomparsi e a memoria di napoletano l'ultimo tarallaro che si ricorda era Fortunato che con il suo piccolo carretto chesi era costruito da solo, montando un canestro di vimini sul telaiodi un carrozzino da neonato,con  in alto una piccola insegna “la“Ditta Fortunato resta chiusa il lunedì”.  Il canestro lasciava arieggiare e manteneva fresca la merce cheFortunato copriva con una coperta di lana per trattenere il calore. Itaralli  venivano forniti da uno storico Vapoforno divia Concordia. Lungo la discesa, per Via Toledo, Piazza Carità, ViaTarsia, Vico San Domenico Soriano, Vico Giovanni Brombeis, VicoFrancesco Saverio Correra, Via Conte di Ruvo e Piazza Dante si diffondeva una “voce” cantilenante, unita ad un profumo indimenticabile: Furtunat’ tene a’ rrobba bella ‘nzogna‘nzogn!- e sempre sorridente chiamava nomi di donna: Maria! Luisa! Elenaaa!  Le sue grida al mattino e il suo inarrestabile sorriso erano come un buon augurio per tutti. Erano gli inizi degli anni Settanta. Fortunato O’ Tarallaro… Al secolo Fortunato Bisaccia, venditore famosissimo in tutta Napoli e oltre, con i suoi taralli sugna e pepe (‘Nzogna e pep’) è  una figura entrata a pieno titolo nell’immaginario collettivo della napoletanità, popolino, nobili e borghesia.  I suoi taralli erano gustosissimi, unici, croccanti, ’nzogna e ‘ppepe, impreziositi da tantissime mandorle ben tostate, ancora caldi , di quel calore che scalda l’anima al solo ricordo, costavano 10 lire.  Fortunato fu l’ultimo venditore girovago di taralli, e percorreva in lungo e largo la città di Napoli, sempre allegro, era un vecchio ometto piccolo e grassoccio con delle gambe arcuate, nascoste da braghe consumate che, in origine, non dovevano essere state sue: troppo larghe; in primavera e in estate portava una maglietta di cotone bianco a mezze maniche e un berretto a caciottella di panno bianco; d’inverno sostituiva la caciottella bianca con un cappelluccio di lana a più colori ed infilava una sbrindellata giacchetta arrivata da chissà dove; completava l’abbigliamento invernale, una sciarpa di lana variopinta e unta, che portava in modo sacrale, come un sacerdote indossa la stola e che gli avvolgeva il viso segnato dal tempo, una rete di rughe profonde, sulle quali brillavano tuttavia ,due occhi vivaci e da scugnizzo. Poi passarono gli anni ed un bruttogiorno, nel 1995, la cantilena scomparve, Furtunato tène ‘arrobba bbella! ‘Nzogna, ‘nzo’, aveva allargato il suo giro edera passato a proporre a San Pietro ed a tutta la corte celeste isuoi taralli ‘nzogna e ‘ppepe, dopo averli venduti in terra anobili e pezzenti. Tale è stata la sua popolarità che Pino Daniele gli ha dedicato una famosa canzone nel suo album "Terra Mia".

Si tratta di uno sfizio tutto napoletano, ancora oggi, passeggiando sul lungomare di via Caracciolo, troviamo tanti chioschetti che vendono taralli "nzogna e pepe ", e che vengono consumati così, passeggiando sul lungomare. Il tarallo deve essere mangiato caldo, perche il calore fa sprigionare la sua caratteristica fragranza. Ed è per questo motivo che i " tarallari  li portavano in giro coprendoli con una coperta. 

 
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