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I vantaggi dell'unità d'Italia

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Italia 150, Bolzano non vuole festeggiare ma è strapagata e coccolata da Roma

Post n°1580 pubblicato il 16 Marzo 2011 da luger2
 

Come ci si sente a non festeggiare i 150 anni dell’Unità d’Italia? A Bolzano, almeno nell’ufficio del presidente della provincia autonoma, Luis Durnwalder, ci si sente benissimo. «E che siamo italiani, noi?», è il suo refrain: «Siamo sotto l’Italia», incalza il governatore altoatesino, «e quindi accettare va bene, ma festeggiare no. L’ho detto a suo tempo anche al presidente Ciampi, quando mi chiese se mi sentivo italiano. Io gli risposi: mi sento sudtirolese, parte della minoranza austriaca che ha passaporto italiano e vive in Italia». Ci vive, e ci vive non bene ma di più: benissimo! Anche perchè da Roma - chissà se anche loro la chiamano, alla maniera del Bossi, «Romaladrona» (e l’Alto Adige non perdona?) - la provincia autonoma di Bolzano riceve tali e tanti di quei benefit che tutti, dal Manzanarre al Reno, dalle Piramidi in su e in giù, per non dire dei poveri bellunesi che invidiano i vicini pazzescamente, vorrebbero vivere nel bengodi delle Dolomiti. Con 1.121 euro all’anno, la provincia di Bolzano intasca dal governo centrale circa il doppio dei soldi procapite assegnati a Roma (591 euro), a Firenze (555 euro), a Torino (535 euro) o a Cosenza (523) e circa il triplo di quelli che vanno a Reggio Calabria, Mantova, Novara e circa il quadruplo di quelli destinati a Lecce o a Piacenza. Una sperequazione che ha spinto il governatore della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, a sbottare: «Basta con i privilegi del Trentino-Alto Adige. E’ venuto il momento di rivedere i parametri di distribuzione delle risorse». Ecco, festeggino o meno i sudtirolesi (il Comune di Bolzano lo farà, grazie al sindaco Luigi Spagnolli del Pd e nonostante il «nein danke» del presidente della Provincia), di certo per loro lo Stato centralista e romano non s’è rivelato predone ma più che generoso. E la fase di debolezza del governo berlusconiano s’è rivelata l’ennesima fortuna per la regione dolomitica. La concessione della gestione di una fetta dell’ex Parco dello Stelvio è stato il regalo con cui Palazzo Chigi ha ricambiato il favore dei due deputati altoatesini dell’Svp, Helga Thaler e Karl Zeller, che si sono astenuti nel voto di fiducia al governo. Contribuendo, insieme ai Responsabili, a tenerlo in piedi. Seguiranno altre forme di ringraziamento e di risarcimento? «Abbiamo ancora molto da chiedere», avvertono da Bolzano. Si vedrà.Intanto, le cifre dicono questo. I cittadini dell’Alto Adige spendono più di tutti gli altri nel resto d’Italia per mantenere la burocrazia locale. La pubblica amministrazione costa ad ognuno di loro 1231 euro. I piemontesi ne sborsano 112, i lombardi 58. La regione autonoma della Sardegna spende per i suoi uffici e istituzioni 283 euro a persona all’anno, un quinto di quanto si paga per le stesse funzioni a Bolzano. E così via. Il ministro, non certo sudista, Roberto Calderoli ha accusato Durnwalder di guadagnare trentaseimila euro all’anno, più di Barack Obama. Il presidente sudtirolese si difende: «Prendo meno del direttore generale della Cassa di Risparmio locale e penso di meritarmi questo stipendio». Forse ha ragione lui. Quel che è certo è che un sindaco dell’Alto Adige ha a disposizione il 78,2 per cento di risorse in più rispetto a un sindaco del Bellunese. Per ogni euro incassato da Belluno, Bolzano ne incassa 63,56.La provincia bolzanina si tiene in loco il 90 per cento delle tasse. E trattiene anche il novanta per cento dell’Iva pagata sul territorio, delle imposte sul registro, su successioni e donazioni, delle tasse automobilistiche, sulla benzine e sulle sigarette. Oltre ai proventi del lotto e al cento per cento dell’imposta sull’energia elettrica. Le regioni a statuto ordinario hanno diritto solo al 45 per cento dell’Iva locale. Che il Veneto soffra d’invidia è naturale. E non è l’unico, ovviamente. Basti pensare a quanto anche il governatore lombardo, Formigoni, non sopporti più questi tipo di squilibri geo-politico-finanziario-tributari. E per tornare al Veneto, così è stato scritto su un quotidiano nazionale: «I bellunesi guardano l’Alto Adige come la piccola fiammiferaia guardava l’oca arrostita sulla tavola della famiglia ricca». L’immagine rende l’idea. E ripetuti sono stati i tentativi (falliti) dei cugini poveri del vicino Veneto di farsi adottare di cugini ricchi del Trentino-Alto Adige. Referendum stravinti dal fronte dell’annessione, ma restati lettera morta. Cresce intanto sempre di più il numero di coloro che, al Nord e al Sud, si chiedono: nell’Europa senza frontiere di oggi, e con i conti pubblici in rosso, ha ancora un senso - soprattutto economicamente - questa autonomia alto-atesina estesa alla confinante provincia di Trento? Questioni accademiche, puri sofismi, e niente cambierà. Compreso il fatto che lassù, nel governatorato di Durnwalder, dei 150 se ne infischiano. E Napolitano, ma non solo lui, ci soffre.

 

 di Mario Ajello da http://www.ilgazzettino.it/

 
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