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La chiamano la Terra dei Fuochi. La chiamano così a causa dei roghi che, ogni giorno, qui divampano, innalzando verso il cielo un fumo nero, denso, maleodorante. Un fumo che raggiunge, inevitabilmente, i centri abitati, si insinua nelle case e viene respirato da uomini, donne, bambini.
Porta diossina, per lo più, ma è impossibile calcolare quante sostanze tossiche esso nasconda. Si sa solo da chi provenga, sebbene per anni sia calato il silenzio e mai nessuno l'abbia voluto dire: dalla Camorra e, conseguentemente, da uno Stato assente quando non connivente.
La Terra dei Fuochi è tornata alla ribalta, in questi giorni. Si configura come un argomento cardine: vip che “adottano” i comuni interessati -in special modo nella fascia che collega Napoli, Caserta e Latina-, persone che sfilano in marcia e i media che, improvvisamente, come se essa fosse venuta a crearsi da un giorno all'altro, hanno finalmente deciso di parlarne e ricordarla. Eppure sono anni che nel basso Lazio e nella Campania si muore per via dell'inquinamento e dell'ecomafia; sono da dieci anni che il boss dei casalesi, poi pentito, Carmine Schiavone, racconta la sua verità riguardo lo smaltimento illecito dei rifiuti tossici. Scorie nucleari o industriali, dati alle fiamme alle stesse ore, gli stessi giorni, come una routine consolidata, disarmante e mai dico MAI ostacolata. Oppure seppelliti nelle cave, in mezzo alla terra, lungo le strade, ovunque. Il tutto in cambio di soldi, provenienti per lo più dal Nord d'Italia, dal territorio delle industrie che, degli scarti, non sa che farsene e preferisce veicolarli verso il meridione, in mano alla criminalità organizzata, al fine di creare un'enorme discarica a cielo aperto. La Camorra ha scoperto un business incredibile, più fruttuoso del traffico di stupefacenti, e se n'è fatta regina. Con prezzi stracciati si è offerta come “impresa” in grado di liberare le industrie dai rifiuti pericolosi, a scapito dell'ambiente e della vita altrui: di fronte al fruscio delle banconote poco importa se debbano morire bambini e innocenti, con tante sofferenze! E così, giorno dopo giorno, anno dopo anno, la spazzatura s'è accumulata nei terreni campani, le scorie hanno intaccato la terra, la vegetazione è morta e i fiumi sono anneriti. Tutti lo sapevano, in pochi hanno parlato. Chi lo ha fatto è rimasto inascoltato o, peggio ancora, messo a tacere. Le dichiarazioni che rilasciò Schiavone nel '95, alla commissione Ecomafie, si persero nel nulla; e a tutt'oggi sono secretate. In esse, raccontò in seguito, aveva citato i luoghi in cui i Casalesi nascondevano i rifiuti, soprattutto radioattivi, richiusi in cassette in piombo “che col tempo si saranno aperte”. Gli risposero che bonificare costava troppo, meglio lasciare tutto com'è, come a dire: “ci penseranno i superstiti”. Ma Schiavone però è tornato a parlare. Lo ha fatto lo scorso settembre e, seppur con fatica, le sue dichiarazioni, stavolta, sono state ascoltate. Finalmente qualcuno ha iniziato a trattare seriamente l'argomento della Terra dei Fuochi e del male che ogni giorno si spande tra i comuni di Qualiano, Giugliano in Campania, Orta di Atella, Caivano, Acerra, Nola, Marcianise, Succivo, Frattamaggiore e Frattaminore, Melito di Napoli, Mondragone e Castelvolturno. Ma non solo: quella dello smaltimento illegale dei rifiuti è una piaga che colpisce tutt'Italia; la Terra dei Fuochi è soltanto la punta dell'iceberg. E' laddove la gente ha cominciato a morire prima, compresi bambini di pochi mesi, per leucemie e tumori. Anche se poi il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, ha spiegato che, in fondo, se in quella regione si muore, è soltanto per colpa delle abitudini di vita. Non c'entra niente l'avvelenamento che da oltre un decennio si consuma, un eccidio silenzioso che, nel 2060, si mostrerà in tutta la sua inquietante gravità: sarà, allora, secondo gli esperti, paragonabile soltanto a Chernobyl.
“Mantenevamo caserme, carabinieri e Guardia di finanza” e “spostavamo 70 - 80mila voti”, ha raccontato Schiavone, a dimostrare chiaramente come il traffico di rifiuti sia una consuetudine, in Campania. Come la Camorra sia sempre più politicizzata e la politica “camorrizzata”. Impossibile, d'altronde, non chiedersi, in questi giorni in cui il triangolo della morte, la Terra dei Fuochi, occupa le pagine dei giornali, dove fossero le autorità mentre si gettavano le basi di un biocidio. Ebbene: erano lì, presenti, conniventi e silenziose. Corrotte, dal potere dei soldi, a scapito dei cittadini. Inutili gli appelli, le petizioni giunte sul tavolo anche dell'attuale capo della Polizia, dott. Pansa, le urla delle madri costrette a dire addio ai propri figli di pochi anni (il piccolo Riccardo è morto a 22 mesi di leucemia) per colpa della situazione. Nessuno ha mai fatto niente, tranne i pochissimi “irriducibili”, Don Maurizio Patriciello in primis, che solo qualche giorno fa richiedeva ancora un intervento concreto, che non si basasse soltanto sulle tante promesse e belle parole da parte dello Stato. Gli abitanti del luogo vogliono sopravvivere: vogliono bonifiche, pulizia, vogliono poter respirare senza sapere che ad ogni respiro perderanno un po' di vita. E lo vogliono subito.
Che poi l'emergenza sia gravissima lo testimoniano anche le statistiche, che segnalano un vertiginoso aumento di patologie, e i più importanti oncologi campani, quelli che quasi tutti i giorni si trovano a diagnosticare un tumore diverso, provocato da quelle sostanza disperse nell'aria e nelle falde acquifere (famosa fu la frase del boss dei Casalesi, al riguardo: “Che ci importa, tanto beviamo acqua minerale”). Nei cibi stessi che gli abitanti mangiano e che poi raggiungono tutta l'Italia, trovando spazio sulle nostre tavole, nei nostri supermercati. Frutta e verdura, ma anche prodotti caseari, e derivati animali. Un cancro che si spande ovunque, silenzioso e letale, non contrastato da chi avrebbe i mezzi, o per lo meno le possibilità, per farlo.
Ora ne parlano. Ora i rifiuti saltano fuori da sotto la terra, ora si notano i fumi neri, e lo Stato s'indigna. Tutti vicini ai cittadini, tutti pronti a sottolineare quanto sia importante riportare la legalità nella Terra dei Fuochi, combattere la mafia e salvare l'ambiente e la salute. Sono gli stessi che per anni hanno taciuto, che per anni hanno fatto finta di niente e, anche sul piano politico, hanno tagliato la spesa sanitaria, spingendo i nosocomi di Napoli - compreso l'Istituto Nazionale Tumori “Pascale”- ad un passo dalla chiusura. Frattanto, nessuno ha ancora fatto nulla per bloccare i fuochi, che continuano ad accendersi e bruciare spazzatura e speranze di vita.
E nessuno ha neanche ascoltato quando i pentiti raccontavano di come il clan dei Casalesi avesse intessuto rapporti persino con le aziende farmaceutiche: i primi sotterravano i rifiuti e provocavano tumori, le seconde tiravano fuori medicinali ad hoc, per un valore medio, a iniezione, di 1.500 euro.
Per questo e per altri motivi, è vero che la colpa è dei Casalesi. Ma la caccia dei responsabili non può limitarsi alla criminalità organizzata che, per quanto esecrabile, è stata il braccio di un sistema che nella politica, nelle istituzioni e nelle autorità ha trovato complicità.
Anche se i suoi esponenti oggi si vestono da salvatori e si dicono pronti a tutelare la vita di chi prima hanno contribuito, e non di poco, ad uccidere.
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