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Venticinque anni di cronaca e di storia maledetta, una lunghissima teoria di ricordi che testimoniano l’indifferenza dello Stato e il silenzio di quanti hanno visto, talvolta hanno subìto, molto più spesso hanno condiviso i lautissimi guadagni del traffico di rifiuti. Perché la verità scomoda che nessuno dice è che molti, se ancora vivi, sanno dove sono nascosti i fusti dei veleni perché hanno messo anche i propri terreni a disposizione incassando fino a cinque milioni di lire per ogni carico e costruendo su quelle scorie le case per se stessi e i propri figli. Anche questo dovrebbero sapere coloro che oggi urlano e insultano, rivendicando una ben misera primogenitura della denuncia e che allora lasciarono soli quanti si affannavano, nell’indifferenza generale, a segnalare il pericolo, le infiltrazioni mafiose nell’affare, i primi picchi sospetti di malattie linfatiche e tumorali (Rosaria Capacchione - La memoria corta, l’elogio dell’insulto e la dittatura del web 17/9/2013).
Tutti sanno tutto. Politici, giornalisti, magistrati e cittadini. Da 30 anni. Mentre l’emergenza rifiuti dura da 20. È inutile alimentare questa incredibile storia, emblema del collasso democratico nel nostro Paese, con nuovi sedicenti scoop e ritrovamenti di rifiuti tossici. La storia è nota, tutti sanno tutto, e riguarda il Paese, interessa ognuno di noi anche se continua a essere trattata perlopiù come cronaca locale. Adesso la vera questione, che dovrebbe essere al centro di un’agenda politica e giornalistica nazionale, al centro di un dibattito pubblico è: cosa fare? Sto parlando della Terra dei Fuochi, dell’Inferno di Gomorra. Una terra distrutta, inquinata, avvelenata, costretta a risucchiare rifiuti per anni e anni dalla criminalità organizzata, con la complicità di politici, imprenditori, cittadini e istituzioni che avrebbero dovuto controllare, monitorare, proteggere e garantire la salute pubblica. Ho provato a fare un quadro complessivo su una delle vicende più scandalose e altrettanto ignorate del nostro Paese. È un modo per contribuire a raccontare quello che Angelo Ferrillo, ideatore e responsabile della Terra dei Fuochi ha giustamente definito «Il più grande avvelenamento di massa di un Paese occidentale, la più grande catastrofe ambientale a ‘partecipazione pubblica’». Per fortuna alcuni coraggiosi giornalisti hanno seguito e raccontato in questi anni cosa stava succedendo, per fortuna tanti cittadini si sono mobilitati e organizzati, hanno denunciato. Per fortuna alcune inchieste della magistratura hanno portato alla luce fatti e reati. Anche se molti processi finiscono in prescrizione. È il caso della madre di tutte le inchieste sul traffico dei rifiuti tossici, Cassiopea, con 95 imputati, tra cui molti imprenditori del Nord Italia: è finita nel nulla. E con la prescrizione si è concluso il processo che ha visto imputati, tra gli altri, l’ex governatore della Regione Campania Antonio Bassolino e i vertici del gruppo Impregilo. «Volevamo giustizia, è arrivata l’impunità» così hanno commentato il comitato Ginestra di Terzigno e le donne del comitato 29 Agosto che hanno seguito il processo. Denunce, mobilitazioni, commissioni di inchiesta, indagini e processi non sono bastati a fermare il “biocidio“: in Campania il disastro ambientale si accompagna al più alto tasso di mortalità per tumore in tutta Italia. Sul tasso di mortalità il disastro è stato confermato anche dal Ministero della Salute: «Per quanto riguarda i tumori maligni nel loro complesso, la mortalità in Campania tra gli uomini è superiore ai valori dell’intera Italia per il contributo delle province di Caserta e Napoli». Secondo il Ministero, però, il dato dipende interamente dallo stile di vita della popolazione locale (!). Antonio Marfella, ricercatore di medici per l’ambiente, sostiene che «In Campania non è stato accertato scientificamente il collegamento tra inquinamento e patologie correlate perché, ad oggi, nessun’istituzione lo vuole cercare». La Commissione Sanità del Senato ha aperto intanto un’indagine per verificare questa connessione. In ogni caso, uno studio commissionato dalla Protezione Civile nel 2004 aveva già individuato questa correlazione: L’analisi statistica ha permesso di rilevare un’associazione tra la presenza di siti inquinati e alcune criticità sanitarie. Nell’interpretazione dei risultati vanno tenute in considerazione alcune limitazioni di completezza, accuratezza e risoluzione spaziale dei dati. In ogni caso, le associazioni osservate, la loro consistenza e coerenza, suggeriscono che le esposizioni legate alla presenza di siti di smaltimento incontrollato/illegale di rifiuti, subite dalla popolazione nei decenni precedenti al 2002 (ultimo anno di disponibilità dei dati), giochino un ruolo importante fra i determinanti della salute nelle Province di Napoli e Caserta. Sulla correlazione tra rifiuti combusti – quello dei roghi è un altro fenomeno gravissimo correlato alla crisi dei rifiuti – e patologie tumorali segnalo l’intervista a Pietro Comba, responsabile del dipartimento Epidemiologia Ambientale dell’Istituto Superiore della Sanità. La situazione è drammatica e insostenibile sul piano della salute. Ogni giorno vengono smaltite non meno di 30mila tonnellate di rifiuti tossici industriali, gran parte di queste attraverso roghi. Per ogni borsa prodotta in nero e venduta in strada a Napoli o a Caserta c’è mezzo chilo di rifiuto smaltito e nessuno sa come. La “terra dei fuochi” è la più grande industria in regime di evasione fiscale che il mondo possa immaginare (Antonio Marfella, tossicologo e oncologo dell’Istituto Nazionale Tumori Irccs “Fondazione G. Pascale” di Napoli e referente di Medici per l’Ambiente). A proposito di roghi tossici, l’ultimo rapporto di Legambiente – presentato il 18 settembre 2013 e preparato in base ai dati dei Vigili del Fuoco incaricati dal viceprefetto Donato Cafagna, l’uomo del Ministero dell’Interno che da novembre lavora sulla Terra dei Fuochi – denuncia oltre 6.034 roghi di rifiuti tra Napoli e Caserta. Dal 2001 ad oggi ci sono state 33 inchieste per attività organizzata di traffico illecito di rifiuti condotte dalle Procure attive delle due province (Napoli, Nola, Torre Annunziata e Santa Maria Capua Vetere). Si tratta di più del 15% di quelle svolte in tutto il Paese che hanno portato i magistrati ad emettere «311 ordinanze di custodia cautelare, con 448 persone denunciate e 116 aziende coinvolte». Il Ministro Orlando in questi giorni ha parlato di roghi tossici arginati, dichiarazione contestata da Ferrillo che continua a documentare un fenomeno tutt’altro che arginato raccogliendo video, foto e segnalazioni dei cittadini sulla pagina facebook :www.facebook.com/LaTerraDeiFuochi?fref=ts
Questo articolo esce in contemporanea su Valigia Blu e Fanpage
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