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I vantaggi dell'unità d'Italia

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I SAVOIA: La vera negazione

 

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Il peso del silenzio

Post n°1612 pubblicato il 23 Marzo 2011 da luger2
 

 

"Ed è accaduto che i meridionali abbiano fatto propri i pregiudizi di cui erano oggetto. E che, per un processo d'inversione della colpa, la vittima si sia addossata quella del carnefice. Succede quando il dolore della colpa che ci si attribuisce è più tollerabile del male subito."

 

"Chi emigra, abbandona una comunità e una terra che figurano deboli e perdenti e mira a radicarsi in altrove che appare forte e vincente: l'emigrato non appartiene più alla sua gente, e non ancora all'altra (così crede). In cerca di identità, non può che scegliere, lui sradicato e sospeso, la più forte. E questa sua nuova appartenenza è tanto più certa, quanto maggiore è la distanza che frappone fra ciò che era e ciò che vuole essere (in La lingua degli emigrati, si legge che essi ; e vogliono uscirne. Si educano ad altro da quel che sono. Quando il carnefice ti toglie tutto, l'unico punto di riferimento che ti rimane è il carnefice. Lo imiti).

 

"Quel che gli italiani venuti dal Nord ci fecero fu così spaventoso, che ancora oggi lo si tace nei libri di storia e nelle verità ufficiali; si tengono al buio molti documenti che lo raccontano. Una parte dell'Italia, in pieno sviluppo, fu condannata a regredire e depredata dall'altra, che con il bottino finanziò la propria crescita e prese un vantaggio, poi difeso con ogni mezzo, incluse le leggi."

 tratto da Terroni di Pino Aprile

 

 

 
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Il Risorgimento e il Brigantaggio

Post n°1611 pubblicato il 23 Marzo 2011 da luger2
 

 

Il Risorgimento e il Brigantaggio. Un olocausto tutto italiano

 Livia Langiano

langiano_risorgimento  IL LIBRO – L'Autrice, con documentazione alla mano, ha ripercorso tutto il periodo storico del risorgimento. È un libro che fa riflettere e che porta alla luce i fatti e misfatti degli invasori del Sud.

  DAL TESTO – “Tra i deputati, addirittura dei Settentrionali sono sconcertati: uno per tutti, Giuseppe Ferrari, milanese, a differenza del celebrato Cavour, nel 1862 volle visitare il Sud per rendersi conto della gravità della situazione, di cui tanto sentiva parlare dai suoi colleghi meridionali: a parte la distruzione pressoché totale di una Gaeta, che solo l’opera dei suoi cittadini cercava di rimettere in sesto, trovò Napoli, ridotta ormai al rango di normale città di provincia, in preda alla delinquenza più incontrollata. Questo era stato un altro dei “capolavori” del buon Liborio Romano, il quale […] in prospettiva dell’ingresso in città di Garibaldi aveva avuto la tragica idea di mettere l’ordine pubblico in mano all’emergente camorra. Questa, oltre a continuare ciò che aveva sempre fatto, cioè delinquere, coccarda tricolore in testa, consumò le sue vendette personali contro i più volenterosi tra i poliziotti locali. È allo stesso modo ovvio che, nel momento in cui costoro vennero “restituiti” alla cittadinanza, al compimento del processo unitario, il loro prestigio e potere ormai raggiunti li aveva resi praticamente intoccabili dalle stesse Autorità”.

  L’AUTRICE – Livia Langiano, nata a Roma, laureata in Lettere e Filosofia all'Università La Sapienza, addetto stampa e pubbliche relazioni (titolo riconosciutole dalla Comunità europea), ha già collaborato fattivamente con la Casa editrice “Global Press Italia”. La passione per la letteratura e per la critica l’ha spinta a pubblicare il suo primo saggio:L'officina novellistica di Tozzi. Ora ha preso il via ed ha scritto il suo secondo libro: Il Risorgimento e il Brigantaggio (un olocausto tutto italiano). Entrambe le opere hanno riscosso molto successo.

  INDICE DELL’OPERA – Nota dell’Editore – Introduzione – Capitolo I. L’espansionismo piemontese – Capitolo II. Il quadro politico internazionale – Capitolo III. Il Regno delle Due Sicilie – Capitolo IV. Situazione economico-sociale-finanziaria del Regno delle Due Sicilie – Capitolo V. L’ultima dinastia meridionale: i Borbone – Capitolo VI. La spedizione – Capitolo VII. L’avanzata – Capitolo VIII. La fine del Regno – Capitolo IX. La rivolta, il brigantaggio, la repressione – Capitolo X. L’ultima vergogna: le (tentate) deportazioni all’estero e le (riuscite) deportazioni al Nord – Capitolo XI. Conclusione. I risultati dell’Unità – Bibliografia. Testi e siti di riferimento Global Press Italia, pagg.212, Euro 18,00

 

 
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Sul Sud…chiunque sentenzia

Post n°1610 pubblicato il 23 Marzo 2011 da luger2
 

E’ proprio vero. Al sud non ci dobbiamo permettere di pensare che qualcosa, in un tempo lontano, sicuramente anteriore a 150 anni fa, andasse bene, e men che meno far sapere che la prima tratta ferroviaria in Italia, terza d’Europa, fu la Napoli-Portici, a dimostrazione che sotto i Borbone c’era intelligenza, tecnologia e progresso. No! Proprio no! E allora, se proprio questo non si può negare, allora tiè: subito pronto il confronto con il nord, come a dire: “ pagate pegno”!

Probabilmente è questo che ha spinto Angelo Lomonaco a scrivere un lungo articolo sul “Corriere del Mezzogiorno” di domenica 20 marzo 2011, nel quale, con tanto di tabella-dati Svimez, definisce “Falso mito” il regno borbonico delle ferrovie, dimostrando che il nord, all’epoca dell’Unità , aveva più Km di ferrovia del sud.

E grazie, altrimenti al nord come si muovevano, coi muli?  L’autore dell’articolo però dimentica (forse) una cosa molto importante, e cioè che quella di non incrementare la linea ferroviaria fu una scelta strategica dei Borbone che preferirono investire in quelle che venivano definite “Autostrade del mare”. Il sud , tanto per ricordare a qualcuno un po’ di geografia, poteva sfruttare km e km di costa, e lo dimostra il fatto che il Regno delle due Sicilie aveva la I^ flotta mercantile e militare d’Italia, la I^Compagnia dinavigazione del Mediterraneo e fu duosiciliana la prima flotta italiana giunta in America e nel Pacifico. Non solo, ma gli scambi commerciali il Regno delle due Sicilie, li intratteneva essenzialmente con paesi del Nord Europa e Stati Uniti…certo non raggiungibili con le ferrovie.

Probabilmente i Borbone non avevano ritenuto importante incrementare la linea ferroviaria perché non gli serviva, perché il nord era più arretrato. Non era il nord il partner privilegiato per gli scambi commerciali e, tra l’altro, forse non ritenevano di dover importare dal nord il mais, col rischio di far ammalare i sudditi di pellagra!

L’articolo in questione riflette ancora una volta, dunque, il modo truffaldino di presentare i fatti, che quando si tratta del sud, è quasi legittimo.

Pertanto, per restare all’articolo di Lomonaco, cosa dovremmo dire, che Ferdinando II è da condannare per non aver costruito più km di ferrovia? Condanniamolo! Ma, quale condanna dovremmo ipotizzare per un’Italia Unita(?) nella quale, dopo 150 anni , il Sud ha migliaia di km di ferrovie in meno del nord, ( dati Svimez), dove l’elettrificazione copre appena il 30%, un’Italia che, mentre pensa all’alta velocità per il nord, non è riuscita a dare la linea ferroviaria a una città come Matera, i cui cittadini pagano pure essi le tasse per mantenere “QUESTO STATO? Di questi dati sarebbe interessante che Lomonaco scrivesse e spiegasse, altrimenti tutto il resto è…noia!

di Antonella Musitano  da http://www.ondadelsud.it

 
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Vulesse Addeventare nu Brigante-Vorrei diventare un brigante

Post n°1609 pubblicato il 22 Marzo 2011 da luger2
 

La canzone "Vulesse Addeventare nu Brigante" tradotta in italiano ed in inglese.
The song "Vulesse addeventare nu Brigante" translated into Italian and English.

Brigandage Post Unit in southern Italy, historically began after thedeparture into exile of King Francis II of Bourbon, which occurredFebruary 13, 1861, two days later we were the first uprisings. Thatpeople who rebelled was branded with the word "Brigands" by'French idiom that means thug robber, bandit. The repression inthe Piedmont was very violent act! The new Kingdom of Italy 211,500 soldiers deployed well and sent his officers the mostimportant, yet for a long time could not destroy even a band. In1863, was introduced by a parliamentary commission of inquirychaired by Representative Joseph Massari which set out thecauses of banditry: the misery of the people, obviously due to the oppression Bourbon, was poor because it is hungry by the Bourbons. The report Massari had resulted in the promulgation of<Legge Pica> authorizing a state of siege in the countries beatenby robbers.

Result: almost a million deaths, destroyed 54 countries, andunprecedented violence and rapes, summary executions andprocesses. From a diary of an officer of Savoy: <Entrammo in acountry and immediately we began to shoot as many priests anduomini, capitavano>. Pontelandolfo town of Benevento was literallyrazed to the ground. The current historiography has recognized thata crack-
brigandage has more victims than all other wars put together the Risorgimento. The robbers were patriots and resistant!

 
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Il Risorgimento piemontese visto da un grande meridionalista

Post n°1608 pubblicato il 22 Marzo 2011 da luger2
 

 

Angelo Manna è da considerarsi tra i più grandi scrittori meridionalisti. Studioso di cose risorgimentali, ha insegnato ad una generazione, la nostra, ad amare il Sud e la sua storia. È stato uno dei primi a scoprire la potenza che possono emanare le onde televisive: quando parlava lui, le altre Tv ammutivano quasi; nell'ora della sua trasmissione riusciva a catturare l'ascolto di migliaia di napoletani e non solo. Le onde di Canale 21, negli anni '80, oltrepassarono infatti, i confini della Campania e ben presto la popolarità dello storico napoletano varcò anche l'oceano approdando nelle Americhe.
Oltre mille ore di trasmissione dell'emittente televisiva privata su quello che è stato il risorgimento nel Sud, svegliarono di colpo le coscienze sopite dei napoletani. Manna si presentava sugli schermi in modo elegante, capelli lisci, neri, imbrillantinati e tirati all'indietro, da vero meridionale, da vero napoletano, linguisticamente raffinato, serioso, arrabbiato, con la rabbia di chi sa di essere stato preso per i fondelli dalla storia di regime, intercalando sapientemente, a volte, qualche battuta in lingua autoctona, altre volte frasi in latino., in francese. Da quegli studi Manna tuonava contro i cosiddetti padri della patria, contro Garibaldi, contro Cavour, contro i Savoia, contro i corrotti del centrosinistra di allora che aveva fondamenta solide e che paragonava ai corrotti dell'800. Cosa nuova ed inedita in quei tempi dissacrare i liberatori, i rigeneratori, i massoni, re e primi ministri del regime savoiardo ritenuto sacro fino ad allora.
Un partito, il MSI, intuendo l'Affair elettorale pensò bene di intruppare il grande storico nel proprio partito alle elezioni del 1983. Manna sbalordì tutti prendendo oltre 130 mila voti di cui validi 90 mila, venendo poi rieletto anche nel 1987.
La sua carriera politica finì quando, da deputato in carica, presentò un'interpellanza all'allora ministro della difesa Giovanni Spadolini in data 25 settembre 1990.
Fonte:Ass. culturale amici di Angelo Manna

Di Antonio Ciano

 

Manna era il nostro mito.
Nel giugno del 1996 fu pubblicato "I savoia e il massacro del Sud", una sera ricevetti una telefonata, era Manna, mi disse" é il prof Ciano?", io risposi che no, che aveva sbagliato numero. Infatti ho due cugini professori e portano il mio stesso nome e cognome, ma dopo pochi minuti mi richiamò e mi disse" é casa Ciano? quello che ha scritto il libro sui savoia?" ed io "si, ma non sono professore- e lui" ah no? io sono Agelo Manna-Non credevo alle mie orecchie, pensavo fosse uno scherzo, ed io- ah, e io sono napoleone bonaparte!!- scoppiò a ridere come un matto, ma riconobbi la voce, perchè lo ascoltavo su canale 21. Mi chiese se era possibile incontrarci, ed io gli dissi di si. La sera successiva venne a Gaeta, e mi portò la sua interpellanza che conservo ancora, interpellanza che poi trascrissi pari pari sul mio secondo libro. Siamo rimasti amici fino alla sua morte. Nella trattoria Masaniello nacque il partito del Sud e lì nacque pure la prima telestreet italiana, TMO gaeta, perchè doveva dare spazio alle voci di Lucio Barone, Angelo Manna e Mimino Ciaramaglia, scrittore di Gaeta.

Avevamo costituito un laboratorio politico. Sono morti tutti e tre a poca distanza l'uno dall'altro.Con la loro morte persi la speranzo di portare avanti la speranza dei merdionali, rimase TMO che mi diede la possibilità di trasmettere ai miei concittadini la storia che conoscevo. Quando fui denunciato mi difese in tutte le sedi culturali napoletane.

Angelo è stato un faro, era stato eletto da indipendente nelle liste del Msi, ma dopo quella interpellanza, come si può leggere sul mio libro, fu cacciato dalla politica italiana e dal MSI, ma lui se ne "fotteva" queste erano le sue parole, era meridionale e il MSI gli era servito per portare a segno il colpo più bello della sua vita, l'interpellanza che ha dato a tutti noi la speranza di un cambiamento totale della politica e dell'essere meridionali.

Angelo Manna era un vulcano in piena, Ciaramaglia un filosofo, Lucio Barone uno stratega, io ero il peggio, ma anche il più giovane.

Un giorno mi invitarono a raccontare il mio libro in un circolo massonico, telefonai ad Angelo, io non volevo andarci, ma lui mi disse: "ma come, dobbiamo andare, vediamo chi è sta gente" andammo, c'era la crema di quel paese, chiusero il ristorante" dissi a Manna- Angelo, qui ci fanno la pelle - e lui- coò cacchio, fuori vi sono almeno 50 poliziotti- e disse sta cosa anche ai massoni.

Io ci credetti, ma quando andammo via mi disse- Antò, ci hanno creduto, siamo ancopra vivi.

tratto da: http://partitodelsud.blogspot.com

 
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Ma siamo sicuri che la secessione non convenga al sud?

Post n°1607 pubblicato il 22 Marzo 2011 da luger2
 

Secondo un’indagine Istat relativa al commercio estero, le attività di export delle regioni italiane sarebbero in crescita, con delle significative differenze territoriali.     Nel confronto tra il 2009 ed il 2010, infatti, la crescita media delle esportazioni italiane è stata pari al 15,7%. Consultando i dati forniti da Istat spicca subito la grande crescita delle esportazioni nell’Italia insulare, che ha raggiunto quota +51,7% grazie soprattutto ad un forte incremento delle esportazioni di prodotti petroliferi raffinati.  In crescita anche le esportazioni per l’Italia centrale, con un +17,2%, seguita dall’Italia meridionale con un +15,9%, dall’Italia nord-occidentale e dall’Italia nord-orientale (rispettivamente +14,1% e +15,4%). In negativo soltanto la voce relativa a “Province diverse e non specificate”, con -18,6%.Nell’Italia nord-occidentale, la regione che può vantare l’incremento di esportazioni maggiore, nell’ultimo anno è la Valle d’Aosta, con il +36,3%, nell’Italia nord-orientale il Trentino Alto Adige con +19,4%, nell’Italia centrale il Lazio con +24,0% e nell’Italia meridionale la Puglia con +20,2%. Godono di grande floridità nell’export, come detto, Sicilia e Sardegna, che possono vantare rispettivamente percentuali come +47,6% e +59,4%.Quanto all’analisi per aree geoeconomiche, c’è da sottolineare come gran parte delle esportazioni del Mezzogiorno sono state indirizzate verso paesi extra Ue e verso la Spagna. Per le altre regioni d’Italia, invece, crescono le esportazioni verso paesi europei, soprattutto Francia, Regno Unito e Germania. Quanto ai paesi extraeuropei, si segnalano degli aumenti soprattutto verso Mercosur, Cina e Turchia, soprattutto dalle regioni meridionali...  Ma c'è di più: Il Settore Aerospaziale è, per sua natura, un settore ad elevata tecnologia. La disponibilità di tecnologie avanzate e, ancor di più, la capacità di svilupparle con continuità è considerata in ogni paese il requisito base per la crescita e per un successo duraturo della propria Industria.Il CIRA è uno dei pochi centri di ricerca aerospaziali al mondo ad avere sia dei laboratori di terra che laboratori di volo la cui sinergia permette, grazie anche ai laboratori teorico numerici, di avviare progetti scientifici altamente tecnologici ed innovativi, sviluppandoli e seguendoli fino alla fase di commercializzazione.Queste caratteristiche, oltre alle capacità dello staff che vi lavora, rendono il centro molto importante non solo da un punto di vista nazionale ma anche internazionale. La sede e i laboratori del centro sono situati a circa 50 km a nord di Napoli presso la città di Capua, zona scelta per l'alta concentrazione di aziende aerospaziali e la presenza di ben due università, Federico II e la Seconda Università di Napoli, con corsi di ingegneria aerospaziale.      Il centro si sviluppa su un'area di 600.000 m², area che, oltre ad ospitare gli uffici del personale, ospita diversi laboratori scientifici dove vengono effettuati gli esperimenti. La partecipazione congiunta pubblica-privata fa si che gli obiettivi del CIRA siano coerenti con gli indirizzi strategici nazionali e con le esigenze delle imprese, contribuendo così allo sviluppo economico e sociale del paese. Dal 2005, il Centro Italiano Ricerche Aerospaziali è anche uno dei soci del Centro Euro-Mediterraneo per i Cambiamenti Climatici (CMCC). L’anno scorso, secondo gli ultimi dati Istat, c’è stata una pesante contrazione dei viaggi. Complice la crisi economica, molti italiani hanno preferito restare a casa o, al massimo concedersi solo qualche giorno. Niente più vacanze di un mese o due settimane, meglio qualche tuffo giusto per staccare la spina. L’Istituto di statistica evidenzia che tra le mete più gettonate dagli italiani ci sono quelle del Mezzogiorno. Nella graduatoria delle mete preferite per vacanze lunghe tra luglio e settembre svetta la Calabria (8,7%), seguita dalla Puglia (8,6%), dalla Sicilia (7,2%) e la Sardegna (7%). Il porto di Napoli è il secondo al mondo dopo quello di Hong Kong per scalo passeggeri, nel 2008 sono transitate circa 9.000.000 di persone. Il traffico merci è stato, per lo stesso anno, di circa 19 milioni di tonnellate, ed i container transitati sono stati poco meno di mezzo milione. La maggior parte dei traffici si svolgono nei due moli più importanti e centrali: il Molo Angioino, destinato all'approdo delle navi da crociera, con la famosa Stazione Marittima (la più vasta del globo con i suoi 12 km quadrati di superficie e i 10 approdi per navi di grande e medio tonnellaggio) e il Molo Beverello, dove attraccano i traghetti e gli aliscafi che collegano Napoli con le isole del Golfo (Capri, Ischia, Procida). In Italia la produzione annuale di agrumi si aggira intorno ai 3.6 milioni di tonnellate ottenute su una superficie totale di circa 170.000 ettari. La principale Regione produttrice è la Sicilia che da sola produce il 60% delle arance e l'85% dei limoni. Seguono in ordine la Calabria che produce il 40% di mandarini e clementine, la Puglia, la Basilicata, la Sardegna e la Campania.Analizzando le produzioni degli ultimi 4 anni vediamo in crescita le arance e le clementine (+ 40% circa), mentre sono in forte calo la produzione di limoni e mandarini (-20% circa), dati in linea con il calo della domanda da parte dei consumatori.Notizia recente è l'apertura dell'export italiano alla Cina, dove il Vice-Ministro dell'Aqsiq (Amministrazione Generale della Supervisione della Qualità, Ispezione e Quarantena cinese), Pu Chang Cheng, ha garantito l'impegno del Governo cinese a inviare i suoi ispettori in Italia, che è il primo passo verso il via libera alle esportazioni degli agrumi. Citiamo solo alcuni numeri molto interessanti per rendersi conto della produzione di olio d'oliva in Italia. Secondo le ultime stime fornite dal COI (International Olive Council) l'Italia è il:secondo Paese produttore dopo la Spagna con una media di oltre 600 mila tonnellate di olio su un totale mondiale di 2,7 milioni di tonnellate. Il peso delle produzioni a denominazione è dell'1,2%;secondo Paese esportatore (340 mila tonnellate), dopo la Spagna. L'export mondiale complessivo per l'olio d'oliva è di circa 1,5 milioni di tonnellate.L'Italia ha riserve accertate di petrolio e di gas naturale pari a 1,9 miliardi di barili equivalenti petrolio (Boe), mentre quelle ancora da scoprire sono valutate fra un minimo di 1,2 miliardi e 4 miliardi di boe. Lo evidenzia un report dell'Assomineraria, l'associazione delle aziende del settore dell'esplorazione e produzione di idrocarburi. I giacimenti di petrolio più importanti in Italia si trovano in Sicilia e nel suo immediato offshore, in particolare il giacimento di Ragusa, quello di Gela e quello di Gagliano Castelferrato. Oltre a questi vi sono anche altri giacimenti nella parte orientale dell'isola come in quella occidentale. Vi sono poi, tra i più importanti, quelli dalla Val d'Agri, in Basilicata... C'è anche da dire che nella sola Sicilia si raffina il 40% del petrolio che si consuma in tutto il paese, ma ci sono raffinerie anche in Puglia (Taranto), dove si raffina in particolare il petrolio lucano. Lasciando il campo produttivo dove sicuramente non ho citato tutto, ci ritroviamo un patrimonio monumentale ed architettonico unico al mondo; la penisola italiana ha la metà del patrimonio mondiale di monumenti, la sola Napolitania ne ha più della metà ovvero più del 25% del patrimonio monumentale mondiale con ben 21 siti nella lista dei Beni mondiali dell’Umanità riconosciuti dall’UNESCO. Abbiamo nove parchi nazionali. Nel campo della cultura malgrado i boicottaggi dello stato italiano, abbiamo l’Università Federico II di Napoli che è considerata tra le venti migliori del mondo, questi dati sono dell’Osservatorio Internazionale sulle Università. Anche altre facoltà hanno numerosi corsi d’eccellenza.

IL SUD NON E' SOLO CAMORRA, PIZZA E MANDOLINO!

 
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A chi conviene il Sud federalista

Post n°1606 pubblicato il 22 Marzo 2011 da luger2
 

La vera novità del dibattito sul federalismo dell'ultimo anno viene dal Mezzogiorno. Accanto al volto ormai ben noto del federalismo del Nord, da tempo identificato con il leader della Lega come Bossi e Calderoli, si è affacciato alla ribalta un federalismo del Sud di cui si è fatto portatore Raffaele Lombardo, presidente della Regione Sicilia e capo di una nuova formazione politica autonomista (MPA). Che cosa distingue i due federalismi? Possono farcela a trovare un compromesso? Quali scenari potrebbero aprirsi se quest'idea dovesse realizzarsi nei prossimi mesi? E quali rischi ne potrebbero venir fuori? 

A prima vista, il manifestarsi di un federalismo del Sud potrebbe sorprendere. Quello del Nord è più facile da capire. Alternando forme di mobilitazione più radicali (fino alla minaccia di secessione) con alleanze politiche, i leader della Lega puntano a trattenere maggiori risorse nel Nord più ricco. Vogliono gestirle con più autonomia e ridurre la redistribuzione verso le regioni meridionali a lungo praticata dal centro. E' ovvio quindi che questo tentativo sia sempre stato guardato con sospetto e ostilità dalla politica meridionale. Che sulla redistribuzione e i flussi di spesa pubblica ha costruito le sue fortune, garantendo consensi elettorali crescenti ai Governi, fino alla crisi del vecchio sistema politico e all'uscita di scena della DC e del PSI.

La novità inattesa è dunque la recente emergenza di un federalismo del Sud. Per la verità bisognerebbe - almeno per ora - parlare sopratutto di un federalismo di matrice siciliana. Ma va anche ricordato che si tratta di una delle regioni più grandi del Paese, e della principale riccaforte del centro-destra nel Mezzogiorno. Lombardo cerca con determinazione una sua strada, anche con qualche tensione con gli alleati (specie con l'UDC siciliana di Cuffaro, ma anche con componenti del PDL). Il federalismo che propone è diverso da quello della Lega. Non rinuncia alla rivendicazione di risorse dal centro, ma sembra disponibile ad accettare la riforma federalista su una base precisa: sì all'inveitabile riduzione dei trasferimenti ordinari per i Governi regionali e locali del Sud che il federalismo comporta (ad eccezione di sanità, assistenza ed istruzione), in cambio di "fiscalità di vantaggio" per le regioni meridionali. 

Il federalismo di Lombardo cerca di trarre vantaggio dalla necessità del fronte nordista di avere una sponda significativa al Sud. E sfrutta il suo posizionamento per ottenere risorse (la fiscalità di vantaggio) con una forte valenza materiale, ma anche simbolica. Questo risultato assume importanza non solo per compensare la riduzione dei trasferimenti ordinari sul piano economico, ma anche per vincere le resistenze di forti settori della politica siciliana e meridionale che dalla riduzione dei trasferimenti ordinari sarebbero più colpiti.

E' dunque in corso una partita complessa, dall'esito incerto, ma un "compromesso federalista" potrebbe maturare. Anche perchè è possibile che la UE ammorbidisca la sua contrarietà alla fiscalità di vantaggio in relazione alla grave grisi economica in corso. D'altra parte, le regioni del Mezzogiorno governate dal centro-sinistra sono in gravi difficoltà per scandali, inchieste, divisioni interne e appaiono incapaci di elaborare una linea comune efficace e credibile. Non è dunque da escludere che l'asse Lombardo-Calderoli possa saldarsi. Se questo accadesse, potrebbero discenderne conseguenze positive, ma anche dei rischi da considerare.

Tra i potenziali effetti positivi potrebbero esserci una maggiore responsabilizzazione della classe politica, legata al rapporto più stretto a livello territoriale tra prestazioni fornite dalle istituzioni pubbliche e prelievo a carico dei cittadini. Tuttavia, c'è il pericolo che questo effetto sia, almeno in parte, vanificato da due possibili rischi di compromesso federalista. Il primo riguarda una sorta di paradosso della fiscalità di vantaggio. Il "modello Irlanda", tanto sbandierato dai suoi sostenitori, si è basato non solo sui forti vantaggi fiscali per le imprese, ma su un contesto ambientale solido (infrastrutture, servizi, clima sociale, criminalità). Nel caso del Mezzogiorno la fiscalità di vantaggio dovrebbe compensare invece un contesto ambientale fragile sul quale con il tipo di federalismo che si profila non riuscirebbe ad incidere per carenza di risorse ordinarie (dipendente dalla più scarsa capacità fiscale). 

Dall'altra parte, quelle previste per gli interventi di coesione e sviluppo sarebbero largamente usate per finanziare gli sgravi fiscali (o meglio quel che resta di tali risorse, dato l'uso tipo bancomat che è viene fatto del Fas). Insomma, un cane che si morderebbe la coda, con il rischio forte che neanche la riforma federalista riesca ad incidere efficacemente sullo sviluppo del Sud, qualificando l'ambiente economico e sociale. 

C'è poi un secondo rischio. Possiamo essere sicuri che il tentativo di avvicinare entrate e uscite pubbliche ai livelli dei territori sia un incentivo sufficiente a migliorare le prestazioni della classe politica locale? A giudicare da quel che lasciano intravedere le inquieste recenti - quali che siano le effettive responsabilità penali - c'è da dubitarne. Il rischio è che si finisca per rafforzare molto una classe politica locale di bassa qualità sotto il profilo delle competenze e dell'etica pubblica, per di più operante in una pletora di istituzioni con competenze spesso sovrapposte (a proposito: che ne sarà delle Province e delle Comunità Montane?).

In altre parole, c'è il pericolo che si continui per la strada intrapresa negli anni '90 con una riforma che ha rafforzato i poteri locali senza poter incidere sui meccanismi di selezione della classe dirigente. Questi infatti sono un problema politico prima che istituzionale. Un problema aggravato da una società civile fragile, poco dotata di cultura civica, e quindi meno in grado di controllare e valutare. Partiti deboli e primarie che non si fanno, o sono finte, selezionano così amministratori locali di bassa qualità. Siamo sicuri che - in queste condizioni - dobbiamo affrettarci a dar loro ancora più poteri?

* articolo tratto da Il Sole 24 Ore  
Scritto da Carlo Trigilia - Sociologo, Università di Firenze  

 
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DIECI ANNI DI STORIA NASCOSTI

Post n°1605 pubblicato il 22 Marzo 2011 da luger2
 

                  Il libro si propone, in maniera amatoriale e con forte spirito di rivendicazione, di presentare gli eventi che hanno contrassegnato gli anni antecedenti l’Unità d’Italia in una visione differente rispetto alla storiografia ufficiale. Punto cruciale è il destino a cui va incontro il Mezzogiorno d’Italia nel lungo e difficile processo di annessione. I Piemontesi si rivelano gli invasori colpevoli di torture, massacri e genocidi, come quelli avvenuti a Pondelandolfo e Casalduni, Belvedere Spinello e Cotronei. Il Sud perse la sua “guerra civile” ed il vincitore scrisse la storia, pertanto non ci fu un “processo di Norimberga”, anzi, al contrario, criminali di guerra come i Gen. Cialdini, Pinelli, De Sonnaz, Fumel, Milon, Negri, Cadorna, La Marmora, furono elevati al grado di “eroi della Patria”. Ancora adesso il Sud è vittima della mistificazione della storia, quella che la condannò al rango di “briganti” (nel peggiore senso della parola) per aver difeso il proprio territorio. Ridare dignità a fatti storici di tale rilevanza può essere il primo passo verso una autentica unificazione nazionale, propria di uno Stato che riconosce i suoi errori e che dà nuova valenza alla propria memoria storica. Il mondo inorridì quando, all’indomani della Seconda Guerra mondiale, emersero in tutta la loro crudeltà i crimini dei nazisti. Ma tutto ciò che i nazisti fecero, nel Sud era già stato fatto dai Piemontesi, anzi di peggio: essi impiccarono i meridionali e ...lasciarono i loro corpi a penzolare dai pennoni; portarono in giro i cadaveri per paesi e contrade obbligando la gente a vedere con i propri occhi come venivano trattati i nemici dei Savoia. Ma il Sud perse la sua guerra civile contro l’invasore, ed il vincitore scrisse la storia, pertanto non ci fu un “processo di Norimberga”, anzi, al contrario vedemmo criminali di guerra come i Gen. Cialdini, Pinelli, De Sonnaz, Fumel, Milon, Negri, Cadorna, la Marmora, elevati al grado di “eroi della Patria”. In quella nuova Italia che ci accingiamo a festeggiare, i carnefici divennero, e lo sono tutt’ora, eroi a cui abbiamo immolato piazze e strade delle nostre città, mentre le vittime furono punite perché rei di un peccato mortale: essere meridionali!                                         IN VENDITA IN LIBRERIA O C/O WWW.FALCOEDITORE.COM

 
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1861 - 1871: 10 anni della storia d'Italia dimenticati dai libri di storia

Post n°1604 pubblicato il 22 Marzo 2011 da luger2
 

Torno a parlare della questione meridionale e dei guasti che il Sud della penisola ha subito a causa di quell'unità d'Italia, che unità non fu - e non è - ma si trattò di una vera "annessione".
Nel 1815, quando i Borboni rientrarono a Napoli, la popolazione del Reame era di 5.100.000 abitanti. Nel 1835 era cresciuta di 1.000.000 de nel 1846 toccò gli 8.500.000 abitanti, che diventarono 9.117.050 nel 1856 (ultimo censimento disponibile).
I Borboni - a dispetto dell'immobilismo spagnolo - costruirono strade, formarono un esercito, svilupparono l'industria e il commercio, potenziarono la pesca e svilupparono il turismo. Prosperarono ricchezza e cultura e il Reame divenne uno degli Stati più ricchi al mondo.
La ferrovia fece la sua apparizione nel 1839, con la tratta Napoli - Portici, poi estesa fino a Castellammare. Seguirono la Napoli - Capua, la Napoli - Nola estesa im seguito dapprima fino a Sarno e poi fino a Sansevero.
Nel 1837 arriva il gas e il telegrafo nel 1852. Col benessere aumentarono i consumi e si svilupparono nuove aziende, si migliorarono le strade, le scuole, si debellò la delinquenza, si riformò la scuola rendendola obbligatoria affinché tutti sapessero leggere e scrivere. Le scuole religiose furono parificate alla pubblica e si visse un rinascimento culturale: architetti, ingegneri, pittori, scultori trovarono nel Reame ampio spazio. Si costruirono teatri (il San Carlo in soli 270 giorni!) e si svilupparono attività connesse alla cultura. Nascono così l'Officina dei Papiri, l'Orto Botanico, il Museo di Archeologia, l'Osservatorio di Astronomia, la Biblioteca Nazionale e l'Osservatorio Sismologico del Vesuvio.
Anche lo sviluppo industriale ebbe una crescita senza limiti, raggiungendo primati che hanno del miracoloso. Pensate il settore metalmeccanico impiegava 1.600.000 persone e il resto della penisola 1.100.000. nascono opere di alta ingegneria come i primi ponti di ferro, sul Calore e sul Garigliano.
Ampio sviluppo si ha nella cantieristica navale tanto che la flotta mercantile del Reame era seconda solo a quella inglese e quella militare era terza al mondo, dopo l'inglese e la francese. Si deve al Reame il Primo Codice Marittimo Internazionale.
Il Reame era un immenso polo industriale! Anche il settore tessile trovò ampio sviluppo e a Pietrarsa nasce il più grande opificio della Penisola, con 8.000 addetti. E si deve al Reame l'istituzione della Pensione di fine rapporto, trattenendo il 2 percento dello stipendio mensile. La disoccupazione era prossima allo zero, infatti oltre al 1.600.000 addetti all'industria v''erano 3.500.000 addetti all'agricoltura, 1.000.000 alle attività marittime e circa 300.000 a quello che oggi è chiamato terziario.
Ogni paese del Reame aveva la sua banca e si deve alla Banca delle Due Sicilie l'invenzione degli assegni. Sempre nel Reame nascono le prime Agenzie Viaggi che sviluppano un turismo di massa facendo conoscere al mondo intero Pompei ed Ercolano. In seguito i resti greci in Sicilia con la Valle dei Templi.
Le paludi furono bonificate, nascono Accademie Militari come la Nunziatella, Accademie Culturali, Scuole di Arti e Mestieri e i Monti di Pegno. Le Università sono piene e licenziano - oltre a ingegneri e architetti - professori illuminati e medici. E proprio grazie ai medici - erano 9.000 in tutto il Reame - i Borboni sommano un altro traguard la più bassa mortalità infantile del mondo e la migliore gestione sanitaria sul territorio.
I conti dello Stato erano in salute e non vi era deficit pubblico e alla Borsa di Parigi - la più grande al mondo a quei tempi - e alla Borsa di Londra, i Buoni del Tesoro del Reame erano quotati a 120, ovvero lo Stato delle Due Sicilie era considerato tra i più affidabili al mondo.
Tralascio altri primati del Reame - chi è interessato può leggere i miei post o scrivermi privatamente - dico solo che tutto questo non lo troverete nei libri di storia.
Sappiamo poi cosa è successo !
E siamo nel 1861, il 13 di febbraio. Cade Gaeta, ultimo baluardo borbonico. Dopo 3 mesi di resistenza e 160.000 bombe, Gaeta cede e il Generale Cialdini entra in città con un ordine ben preciso di Cavour: distruggere Gaeta rea di avere rallentato i suoi progetti.
Cavour sapeva bene che lo Stato Sabaudo era alla bancarotta e aveva bisogno delle ricchezze del Reame, come sapeva bene che la sifilide lo stava uccidendo ed egli, prima di morire, voleva vedere "l'unità d'Italia"! Ovvero appropriarsi delle casse borboniche e dare vita al suo progetto di ingegneria finanziaria che culminerà con la nascita del Banco di Sardegna che diventerà poi Bankitalia. (leggere il mio post).
Nasce il 13 febbraio 1861 quella che oggi viene chiamata "questione meridionale".
Il Reame viene saccheggiato per salvare il Piemonte e il tutto sotto l'occhio vigile degli Inglesi e della Massoneria che avevano deciso di distruggere il Regno delle Due Sicilie perché rappresentava un pericolo alla supremazia navale di Londra! Con la fine del Reame moriva anche un ideale unic quello di uno stato libero da ingerenze straniere!
Comincia ora una vergogna che umilia la nostra dignità di cittadini! Da Londra, per ordine del Gran Maestro Venerabile della Massoneria Inglese, il Piemonte riceve l'ordine di iniziare una "pulizia etnica" verso il Meridione.
In agosto i giornali danno ampia eco alla battaglia di Castelfidardo, che fu meno di una scaramuccia. Tacciono invece sulle stragi di innocenti che vengono commesse in nome dell'unità.
Vengono trucidati giovani, preti, vecchi. Vengono violentate donne, sgozzati bambini e processi sommari fanno lavorare a pieno regime i plotoni di esecuzione.
Dal 1861 al 1871 furono massacrati 1.000.000 di cittadini su 9.117.050! Oltre il 10 percento della popolazione! È come se oggi venissero massacrati 6.000.000 di italiani. Ma nessuno sapeva e nessuno doveva sapere!
Qualche giornale straniero pubblicò la notizia e le cifre sono terribili! Dal settembre 1860 al settembre successivo vi furono:
1. 8.968 fucilati;
2. 10.804 feriti;
3. 6.112 prigionieri;
4. 64 preti, 22 frati, 62 giovani e 63 donne uccise;
5. 13.529 arrestati;
6. 1.000 case distrutte;
7. 6 paesi incendiati;
8. 12 chiese saccheggiate;
9. 1.428 comuni depredati.
Dati sicuramente sottostimati ma erano i dati, diciamo così, ufficiali.
Nasce in quel periodo il Movimento per la Resistenza cui seguirà il Movimento Rivoluzionrio Antipiemontese, che poi verrà indicato col nome di Brigantaggio.
Dal 1861 al 1862 i Comandanti Sabaudi emanarono bandi che avrebbero fatto impallidire i comandanti nazisti. Oggi sarebbero bollati come criminali di guerra!
Il Generale Salaroli - che definiva i contadini grande canaglia dell'ultimo ceto - così scriveva a Vittorio Emanuele:
"I contadini devono essere tutti fucilati, senza far saper niente alle autorità . Imprigionarli non è conveniente perché una volta in galera, lo Stato deve provvedere al loro sostentamento".
Il più feroce era proprio il Generale Cialdini che, dopo aver distrutto Gaeta, telegrafò al Governatore del Molise: : "Faccia pubblicare un bando che fucilo tutti i paesani che piglio armati e do quartiere solo alla truppa".
Il Generale Fanti, in un bando, sanciva la competenza dei tribunali militari straordinari anche per cause civili. E il Generale Pinelli estese la pena di morte ".. a coloro che con parole od atti insultassero lo stemma dei Savoia, il ritratto del re o la bandiera nazionale".
Il generale Della Rocca, altro campione di democrazia impartì l'ordine che "non si perdesse tempo a far prigionieri, dato che i governatori avevano fatto imprigionare troppi contadini".
Il Colonnello Pietro Fumel si vantò di avere mandato alla fucilazione " briganti e non briganti" e sottoponeva a torture e sevizie i civili prigionieri.
I Piemontesi in 10 anni distrussero il Meridione. Dopo averlo invaso senza motivo alcuno e senza una dichiarazione di guerra (si comportarono come Saddam Hussein con il Kuwait), lo saccheggiarono portando a Torino oro e denaro, massacrando senza pietà.
Il 14 febbraio Francesco II lascia Gaeta e disse al Comandante Vincenzo Crisculo - uno dei pochi restatogli fedele: "Vincenzino, i napoletani non hanno voluto giudicarmi a ragion veduta; io però ho la coscienza di avere fatto sempre il mio dovere. Il Nord non lascerà ai meridionali neppure gli occhi per piangere". Mai parole furono così vere!
In 10 anni i Piemontesi si portarono via tutto quello che c'era da portare via. Oltre a saccheggiare città. Paesi e chiese, smontarono i macchinari delle fabbriche per rimontarli al nord. Si appropriarono di quadri, sculture, gioielli arrivando al punto di saccheggiare anche le case dei contadini portando via le vere nuziali di quei poveracci! Fu un'azione che definire criminale è poco.
Alienarono i beni della chiesa e quelli demaniali incassando circa 1.200.000.000 di lire dell'epoca.
Le fabbriche smantellate causarono disoccupazione e gli operai raggiunsero le montagne per diventare partigiani e combattere l'aggressore.
La feroce repressione ha inizio quando il Generale Ferdinando Pinelli, affrontato dai contadini ascolani nei pressi del fiume Tronto, fu colpito da una sassata. Incazzato come una stufa, emanò un bando che così diceva: "Ufficiali e soldati! La vostra marcia tra le rive del Tronto e quelle della Castellana è degna
di encomio. S.E. il Ministro della Guerra se ne rallegra con voi. Selve, torrenti, balze nevose, rocce scoscese non valsero a trattenere il vostro slancio; il nemico, mirando le vostre penne sulle più alte vette dei monti ove si riteneva sicuro, le scambiò per quelle dell' aquila Savoiarda, che porta sulle ali il genio d'Italia: le vide, impallidì e si diede alla fuga.
Ufficiali e soldati! Voi molto operaste, ma nulla è fatto quando qualche cosa rimane da fare. Un branco di quella progenie di ladroni ancora si annida tra i monti, correte a snidarli e siate inesorabili come il destino. Contro nemici tali la pietà è un delitto. Vili e genuflessi, quando vi vedono in numero, proditoriamente vi assalgono alle spalle, quando vi credono deboli, e massacrano i feriti.
Indifferenti a ogni principio politico, avidi solo di preda e di rapina, or sono i prezzolati scherani del vicario, non di Cristo, ma di Satana, pronti a vendere ad altri il loro pugnale. Quando 1'oro carpito alla stupida crudeltà non basterà più a sbramare le loro voglie, noi li annienteremo; schiacceremo il vampiro, che con le sozze labbra succhia da secoli il sangue della madre nostra, purificheremo col ferro e col fuoco le regioni infestate dall' immonda sua bava, e da quelle ceneri sorgerà rigogliosa e forte la libertà anche per la provincia ascolana".
È giunto il momento che i Savoia, i Cavour, i Bixio, i Garibaldi, i La Marmora e i Generali come Pinelli o Cialdini vengano processati e giudicati da un tribunale morale. Ma credo che sarà il tempo - galantuomo - che ristabilirà la verità.
Il Conte di Saint-Jorioz Alessandro Bianco, piemontese, anch'egli sterminatore di innocenti, nelle sue memorie scrive: "...Il Piemonte si è avvalso di esuli ambiziosi, inetti, servili, incuranti delle sorti del proprio paese e preoccupati soltanto di rendersi graditi, con i loro atti di acquiescente servilismo a chi, da Torino, decide ora sulle sorti delle province napoletane. E accanto a questi uomini, adulatori e faziosi, il Piemonte ha posto negli uffici di maggiore responsabilità gli elementi peggiori del paese: figli dei più efferati borbonici, per fama spioni pagati dalla polizia, sono ora giudici di mandamento o Giudici circondariali, sotto prefetti o delegati di polizia; negli uffici sono ora soggetti diffamati e ovunque personale eterogeneo e marcio che ha il solo merito di essersi affrettato ad accettare il programma Italia e Vittorio Emanuele ed una sola qualità :quella di saper servire chi detiene il potere".
Nel terribile decennio che stiamo trattando si assiste anche allo sfaldamento delle famiglie del sud. Motivo è il servizio di leva.
Una legge di Ferdinando II, del 1834, esentava dal servizio militare i giovani sposati, i figli unici, i figli orfani di padre o di madre o di entrambi i genitori, i figli il cui stipendio era necessario per sostenere la famiglia, i seminaristi e chi si occupava, come diacono, della chiesa. E se una famiglia aveva due o più figli, ne dava solo uno all'esercito.
I Piemontesi cambiarono la legge: tutti i figli maschi dovevano prestare servizio di leva! Non sol il servizio veniva prestato al nord dove i giovani del sud venivano istruiti e mandati poi a sparare contro i fratelli nel sud!
Quella piemontese era una crudeltà gratuita che portò molti giovani a darsi alla macchia ed ingrossare così quei gruppi partigiani che sfoceranno nel brigantaggio.
Recita un proverbi dimmi con chi vai e ti dirò chi sei.
Ora state attenti, quello che segue è un articolo apparso sul "Globe", un quotidiano inglese, nel 1849, giornale vicino a Lord Palmestron, Ministro Britannico molto ascoltato da Sua Maestà la Regina Vittoria.
Scriveva il Globe: ".. .E' da ritenere che gli accadimenti dell'anno scorso non siano stati che la prima scena di un dramma fecondo di risultati più vasti e più pacifici. L'edificio innalzato dal Congresso di Vienna era così arbitrario e artificioso che ciascun uomo di stato liberale vedeva chiaramente che non avrebbe sopportato il primo urto dell'Europa. L'intero sistema stabilito dal Congresso di Vienna stava dissolvendosi e Lord Palmerston ha agito saggiamente allorché ha rifiutato il proprio concorso a opporre una diga all'onda dilagante. Il piano che egli ha concepito è quello di una nuova configurazione dell'Europa attraverso la costituzione di un forte regno tedesco che possa costituire un muro di separazione fra Francia e Russia, la creazione di un regno polacco-magiaro destinato a completare l'opera contro il gigante del nord, infine un reame d'Italia superiore guidato dalla casa Savoia."!
Era chiaro che l'Inghilterra stava ridisegnando l'Europa (lo ha sempre fatto anche in seguito! Chi ha ridisegnato i confini del medioriente? Sempre loro!) e lo faceva secondo la Profezia Comenius espressa in Lux in tenebris.
COMENIUS: chi è interessato può leggere la nota del Professor Talenti alla fine del post.
E torniamo a noi! Secondo la Profezia "Lux in tenebris" si doveva avere una Europa fatta di chiese nazionali, con scopi filantropici e che fossero tutte sullo stesso piano, disconoscendo di fatto il Papa che di fatto non aveva motivo d'essere.
Questo progetto però cozzava con gli Asburgo cattolici, con la Russia anch'essa cattolica e col Reame.
Quest'ultimo infatti fu il primo stato che aveva saputo integrare il dogma cattolico con il verbo del Vangelo; tradotto in pratica da leggi che non disdegnavano le novità della rivoluzione francese o quelle comuniste del Campanella e di Marx.
E come s'è visto, nella Penisola italiana era il Piemonte preposto a tale funzione. D'altra parte i Savoia - legati mani e piedi alle consorterie massoniche inglesi - poco avevano da obiettare.
E Londra mandò Lord Gladstone a Napoli e Lord Mintho nei vari stati italiani a preparare il terreno, ovvero quella che doveva essere una rivoluzione geo-politica.
Rivoluzione che doveva essere guidata - ideologicamente - da Giuseppe Mazzini, capo della Carboneria Italiana, il cui scopo finale, secondo il suo fondatore genovese Antonio Maghella, era "..quello di Voltaire e della rivoluzione francese: il completo annientamento del cattolicesimo ed infine del cristianesimo".
La pianificazione del progetto che riguardava il Piemonte ebbe buon fine, con enormi vantaggi per i Savoia!
Il bottino finanziario sabaudo fu enorme e parte servì per pagare i mercenari che si unirono a Garibaldi e i suoi mille. Che mille non erano ma erano molti di più.
Scrive Vittorio Gleijes storico e profondo conoscitore degli intrecci sabaudo-inglesi: "... il tesoro del Regno delle Due Sicilie rinsanguò le finanze del nuovo stato, mentre l'unificazione gravò sensibilmente la situazione dell'Italia meridionale, in quanto il Piemonte e la Toscana erano indebitate sino ai capelli ed il regno sardo era in pieno fallimento. L'ex Regno delle Due Sicilie, quindi, sanò il passivo di centinaia di milioni di lire del debito pubblico della nuova Italia e, per tutta ricompensa, il meridione, oppresso dal severissimo sistema fiscale savoiardo, fu declassato quasi a livello di colonia. Con l'unificazione, a Napoli, aumentarono le imposte e le tasse, mentre i piemontesi videro ridotti i loro imponibili e col denaro rubato al Sud poterono incrementare le loro industrie ed il loro commercio " .
Ferdinando Ritter ha scritto che: "... il Regno delle Due Sicilie contribuì alla formazione dell' erario nazionale, dopo l'unificazione d'Italia, nella misura di ben 443 milioni di lire in oro, mentre il Piemonte, la Liguria e la Sardegna ne corrisposero 27, la Lombardia 8,1, il Veneto 12,7, il Ducato di Modena 0,4, Parma e Piacenza 1,2, la Romagna, le Marche e l'Umbria 55,3; la Toscana 84,2; Roma 35,3...".
Edoardo Spagnuolo, nel n° 5 dei quaderni di Nazione Napoletana, così commenta la fine del sogno vissuto dalle popolazioni meridionali dopo l'annessione piemontese:
" I grandi progetti ferroviari del Governo Borbonico avevano dunque un fine preciso. Le strade ferrate dovevano divenire un supporto fondamentale per l'economia meridionale ed essere di servizio allo sviluppo industriale che il Mezzogiorno d'Italia andava mirabilmente realizzando in quei tempi.
Il governo unitario, dopo aver distrutto le fabbriche del Sud a proprio vantaggio, realizzò un sistema ferroviario obsoleto che, assieme alle vie marittime, servì non per trasportare merci per le manifatture e gli opifici del meridione ma per caricare masse di diseredati verso le grigie e nebbiose contrade del Nord o delle Americhe".
Abbiamo visto all'inizio alcune cifre che ci hanno detto come i Savoia non avessero nessun rispetto per le popolazioni del Reame. Ripartiamo da lì.
Quel milione di morti ci dice che vi fu una vera e propria persecuzione contro il popolo meridionale e ciò avvenne grazie alla cosiddetta Legge Pica, voluta dal Governo Minghetti e promulgata nell'agosto 1863.
Questo il testo della Legge: Legge Pica: Art.1: Fino al 31 dicembre nelle province infestate dal brigantaggio, e che tali saranno dichiarate con decreto reale, i componenti comitiva, o banda armata composta almeno di tre persone, la quale vada scorrendo le pubbliche strade o le campagne per commettere crimini o delitti, ed i loro complici, saranno giudicati dai tribunali militari; Art.2: I colpevoli del reato di brigantaggio, i quali armata mano oppongono resistenza alla forza pubblica, saranno puniti con la fucilazione; Art.3: Sarà accordata a coloro che si sono già costituiti, o si costituiranno volontariamente nel termine di un mese dalla pubblicazione della presente legge, la diminuzione da uno a tre gradi di pena; Art.4: Il Governo avrà inoltre facoltà di assegnare, per un tempo non maggiore di un anno, un domicilio coatto agli oziosi, ai vagabondi, alle persone sospette, secondo la designazione del Codice Penale, nonché ai manutengoli e camorristi; Art.5: In aumento dell'articolo 95 del bilancio approvato per 1863 è aperto al Ministero dell'Interno il credito di un milione di lire per sopperire alle spese di repressione del brigantaggio. (Fonte: Atti parlamentari. Camera dei Deputati).
Come ben si evince, si trattava di una vera e propria persecuzione che favorì il crescere del fenomeno del brigantaggio.
Lo storico Lemkin che per primo ha dato una definizione di genocidio affermava che "… genocidio non significa necessariamente la distruzione immediata di una nazione…esso intende designare un piano coordinato di differenti azioni miranti a distruggere i fondamenti essenziali della vita dei gruppi nazionali. Obiettivi di un piano siffatto sarebbero la disintegrazione delle istituzioni politiche e sociali, della cultura, della lingua, dei sentimenti nazionali, della religione e della vita economica dei gruppi nazionali e la distruzione della sicurezza personale, della libertà, della salute, della dignità e persino delle vite degli individui…non a causa delle loro qualità individuali, ma in quanto membri del gruppo nazionale".
Bisogna dire anche delle carceri dove furono rinchiusi i vinti meridionali. Il primo impatto parla di 1.700 ufficiali e 24.000 soldati fino alla fine del 1860. C'è da dire poi - ne abbiamo già parlato - che divenne obbligatoria la leva militare anche se - ad onor del vero - la prima chiamata fu volontaria e si presentarono solo un 20 mila a fronte degli 80.000 sperati. E anche questi 20.000 furono ospitati al nord.
Ma proprio in quella chiamata volontaria stava il subdolo inganno! Infatti i restanti 60.000 furono considerati disertori e furono arrestati. Solo chi si unì ai briganti si salvò dall'arresto
Tornando ai prigionieri, essi furono internati in carceri del nord e il Generale La Marmora, in un editto, ordinò che nessuno venisse liberato senza il consenso dell'esercito.
I Savoia istituirono dei veri campi di concentramento e lì furono ammassati i prigionieri. Vediamoli allora questi campi:
1. Fenestrelle,
2. S. Maurizio Canavese,
3. Alessandria,
4. nel forte di S. Benigno in Genova,
5. Milano,
6. Bergamo,
7. Forte di Priamar presso Savona,
8. Parma,
9. Modena,
10. Bologna,
11. Ascoli Piceno.
C'è da dire che nei dieci anni di funzionamento dei lager molti prigionieri morirono di fame e sete.
La fortezza più tristemente famosa era quella di Feenstrelle di Sestriere, già usata da Napoleone. Qui vennero internati gli ufficiali e sottufficiali che non tradirono i Borboni e quei civili che si rifiutarono di prestare servizio di leva. Non vi sto a dire come era organizzata Fenestrelle perché è argomento che tratterò in un altro post. Dico solo che era il lager più temuto!
Il 22 agosto 1861 vi fu un tentativo di rivolta che però fallì e come risultato i prigionieri si ritrovarono le palle ai piedi del peso di 16 chili!
Mal nutriti, picchiati, con le finestre senza imposte ma solo provviste di grate, il freddo uccideva quelli che erano larve umane. Anche i carcerieri avevano libertà di azione e potevano uccidere per qualsiasi motivo. Un prigioniero che inveì contro i Savoia fu ucciso a colpi di baionetta.
Altro soprus ai prigionieri venivano confiscati tutti i beni familiari per cui le mogli e i figli si trovavano sulla strada e la loro casa svenduta ai sodali della Real Casa Sabauda.
Ancora oggi, entrando a Fenestrelle, su un muro è ancora visibile l'iscrizione: "Ognuno vale non in quanto è ma in quanto produce".
In seguito furono istituiti altri campi. Ecco dove:
1. Gorgonia,
2. Capraia,
3. Giglio,
4. all'Elba,
5. Ponza,
6. in Sardegna,
7. nella Maremma.
Importante: tutte le atrocità che si susseguirono per anni sono documentate negli Atti Parlamentari, nelle relazioni delle Commissioni d'Inchiesta sul Brigantaggio, nei vari carteggi parlamentari dell'epoca e negli Archivi di Stato dei capoluoghi dove si svolsero i fatti.
Se avete dei dubbi andate a controllare perché sono pubblici! Naturalmente i libri di storia tacciono.
Quella che segue è la risposta che La Marmora da a Cavour circa i prigionieri detenuti in Lombardia, di fatto confermando l'esistenza di campi in Lombardia!
"…non ti devo lasciar ignorare che i prigionieri napoletani dimostrano un pessimo spirito. Su 1600 che si trovano a Milano non arriveranno a 100 quelli che acconsentono a prendere servizio. Sono tutti coperti di rogna e di verminia…e quel che è più dimostrano avversione a prendere da noi servizio. Jeri a taluni che con arroganza pretendevano aver il diritto di andare a casa perché non volevano prestare un nuovo giuramento, avendo giurato fedeltà a Francesco Secondo, gli rinfacciai altamente che per il loro Re erano scappati, e ora per la Patria comune, e per il Re eletto si rifiutavano a servire, che erano un branco di carogne…che avessimo trovato modo di metterli alla ragione".
Ancora un documento tratto da Civiltà Cattolica:
"Per vincere la resistenza dei prigionieri di guerra, già trasportati in Piemonte e Lombardia, si ebbe ricorso ad un espediente crudele e disumano, che fa fremere. Quei meschinelli, appena coperti da cenci di tela, rifiniti di fame perché tenuti a mezza razione con cattivo pane ed acqua ed una sozza broda, furono fatti scortare nelle gelide casematte di Fenestrelle e d'altri luoghi posti nei più aspri luoghi delle Alpi. Uomini nati e cresciuti in clima sì caldo e dolce, come quello delle Due Sicilie, eccoli gittati, peggio che non si fa coi negri schiavi, a spasimare di fame e di stento per le ghiacciaie".
In un prossimo post vedremo nello specifico le varie prigioni.
Fonti:
- archivio di Stato di Torino;
- archivio di Stato di Milano;
- atti Parlamentari in Torino e Firenze;
- archivi di Londra;
- documentazione di Civiltà Cattolica;
- archivio di Casa Borbone.
fonte: 
http://sottovoce360.blogspot.com (La verità è in marcia e nulla la fermerà)

 
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«Assessore Caligiuri, intervenga lei perché sia riscritta la storia del Sud»

Post n°1603 pubblicato il 21 Marzo 2011 da luger2
 

Con una lettera aperta a Mario Caligiuri, assessore alla Cultura della Regione Calabria, Michele Bisceglie solleva polemicamente la questione delle vicende attraverso le quali centocinquant'anni fa si giunse all'Unità d'Italia. «Da 150 anni ai nostri giorni – protesta Bisceglie – la loro propaganda, da Cavour e Cadorna a Bossi e Tremonti, ci vuole razza inferiore, razza di vagabondi, nullafacenti, incapaci e cialtroni ... ,"terroni", per dirla con una sola parola, mentre loro insistono nell'apparire, oggi, come 150 anni fa, i nostri benefattori».                                                                         «Illustrissimo Professore Caligiuri – Bisceglie si rivolge all'assessore – le chiedo, in nome della sua stessa gente, di cominciare a mettere un argine a questo crimine culturale affinché la nostra prossima generazione sia consciamente orgogliosa dei propri natali e pretenda rispetto, soprattutto in termini economici, dai figli di quei criminali di guerra: i generali La Marmora, Cialdini, Negri, Pallavicini, convinto che per ottenere ciò bisogna, da subito, riscrivere la nostra storia. Solo lei ha l'autorità per dare le giuste indicazioni affinché i libri di scuola, magari stampati nel sud, sin dalle scuole elementari raccontino la verità, solo la verità di quell'infausto periodo in cui ci fu rubato, oltre all'immenso tesoro, il lavoro, la dignità e l'onore».Bisceglie sostiene: «È necessario che i bambini che domani saranno la nostra classe dirigente,conoscano la loro storia, sappiano la verità, siano informati di ciò che fu e che siano orgogliosi di quella meridionalità che i "fratelli d'Italia" ci vogliono far vivere da 150 anni come una colpa, come un peccato originale (che non abbiamo mai commesso) ma che serve solo a giustificare i loro passati crimini».«Ciò che a questi bambini ed ai loro genitori la storia, scritta come sempre dai vincitori, non vuole raccontare – secondo Michele Bisceglie – è che questo Sud, che da 13 secoli era già unito, era terra feconda e fruttuosa di merci e di menti illuminate, amministrata con giustizia ed equità, all'avanguardia della tecnologia: si pensi alla ferrovia costruita interamente nel Regno delle Due Sicilie, ed in modo particolare nelle acciaierie calabresi di Mongiana, da cui forgiavano acciaio anche per la costruzione dei primi ponti stradali, (impensabile per quei tempi in Piemonte!)».«All'improvviso – continua la lettera – grazie a tal Garibaldi Giuseppe, il Sud divenne terra di conquista da maltrattare, offendere, umiliare, denigrare, saccheggiare col ferro e col fuoco, divenne terra di stupro, di assassinio, di massacro per "Regio Decreto" di Vittorio Emanuele Re D'Italia!!, lasciando alle spalle, ben occultati, un milione di morti: donne, bambini e preti compresi».E ancora : «Nessun libro di storia ha raccontato a quei bambini che i Savoia depredarono dalle casse del Banco Del Regno Delle Due Sicilie, poi Banco di Sicilia e Banco di Napoli, l'equivalente di 1.500 miliardi di euro, oltre al saccheggio di musei, regge, case e chiese che pare ammonti ad una cifra simile: oggi una finanziaria italiana è di 15/20miliardi di euro! E tantomeno nessuno ha detto o scritto che, dopo aver distrutto le nostre fabbriche, con i nostri soldi eressero le loro». Bisceglie ricorda che gli altiforni di Mongiana furono portati a Genova, i telai della florida industria tessile calabrese furono portati a Valdagno: «I nostri bisnonni, nonni e padri furono costretti ad emigrare, sorte che ancora oggi tocca a noi ed ai nostri figli. Così i "fratelli d'Italia" distrussero tutto il tessuto agricolo industriale produttivo del Sud, che occupava il terzo posto nel mondo dopo Inghilterra e Francia. Lasciarono "disoccupato" tutto il Mezzogiorno, costrinsero i contadini al pagamento di tasse improponibili (tre volte maggiori dei contadini del nord), che di conseguenza , per protesta e ribellione, divennero "briganti" (se perdi la lotta di liberazione della tua terra sei un "brigante", se la vinci sei un "partigiano")».

da http://www.gazzettadelsud.it 

 
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«Terroni!» spiega le differenze Nord-Sud

Post n°1602 pubblicato il 21 Marzo 2011 da luger2
 

QUIRINO: DAL LIBRO DI APRILE ALLO SPETTACOLO CON ROBERTO D'ALESSANDRO

 Terminate le celebrazioni per l'anniversario dell'Unità d'Italia, c'è chi ha voglia di guardare e raccontare la storia anche dal punto di vista che quasi sempre resta in ombra, offuscato dai successi dei vincitori.Dal libro «Terroni. Centocinquant'anni di menzogne» di Pino Aprile, nasce infatti lo spettacolo omonimo, allestito in serata unica, domani alle 21 al Quirino, da Roberto D'Alessandro con musiche scritte ed eseguite live da Mimmo Cavallo, l'accompagnamento de La Perònospera Band e l'amichevole partecipazione dei Pandemonium. Con la finalità di smentire una supposta minorità meridionale che ancora oggi determina conseguenze devastanti e persecutorie nella dicotomia economica fra il Nord e il Sud, si smentiscono pregiudizi, leggende e falsità sul passato nel desiderio di chiarire le ragioni di tanti mali attualissimi come l'assenza totale di infrastrutture nel Mezzogiorno, la deliberata volontà di mantenere alcune regioni in una condizione coloniale, il tentativo di condannare la Penisola a due ritmi evolutivi differenti. «Lo spettacolo rispetta fedelmente il libro» ha spiegato l'attore Roberto D'Alessandro. «Ho scoperto nelle parole di Aprile il motivo per cui da anni vivo a Roma che non è casa mia, come molti insistono a ricordarmi e perché, pur essendo stato accolto da questa città, resto sempre e comunque un calabrese. Ho versato tante lacrime su queste pagine che mi hanno un po' sconvolto. La verità non si può arrestare: sarebbe come fermare l'aria con le mani. Una situazione peggiore per l'Italia in centocinquant'anni di unità non si poteva realizzare. Chi controlla il passato, controlla il futuro e chi controlla il futuro, controlla il presente. Spesso mi chiedo: "se Proietti fosse nato a Catanzaro, sarebbe diventato Proietti?". Forse no». Undici monologhi si alternano ad altrettanti brani musicali composti appositamente offrendo una sintesi dell'idea del libro attraverso gli strumenti comunicativi del teatro. «Vorrei togliere il burka a questa retorica del Risorgimento assunta come un precipitato di pillole: è una fede che non risponde alle domande, ma le evita, glorificando i patrioti come apostoli» è il commento del musicista Mimmo Cavallo, che pubblicherà a giorni il Cd con i tredici pezzi elaborati per questo evento scenico. «C'è il rischio che in questo periodo in cui si fa il lifting ai personaggi più discutibili della nostra storia si faccia il lifting anche alle idee. Non ci vogliamo contrapporre a nessuno, ma solo tirare acqua pulita dal pozzo della memoria. Fin da piccolo, emigrato a Torino dalla Puglia, notavo tante incongruenze. Disegnavamo le case con i tetti, quando le nostre avevano solo le lamie. Parlavamo della vendemmia a ottobre, mentre da noi si effettua a fine agosto. Ma i testi, si sa, li scrivono al Nord!». 

Tiberia de Matteis da http://www.iltempo.it 

 
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Il Nord ha bisogno del Sud: ogni anno gli vende 62 miliardi di euro di merci

Post n°1601 pubblicato il 21 Marzo 2011 da luger2
 

Il Nord paga l’arretratezza del Sud? La Lega è convinta di questo, ma i dati dicono che il Mezzogiorno è un mercato da 20 milioni di persone, vitale per le aziende del Nord. L’economia oltre la “Linea gotica” sarebbe più debole se non ci fossero i meridionali che comprano un terzo dei prodotti fabbricati proprio al Settentrione.Se infatti è di 45 miliardi di euro la somma dei trasferimenti (come residuo fiscale) dal centro nord al Sud, è vero anche che il Mezzogiorno importa 62 miliardi di euro di merci dal Nord.Per quanto riguarda gli investimenti pubblici, al Sud sono pari a 10 miliardi in meno ogni anno se guardiamo al decennio 1998-2008. Sono invece 25 miliardi la quota di fondi Fus usati per finalità diverse dallo sviluppo del Sud, come taglio dell’Ici e cassa integrazione per le aziende del Nord.Qualche problema resta, perché come fa notare Marco Alfieri su La Stampa, dopo la chiusura della Cassa del mezzogiorno non ha funzionato la strategia di fare arrivare le risorse finanziarie direttamente attraverso le Regioni.

 da http://www.blitzquotidiano.it

 
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Unità d'Italia: la grande strage taciuta

Post n°1600 pubblicato il 21 Marzo 2011 da luger2
 

Ieri si è festeggiato il 150° anniversario dell'Unità d'Italia. Si è detto che da sinistra a destra quasi tutti hanno celebrato questa ricorrenza con molto calore. L'eccezione scontata è quella dei leghisti ma la grande novità viene da un gruppo di stampo "meridionale" che promuove il revisionismo storico. Un insieme eterogeneo di modi di pensare, costituito da movimenti e partiti politici, che afferma l'idea che nel 1861 il Sud non è stato liberato (come vuole farsi credere) bensì invaso, razziato di gente e di risorse. Un Lega all'inverso? Non sembra, dato che dalla sua parte questa corrente ha documenti originali e intenti pacifici. Ma cosa accadde davvero 150 anni fa? Il Sud all'epoca si chiamava Regno delle due Sicilie e vantava di grande prestigio e ricchezza. Vigevano regole che ancora oggi in Italia non sono riusciti ad approvare (come quella sulla cittadinanza: un figlio di stranieri nato su suolo nazionale poteva al conseguimento del diciottesimo anno di età decidere se diventare cittadino) e venivano sperimentate le nuove tecnologie (Napoli fu una delle prime città europee in cui si accesero le luci elettriche; la Napoli-Portici è stata la prima ferrovia costruita in Italia). Cosa aveva da invidiare questo Stato? Perchè mai avrebbe dovuto avere voglia di annettersi ad un'area in forte crisi come lo era il Piemonte a quei tempi? Questi quesiti hanno una sola risposta: il Regno delle due Sicilie è stato invaso. Di questa invasione se ne hanno i documenti. I piemontesi, aiutati dagli inglesi e dai francesi, entrarono in guerra con il Sud. Nulla di nuovo, direte: ogni conflitto comporta sacrifici. Il problema giunge quando il popolo, fedele ai suoi governanti e cosciente di star vivendo una tragedia, si è ribellato. I piemontesi uccisero più di un milione di persone, comprese donne e bambini, bruciando intere cittadine e sciogliendo i corpi nella calce viva. Stupravano le donne e uccidevano i familiari che cercavano di difenderle. Questo popolo feroce e belligerante additò chiunque non fosse d'accordo con la loro linea di pensiero come "brigante": gli uomini erano criminali, le donne aiutanti di criminali e i bambini futuri criminali. Con questa scusa, furono massacrate intere famiglie, persone che non avevano altra "colpa" di essere parenti di insorgenti. Vennero deportati in massa migliaia e migliaia di persone verso il nord, a volte addirittura a piedi. Molti furono condotti in un carcere, quello di Fenestrelle, la cui scritta sopra l'entrata recitava "Vali ciò che produci". Era il primo lager europeo, fonte di ispirazione di Hitler. All'interno le persone venivano addossate in luoghi sudici e mezzi nudi dovevano sopravvivere nel clima rigido del nord. Non solo, i piemontesi solevano sfondare porte e finestre per esporli maggiormente alla rigidità del clima. Ma la gente del Sud non aveva pace neppure da morta: un noto individuo, al nord chiamato "studioso" ed a cui è dedicato un museo, ha dedicato la sua vita a studiare i crani di deportati per attestarne l'inferiorità rispetto alla "razza del nord".Il resoconto di ciò che viene narrato nei documenti ufficiali può andare avanti per molte righe. Ciò che più questo gruppo "meridionalista" tiene a comunicare è che non vuole rivolgersi al passato, attaccandosi a fatti di inaudita violenza e tragicità, bensì al futuro. Da 150 anni infatti il Sud versa in condizioni pessime, sfruttato dall'Italia. Ciò a cui mira questo gruppo è il riscatto civile ed economico e il loro sogno è quello di riportare il Sud agli antichi splendori dovuti ad una ricchezza territoriale, culturale ed economica. Per maggiori informazioni, potete leggere il libro di Pino Aprile "Terroni", edizioni Piemme.

tratto da http://sanspatrie.blogspot.com

 
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Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione

Post n°1599 pubblicato il 21 Marzo 2011 da luger2
 

 Il 17 di marzo c.a. nella piazza del Pantheon a Roma è stata violata la Costituzione italiana da parte di alcuni poliziotti. L’art.21 della nostra Costituzione recita che ogni cittadino può esprimere le proprie idee con i mezzi a disposizione che ha. Un nostro compagno di Partito, il prof. Gaetano Siciliano, durante le celebrazioni della nascita della monarchia sabauda, fatte passare dal governo razzista di Berlusconi come festa dell’unità nazionale, ha manifestato pacificamente e democraticamete dalla sua camera di albergo esponendo un manifesto che difendeva gli ebrei. Il manifesto recava la scritta” IO non festeggio i genocidi- La vita è bella” . I genocidi erano riferiti a quelli subiti dagli ebrei nell’ultima guerra mondiale e a quelli subiti dai meridionali nel 1860 e dintorni. La scritta “La vita è bella” era riferita al Film di Roberto Benigni che descrisse la straziante vicenda di una famiglia ebraica in quel periodo storico. Ebbene, le leggi razziali contro gli ebrei, in italia, furono promulgate da Vittorio Emanuele Terzo di Savoia nel 1938. Questo re, oltre a promulgare tali leggi nefande e vergognose per l’Umanità intera, abbandonò l’Italia e gli italiani nelle mani dei fascisti e dei nazisti e l’8 settembre del 1943 fuggì dall’Italia con la sua corte. In Italia vigono ancora molte leggi fasciste e sono ancora in vigore molti decreti legge di savoiarda memoria, e nè i nostri parlamentari si sono mai preoccupati di cancellarle, nè si sono mai preoccupati di far cancellare dalle strade e dalle piazze il nome di quel re. Eppure il 27 di gennaio di ogni anno ricordiamo gli orrori di quelle leggi, della Shoà, dell’olocausto. Milioni di ebrei furono perseguitati, rastrellati,rinchiusi nei lager e fatti morire. La stessa sorte toccò ai meridionali nel 1860, quando Vittorio Emanuele II, senza dichiarazione di guerra, invase il pacifico Regno delle Due sicilie, massacrando oltre un milione di contadini e rinchiudendo migliaia di italiani del Sud nei lager di Gaeta, di San Maurizio, di Milano e di Fenestrelle. Ebrei e meridionali subirono una sorte atroce da parte dei re che qualcuno, oggi, chiama padri della Patria. Per noi del Partito del Sud, sono solo degli assassini. In Francia festeggiano la repubblica il 14 di luglio di ogni anno e i francesi mai si son sognati di rendere omaggio a Maria Antonietta e a Luigi XVI°.       In Germania il primo Ministro Sig.ra Merkel non festaggia Hitler. A Marzabotto non festeggiano Reader e a Roma non festeggiano Kappler. Non capiamo perchè in Italia debbano festeggiare i re che provocarono eccidi nefandi, pari, se non superiori a quelli nazisti. La nostra Repubblica è nata sulle ceneri di casa Savoia e qualcuno festeggia i Savoia. Questi fatti sono incomprensibili da parte di molti italiani, specie se figli o nipoti degli 87 mila partigiani immolatisi per darci la libertà dal nazi-fascismo e per darci questa Repubblica. Con questa nostra missiva, Sig Ambasciatore, vogliamo solo ribadire che in Italia, il giorno 17 di marzo, è stata violata la nostra Costituzione, ma soprattuto è stata tolta ad un nostro compatriota la libertà di manifestare contro il genocidio orrendo che subirono gli ebrei. Le chiediamo di intervenire presso il Governo italiano, presso il Ministro degli Interni Maroni, per l’individuazione dei poliziotti che, secondo noi, si sono macchiati di abuso di potere, di razzismo nei confronti degli ebrei, avendo con mezzi brutali, strappato il manifesto di cui sopra.                                       Il Presidente Onorario del Partito del Sud Cap.Antonio Ciano

 
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Discarica Chiaiano Il Noe: «Il percolato è nel sottosuolo»

Post n°1598 pubblicato il 21 Marzo 2011 da luger2
 

I carabinieri del Noe stanno perquisendo la discarica di Chiaiano, alla periferia nord di Napoli, nell'ambito di un'inchiesta della Dda su presunte infiltrazioni camorristiche nella gestione dell'impianto e presunte irregolarità nell'assegnazione degli appalti. Dieci gli avvisi di garanzia emessi dal procuratore, Giovandomenico Lepore, e dai sostituti Antonello Ardituro e Marco Del Gaudio. Secondo l'accusa i clan avrebbero condizionato la gestione degli appalti, in particolare quello per la fornitura di argilla; tra gli indagati vi sarebbero dirigenti della società che gestisce l'impianto.L'inchiesta sulla discarica di Chiaiano a Napoli che ha portato oggi alla emissione di 11 avvisi di garanzia verte sulla società Ibi, che gestisce il sito oltre ad altri impianti in Campania e a quello di Bellolampo a Palermo, e sulla Edil Car, controllata dalla famiglia Carandente, che ha ottenuto il subappalto.L'ipotesi della procura è che attraverso queste due società (la prima già destinataria di un'interdittiva antimafia) i clan camorristici Mallardo e Zagaria controllassero lo sversamento dei rifiuti e i relativi appalti. Agli atti dell'inchiesta ci sono le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, tra cui l'ex imprenditore del settore dei rifiuti Gaetano Vassallo. Agli indagati vengono contestati i reati di traffico di rifiuti e frode in pubbliche forniture. Secondo la ricostruzione fatta dai carabinieri del Noe, quando si decise di allestire una discarica nella cava prima adibita a poligono di tiro venne usato materiale di qualità scadente per impermeabilizzare il suolo: in particolare si fece uso di argilla estratta abusivamente nel Salernitano.Il risultato fu che il suolo è rimasto permeabile e il percolato è finito nel sottosuolo. Nel corso dell'operazione, i militari hanno sequestrato un'altra discarica di 15.000 metri quadri a Giugliano di proprietà della famiglia Carandente, ritenuta vicina al clan Mallardo. Anche da questo impianto sarebbe stato preso materiale per allestire la discarica di Chiaiano.

 
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La Campania come immondezzaio d'italia

Post n°1597 pubblicato il 21 Marzo 2011 da luger2
 

Dodici pozzi agricoli avvelenati nel Napoletano: stop alle coltivazioni! Pozzi avvelenati nell’area delle discariche di Giugliano dove furono seppelliti anche i veleni dell’Acna di Cengio: le analisi dell’Arpac confermano per le prime dodici buche i risultati delle indagini svolte per la Dda di Napoli dal geologo Giovanni Balestri. La falda acquifera è ormai contaminata da sostanze cancerogene. Ma tra le istituzioni è già polemica. Il primo cittadino della Terra dei Fuochi, Giovanni Pianese, chiede un tavolo istituzionale.La responsabilità di chiudere i pozzi che servono a irrigare una delle zone più fertili, ma anche più inquinate, della Campania in questo modo, toccherebbe ad altri. Per il liquidatore del commissariato alle Bonifiche, Mario De Biase, invece, c’è poco da discutere: all’autorità sanitaria sul territorio, cioè al sindaco, tocca agire. E subito. I risultati delle indagini dell’Arpac, infatti, lasciano poco spazio ai dubbi. De Biase ha già chiesto all’Agenzia regionale per la protezione ambientale di analizzare le acque di altri trenta pozzi: se le indagini confermeranno ancora la diagnosi di Balestri la chiusura risulterà generalizzata.L’obiettivo finale è quello di monitorare tutti i 190 pozzi censiti nel giuglianese. Non a caso il geologo toscano parla di un disastro ambientale inevitabile entro il 2064: la zona è stata avvelenata da 14 mila tonnellate di percolato provenienti dalla Resit dell’avvocato Cipriano Chianese. Uno scempio raccontato dal manager dei rifiuti pentito, Gaetano Vassallo, e confermato prima dalle analisi del geologo toscano e poi da quelle dell’Arpac.Spiega l’esperto nella sua relazione alla Procura: «Il ritrovamento in falda di sostanze cancerogene quali il tricloro e il tetracloro etilene direttamente e unicamente riconducibili alle attività delle discariche Resit in località Scafarea e alla tipologia dei rifiuti in essa smaltiti… comporta l’avvelenamento della falda acquifera sottostante gli impianti». Secondo Balestri la contaminazione futura della falda acquifera si estenderebbe «sin oltre i confini provinciali interessando la popolazione di numerose masserie che utilizzano ancora i propri pozzi anche per l’uso alimentare personale. Ugualmente in zona si trovano numerose attività agricole e zootecniche che utilizzano l’acqua estratta da questa falda per l’irrigazione e il beveraggio».Nella Resit sarebbero state sotterrate 341 mila tonnellate di rifiuti speciali pericolosi, a cominciare dai fanghi dell’Acna di Cengio; 160 mila e 500 tonnellate di rifiuti speciali non pericolosi; 305 mila tonnellate di rifiuti solidi urbani. E gli sversamenti sarebbero continuati fino al 2008 anche se il sito era stato sequestrato già nel 2004. Quella della discarica killer t è una delle storie più incredibili dell’infinita emergenza rifiuti. Lo sversatoio aperto in località Scafarea dall’avvocato Chianese fu utilizzato dal commissariato di governo. Nel periodo dal 2001 al 2003 il sub commissario Facchi aveva concesso a Chianese, già più volte indagato, di ampliare del venti per cento le volumetrie della Resit per portarvi rifiuti speciali e questo ha fatto sì che negli invasi già congestionati si mescolassero i rifiuti pericolosi con quelli urbani. Poi tra il 2003 e il 2004, quando il sito fu gestito dal consorzio di bacino Napoli 3, si sarebbe realizzato un ulteriore sovrasfruttamento anche a causa dell’accordo raggiunto con Fibe Campania per lo stoccaggio delle balle.E Balestrieri spiega: «Tale stoccaggio, finito subito male per i ripetuti incendi, non doveva essere assolutamente messo in opera». Ora le indagini dell’Arpac confermano quello che il geologo aveva già annunciato. Ma il doppio riscontro non basta a convincere Pianese della necessità di agire subito. Il sindaco infatti sottolinea: «Ho chiesto tavolo istituzionale mi è stato risposto che la competenza è del commissariato per le bonifiche: allora si prenda lui la responsabilità di chiudere. Io non posso essere chiamato a ratificare decisioni altrui. Certo, bisogna tutelare la salute, ma bisognerà anche vedere quali saranno gli influssi sull’agricoltura. I nostri prodotti sono costantemente monitorati dalle industrie che li comprano per surgelarli e i risultati hanno sempre mostrato che non sono pericolosi». ( di Daniela De Crescenzo – ilmattino.it) Ambiente & Salute: “E’ ora di dire la verità sul disastro ambientale in campania”Il 22 marzo a Sperone (AV) il Prof. Antonio Giordano presenta un lavoro scientifico che dimostra l’aumento del 20% dei tumori tra la popolazione campana contaminata dalle ecomafie. L’ISDE rilancia il Registro Tumori regionale.Sperone – “Abbiamo il dovere di raccontare tutta la verità, anche a costo del sacrificio personale!”. Così dichiarò in una intervista il Prof. Gerardo Cianella a proposito del dramma della Campania contaminata dalle ecomafie. A distanza di qualche anno dalla pubblicazione de ‘Il Triangolo della Morte’ ad opera del ricercatore nolano Alfredo Mazza, ecco l’evento che potrebbe ribaltare il rapporto di forza tra chi sostiene da anni la battaglia per la salute e chi invece cerca di ‘tombare’ la verità sul disastro avvenuto in questa regione.Il Prof. Antonio Giordano, Ordinario di Anatomia e Istologia Patologica presso il Dipartimento di Patologia Umana e Oncologica dell’Universita’ di Siena e Presidente del Comitato Scientifico CROM di Mercogliano (AV), presenterà il 22 marzo prossimo a Sperone un lavoro preliminare che sarà pubblicato su una importante rivista scientifica internazionale e che dimostrerebbe un preoccupante aumento dei tassi percentuali di tumori nella popolazione campana, specie tra gli abitanti delle province di Napoli e Caserta e di alcune zone dell’avellinese.“Il Prof. Giordano – si legge in una nota – da sempre impegnato nella ricerca scientifica per la cura contro i tumori, in una missiva indirizzata a Salvatore Alaia, sindaco di Sperone, ha palesato tutto il suo gradimento per poter presentare, per la prima volta, i dati della sua scoperta proprio in questo comune come segno tangibile di stima verso l’amico sindaco autore, in passato, di tante battaglie per la riapertura del CROM di Mercogliano (AV)”. All’evento, atteso con interesse dagli ambientalisti campani e dai Medici per l’Ambiente, parteciperanno lo stesso Alfredo Mazza, il Dott. Antonio Marfella, tossicologo del Pascale, il Professor Leopoldo Iannuzzi, responsabile del laboratorio di citogenetica dell’Istituto di ricerca CNR di Avellino, il Dott. Gaetano Rivezzi, coordinatore regionale dei Medici per l’Ambiente e il Dott. Gennaro Esposito, delegato della Federazione Assocampaniafelix.Relatori, oltre al Prof. Giordano, il Dott. Frank Romeo, oncologo, Professore aggiunto della Temple University di Philadelphia e il Prof. Tonino Pedicini, Direttore Generale dell’istituto Nazionale Tumori Irccs – Fondazione Pascale di Napoli. L’Isde – Medici per l’Ambiente della Campania fa sapere che inviterà il Prof. Giordano a partecipare ad una serie di incontri per definire un rapporto di collaborazione scientifica nell’ambito del progetto di legge, presentato alla Regione nel mese di febbraio, di istituzione del Registro tumori regionale che potrà far luce sul legame tumori e ambiente e promuovere iniziative per avviare interventi di prevenzione primaria e secondaria a tutela della salute pubblica. (retecivicacquacampania)

 
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Ma che Mameli, Fratelli d'Italia è l'inno di padre Canata

Post n°1596 pubblicato il 21 Marzo 2011 da luger2
 

Il padre scolopio avrebbe taciuto la verità per non offuscare l' immagine dell' eroe; LE «PROVE» L' autore affidò a una poesia il suo risentimento
Rossani Ottavio


L' inno di Mameli non è di Mameli, ma di un padre scolopio. Il giovane Goffredo ricopiò in bella (senza nemmeno una cancellatura, ma con l' aggiunta di una strofa con un macroscopico errore), un testo scritto nel 1846 da padre Atanasio Canata e lo in viò nel novembre 1847 all' amico Michele Novaro che lo mise in musica quasi di getto, secondo la testimonianza di Carlo Alberto Barrili. Già in dicembre l' inno fu eseguito davanti a Carlo Alberto. Padre Canata si tenne dentro il cuore quel segreto   per «generosità», per non offuscare l' immagine di colui che nel giro di pochi anni era diventato un eroe del Risorgimento, un' icona dell' indipendenza italiana, sia per la precocissima morte, a 22 anni, sia per la fulminea diffusione del «canto degl i italiani». Ma più tardi, prima di morire, padre Canata rivendicò indirettamente, ma con precisa indicazione, la paternità di quel testo che gli era stato «rubato». Scrisse infatti nell' ode Il vate:          «A destar quell' alme imbelli / meditò robusto un canto; / ma venali menestrelli / si rapina dell' arpe un vanto: / sulla sorte dei fratelli / non profuse allor che pianto, / e, aspettando, nel suo core / si rinchiuse il pio Cantore». Questo testo fu composto nel 1849, ma pubblicato nel volume Versi solo nel 1889. La grave accusa a Goffredo Mameli viene formulata dallo storico Aldo A. Mola nel volume Storia della monarchia in Italia, mandato in libreria da Bompiani (940 pagine, 30 euro). Nelle pagine 367-369 lo studioso espone una serie di dati per dimostrare la sua tesi. Poiché non esiste l' originale di padre Canata, Aldo A. Mola ha lavorato su molti indizi. «Prima di tutto la datazione - dice Mola -. Non è sufficiente la data, novembre 1847, apposta da Mameli alla trascrizione dell' inno, per stabilire quando il testo fu composto. L' inno rimanda a eventi del 1846. Sottolinea l' adesione al "primato degli italiani" di Gioberti e all' unione dietro un' unica bandiera.      La citazione di Balilla si collega al convegno degli scienziati a Genova dal 15 al 29 settembre 1846: da quel momento il "balilla" venne evocato più volte come simbolo di rivolta. Ma ci sono molti altri particolari». Mameli nel settembre 1846 fu condotto dal padre scolopio Raffaele Ameri nel collegio di Carcare (Savona). Aveva 19 anni e aveva già precedenti insurrezionali.        La polizia piemontese lo cercava: proprio per questo la famiglia decise di mandarlo a «riflettere» nel collegio dove già aveva studiato il fratello Giovanni Battista. C' è la testimonianza di padre Ameri. Lo stesso Mameli invia una lettera all' avvocato Giuseppe Canale, in cui mostra di padroneggiare poco la grammatica e la sintassi. Commenta Mola: «Lo scrittore non può aver scritto l' inno Fratelli d' Italia, il testo è troppo complesso, elaborato e pieno di riferimenti storici». Padre Canata era un patriota, sostenitore dell' unità, ma devoto di Gioberti, Rosmini e Pio IX. In una poesia anticipò «la patria chiamava severa», come più tardi l' «Italia chiamò» del Canto degli italiani. E quando l' inno divenne famoso, padre Canata non protestò, per non sbugiardare l' eroe. Ma per le orecchie intelligenti lasciò scritto il suo risentimento per il «menestrello» ladro. «E non solo; nella Gazzetta letterata padre Canata vibrò un' altra staffilata - aggiunge Mola -. Scrisse infatti: "E scrittore sei tu? Ciò non ti quadra... / Una gazza sei tu garrula e ladra". Ulisse Borzino, quando consegnò il testo al musicista Novaro gli disse: "To' , te lo manda Goffredo" e non "È di Goffredo". C' è una bella differenza!». «Nell' inno non c' è alcun accenno ai Savoia, a Carlo Alberto, al Papa. Il riferimento è solo all' Italia che "chiamò" - precisa Mola -. Il testo è quindi frutto di una mente sottile, quale Mameli non dimostrò mai in tutte le poesie lasciate». Ma è così importante sapere che l' inno non è di Mameli ma di padre Canata?  «Sì - risponde Mola -. Se autore è padre Canata, come è,  si comprende meglio come si formò lo spirito unitario italiano verso l' indipendenza.Dopo aver scoperto che l'inno d'Italia è l'ennesima bufala retorica si può capire perche' l'intero Stato italiano è una bufala retorica!!

 
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“Fuoco del sud” il nuovo libro-denuncia di Lino Patruno

Post n°1595 pubblicato il 21 Marzo 2011 da luger2
 

“Fuoco del sud” è una pubbicazione che sembra aver scelto il momento più opportuno per calcare le scene dell’editoria nazionale, poichè nasce in concomitanza con la celebrazione dei 150 dell’Unità d’Italia, un’occasione che, nonostante il tourbillon d’insensate polemiche leghiste, desta comunque in ogni italiano un sentimento innato di patriottismo e d’identificazione nazionale.

Il “fuoco del sud” è una forza che arde e che rischia di spegnersi a causa di una politica federalista che offende il sacrificio di tutti coloro che al sogno di un Italia unita hanno creduto, combattendo e morendo in prima persona. Ma questo “fuoco” è anche l’impegno di coloro che, ancora oggi e con gli strumenti della modernità e delle nuove tecnologie, diffondono un orgoglio meridionale che non vuole cedere davanti ad un governo che, con disegni di una logicità illogica, ha deciso che il Sud debba mantenersi arretrato.

Il libro di Patruno è un viaggio attraverso i pregiudizi di una politica che non è tesa al miglioramento ma solo ad un ulteriore “affossamento” della situazione meridionale e, in questo senso, lo stesso autore afferma trattarsi di una “politica che, complici i meridionali, sta preparando la soluzione finale per il sud”. In effetti, continua Patruno, “bisognerebbe denunciarli per abuso della credulità popolare”, se è chiaro che il federalismo non possa essere una soluzione per lo sviluppo e per la così decantata unità d’Italia. Le menzogne leghiste che mostrano una spesa pubblica più alta al Sud (contraddicendo le relazioni del Ministero del Tesoro) e, per bilanciare la situazione, creano pretesti e alibi alquanto bizzarri per assegnare ancora più soldi e fondi al nord, possono abbindolare i disinformati, gli inconsapevoli o i finti creduloni, ma non possono convincere i cittadini coscienti delle falsità di questa politica di millantatori e di falsi giudici in terra.

Lino Patruno, giornalista e saggista, nonchè direttore per 13 anni della “Gazzetta del Mezzogiorno” di Bari, i cambiamenti storici li ha vissuti sulla sua pelle e attraverso la sua penna di scittore. Perciò la sua voce può levarsi lucida e chiara davanti ad una situazione paradossale di un’ Italia divisa da una Lega che, dopo aver sfruttato la manodopera del sud a basso prezzo, ha deciso di liberarsene camuffando il tutto sotto l’etichetta di “federalismo solidale”, attento ai bisogni del Mezzogiorno d’Italia. Insomma il paradosso di uno Stato che ha creato in 150 anni una disparità ai danni del sud e che vorrebbe porre rimedio velocemente ma con misure che vanno esattamente nella direzione opposta.

Attraverso una serie di riflessioni lo scrittore descrive una metà d’Italia che ha il doppio dei poveri del resto del paese e che è nelle mani della criminalità: insomma un’Italia spaccata in due. Ma il racconto, che passa attraverso la demistificazione delle tante finte verità della politica federalista, arriva ad interrogarsi sulle motivazioni di tale situazione: “ E tutti dovrebbero chiedersi il perché, e tutti dovrebbero capire che le responsabilità non possono stare solo da una parte. Invece si continua nel gioco al massacro di far pesare soltanto sul Sud la sua condizione e di farlo vergognare pure. Sbrigandosela con un federalismo del «fate per conto vostro» che non potrà che far aumentare al Sud le tasse e le spese e il dramma perché mai il Sud potrà farcela da solo partendo dalla metà di tutto. Grandi opere ci vogliono più che piccole intenzioni”.

In un’analisi lucida e dissacrante il giornalista pugliese esprime una provocazione che sembra proiettarsi in un futuro ancora più buio ma con la finalità di smuovere le coscienze, di svegliare quelle tante menti assopite che credono che il federalismo sia la soluzione più giusta alle disparità tra il nord e il sud d’Italia: : “E’ probabile che il Sud esploda del suo fuoco perche peggio di cosi non può. Ma allora crollerà tutta l’Italia perché la sua metà ricca si regge sulla sua metà povera. Parassiti”. Lo scrittore sarà presente alla Feltrinelli di Bari martedì 29 marzo alle ore 18:00. Una buona occasione per riflettere e per risvegliare le nostre coscienze che sembrano ormai completamente assopite..

di MICAELA RICCI da: http://www.ilsudest.it

 
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Esonda il Garigliano e invade pericolosamente il sito della centrale nucleare!

Post n°1594 pubblicato il 21 Marzo 2011 da luger2
 

Una volta ancora la centrale si trova in ammollo, più volte è stata fatta notare la natura golenale dell'area, anche per questo motivo, oltre che per l'alta sismicità, si è sempre detto che l'area è inadatta ad ospitare centrali e anche depositi di scorie, sia essi nazionali che temporanei.  Nell'impianto è in costruzione un mega deposito di scorie radioattive. In un territorio già estremamente contaminato.

Sono stoccati, attualmente, circa 3.000 metri cubi di rifiuti a media attività (la cui radioattività dura alcuni secoli), già messi in sicurezza: mille e cento mc di rifiuti a bassa attività, sepolti nelle trincee e 80 tonnellate di amianto radioattivo derivato dalla bonifica dell'edificio turbina. Per bonificare le trincee si sta procedendo a costruire un edificio di contenimento per estrarre i rifiuti in sicurezza. Nel frattempo è in stato di avanzamento la costruzione del D1 (autorizzato da Carlo Jean nel dicembre 2006), ossia del deposito di 11.000 mc di volume che servirà a stoccare 1.100 mc di rifiuti, ed è stato recuperato l'edificio ex diesel - di 6.000 mc - nel quale saranno stoccati 600 mc di rifiuti.
Il deposito è stato definito «provvisorio», in attesa della costruzione del deposito nazionale, in un sito ancora da rivelare. Il nostro timore è che il deposito sarà definitivo, ma che non basterà a stoccare tutti i rifiuti già presenti in centrale a cui bisognerà aggiungere quelli derivanti dallo smantellamento con un aggravio di ulteriori 2-3.000 mc e, panorama molto più allarmante, quelli di ritorno, entro il 2025, da Sellafield a La Hague dove sono state, e in parte ancora saranno riprocessate, le barre di uranio e plutonio. Si tratta di rifiuti vetrificati ad alta attività: il timore è che senza deposito nazionale si costruiranno altri depositi in sito. Ecco dunque i problemi con cui dovremo confrontarci in futuro. Insomma: si sponsorizza l'energia nucleare senza che siano ancora stati risolti i problemi dei vecchi impianti, soprattutto per lo smaltimento delle scorie.
Circa la tanto propagandata sicurezza, le parole di oggi sono le stesse degli anni '60-'70. Ma nella centrale del Garigliano si sono verificati incidenti e guasti che ne determinarono l'interruzione per lunghi periodi, per non parlare della sfiorata fusione del nocciolo, dell'esplosione dei filtri nel 1972 e nel 1976, di ripetute esondazioni del fiume che provocarono l'innalzamento della falda acquifera, invadendo i contenitori sotterranei, e uscendone «arricchita» di radioattività. Tra il 1980 e il 1982, l'Enea condusse quattro campagne radioecologiche nel golfo di Gaeta, precisamente tra Ischia e il Circeo, e rilevò la contaminazione di oltre 1.700 kmq di mare da cobalto 60, di esclusiva produzione della centrale, da cesio 137, i cui valori, rispetto agli anni '70, erano raddoppiati. 
E' impressionante leggere il rapporto dell'unica indagine epidemiologica condotta tra il 1979 e il 1981 dal prof. Alfredo Petteruti, laureato in chimica industriale, in collaborazione con l'Istituto di Anatomia Normale e Teratologia, Facoltà di Veterinaria dell'Università di Napoli; con la Facoltà di Agraria dell'Università di Portici-Napoli; con l'Istituto di Fisica Teorica dell'Università di Napoli; con l'Istituto di Anatomia Comparata "B. Grassi" dell'Università di Roma; e ancora, con i medici veterinari di Sessa Aurunca. L'indagine, pubblicata nel libro La mostruosità nucleare, è un'indicazione di campionatura statistica, in aziende similari, tra vacche "Frisone italiane" dette localmente "Olandesi". Le aziende esaminate in due zone prossime alla centrale sono 32. Il numero delle nascite con mostruosità è, rispettivamente, 33 e 9 volte maggiore rispetto alla zona "C". 
E' opportuno chiarire che il rapporto "9" non significa 9%, ma 800% in più e il rapporto "33" significa il 3.200% in più di nascite mostruose. Nel libro di Marcantonio Tibaldi, Inquinamento da radionuclidi nelle acque del Lazio meridionali c'è un ulteriore particolare agghiacciante: i parti degli anni 1971/80 sono stati 15.771. Su un totale di 90 casi di malformazioni, 60 si sono registrati nelle zone di mare (Formia, Gaeta, Minturno, Mondragone) dove nascevano quasi tutti i bimbi di Sessa Aurunca. Altri 4 casi di anencefalia sono avvenuti presso l'ospedale di Minturno, in provincia di Latina (Dichiarazione del dott. Eugenio Fusco, ginecologo presso il predetto ospedale, pubblicata da Panorama n. 777, del 9 marzo 1981, pagg. 11/12).
C'è poi da considerare l'aumento esponenziale di cancri e leucemie che, secondo i dati ISTA raccolti nel periodo 1972-78, sono attestati al 44,48%. Quanto alla sicurezza degli Epr basti ricordare che le Agenzie per la sicurezza finlandese, francese e britannica hanno dichiarato, in un comunicato congiunto, che il sistema di emergenza non è a norma perché è collocato accanto al sistema di normale funzionamento e, in caso di incidente di quest'ultimo, può andare in tilt anche l'altro. Inoltre, nel costruendo impianto Epr di Flamanville, in Francia, nel dicembre dell'anno scorso, sotto il peso della neve, è crollato il tetto di un edificio.
*responsabile circolo Legambiente "Alfredo Petteruti"

Foto della centrale scattata il 17 marzo 2011

Berlusconi rimanda all'estate tutte le discussioni sul nucleare italiano, ciò che sta succedendo in Giappone coinvolge troppo a livello emotivo per conservare un modo lucido di vedere le cose; mi domando se dietro le foto qui riportate vi sia semplice emotività o reale allarme, cosa sarebbe successo se oggi a S. Castrese ci fosse stata una centrale attiva e non fermata nel 1982!
Il fiume crea allarme in quando ha una portata di 400 mc. al secondo, in queste ore, la protezione civile è stata allertata in quanto il Garigliano porta acqua per 700 mc. al secondo.
Una famiglia composta da tre adulti e un bambino è stata evacuata con l'ausilio di un elicottero dopo che avevano trovato riparo su alcuni alberi.
Chiusa la statale 430.
http://robertocatalano.blogspot.com/
Fotografie della Protezione Civile di Sessa Aurunca

 
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“TERRONI” AL TEATRO QUIRINO

Post n°1593 pubblicato il 21 Marzo 2011 da luger2
 

ANTEPRIMA NAZIONALE AL

TEATRO QUIRINO-VITTORIO GASSMAN

 

ROMA IL 21 MARZO, 2011 ore 21.00

PER APRIRE GLI OCCHI E CAPIRE CHE

I GUAI DEL SUD COMINCIANO NEL 1861

PER DIRE CHE SIAMO FELICI DI AVER FATTO

LA RICCHEZZA DEL NORD,

MA CHE ORA CI SIAMO STANCATI

DI ESSERE SFRUTTATI!

 Lo spettacolo nasce esplicitamente dall’esigenza di divulgare il contenuto dell’omonimo libro di PINO APRILE. La necessità di far conoscere al maggior  numero di persone la storia dell’unità d’Italia, della sua economia, di quanto fin’ora taciuto dalla storiografia ufficiale sugli eccidi compiuti durante la cosi detta “lotta al brigantaggio”, sugli squilibri tra nord e sud su cui fu basata tutta l’economia del nascente Regno D’Italia, su come di fatto l’unità d’Italia fu un atto di conquista sleale e scorretto da parte del Piemonte a danno del Regno delle due Sicilie. Se non si ristabilirà la verità su ciò che è accaduto 150 anni fa l’Italia non vivrà mai alcuna pacificazione. La creazione di una supposta e sostenuta minorità Meridionale è l’atto più grave che i fratelli del nord hanno fatto ai danni dei fratelli del sud, ancora esiste a Torino il museo Lombroso, che aveva trovato (a dir suo) il cranio del delinquente naturale vicino Catanzaro. Di come ancora oggi la differenza di trattamento tra nord e sud sia marcata, dell’assenza totale di infrastrutture nel mezzogiorno e della deliberata volontà di mantenere il Sud in una condizione coloniale, poichè questo è stata sin dall’unificazione e da colonia viene ancora trattata. Dalla presa di coscienza si spera poi un risveglio culturale e una riscossa, politica, economica, sociale

 La forma teatrale in cui verrà messo in scena questo materiale sarà IL TEATRO CANZONE, in scena  ROBERTO D’ALESSANDRO che cura anche l’adattamento teatrale e la regia. Le canzoni (musica e parole) scritte ed eseguite live da MIMMO CAVALLO. I costumi sono curati da SALVATORE ARGENIO e ANNAMARIA PISAPIA. Allestimento scenico CLARA SURRO.

Ufficio Stampa MARIA FABBRICATORE.

 
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