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« Messaggio #98 »

Post n°97 pubblicato il 05 Febbraio 2006 da Silentvoid
Foto di SilentvoidMINUETTO V       A GHOST IN THE SHELL... ON WRONG AND RIGHT...

Il mio spirito preme per uscire dal proprio guscio.
Il tessuto della mia interfaccia organica è flessibile ed elastico. Mi accorgo con stupore delle mie mani, dita sottili e forti. Delle parti dure sui miei palmi. Mani da lavoratore. Mi accorgo che i miei contatti fisici con il multiverso esterno sono quasi esclusivamente rudi, forti, privi di dolcezza.
E quanta stanchezza mi procura. Accarezzo ogni cosa. E ne ottengo brutali contatti. Secoli sono passati, e a volte mi mancano quei piccoli istanti morbidi, un tocco leggero sul volto che non ho, volto antico, cangiante.
Ricordo le sue mani, accarezzare le cicatrici sul mio braccio. Carezze come lacrime, come una liberazione.
E quanta morte bisogna saper bilanciare.
Ogni cosa che fai, fa la differenza. Ogni piccola cosa. La fa per te, per gli altri, crea un precedente, innesca una luminosa cascata di rapporti quantistici di possibilità di accadimento.
Non temere di sbagliare. Insomma, hai un’idea precisa di cosa sia un errore? Si tratta più che altro di sensazioni, prima, e di qualcosa come un senno di poi, dopo. Ma quale è la tua idea dell’errore? Ciò che è giusto oggi, potrebbe non esserlo domani…la vita è un flusso, continuo, mutevole, trova sempre nuovi sentieri dei quali non sappiamo nulla e si muove verso l’oceano senza mappa né guida.
E il fiume della tua vita è del tutto simile a quello di un fiume…chi dovrebbe stabilire cos’è giusto e cos’è sbagliato?
Magari ti dico una cosa o due, così, mentre guardo l’orizzonte, e lascio scorrere il freddo come una lama di luce sulle mie guancie. Io non soffro il freddo. Come puoi decidere cos’è giusto e sbagliato, come stabilirlo per te, di questo vorrei parlare, solo un paio di stupide cosine, se non t’annoia troppo. Non preoccuparti degli altri, per adesso. Quale criterio usare per te?
No, perché nessuna religione lo ha mai davvero fornito, nessun sistema di pensiero, tutti ti hanno dato idee assurde per giudicare gli altri, idee prefissate, e la vita non è mai qualcosa di fisso. Quasi tutti si limitano in ultima istanza a regalarti dei cadaveri. A trasmetterti, per così dire, le idee degli antenati.
Ma ogni tradizione è in un certo qual modo cieca. Tutte le persone troppo legate ad una tradizione sono un pochino ammalate, perché non sono ancora riuscite a trovare la propria comprensione.
Ecco, proverò a suggerire un criterio, così, tra un bicchiere e l’altro. Voglio dire, non dico cos’è giusto e cos’è sbagliato, solo provo a suggerirti un criterio grazie al quale, in qualsiasi situazione, tu possa stabilire ciò che la tal cosa è, in quel contesto.
È una cosa semplicissima, eppure per migliaia di anni ce la siamo lasciata sfuggire. Forse perché è semplice ed ovvia, e quasi tutti i pensatori ed i filosofi sono sempre proiettati, come dire, verso il firmamento, al punto talvolta di non vedere più ciò che vicino…e quanti altri occhi si sono persi in lontananza, su una metafisica immaginaria, o su paradisi ed inferni dopo la morte…
A me non interessano i tuoi dei, né cosa ti succederà dopo la morte. Mi interessa quel che ti accade in questo preciso istante, quel che accade alla tua consapevolezza. Perché ciò sarà sempre con te, dopo la morte, ovunque tu sia.
La tua consapevolezza porterà con sé la luce che divide ciò che è giusto da ciò che è sbagliato.
Ed è giusto tutto ciò che ti rende più attento, più consapevole, più quieta, più silenziosa, più festosa, più giocoso, più gioioso…ciò che ti fa celebrare l’esistenza. E non parlo affatto del modo in cui si manifesta tutto ciò, o di quello che in superficie può apparire…
Qualsiasi cosa ti renda inconsapevole, infelice, gelosa, beh, sembra proprio che sia sbagliata…
Ma attenta alle parole, alla loro imprecisione, al loro inganno…io non ti do una lista di cose giuste e cose sbagliate.
I nomi che uso per indicare le disposizioni d’animo più varie, sono nomi, non confondiamo l’insieme con gli elementi dell’insieme.
Sono la tua luminosità e la tua oscurità, che ti permettono di avere una chiarezza rispetto ad ogni momento della vita, senza dover consultare i dieci comandamenti, o la gita, o il corano, o il libro dei morti.
Perché non chiedere alla forza vivente in te?
Hey, senti qui…ti guardo negli occhi, dentro, nel profondo, nelle vastità dell’universo, dell’abisso, del cielo e dell’oceano.
TU SEI L’UNICO TESTO SACRO CHE ESISTA AL MONDO.
E se non sei chiara rispetto a una cosa così ovvia ed evidente…beh, provaci, vorresti?
Ogni istante te ne offre l’opportunità…vedrai che il tuo criterio, quello veramente tuo, è sempre utile, libero da qualsiasi dittatura dei morti…è semplicemente la tua comprensione, che muta continuamente.
Non ascoltare altri che non sia la tua consapevolezza.
Qualsiasi cosa ti aiuti a realizzare il tuo potenziale senza fare del male intenzionale ad alcun essere senziente, è bene.
E non sarà una benedizione solo per te, porterà estasi all’intera esistenza. Nessuna donna, nessun uomo è un’isola, noi tutti siamo vasti, un continente senza confini, uniti da profonde radici. I nostri rami sono separati, le nostre radici un unico insieme.
E’ nelle tue profondità, dove sei così bella che ne hai paura, che trovi ogni cosa. Solo lì.
Il resto è in periferia, anche se lo vedi al centro.
Cambiando i sintomi non si cura una malattia.
E ora devo volare via, con ali grandi e nere e leggere, attraverso lo scorrere veloce di neon, ascoltare il pulsare dei nervi scoperti dei nostri paesaggi urbani, veloce, attraverso le città dove ognuno di voi irradia luce e calore e dolore indicibile, così immensità si stagliano nell’infinita prospettiva sempre mutevole dell’esistenza…dove vite stanche e provate lasciano cadere le loro deboli melodie nell’abisso del mio cuore, devo volare, raccogliere lacrime versate e lacrime mai piante, cercare di sciogliere qualche nodo, correre via, e vedo fabbriche di notte, enormi scatolette per uomini e donne, e palazzi di cemento e acciaio, e sento che posso flettere il tempo, e che vi amo.

Mi manca il tocco leggero d’una donna sul mio volto, sento.

Mi attendono quattro giorni di congresso.
 
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