Creato da Fiorintegrati il 14/06/2006

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TRANSPERSONALE-SPIRITUALITA' E SCIENZA

La vera terapia consiste nell'approccio al divino; più si raggiunge

l'esperienza del divino, più si è liberati dalla maledizione della

patologia. (C. G. Jung)

                  LA VISIONE TRANSPERSONALE

La vera terapia consiste nell'approccio al divino; più si raggiungel'esperienza del divino, più si è liberati dalla maledizione dellapatologia. (C. G. Jung)

Stanislav Grof

Un articolo di Stanislav Grof, fondatore della psicologia transpersonale.Come integrare la spiritualità alla psicologia e ad altre discipline scientifiche? Alla metà del secolo scorso, la psicologia in America era dominata principalmente da due scuole: il behaviorismo (‘comportamentismo’) e la psicologia freudiana. L’insoddisfazione nei confronti di questi due orientamenti aumentò sempre più, mentre una spiegazione soddisfacente della psiche umana portava allo sviluppo della psicologia umanistica. Il maggior portavoce, e rappresentante più eloquente di questo nuovo settore fu il famoso psicologo americano Abraham Maslow (autore fra l’altro di Verso una psicologia dell’essere, ed. it. Astrolabio-Ubaldini, ndr). Egli propose una critica tagliente dei limiti del behaviorismo e della psicanalisi, e formulò i princìpi di una nuova psicologia. L’interesse principale della psicologia umanistica erano le materie di studio legate all’uomo: essa onorava la coscienza e l’introspezione, e ad esse univa un approccio oggettivo alla ricerca. Ciò si poneva in netto contrasto col behaviorismo, che si concentrava esclusivamente sugli esperimenti con gli animali e sul loro comportamento.

                                    Una psicologia dello Spirito

Mentre la psicanalisi freudiana giungeva a conclusioni sulla psiche partendo dallo studio della psicopatologia, e tendeva a ridurre i processi psicologici agli istinti più bassi, la psicologia umanistica si concentrava su popolazioni sane, su crescita e potenziali umani, e su funzioni superiori della psiche. Essa sottolineava inoltre che la psicologia doveva essere sensibile alle necessità pratiche dell’uomo, e servire interessi e obiettivi importanti della società umana.

Dopo che Abraham Maslow e Anthony Sutich ebbero avviato l’Associazione di Psicologia Umanistica (AHP), in pochi anni questo nuovo movimento si diffuse in modo sorprendente. Esso forniva un largo ombrello per lo sviluppo di un ampio spettro di efficaci approcci terapeutici, che sostituivano le tecniche esclusivamente verbali della psicoterapia tradizionale, con l’espressione diretta delle emozioni e il lavoro sul corpo.

Nonostante la popolarità della psicologia umanistica, i suoi stessi fondatori Maslow e Sutich divennero sempre più insoddisfatti della struttura concettuale da loro inizialmente creata. In loro crebbe la consapevolezza di aver trascurato un elemento estremamente importante: la dimensione spirituale della psiche umana. La rinascita dell’interesse per la saggezza antica e indigena e per le filosofie orientali, come pure la sperimentazione psichedelica - assai diffusa durante i burrascosi anni Sessanta -, evidenziarono al di là di ogni dubbio che una psicologia globale e interculturale valida doveva includere osservazioni da campi quali gli stati mistici, la coscienza cosmica, le esperienze psichedeliche, i fenomeni di trance, la creatività e l’ispirazione religiosa, artistica e scientifica.

Nel 1967, un piccolo gruppo di lavoro - che comprendeva Abraham Maslow, Tony Sutich, James Fadiman, Miles Vich, Sonya Margulies e me stesso- si incontrò a Menlo Park, in California, con lo scopo di creare una nuova psicologia che onorasse l’intero spettro dell’esperienza umana, compresi diversi stati non comuni della coscienza. Durante queste discussioni, Maslow e Sutich accettarono un mio suggerimento e denominarono la nuova disciplina “psicologia transpersonale”. Questo termine sostituì il nome originario ‘trans-umanistica’. Poco tempo dopo, essi fondarono l’Associazione di Psicologia Transpersonale (ATP) e crearono la Rivista di Psicologia Transpersonale.

                          La sfida del futuro

La neonata psicologia transpersonale, benché fosse globale e avesse solide fondamenta di per se stessa, rappresentava un così radicale scostamento dal pensiero accademico delle cerchie professionali da non poter essere riconciliata né con la psicologia o psichiatria tradizionali né con il paradigma newtoniano-cartesiano della scienza occidentale. Di conseguenza, fu estremamente vulnerabile alle accuse di “irrazionalità”, “non scientificità” e persino di “stravaganza” rivoltele specialmente da scienziati che non erano consapevoli dell’ampio corpus di osservazioni e di materiale su cui si fondava il nuovo movimento.

Questa situazione è mutata drasticamente nei primi due decenni di vita della psicologia transpersonale. In seguito a nuove concezioni e nuove scoperte rivoluzionarie in diverse discipline scientifiche, la filosofia della scienza tradizionale occidentale, come pure le sue assunzioni fondamentali e il suo paradigma newtoniano-cartesiano sono stati sempre più seriamente messi alla prova. Fra queste sfide c’erano le scoperte e le implicazioni filosofiche della fisica relativistica dei quanti, come specificato da Fritjof Capra, Fred Alan Wolf, David Peat e molti altri; c’erano la teoria dell’olomovimento di David Bohm; il modello olografico del cervello di Karl Pribram; la brillante sintesi di Gregory Bateson fra cibernetica, teorie dell’informazione e dei sistemi, logica, psicologia ed altre discipline, l’opera di Rupert Sheldrake sui campi morfogenetici, gli studi di Prigogine sulle strutture dissipative e sull’ordine tramite l’oscillazione, il principio antropico nell’astrofisica, e molte altre. È stato assai emozionante vedere come tutti questi nuovi sviluppi, pur essendo inconciliabili col pensiero newtoniano-cartesiano del Diciassettesimo secolo e con la filosofia monistica materialistica della scienza occidentale, siano compatibili con la psicologia transpersonale. È ora facile immaginare che, nel prossimo futuro, la psicologia transpersonale diverrà parte integrante di una nuova visione globale del mondo che integra la spiritualità e la scienza.

 

 

 

 
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TRAUMA E FIORI

Partendo dalla definizione di trauma, cos'è un trauma e quali sono le conseguenze di esso,in che modo si possono affrontare gli effetti collaterali di un trauma?La floriterapia figlia delle discipline olistiche aiuta, alla risoluzioni di questi danni che il trauma può generare,le essenze aiutano a superare i passaggi critici dell'esistenza.IL trauma, causa dei molti malesseri psico-fisici dell' individuo, vissuto come esperienza ed accettato come evoluzione ,può essere la causa di un cambiamento di vita o meglio trasformazione. L'evento traumatico e la comparsa dei sintomi fisici o malattia,impediscono a chi lo vive di recepire il senso profondo del suo accadere.Pomendo l'attenzione ,sulla visione olistica della malattia ,intesa come manifestazione degli squilibri energetici dell' individuo sul piano fisico,si può raggiungere la motivazione e l'origine del proprio trauma.

 
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Ecco le tipologie emozionali in cui la floriterapia può essere di grande aiuto:
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•Avere timore che possa esserci una ricaduta o un peggioramento
•Pensare che i farmaci che si stanno prendendo non avranno alcun effetto
•Avere problemi di memoria e di concentrazione
•Avere problemi di stanchezza e di affaticamento o di insonnia
•Le problematiche si accentuano con i cambi stagione o temperatura
•Incubi
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•Emozioni di odio e rancore verso il destino o la vita
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•Sentirsi scoraggiati ad ogni minimo sintomo
•Essere certi che non c'è nulla in più da fare e che nulla funzionerà
•Avere rabbia verso le persone che non hanno problemi di salute
•Avere timore per il futuro dei propri figli
•Tristezza e malinconia
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•Non voler più vedere o frequentare nessuno
•Pensare che nessuno può capire il proprio stato
•Rinunciare a tutto ciò che potrebbe essere fatto perchè ci si sente sopraffatti
ma la floriterapia è utile anche nei piccoli disagi emozionali di ogni giorno che ci procurano ansia o tensione, o per aiutare l'effetto dei farmaci e diminuire gli effetti collaterali e per alleviare piccoli disagi dovuti alla malattia.

 

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