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"Lo Specchio"

Post n°1138 pubblicato il 10 Gennaio 2016 da fiumecheva
 

19.

Ilpiccolo “Simba” si era addormentato sotto un cespuglio, ma non all’ombra, unraggio di sole lo illuminava e probabilmente il suo tepore lo faceva stare bene.

Aveva voglia di scrivere una storia, raccontare le cose che le passavano dallamente, raccontarsi.
Ne stava già scrivendo una, una fiaba, era ferma da un po’ di tempo, nel suoimmaginario la storia era andata avanti, ma non aveva mai tradotto in lettereil finale. Aveva provato a continuare a scriverla, ma ora non la sentiva piùcome quando l’aveva iniziata.
No, non era più la donna che viveva nella caverna e che era alla ricerca delsuo Vestito d’amore.
Lo specchio, il pensiero tornava ancora lì, allo specchio nel capanno.
Lo specchio, anche nella storia che aveva scritto la protagonista si ritrovavain sogno davanti a una serie di specchi.
E mentre rastrellava i pensieri continuavano a intrecciarsi e a dividersicontinuamente. Il lavoro manuale lascia libera la mente di vagare.
Quante storie e quante avventure!
Osservò ancora con un sorriso il piccolo Simba che si crogiolava al tiepidosole.
Poco più in là la fitta siepe aveva un che di magico con quei pochi raggi disole che erano riusciti a penetrarla

Da ragazzina si era creata un amico immaginario.
Ne aveva persino fatto un ritratto a matita e sognava di incontrarlo un giornonella sua realtà

Luiera lo specchio di lei, la sua versione maschile e per lei era reale, soloviveva in un’altra dimensione, era il suo sostegno nei momenti difficili.
Sua madre in quel periodo soffriva di depressione, gridava o piangeva.
Già allora il senso d’impotenza la schiacciava.
Era triste per lei, ma a volte la odiava e questa era
la cosa che più le faceva male. Sentire questo rifiuto verso sua madre ladevastava. Un rifiuto che si ripresentò anni dopo, nel momento in cui sua madreaveva più bisogno. Sapeva di sbagliare, si occupava di lei, ma quando sentivache si aggrappa troppo a lei si allontanava. Sapeva di farle del male, ma era piùforte di lei.
Era così tanto tanto di quel tempo che si aggrappa a lei!
Da adulta aveva chi la sosteneva , ma da ragazzina solitaria come era avevabisogno di un amico, un amico che potesse capirla a fondo.
Nella sua dimensione anche lui aveva i suoi problemi e così insieme crearono unmondo tutto loro, un mondo di fantasia dentro un altro.
In quel mondo, loro potevano essere tutto ciò che volevano: Castore e Polluce,perché si consideravano gemelli.
Nelle notti di plenilunio erano, invece, Lupo de Lupis e Lupetta. E davanoconcerti al chiaro di luna.
Ancora aveva chiaro il ricordo del bagno di folla e dei fan urlanti chechiedevano il bis.
Erano dei grandi, il suo compare ed lei!
E nei giorni d'inverno mentre i lori corpi si gelavano al lavoro (Era unaragazzina, ma già lavorava) nelle giornate più rigide, si prendevano per mano efuggivano per spiagge infuocate ...
Come due bambini giocavano e ridevano tanto, delle storie sceme che a volte siinventavano.
 E quando lui era triste, anche se non volevadarlo a vedere, lei  lo capiva e cercavadi consolarlo e la stessa cosa faceva lui per lei, e naturalmente trovavasempre il momento e le parole giuste.
Per due anni visse divisa tra due mondi, due anni indimenticabili, poi decisedi lasciarlo.
Non fu facile.
Lui, l’amico immaginario, non la prese bene, ma lei non poteva continuare avivere sospesa tra due mondi, non così intensamente almeno.
Però a volte, nei momenti più difficili, oppure solo per nostalgia di lui, leitornava indietro e cercava di vederlo senza farsi notare, per non farlosoffrire di nuovo, ma lui la sentiva ogni volta (come poteva esserediversamente?).
E così si incontravano, si guardavano senza dire una parola e poi lei tornavanella sua dimensione.
Non è necessario che si facciano grandi manovre e neppure c'è bisogno dichiudere gli occhi.
Basta un CILK e la forma astrale si separa dal corpo, mentre questo continua afare ciò che sta facendo.

CLIK!E il passaggio tra i due modi si apre.

Ec’è proprio una porticina dietro la fitta siepe.
Le basta immaginare di mangiare un biscotto come Alice e diventa delledimensioni giuste per poterci entrare.
Solo due persone hanno le chiavi di quel mondo nel mondo di fantasia lei e.....
Aprì la porticina con la sua chiave ed entrò!
Una leggera nebbia avvolgeva tutto.
Lui era seduto sulla panchina del parco, corpo proteso in avanti e gomitiappoggiati alle ginocchia, sguardo abbassato ad osservarsi le mani, in una tenevauna rosa.
Anche per lui il tempo era passato, non sono più ragazzini.
Capello brizzolato e un leggero sovrappeso, piccole rughe ai lati degli occhi glidavano un aspetto più interessate.
Lei si avvicinò e si sedette sulla stessa panchina un po' scostata da lui.
Per un po' restarono in silenzio, poi lui si girò e le sorrise porgendole larosa:
"Vorrei tanto che questa fosse vera "
Lei replica:
"Tu lo sai che per me è come se lo fosse, riesco persino a sentirne ilprofumo "
Lui si raddrizzò appoggiando la schiena alla panchina, poi, guardando un puntoindefinito davanti a lui:
"Si, immagino…  Sai? Ricordo che ate i fiori recisi non piacevano, preferivi ammirarli ancora vivi!"
Mentre la nebbiolina si stava alzando, lasciando intravedere una bellissimagiornata di sole, lei si girò un po' di lato verso di lui, guardandolo da sottoin su cercando i suoi occhi verdi.
"E' ancora così, ma questa rosa… Angelo …"
Finalmente lui la guardò….

“Mamma!”

“Devo andare, Angelo…”
Fece per alzarsi.
Lui le prese la mano, lei indugiò un attimo,poi si alzò, le dita scivolarono via morbide dalla mano di lui, lentamente, lasensazione era viva e vera.
Ma doveva andare.

“Mamma!”

 

 
 
 
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