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Il diario di Nancy

Pensieri e storie tra il vero, il verosimile e l'inganno.

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Post n°196 pubblicato il 15 Gennaio 2008 da bimbadepoca
 

E' cominciato sabato pomeriggio, quando ho scoperto, per caso,  che conoscevo la vittima della rapina commessa a Viterbo, il giorno prima.
Abitava nel mio palazzo, ci s'incontrava per le scale talvolta, solo uno scambio fuggevole di saluti, sorrisi e cenni del capo. Un uomo come tanti, che ogni giorno ripeteva gli stessi gesti, anche quella mattina mentre andava incontro al suo infame destino.
Una vita distrutta in un niente, semplicemente premendo un grilletto. E la quotidianità del vivere non aveva più senso. Finiva per sempre.

Mi sono svegliata domenica con questo pensiero nella testa, come fosse un presagio, infatti la telefonata è arrivata mentre ancora cercavo riparo tra le lenzuola.
La notizia mi ha lasciato come svuotata, continuavo a fissare il muro bianco che avevo davanti, senza reagire. La morte quando ti sfiora, ti lascia sempre così, senza troppe parole da dire.
Giada aveva solo 36 anni e due figli a cui insegnare a diventar grandi. Era la maestra di mia figlia, da mesi combatteva contro un male senza speranze. La sua dolcezza era già diventata un ricordo, trattenuta nei disegni e nelle frasi sgrammaticate dei suoi piccoli alunni.

Passavano pochi minuti, ancora negli occhi il suo viso ed un groppo alla gola, quando sul mio cellulare è arrivato un messaggio. Una delle mie amiche più care, anche lei ammalata del medesimo male,  aveva scelto lo stesso giorno per morire.

Elena l'avevo conosciuta in questi luoghi virtuali, un forum dove entrambe scrivevamo, fu una simpatia immediata la nostra ed ore di telefonate a scambiarci confidenze e segreti, a riassumere in un fiume di parole le nostre vite fino a quel momento.
Avevamo dei tratti in comune, lei rideva a sentire come mi piaceva ingarbugliare la vita con le mie fantasie, "mi ricordi me stessa da giovane", mi diceva con l'indulgenza della sorella maggiore.
L'ultima telefonata di pochi giorni fa, quasi un addio, la voce appena un sussuro, un rantolo che sapevo cosa preannunciasse, anche se ancora speravo contro ogni ragione.

Una volta, in una circostanza analoga, lei scrisse che avrebbe voluto avere la mia penna, per riuscire ad esprimere quello che provava.
Sbagliavi Elenuccia... io oggi non riesco a dare una forma ai miei pensieri. Non sono brava come credevi. Come vedi non ho parole, ho solo la tua assenza da portarmi nel cuore.

Scusate se per qualche giorno non sarò presente, ma ora non riesco ad essere la stessa di sempre.

Ringrazio la mia amica Ivana per la bellissima immagine.

 
 
 
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fu in idioma del mondo,
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Così vero
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(Patrizia Valduga)

 

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(William Blake)

 
 
 

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