IL DUBBIO

Ebbene si, lo confesso: sono un tradizionalista! Dai lontani ricordi che ho da piccolo delle messe con il prete rivolto verso il tabernacolo anziché verso i fedeli, con i chierichetti in ginocchio e con la sola omelia in italiano. Niente chitarre, canti moderni, solo organi a canne e canti gregoriani. Per me era molto più solenne, suggestiva e, diciamolo pure, molto più BELLA!

Finalmente, poche settimane fa, con un documento nominato “Motu Proprio”, Papa Benedetto XVI ha autorizzato i fedeli che ne faranno richiesta ad assistere alla “messa antica” in latino secondo il messale di Papa Giovanni XXIII al posto di quella in italiano. La richiesta dovrà pervenire da gruppi di almeno 30 persone e potrà essere soddisfatta anche senza il parere dei vescovi che fino ad adesso avevano l’ultima parola. Naturalmente la decisione del papa ha suscitato polemiche e critiche a non finire in nome di un preteso “progressismo” contrapposto al presunto “oscurantismo” ratzingeriano. Certi commentatori improvvisati di cose di Chiesa, sempre pronti ad accusarla di ingerenze in campo politico (e qualche volta a ragione, lo ammetto), ora pretendono di insegnare al Papa come si fa il Papa anche quando si muove sul proprio campo:dottrina e liturgia.

Ma il “Motu Proprio” sulla messa antica in latino non è affatto oscurantista. Anzi è il massimo della democrazia: le messe “normali” continueranno a celebrarsi nelle lingue nazionali. Ma se qualcuno preferisce quella antica in latino (che fra l’altro resta la lingua ufficiale della Chiesa e, secondo me, la lingua più bella del mondo), sarà accontentato. E non si vede perché qualche trombone, che magari a messa nemmeno ci va, dovrebbe impedire alla gente di scegliersi il rito che preferisce. Oltretutto non è vero che la messa antica del Concilio di Trento (1563), riformata da Roncalli nel 1962, vada contro il Concilio Vaticano II per la semplice ragione che Ratzinger, giovanissimo, è stato uno dei padri del Concilio e che questo non riformò la liturgia. La riforma che di fatto abolì la messa in latino arrivò dopo, nel 1969 con Paolo VI, in piena ubriacatura sessantottina che vedeva il male assoluto in qualunque segno della tradizione.

Qualcuno temeva che, con la messa antica, tornasse l’orribile formula antisemita nella preghiera pasquale “per i perfidi giudei”: non è così in quanto l’aveva già cancellata Papa Giovanni.

Insomma secondo me ben venga la messa con rito antico. Anche perché negli ultimi anni nelle chiese se ne vedono di cotte e di crude: e cioè applausi a scena aperta (passi per un matrimonio ma in un funerale è davvero troppo), lo scambio del segno della pace diventa un tumulto di abbracci, canti moderni che nulla hanno a che fare con la liturgia, dopo la comunione i fedeli che si siedono subito e così via.

La colpa è stata anche di molti sacerdoti che, tornati dalle terre di missione (Africa, Sud America), hanno riportato certi stili di quei luoghi, perché, dicono, lì le messe durano 2 ore e sono tutti canti e balli. Ora io non dico che la messa debba essere per forza una cosa triste, tuttaltro: dico solo che la messa è la rappresentazione di Gesù nell’ultima Cena (Eucaristia) che ricorda la morte e la Resurrezione del Cristo, quindi deve essere un momento di preghiera e raccoglimento. Riporto qui di seguito la definizione esatta dell’Eucaristia per tutte le confessioni cristiane:

“L'eucaristia è il memoriale di Gesù crocifisso e risorto, cioè il segno vivo ed efficace del suo sacrificio, compiuto una volta per tutte sulla croce e ancora operante in favore di tutta l'umanità" (Battesimo, eucaristia, ministero, documento ecumenico di Lima, 1982).

Che c’azzeccano quindi le chitarre rock e i coretti?

Un saluto a tutti

Vito