IL DUBBIO

La visita del Dalai Lama in Italia ha posto, soprattutto a livello politico, molti interrogativi sulla necessità di conciliare gli aspetti di rispetto e salvaguardia dei diritti umani e dell’autodeterminazione dei popoli con le esigenze di buoni rapporti politici e commerciali con un gigante economico come la Cina.

E’ un argomento complesso che non può essere liquidato con banali prese di posizione bianco o nero in quanto ha molti aspetti e sfaccettature le quali, nel nostro mondo globalizzato, rivestono tutte la loro importanza.

Bisogna tenere presente innanzitutto che la visita del grande monaco buddista, per sua stessa ammissione, non è politica “Non voglio creare problemi per lo Stato e le autorità”- ha detto. Non chiede l’indipendenza per il Tibet ma solo autonomia dalla Cina, mentre la stessa ha condannato tutti i paesi che incontreranno il leader tibetano ma fino ad ora senza nessuna ritorsione commerciale.

C’è da dire anche che nelle scorse settimane, il Dalai Lama è stato ricevuto con tutti gli onori sia dal presidente Bush che dal congresso americano e che anche Angela Merkel lo ha incontrato in veste ufficiale. In Italia, come sempre, un certo tipo di relazioni internazionali diventano spunto per polemiche, scontro politico e strumentalizzazioni.

Ma vediamo di approfondire i termini della questione: il Dalai Lama è la massima autorità temporale e spirituale del governo in esilio del Tibet, occupato dalla Cina nel 1951. Quello attuale, Tenzin Gyatzo, ha ricevuto il Nobel per la Pace nel 1989 per la resistenza non violenta contro la Cina. Come ho detto sopra a chi temeva che la sua visita diventasse “troppo politica” (anche il Vaticano non lo riceverà, ma ci sono altre ragioni meno commerciali, come il riavvicinamento della chiesa cattolica ufficiale cinese ma anche per tutelarli da persecuzioni) ha risposto in modo molto chiaro:

“Tutto il mondo sa che non chiediamo l'indipendenza, ma l'autonomia per il Tibet. Quando l'armata Rossa giunse in Tibet, si parlò di liberazione pacifica e perciò - ha ricordato - nel 1951 si fece un accordo di 17 punti che prevedeva due sistemi in un solo Paese. Nel 1959 le cose cambiarono, nel 1974 abbiamo pensato di chiedere l'autonomia, mentre dal 1979 abbiamo dovuto parlare direttamente con il governo centrale cinese: da quella data è rimasto un contatto che prevede un dialogo continuo, perché il Tibet rimanga sotto la costituzione della Repubblica Popolare Cinese. Questa costituzione - ha sottolineato il Dalai Lama - prevede l'autonomia per le diverse etnie, perciò noi abbiamo chiesto di avere un' autonomia significativa. Ora chiediamo alle autorità cinesi - ha concluso - di mettere in pratica ciò che é previsto dalla loro stessa Costituzione”.

Per chi gli chiedeva invece un’opinione sulla via della pace:

“Credo - dice - che si debba migliorare l'uomo dal profondo". "I grandi capi delle religioni teistiche - spiega - dovranno chiedere a Dio perché accade tutto ciò, mentre le altre religioni, che hanno una visione legata a causa e condizione, come il buddismo, sostengono che se c'é tanta guerra è frutto dell'azione dell'uomo, frutto dell'intenzione umana stessa". Per questo motivo "soldi e tecnologia - avverte il Premio Nobel per la pace - non possono risolvere i nostri problemi". Al contrario "tutte le grandi religioni,anche se diverse tra loro, hanno enorme potenzialità di realizzare la pace interiore”, che per il Dalai Lama è l'unico mezzo per arrivare a una pace reale.

Quindi è un personaggio che non chiede assolutamente indipendenza dalla Cina, non la odia e non odia nemmeno il regime comunista. E’ chiaro, un paese povero come il Tibet non potrebbe sopravvivere da solo al di fuori del gigante economico cinese. Non chiede nemmeno di convertirci al buddismo, anzi supplica cristiani ed ebrei a restare fedeli alle proprie tradizioni perché i “valori essenziali sono identici a tutte le religioni”.

Quindi per quale motivo si deve avere così paura di incontrare in modo anche ufficiale un personaggio del genere, di cui tutto si può dire tranne che sia un pericoloso terrorista o separatista? Non credo che dovremmo arrivare all’accoglienza degli Stati Uniti, ove vi è una maggioranza repubblicana conservatore che è nemica della Cina e che quindi ne ha approfittato per farne un dispetto politico, ma allo stesso tempo un minimo di coraggio non guasterebbe da parte del governo. La Germania non è stata di certo oggetto di boicottaggio da parte cinese, sono stati solo cancellati degli incontri da parte di qualche delegazione tedesca, ma nulla più.

Anche i nostri “pacifinti” nostrani, sempre pronti a dare addosso allo “yankee” brutto e cattivo, non mi pare che si sia mossa nessuna protesta verso il governo cinese che pure ha perseguitato i monaci tibetani e che ora sta anche proseguendo nella “cinesizzazione” del Tibet per distruggerne la cultura rimasta.

Concludendo, ci sono modi e modi per conciliare gli aspetti della “real-politik” con le giuste rivendicazioni di un leader spirituale e soprattutto di un popolo sottomesso. Il meno appropriato è quello di ignorare, avere paura e guardare dall’altra parte: quello che stanno facendo Prodi, D’Alema & Company.

Un saluto a tutti

Vito