Creato da amistad.siempre il 11/07/2013

EFFETTI PERSONALI

Nella borsa di una donna anche il superfluo potrebbe risultare necessario...

 

 

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... Quando si dice 'post lunghino'... :-)

Post n°251 pubblicato il 10 Gennaio 2021 da amistad.siempre

 

 

 

   Con questa domenica, in cui si celebra il Battesimo di Gesù, le festività natalizie sono definitivamente terminate. Domani, verranno rimessi a posto alberi, addobbi, luci e palline colorate e le statuine del presepe finiranno in scatoloni che li accoglieranno per il lungo sonno che durerà quasi un anno, fino a quando, chi per santa Cecilia, chi per l'Immacolata li tirerà dinuovo fuori per abbellire giardini, balconi, case... in attesa del prossimo Natale.

   Certo, moltissimi avranno già provveduto a riporre tutto: quelli che cominciano, esagerando un tantino, prima della fine di ottobre con gli addobbi...

   Quest'anno, forse per via della situazione di 'semi-cattività' , mi è capitato spesso di tornare indietro nel tempo con la mente, ad anni e luoghi che credo siano stati tra i più belli della mia vita, sicuramente tra i più sereni.

   Tutti hanno ricordi, più o meno belli: il primo giorno di scuola, la prima cottarella, l'amico/a del cuore, la prima delusione o il primo successo. Anch'io ne ho tanti e tanti anche non proprio felicissimi... ma non è di questi che voglio parlare.

   Come dicevo, mi è capitato spesso di pensare alla mia fanciullezza, sarà che più passano gli anni, più riaffiorano ricordi che, per una qualche ragione, ti accorgi che sono stati sempre nella tua mente, in quei famosi cassetti  che, spesso in disordine, traboccano di momenti indimenticabili, di parole che ci hanno colpito profondamente, di gesti di una tenerezza infinita che più che tatuati, sono proprio 'sotto' la pelle .

   Nel particolare periodo delle festività natalizie, poi,  tutto concorre a farli riaffiorare più facilmente: antiche memorie, sedimentate sul fondo dell'anima, dalle lucine colorate sugli alberi di Natale, al suono dei campanellini della renna del Babbo Natale nell'ipermercato che visito spesso, ai bambini che, nonostante ci credano proprio pochissimo, scrivono ancora letterine esprimendo che i desideri a lungo sognati si avverino.

   Così è dappertutto! Così è da sempre...

   Là dove sono nata, da piccola, avevo un 'amico del cuore', il migliore amico, col quale trascorrevo molto tempo dopo la scuola e, nei periodi in cui a scuola non si andava, ancora di più.

   Era figlio di connazionali, commercianti anche loro, con l'esercizio sulla stessa strada di quello dei miei genitori. Era così che era nata l'amicizia tra le nostre famiglie. Sì, certo, c'erano altre famiglie e altri bambini, ma Pepito e io eravamo quelli più vicini.

   Come? Sì, sì! Il nome del mio amichetto era Pepito.

   O meglio, il diminutivo con cui veniva chiamato lì. Il suo nome 'vero' era Giuseppe, ma, come usava da quelle parti, tutto veniva tradotto, accorciato, qualche volta anche storpiato.

   Persino i cognomi venivano 'tradotti'!

   Così Giuseppe, da Peppino, diventò Pepito. A me andò meglio, mi chiamavano Rosita.

   Spesso ero io a giocare a casa di Pepito; altre volte, Pepito giocava a casa mia, più di rado, però...

   Ora, va detto che, per ovvi motivi, quando giocavo a casa del mio amichetto, si giocava con i suoi giocattoli, che erano giocattoli prettamente maschili. Mi trovavo benissimo, però, con pistole e fucili a giocare agli indiani e cowboys, oppure con le costruzioni: riuscivo a costruire torri ed edifici con grande facilità.

   La stanza dei giochi, dopo un po' diventava un campo di battaglia. Non ci si stancava mai di giocare con tutto: la fantasia dei bambini non ha limiti! 

   Tra i tanti giocattoli, però, ce n'era uno che mi piaceva particolarmente. Era un robottino. Aveva occhi grandi e gialli, che lampeggiavano mentre lentamente, spostando prima una gamba e poi l'altra, con un cigolio meccanico, avanzava verso di noi che, stesi sul pavimento, scommettevamo da chi dei due sarebbe arrivato prima.

   E ridevamo come matti quando s'incantava e aveva bisogno di una leggera spinta per riavviarsi. Ci giocavamo finché non vedevamo che, a causa delle batterie esauste, i suoi movimenti rallentavano sempre più. Che spasso!

   Quell'anno, qualche settimana prima di Natale, dissi ai miei genitori che avrei scritto la letterina a Babbo Natale (sì, erano anni in cui credevo ancora a Babbo Natale...) e che gli avrei chiesto per il Natale un robottino come quello di Pepito.

   I miei, un po' stupiti, mi dissero che era un gioco per maschietti, ma io li assicurai che, anche se ero una femminuccia, ci sapevo giocare benissimo perché...

   'a casa di Pepito avevo imparato come si faceva!

   Si era vicini al Natale. Come usava tra i connazionali che avevano rapporti stretti di amicizia, ogni famiglia ospitava le altre a rotazione, secondo un calendario stabilito da tempo. Quell'anno alla mia spettò preparare il cenone della viglilia. Così, mia madre cominciò un paio di giorni prima a spadellare e a preparare piatti tipici della cucina italiana e altre specialità del luogo mentre io completai gli addobbi nella stanza da pranzo dove ci saremmo riuniti tutti e dove, per l'occasione, avevamo sistemato il grande albero di Natale.

   La sera della vigilia, intorno alle 19 cominciarono ad arrivare gli ospiti, in tutto, una ventina di persone, tra adulti e bambini, tutti in ghingheri e prontissimi a far festa. Come usava allora, ogni famiglia portava un piccolo dono alla padrona di casa, di solito qualcosa per la cucina o per la casa, oppure dell'ottimo Rum 'anejo', da bere alla fine della cena.

   Non appena tutti gli ospiti furono presenti, mio padre li invitò a prendere posto al tavolo, facendo sistemare noi bambini tutti insieme, all'altro capo del tavolo, difronte a lui, così da poterci  tenere sempre sotto controllo insieme agli altri papà. Anche alcune delle signore si accomodarono, mentre altre si avvicendavano in cucina ad aiutare mia madre. 

   In pochi minuti, una notevole quantità di manicaretti furono sistemati in ogni punto della tavola, sotto lo sguardo divertito di noi bambini che volevamo mangiare solo 'pasapalos', che erano l'equivalente dei nostri panzerottini, focaccia, rustici ecc..

   Così, la cena ebbe inizio, ma, come succede dappertutto, noi bambini, non appena finito il primo piatto, cominciammo a scalpitare per poterci alzare da tavola e andare a giocare nel luogo più adatto per starcene in disparte, la mia cameretta, dove, tra chiacchiere, giochi o tv ci sentivamo anni luce dal mondo degli adulti. Così, tra un 'silenzio!' e un 'ragazziiii!', ben presto il sospirato permesso ci fu concesso e finimmo di volata nella mia stanza a parlare, scherzare e ridere di tutto. 

   Ad un certo punto della serata, Ricardo, (sì, Ricardo, con una sola C), il bambino più bello della compagnia, quello che noi bambine, per intenderci, guardavamo con gli occhi a cuoricino, mi si avvicinò porgendomi un pacchettino confezionato con una carta da regalo così tanto dorata che luccicava sotto la luce del lampadario. La mia sorpresa fu così evidente che gli altri bambini cominciarono ad incitarmi ad aprire il regalo. Guardai ancora una volta Ricardo che sorrideva aspettando che aprissi il suo dono. Mentre scartavo il pacchettino, mi domandavo il perché di quel gesto così inaspettato, anche se graditissimo: forse era il suo modo di ringraziare per l'ospitalità. Chissà... 

   Sulla scatola di legno lucido che mi ritrovai tra le mani c'era incisa una chiave di violino. Pigiai il piccolo pulsante che si notava su uno dei lati, mentre gli altri bambini avevano fatto cerchio intorno a me, e, lentamente, il coperchio di quella scatolina si sollevò lasciando uscire dal suo interno una dolcissima melodia mentre una piccolissima ballerina in tutù bianco, girava sulle punte.

 

Un delizioso carillon!  


   Ringraziai il mio delizioso amichetto con un abbraccio, mentre, con la coda dell'occhio, vidi Pepito uscire alla chetichella dalla stanza. Le bambine si passavano il carillon di mano in mano, commentando quanto fosse carino, guardando la piccola ballerina girare su se stessa sulle note musicali che si confondevano nel cicaleggio di voci divertite.

   Qualche minuto dopo, Pepito rientrò con un pacco colorato e, avvicinandosi, me lo porse dicendo: 

   "Per te! Sono sicurissimo che ti piacerà tantissimo!"

A quelle parole, il mio cuoricino sobbalzò! Per una frazione di secondo sperai fosse il suo giocattolo che più amavo  e ancora una volta, i miei amichetti mi incitarono ad aprire quell'altro regalo, che scartai velocemente, mentre il cervellino non faceva altro che mandarmi immagini subliminali del piccolo robot. 

   Al sollevare il coperchio della scatola, una pioggia di capelli castani scivolarono fuori,  scoprendo il visino della più bella bambola che avessi mai visto, vestita con uno splendente abito da sera di velluto blu e pizzo.

   Non so cosa avrei dato per vedere l'espressione di sorpresa sulla mia faccia!

   Anche le altre bambine la guardavano con occhi sognanti e si ripromettevano di giocare insieme, con le loro bambole, in quei lunghi pomeriggi di vacanza per le festività natalizie, mentre io già immaginavo quanto noiosi sarebbero stati, tra chiacchiericci infiniti, a giocare a fare 'le signore'... 

"Ti piace?" Chiese Pepito con un gran sorriso.

 "Non è bellissima?" continuò "E' la bambola più bella che c'era al negozio di giocattoli, sai?"

"Oh, sì, sì, è bellissima... Tanto tanto!" Risposi guardando la bambola e aggiungendo:

"I capelli sono lunghissimi! E, il vestito poi... Meraviglioso! Grazie mille, Pepito!"

   Poi, feci una breve  pausa e guardandolo dritto negli occhi, sfoderando il mio più accattivante sorriso dissi:

"Sì... Ma... il robottino???  

 

Amistad

 

 

 

 

 

 
 
 
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