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« ABLUZIONE E FINE DEL GIOGOERGASTOLO!! »

IL FIUME RACCONTA

Post n°73 pubblicato il 14 Novembre 2012 da nefertiti704
 

fiume

 

Giorno dopo giorno hai deambulato

accanto a un uomo cui muta puntare

il coltello alla gola per farti rispettare.

Non c’erano risate di bimbi in quella casa

solo la voce dell’Orco si poteva udire.

 

Nella nebbia di giorni livellati, hai perso

tramonti,  albe, volti d’accarezzare

e gesti d’amore da donare.

L’anima segnata da livide frustate

ti sei alfine arresa, basita guerriera solitaria

inumando sotto la terra del sicomoro in fiore

corvine sacche di notti senz’ardore.

 

Scorreva lento il fiume e t’invitava.

Le braccia aperte, ventagli dell’antica seta

ti sei lasciata andare con un tonfo  sordo

e senza alcuna voce

mai era stata capace di gridare

e mentre l’acqua t’abbracciava fredda

tu eri l’embrione galleggiante nell’amnio

del ventre di tua madre,

che ti ha donato finalmente pace.

 

(P.S.  Tale   Poesia è stata inserita  nel Blog Di Strega Morgause  come commento al suo doloroso  Post: ‘I fiocchi di neve fermi: cronaca di una morte annunciata’)

 

 
Rispondi al commento:
futur12
futur12 il 22/11/12 alle 13:54 via WEB
Cara Mapi il Tuo pessimismo e giustificato, credo che usarlo per spronare la grande fascia d'indifferenza che c'è nella società possa essere utile, dici bene c'è una grande fetta di popolazione a cui sta bene cosi, ma fino a quando gli stara bene? sono quelli che vivono nel loro orticello infischiandosene del mondo e si accorgono della nefandezze solo quando vengono colpiti, non va bene, è assurdo che ci rintaniamo nell'orticello sperando che mai nulla possa profanarlo. Gli indifferenti che brutta cosa, e questo paese è stato vittima e succube di questi soggetti, già nel 1917 Antonio Gramsci usava parole dure nei loro confronti, li aveva individuato il problema, e dopo quasi cento anni il problema è ancora li, anzi ha cambiato pelle e si è arricchito di egoismo distruggendo completamente l'etica e rendendo esile la stessa democrazia. Sono certo che tu conosci la lettera di Gramsci ma voglio impreziosire questo nostro dibattito riportandola nella sua interezza ; aggiungo che a MIO vedere gli indifferenti sono quelli che hanno alimentato anche il problema che la tua poesia ha messo in evidenza : “Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. L’indifferenza è il peso morto della storia. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. È la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che strozza l’intelligenza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia promulgare le leggi che solo la rivolta potrà abrogare, lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. Tra l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa; e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo? Odio gli indifferenti anche per questo: perché mi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti. Chiedo conto a ognuno di loro del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime. Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti”. 11 febbraio 1917
 
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