Creato da rteo1 il 25/10/2008
filo aperto con tutti coloro che s'interrogano sull'organizzazione politica della società e che sognano una democrazia sul modello della Grecia classica
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IL FALLIMENTO DELLO STATO
Quando un debitore diventa insolvente, cioè quando non può pagare più i suoi debiti ?
Non vi è dubbio che tale situazione si verifica quando il valore del suo patrimonio mobiliare e immobiliare è inferiore all’entità del debito da pagare.
Ma lo Stato è soggetto alla stessa regola, cioè può diventare insolvente ?
Fino a poco tempo fa era del tutto impensabile che uno Stato potesse “fallire”, ossia che non fosse più in grado di onorare i suoi debiti, ma da quando è diventato di conoscenza comune che esiste anche il “debito sovrano”, cioè dello Stato, tutti i cittadini hanno ben compreso che anche questo rischio è possibile.
E allora, se ciò è possibile, occorre domandarsi come possa accadere che uno Stato diventi un debitore insolvente.
Lo Stato, come è noto, raccoglie le proprie entrate mediante i tributi (imposte, tasse e contributi) e per perseguire i fini pubblici spende tali entrate.
Nessun debito risulta possibile fintantoché vi è un pareggio tra le entrate e le spese (uscite).
Può, però, accadere che per particolari esigenze impreviste (ad es. calamità naturali, belliche, ecc.) si renda necessario chiedere un prestito, riconoscendo al creditore un interesse.
Mai, ovviamente, potrà accadere che il prestito sia chiesto per pagare stipendi esorbitanti (ad. es. un milione di euro all’anno ai funzionari pubblici), indennità cospicue (come quelle dei parlamentari e dei consiglieri regionali), vitalizi senza relativi contributi (come per la casta dei politici e nel passato anche dei sindacalisti), e ogni altra elargizione senza alcun controcorrispettivo, perché ciò non sarebbe sensato, anzi sarebbe da squilibrati, da minorati mentali, nel qual caso si dovrebbe chiedere conto a chi lo ha fatto (anche se nella funzione di capo del governo, di ministro, di presidente della regione, di sindaco, ecc.) e confiscargli il patrimonio privato, perché la sua prodigalità sarebbe una grave responsabilità.
Ma che cosa succede se, per sventura, tra i cittadini e i governanti ci sia stata “collusione” (una sorta di sodalizio malavitoso dove la regola è stata “ mangia tu che mangio anch’io”) e che purtroppo il danno è stato ormai fatto, nel senso che è stato accumulato un debito ormai insopportabile per distribuire a destra e a manca risorse che non erano giustificate e che non si possedevano ?
Al di là di quello che sarà l’esito finale (che potrebbe anche portare al fallimento dello Stato) è fuori di dubbio che la prima cosa da fare è quella di abbattere tutti gli stipendi, indennità e vitalizi faraonici, ripristinando un giusto rapporto (di uno a cinque, al massimo) tra la paga giornaliera di un operaio e la retribuzione (o corrispettivo) da riconoscere a qualunque cittadino che svolga funzioni apicali nell’ambito della pubblica amministrazione e delle istituzioni pubbliche.
Occorre, poi, sviluppare l’economia, rimettendo al centro del sistema l’attività produttiva, la ricerca scientifica e tecnologica, collocando in posizione secondaria tutte le attività di servizio, tra cui quelle politiche elettive e istituzionali, che dovranno essere in giusta proporzione con le prime (non è possibile, infatti, avere tante assemblee, organismi e istituzioni con eccessivi componenti, caricando così tanti cittadini improduttivi, e a volte superflui, sopra il nucleo produttivo).
I rimedi, che precedono, dovranno consentire di recuperare delle risorse da destinare alla estinzione del debito, e ciò dovrà includere anche la possibilità di rinegoziare gli interessi e allungare le scadenze delle rate dando garanzie ai creditori di serietà e di voler onorare i debiti.
Se, invece, ci si dovesse comportare diversamente l’esito finale sarà senz’altro scontato: il fallimento dello Stato, ossia dei cittadini.
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