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NESSUN UOMO È MIGLIORE O PEGGIORE DI UN ALTRO UOMO

Post n°1046 pubblicato il 01 Febbraio 2022 da rteo1

NESSUN UOMO È MIGLIORE O PEGGIORE DI UN ALTRO UOMO 

Per capire le cose del mondo e valutare cosa sia giusto/ingiusto e corretto/scorretto per il genere umano e comprendere perchè nessun uomo sia migliore o peggiore di qualsiasi altro uomo è necessario partire dal rapporto "Mezzo-Fine". Tutto ciò che si osserva, infatti, sembra essere organizzato secondo tale "rapporto", o relazione dinamica. E anche le azioni umane vi sono ovviamente assoggettate. Tutte, sia commissive che omissive. È su queste azioni, perciò, che ora fisserò e avvierò la mia disamina. Per iniziare, però, è opportuno porsi la seguente domanda: chi è l'uomo ? Per me (che tuttavia non escludo la parte spirituale, anche come energia, pensiero e informazioni) è "essenzialmente" (come si manifesta nella "realtà" sensibile) un organismo vivente, tra miliardi di altri organismi - micro o macro, semplici o complessi - che fa parte, pro tempore, di un generale "mosaico" apparente; che è uscito dall'indeterminato del Tutto/Uno e si è inserito nel processo dinamico dello spazio-tempo, in cui, adesso, come homo sapiens, sta "rappresentando" la propria frazione della vita e che, secondo il ciclo universale  della creazione (o big bang), ritornerà inevitabilmente a rifondersi nel Tutto, nell'indifferenziato, nell'eterno, nell'illimitato. Ogni uomo, come individuo, è lo specchio psichico di ogni altro individuo, e viceversa, perciò "conosci te stesso" per conoscere gli altri, e per conoscere tutti. Nessuno escluso ! Dai cosiddetti più "grandi", ritenuti tali per convenzione sociale o legge, ai più "piccoli". E da questa "verità", spesso inconfessabile, e respinta da ogni "sistema costituito", articolato (anche di fatto) per classi e caste, anche nelle democrazie repubblicane, fintamente egualitarie, si ricava anche che in ogni psiche c'è sia il criminale che l'anti-criminale, sia l'eroe che il pavido, sia il responsabile che l'irresponsabile, sia il buono che il cattivo, sia il sadico che il masochista, sia il costruttore che il distruttore, sia l'odio che l'amore, ecc. E la prevalenza di un carattere rispetto a un altro (i "tipi" di Jung) è frutto solo di circostanze, forse casuali, forse del "destino". Così, in generale, e fatte salve le eccezioni (detto anche "per quieto vivere", e comunque perché per ora non sono spiegabili per difetto di conoscenza scientifica), un uomo che nasce in una famiglia "benestante", che ha disponibilità economiche, un ruolo sociale, professionale, o istituzionale (spesso "garantito" per nascita), ha meno possibilità di diventare un criminale. Di contro, invece, chi si trovi emarginato, sia individualmente che come appartenente a un nucleo familiare degradato e privato anche dei mezzi primari di sussistenza, ha una elevata possibilità di delinquere (oltre a diventare un derelitto, senza fissa dimora). Eppure sia il primo, dell'esempio, che il secondo, sono speculari, sia biologicamente che psichicamente, e la prova, seppur ora e qui solo concettuale, è quella di inserire il primo nel contesto socio-familiare del secondo e con buona probabilità ne verrà fuori un criminale (emarginato). Di contro, il secondo, con buona probabilità, potrebbe diventare una persona "perbene". Perciò, per evitare di incorrere e perseverare in gravi errori concettuali e comportamentali, e di degradare ingiustamente il proprio "essere", ognuno, durante la propria vita sociale e biologica, nell'osservare chiunque altro, ovunque questi si trovi, sia come ruolo che come essere umano, deve dire a se stesso: NON È MIGLIORE DI ME ! Ma deve anche dire, ammansendo il suo Ego, che è causa principale dei disastri politici, economici e sociali: NON SONO MIGLIORE DI LUI/LEI ! E, inoltre, ogni uomo deve sempre aver ben chiaro e non dimenticarsene mai che in "natura" non esiste né il "migliore" né il "peggiore" e che queste distinzioni appartengono soltanto alla cultura della specie umana, che se ne avvale soprattutto per "giustificare" -altrimenti non giustificabile- l'ineguale distribuzione delle risorse nell'ambito della società, a seconda del ruolo o funzione, riconoscendo a chi "comanda" ("migliore" per convenzione) più risorse di chi "esegue" ("peggiore", solo perché non comanda), senza considerare che spesso ha più talenti chi esegue. Per la "natura", invece, tutto ciò che esiste, e così come esiste e si rappresenta nella universale manifestazione dell'Essere, è così come dev'essere ed è così come è, perché non potrebbe essere altro mentre è, perciò nessun ente (od organismo vivente) è nè migliore nè peggiore di nessuno altro ente (o soggetto), e questo vale in senso assoluto ! Per l'homo sapiens, poi, c'è anche qualcosa in più che rende "tutti uguali": il DNA, che per il novantanone virgola novantanove per cento (99,99%) è identico perchè tutti gli esseri umani oggi viventi sul pianeta provengono dalla stessa specie (l'ultima "ondata") che è migrata dall'Africa alcune decine di migliaia di anni fa. Pervenuti, quindi, a questa conclusione fondamentale, massima espressione del principio di "eguaglianza ontologica", confermata dalla lunga e profonda riflessione "gnoseologica"  e scientifica sull'uomo, bisogna ora chiedersi se l'uomo sia mezzo o fine e rispetto a chi e a che cosa. Anzitutto necessita ammettere che ogni uomo (e tutti gli esseri viventi), per quanto si illuda di "dominare il mondo", è in realtà soltanto "strumento" della natura e della dinamica universale. Ciò detto, l'esperienza porta a ritenere che non esista nel "mondo umano" e terrestre un mezzo che non sia anche fine e che un fine non diventi anche mezzo, nella inconoscibile serie della concatenazione delle cause e degli effetti. L'uomo, quindi, può essere sia fine che mezzo e viceversa. Tuttavia, però, esiste un limite insuperabile, ontologico, come già detto, per non "oltraggiare" il principio di eguaglianza universale, e cioè che MAI un uomo deve essere mezzo per un altro uomo o per altri uomini senza la rigorosa e inviolabile regola della RECIPROCITÀ. Nella realtà sociale, invero, la massa (politicamente detta anche "popolo", sudditi, cittadini) è stata sempre impiegata come mezzo dai governanti (ossia l'oligarchia, i pochi rispetto alla generalità della massa), ma questo è spesso accaduto perché la "massa" non ha mai pensato di essere sempre e solo un insieme di individui bensì di aver creduto di essere diventata un "corpo" del tutto diverso dai singoli corpi, e così la "massa" si è assoggettata alla volontà di un altro uomo, posto (o postosi) al di fuori e al di sopra della massa. E così sono avvenuti anche gli stermini, i campi di concentramento, le epurazioni, le guerre, i genocidi. Occorre, perciò, che ogni individuo sia sempre consapevole della propria individualità e diversità, anche quando si aggrega con altri (la massa, la molteplicità) e che tali individualità e diversità gli rendano sempre chiaro e manifesto che tutti gli altri (nessuno escluso), dentro, fuori o sopra gli altri per ruolo o funzione, sono biologicamente e "ontologicamente uguali" agli altri e che nessuna psiche è monda dall'odio/amore e dal bene/male. In ciascun "IO", perciò, alberga Hitler, Stalin, Caligola, ma anche Gandhi. Le "due personalità" spesso si manifestano facendo prevalere l'una sull'altra. Ma la seconda rimane sempre sullo sfondo, non sparisce mai, in attesa di affermarsi. Perciò ogni individuo deve esserne consapevole perchè l'unico rimedio è la consapevolezza di Sé. Soltanto la consapevolezza può far evitare le tragedie umane, come gli stermini, i genocidi. le persecuzioni, le guerre fratrecide della volonà di potenza. Nessuna legge o istituzione potrà mai bastare per evitarle, perchè sono comunque sovrastrutture "politiche", mentre "IO" abita soprattutto nell'inconscio ed è lì che occorre agire, lavorare, coltivare i semi del bene. Per quanto detto, quindi, ognuno deve essere consapevole di non essere nè migliore nè peggiore di nessun altro, e di essere, individualmente, mezzo e fine di se stesso, prima di tutto, e mezzo e fine degli altri, come parte della società costituita, così come tutti gli altri, singolarmente, devono essere, a loro volta, sia mezzo che fine, affinché, secondo il principio di RECIPROCITÀ, TUTTI GLI UOMINI (nessuno escluso, in assoluto!) SIANO FINE E MEZZO, DI SE STESSI E IN RAPPORTO A TUTTI GLI ALTRI.

 
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Commenti al Post:
ITALIANOinATTESA
ITALIANOinATTESA il 03/02/22 alle 18:24 via WEB
"<NESSUN UOMO È MIGLIORE O PEGGIORE DI UN ALTRO UOMO>", grazie Teo, per questo "MANIFESTO" che ci hai offerto come partenza per una ricerca sulla nostra natura. Io credo molto nell'autoeducazione, seppure trovo che sia alquanto difficoltosa. Attendo la continuazione. Un saluto, M@.
(Rispondi)
rteo1
rteo1 il 04/02/22 alle 09:01 via WEB
Caro Mario, grazie a te, che mi sproni "a dar conto", secondo l'antico "logos", che sarebbe altro rispetto alla pura doxa, l'opinione. Ebbene, ti confermo che "io" di ognuno non è nè migliore nè peggiore dell'io degli altri. Di chiunque altro, sia che abbia sia che non abbia incarichi politici, istituzionali, o che sia disoccupato, occupato, o abbia compiti "umili" o di prestigio, come usano dire gli "umani". In ciascun "IO" alberga Hitler, Stalin, Caligola, ma anche Gandhi. Le "due" personalità spesso si manifestano facendo prevalere l'una sull'altra, e così appare "buono", "paterno", affettuoso, benevolo, "salvatore", ecc., un individuo che in altre circostanze sarebbe stato il nuovo Hitler o Stalin. Sono le circostanze, quindi, che fanno emergere l'una o l'altra personalità. Ma la "seconda" rimane solo sullo sfondo, non sparisce mai, in attesa di affermarsi. Perciò ogni individuo deve esserne consapevole perchè l'unico rimedio è la consapevolezza di Sé. Soltanto la consapevolezza può far evitare le tragedie umane. Nessuna legge o istituzione, perchè queste sono delle sovrastrutture, mentre Io abita soprattutto nell'inconscio. Ogni individuo, poi, ha una sua via, diversa da tutte le altre, e solo lo spazio-tempo le mette in relazione apparente. E ognuno dev'essere ciò che è, secondo natura, ovviamente, e non secondo le "creazioni artificiali" dei mortali. E in tale "essere ciò che si è" sta l'eguaglianza ontologica, universale, che non piace agli uomini in società politica. E, con un'analogia, ti do una prova: La Parietaria, l'erba muraiola, che cresce ovunque, anche dove è inutile e s'insinua nelle fessure dei muri fino a danneggiarli, è "migliore o peggiore" delle rose, dei gigli, dei tulipani, dei gladioli, dei girasoli, delle viole, dei gelsomini, delle stelle alpine... ecc. ? La parietaria non è nè migliore nè peggiore ma è uguale a tutte le altre specie di fiori, che non sono nè migliori nè peggiori della Parietaria. Quest'ultima è ciò che è e deve essere, ma ha anche la "fortuna" di non essere in una società di "mortali" perchè altrimenti sarebbe stata ritenuta inutile, marginalizzata, indegna di assumere incarichi politici, istituzionali, di vertice, di prestigio. Come vedi, tutto ciò che "distingue", differenzia, è solo umano, troppo umano, come avrebbe detto Nietzsche.
(Rispondi)
ElettrikaPsike
ElettrikaPsike il 06/02/22 alle 21:11 via WEB
Ciao rteo (se vorrai leggerlo, ho appena lasciato anche un commento al tuo post precedente ed ho letto e risposto al tuo ultimo da me). Anche qui concordo inevitabilmente sul fatto che ogni uomo sia sostanzialmente lo specchio psichico dell'altro - ed i Vangeli, la cultura Essena (la teoria degli Specchi a loro attribuita) come la filosofia socratica, non hanno fatto altro che ricordarcelo nei secoli - e quindi l'invito a "conosere noi stessi" per conoscere gli altri rimane sempre il cardine di ogni questione. E dici bene quando affermi che ogni "sistema costituito", essendo di per se stesso articolato in varie classi, non esenti neppure le democrazie, solo ipoteticamente e teoricamente egalitarie, da questo meccanismo interno. In ogni uomo c'è la sua "ombra" ed è connaturata nella sua essenza umana. Difatti, appellare l'interezza di un uomo con il solo termine "criminale" perché in una determinata circostanza ha rubato, é un modo riduttivo e penalizzante per descrivere la persona, che cancella la sua identità, la sua complessità e la sua intera storia, circoscrivendole ad un unico momento della vita. Come in un fermo immagine. Il verificarsi maggiormente di un aspetto piuttosto che un altro dipende da una serie di incastri, entrano in gioco indole (archetipi, Jung) contesti sociali, una serie di accidentalitá, anche se personalmente non credo alla casualità, ed anche alla volontà dell'uomo stesso. E' evidente che, ad esempio, una certa disponibilità economica o un determinato ruolo sociale garantito addirittura dalla nascita possa sembrare (e per certi versi lo é) un vantaggio che riduce la possibilità di compiere illeciti (ad esempio, il furto per procurarsi mezzi di sussistenza, fino ad arrivare alle azioni delittuose per una scelta sicuramente più immediata e facilmente servita verso le opzioni criminose) rispetto a chi, invece, vive per strada, senza un'istruzione ed è costretto a ricorrere costantemente ad espedienti per arrivare a fine giornata. Ma se andiamo a vedere chiunque ha una grossa croce/penalizzazione o fardello ha anche un uguale potenziale da spendere in talento. Io credo che la natura dia e tolga in modi non tanto assurdi e azzardati come si potrebbe immediatamente pensare e così come vale per gli animali o per gli insetti vale per gli uomini. Dà e toglie in ugual misura nella medesima persona e quello che penalizza un uomo è anche paradossalmente il suo potenziale più forte o la chiave per esprimerlo. Ed è qui che scatta anche la nostra personale responsabilità. Senza scusanti. Non per altro non sono pochi i criminali tra i personaggi più ricchi annoiati e viziati ed i talentuosi ed onesti tra i meno abbienti. I diamanti prima di essre lavorati per diventare un gioiello di Tiffany si trovano allo stato grezzo... A parte questo, é naturale e logico che ognuno, durante la propria vita sociale e biologica, nell'osservare chiunque altro, ovunque questi si trovi, sia come ruolo che come essere umano, deve dire a se stesso: "non è inferiore né superiore a me ed io non sono superiore né inferiore a lui". Dici bene, infatti, a citare entrambe le parole individualità e diversità, da un lato; ma anche uguaglianza biologica e ontologica dall'altro. La diversità non é sinonimo di peggiore o migliore, ma di ricchezza. Dovremmo dire che siamo variopinti come si utilizza per i fiori. Una ricca varietà che però non prescinde affatto dall'uguaglianza di fondo.
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rteo1
rteo1 il 07/02/22 alle 11:28 via WEB
Un ottimo intervento,per il quale mi compiaccio. E molti spunti. La natura che dà ma toglie al tempo stesso sembra realizzare una sorta di "compensazione". Nessuno, o quasi, tuttavia se ne rende conto e tutti osservano solo il "talento". Relativamente a questo, declinato come "merito", in virtù del quale il potere costituito riconosce le relative risorse in modo differenziato, obietto che il "merito" consente solo di selezionare in base alle inclinazioni e conoscenze ma non giustifica assolutamente il differente riparto delle risorse. Mi spiego con un esempio: se il "sistema" seleziona un giurista per la funzione di giudice anziché un contadino lo fa in base al merito, ossia alla competenza. Dare, però, più risorse al primo rispetto al secondo non ha alcun fondamento rispetto al "merito" perché il contadino ha più merito (competenza) del giudice nella lavorazione della terra e nella produzione agricola. Come si vede è solo la forza della legge (la maggioranza parlamentare che l'approva) a discriminare secondo il cosiddetto merito(socialmente inteso) quando in realtà il merito non discrimina. Soprattutto perché è secondo natura (e spesso anche secondo squilibri sociali che garantiscono alcuni e svantaggiano altri) che una persona sia più incline nello studio (nel caso dell'esempio, del diritto) oppure nella lavorazione della terra. E una prova, più o meno diretta, deriva proprio dalla "varietà" della specie, perché la natura non discrimina.
(Rispondi)
 
 
ElettrikaPsike
ElettrikaPsike il 08/02/22 alle 20:51 via WEB
"Dare più risorse al primo rispetto al secondo non ha alcun fondamento rispetto al "merito" perché il contadino ha più merito del giudice nella lavorazione della terra e nella produzione agricola. Come si vede è solo la forza della legge a discriminare secondo il cosiddetto merito quando in realtà il merito non discrimina." Assolutamente è così. E non aggiungo altro solo perché credo che tu abbia già perfettamente sintetizzato la questione.
(Rispondi)
 
 
 
rteo1
rteo1 il 09/02/22 alle 09:34 via WEB
Buongiorno. Mi fa piacere che tu condivida. Il "sistema" ovviamente no ma è il "sistema" che difende se stesso e la sua logica (a volte irrazionale) di sistema. Anche Platone e Aristotele ritenevano che per evitare le discriminazioni, le diseguaglianze, occorresse distinguere secondo il merito. La nostra democrazia valorizza il merito, ma finora è stato valorizzato non nel senso di "mettere l'uomo giusto al posto giusto", ossia secondo le competenze, ma per distribuire in modo differenziato le risorse tra i cittadini. E tale distribuzione iniqua viene legittimata con legge, come se questa possa sacralizzare un'ingiustizia sociale, etica, morale e, per chi ci crede, anche religiosa. In verità in una società che si costituisce in comunità e sceglie la forma di governo democratica la distribuzione delle risorse non dovrebbe essere collegata al "merito",che vuol solo significare che un medico deve poter fare il medico così come il pescatore deve fare il pescatore, perché all'inverso non avremmo alcun vantaggio come comunità. Ognuno,perciò, deve fare ciò che sa fare meglio per il bene collettivo (secondo il suo talento, ossia il merito) e basta.
(Rispondi) (Vedi gli altri 1 commenti )
 
 
 
rteo1
rteo1 il 09/02/22 alle 12:46 via WEB
Voglio fare anche un esempio per esplicitare meglio il mio pensiero e per mettere in risalto la contraddizione tra la "remunerazione" in rapporto al merito e il senso e fondamento della Comunità: in una famiglia a tavola mangiano in base al merito oppure secondo il vincolo familiare,comunitario ?
(Rispondi)
ITALIANOinATTESA
ITALIANOinATTESA il 22/02/22 alle 22:44 via WEB
Molto bella Ele quì! Dovrò leggere tutto con calma. Un caro saluto ad entrambi.
(Rispondi)
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