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Il canto gregoriano

Post n°98 pubblicato il 24 Agosto 2010 da trampolinotonante

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Il canto gregoriano

Un canto uguale, quieto e solenne

come le onde del mare

 

A Rimini verso sera, d'estate ma soprattutto d'inverno quando i turisti son tutti via, è quasi un rito andare al porto sul molo grande. Con la nebbia, in inverno, è tutto un silenzio carezzato dalle note gravi del faro: tre punti e una linea.

Un silenzio antico, medioevale, che cancella l'aspetto attuale della costa e lascia immaginare verso Nord, fino al Po, litorali deserti e incontaminati su cui un tempo non c'era null'altro se non pescatori ed umili monaci.

E mentre gli uni trascinavano sul mare la loro esistenza, gli altri sulla terra ferma in qualche sperduto monastero custodivano e tramandavano la Storia.  Intendo riferirmi all'Abbazia della Pomposa, presso il Lido di Volano nel ravennate, percepita oggi come immersa nella leggenda e nelle nebbie del Medioevo, in un isolamento in cui il Canto Gregoriano con lento salmodiare si elevava solenne di giorno, a Compieta e nell'Ufficio notturno( dice la Regola:"...nel cuore della notte mi alzavo a renderTi lode...), alternandosi al lavoro della terra ed al profondo studio che, preservando dalla barbarie l'antica cultura, la tramandava alle generazioni future.

 Il salmodiare fu introdotto dal vescovo Ambrogio nella Pasqua del 396 a Milano, mentre assediato dagli Ariani nella basilica Porzia, con i suoi fedeli, durante le veglie e le lunghe giornate, fece cantare i Salmi di Davide come si usava ad Antiochia e ad Alessandria. Sant'Agostino ne parla nelle sue Confessioni:"...Non era molto che la Chiesa di Milano aveva accolto questo rito di consolazione e di esortazione, con grande entusiasmo dei fedeli che cantavano con le voci e con i cuori...Quelle vocio si riversavano nei miei orecchi, stillavano la verità nel mio cuore; mi ardevano sentimenti di pietà, le lacrime scorrevano e mi facevano bene....".

E poi"...fu allora  che si cominciò a cantare Inni e salmi secondo l'uso delle regioni orientali per evitare che il popolo si consumasse di mestizia:innovazione che fu conservata da allora e imitata da molti nelle altre parti del mondo".

 Queste umili origini del Canto gregoriano ( da Gregorio Magno che nel VII secolo lo codificò nella Liturgia) lasciano intendere come le stesse melodie, per poter essere cantate dai fedeli, dovessero essere facili ed agevoli, con pochi salti di note, dipanarsi il più possibile " per grado congiunto" ( per esempio:dal Do andare al Re e poi al Mi e poi al Re, ecc...note vicinissime) e senza mutamenti di ritmo. Il canto, così quieto e solenne, confermando la sua derivazione orientale, si sviluppò con la severità dell'ordine dorico delle colonne greche, con la ieraticità e la compostezza dei mosaici ravennati, fermo e solenne  nelle sue monodie fra le alte volte delle Cattedrali e nel religioso rigore dei Chiostri.

Contestualmente, nell'interno dei monasteri si studiava e si approfondiva la teoria della musica, cercando , fra l'altro, di fissare la Notazione, ovvero come segnare sulla carta le note indicandone con i neumi( segni) l'altezza e la durata.

Ed è proprio nell'Abbazia della Pomposa che il monaco Guido ( noto anche come Guido  d'Arezzo) escogitò un semplice ma geniale sistema di nominare le note e segnarle su quattro righe (tetragramma). Si servì delle iniziali degli emistichi della prima strofa di un inno di Paolo Diacono che i fedeli cantavano in onore di San Giovanni Battista, dove la prima sillaba di un  verso iniziava nel canto con una nota più alta della precedente:

 " UT queant laxis - REsonare fibris - MIra gestorum - FAmili quorum, - SOLve polluti -LAbii reatum__ Sancte Johannes ( trad.: "Affinché i devoti possano con voce limpida esaltare le meraviglie delle tue gesta, lava le colpe del labbro contaminato, o San Giovanni").

 Le note musicali , da allora si chiamarono UT - RE- MI - FA - SOL - LA . La prima sillaba UT, contenente  la vocale U di difficile intonazione, venne sostituita dal DO; mentre il SI ( iniziali di Sancte Johannes) si aggiunse poi. Questo espediente didattico, nato per insegnare la musica ai bambini, divenne subito famoso per la sua chiara precisione e mise finalmente ordine laddove, fin dall'antichità e anche dai tempi dell'antica Grecia, c'era confusione ed incertezza, fissando le regole , valide ancora oggi, in tutto il mondo!! 

Il poeta Giovanni Pascoli, che Rimini ebbe studente, dedicò a Guido monaco un bellissimo carme in latino "POMPOSIA" , ora inciso in una lastra di pietra posta di fronte alla facciata dell'Abbazia. Ve ne  riporto un frammento: "dell'originale in latino e relativa traduzione:

" ...dumque mea cura fluitant florentia rura/ ipsa dabam sanctum semper Pomposia cantum:/UT proscissa bonos REdamarent arva colonos,/MItisque haec victu, FAcilis quoque vita relictu,/ SOL laetrus laetis,LAbor hic foret arra quietis/...... / Lentam stupeo romeare iuventam:/ has segetes laetus longissima ventila aetas:/ hic mihi cum fido monachus canit agmine Wido"___

(trad. "....e mentre, mia cura ,ondeggiavano fiorenti le campagne, io stessa, Pomposa,sempre intonavo il mio sacro canto: dovessero i campi solcati redamare i buoni coloni; mite qui fosse la vita a trascorrere, facile anche a lasciarla; lieto fosse il sole ai cuori lieti; e il lavoro arra di pace agli uomini...Lenta ritorna la giovinezza di un tempo: su queste pingui messi un soffio spira da età lontanissima: qui a me canta can la fedele sua schiera il monaco Guido")__

_L'antico salmodiare sembra riecheggiare ancora fra le mistiche navate dell'Abbazia. La dolce Pomposa, una volta verde isola nel grande delta del Po, oggi unita alla terra ferma, conserva intatto il suo fascino. " Sola sub astris".

E' nella pace e nel silenzio  della Natura che l'uomo compie i suoi passi più belli

 

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