LIBRO: L’Attualità di Oriana Fallaci

Oriana Fallaci

Oriana Fallaci

Nel 1990 uscì il romanzo Insciallah in cui la scrittrice coniuga la ribalta internazionale con il racconto. Il libro è ambientato tra le truppe italiane inviate nel 1983 a Beirut nell’ambito della Forza Multinazionale in Libano. La Fallaci ottenne dall’allora ministro della Difesa Spadolini di essere accreditata presso il contingente italiano. Il libro si apre con il racconto del primo duplice attentato suicida dei kamikaze islamici contro le caserme statunitensi e francesi che causò 299 morti tra i soldati. Durante l’esperienza in Libano, conobbe il sergente dell’Esercito e futuro astronauta Paolo Nespoli. Questo incontro fu decisivo per la decisione di Nespoli di continuare gli studi e coltivare il sogno di volare tra le stelle. I due ebbero poi una relazione durata cinque anni.

Dopo l’uscita di Insciallah la scrittrice si isolò andando a vivere a New York, in un villino a due piani nell’Upper East Side di Manhattan. Qui incominciò a scrivere un romanzo la cui lavorazione, durata per tutti gli anni novanta, venne interrotta dai fatti dell’11 settembre 2001.

In questo periodo, all’inizio degli anni Novanta, scoprì di avere un cancro ai polmoni che lei più tardi definirà «L’Alieno». Oriana Fallaci era un’assidua fumatrice, ma attribuì la maggior responsabilità del cancro all’aver respirato, in Kuwait, dove si trovava per seguire la guerra del golfo nel 1991, il fumo dei pozzi di petrolio fatti incendiare da Saddam Hussein.

Per la scrittrice, New York rimarrà dimora di passaggio: «comunque la mia vera casa non è quella. Io considero la mia vera casa la villa che ho a Greve in Chianti: un insieme rustico e bello, dove abitano anche i miei genitori con la mia sorellina».

Dopo l’11 settembre

I suoi libri e articoli sulle tematiche dell’11 settembre hanno suscitato sia elogi sia contestazioni nel mondo politico e nell’opinione pubblica. Attraverso essi la scrittrice ha denunciato la decadenza della civiltà occidentale che, minacciata dal fondamentalismo islamico, ritiene incapace di difendersi.

La Fallaci riteneva che la crescente pressione esercitata negli ultimi anni dall’immigrazione islamica verso l’Europa, e l’Italia in particolare, unita a scelte politiche, a suo parere inappropriate, e all’aumentare di atteggiamenti di reciproca intolleranza, fosse la dimostrazione della veridicità delle sue tesi. Secondo la sua opinione, staremmo assistendo a un pianificato tentativo del mondo musulmano di islamizzazione dell’Occidente ( cosiddetta “teoria di Eurabia” ), basato su quelle che a suo parere erano le strutture portanti del Corano, come testimoniato da oltre un millennio di conflitti e ostilità tra musulmani e cristiani.

Favorevole all’intervento militare in Afghanistan, espresse invece alcune perplessità rispetto alla guerra d’Iraq del 2003, non perché volesse difendere Saddam ( anzi, la Fallaci sostenne il fatto, dimostratosi erroneo, di un coinvolgimento diretto del regime iracheno con al-Qaida ), bensì perché riteneva che la guerra avrebbe innescato una situazione pericolosa:

«Signor Bush, signor Blaír, credete davvero che a Bagdad gli iracheni accoglieranno le vostre truppe come sessant’anni fa noi le accogliemmo nelle città europee cioè con baci e abbracci, fiori ed applausi?!? Ed anche se ciò accadesse ( a Bagdad può succeder di tutto ), che accadrà dopo? Oltre due terzi degli iracheni che nelle ultime «elezioni» dettero a Saddam Hussein il «cento per cento» dei voti sono sciiti che sognano di instaurare una Repubblica Islamica dell’Iraq ossia un regime sul modello del regime iraniano. Così vi chiedo: e se invece di scoprire il concetto di libertà, invece di capire il concetto di democrazia, l’Iraq diventasse un secondo Afghanistan anzi un secondo Vietnam? Peggio. E se invece di lasciarvi installare la Pax americana cioè una pace bene o male basata sul concetto di libertà e di democrazia, quell’ipotetico secondo Vietnam si allargasse e l’intero Medioriente saltasse in aria? Dalla Turchia all’India, con un’inarrestabile reazione a catena…»

In seguito criticò duramente i soldati statunitensi responsabili delle torture nella prigione di Abu Ghraib. ( Wikipedia )

 

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Apollinaire

BODINI: I POETI SURREALISTI SPAGNOLI, PRIMA EDIZIONE – EINAUDI 1963

Il termine “generazione” per indicare questo gruppo di poeti spagnoli è stato usato per la prima volta nel 1948 da Dámaso Alonso, uno dei giovani intellettuali che nel 1927 si riunirono a Siviglia per commemorare il poeta Luis de Góngora nel trecentesimo anniversario della sua morte. La definizione “generazione del 27” che compare nell’edizione del 1957 della Historia de la literatura española di Ángel Valbuena Prat, secondo l’opinione dello studioso di letteratura spagnola Andrew A. Anderson sarebbe già stata utilizzata nel 1944 da uno dei membri del gruppo, il poeta e critico letterario Juan Chabás, nella sua Nueva historia. Manual de la literatura española, pubblicata in esilio a Cuba. Nel 1974 lo scrittore e critico letterario Juan Manuel Rozas contribuisce a rafforzare questa definizione, chiarendone i riferimenti: il 1927 è l’anno del terzo centenario della morte di Gongora e quello in cui vengono pubblicate le principali riviste del gruppo e alcuni dei testi più significativi della nuova estetica letteraria.

Nella seconda metà del Novecento il concetto di generazione è stato messo in discussione perché non ritenuto applicabile al gruppo di intellettuali cui veniva attribuito, o perché – in generale – giudicato inadatto a definire un gruppo letterario, in quanto eccessivamente limitante. Nel corso del tempo sono state proposte altre declinazioni, ad esempio Generación Guillén-Lorca (nomi del più anziano e del più giovane dei suoi autori), Generación de la amistad, Generación de la Revista de Occidente, tuttavia Generazione del ’27 rimane la definizione più riconosciuta e consolidata. ( Wikipedia )

GUILLAUME APOLLINAIRE – POESIE – PRIMA EDIZIONE 1959

Guillaume Apollinaire nacque a Roma il 26 agosto del 1880, figlio naturale di Francesco Flugi d’Aspermont, un ufficiale svizzero originario del Cantone dei Grigioni, che non lo riconobbe mai, e di Angelika de Wąż-Kostrowicki, una nobildonna polacca. Si trasferì con la madre in Francia giovanissimo. Apollinaire ebbe un’adolescenza instabile e disordinata, trascorsa tra vaste letture e numerosi viaggi, ma con studi non regolari. Conobbe e frequentò artisti d’avanguardia a Parigi, tra i quali anche i poeti Giuseppe Ungaretti e Max Jacob e il pittore Pablo Picasso. Partecipò alle discussioni sul cubismo in gestazione e, nel 1913, scrisse un saggio su questa scuola artistica. Allo scoppio della prima guerra mondiale, scelse di arruolarsi come volontario, definendo la guerra “un grand spectacle”, ma nel 1916 venne ferito a una tempia e subì un complesso intervento chirurgico. L’interesse per il moderno lo portò a sostenere anche il futurismo di Filippo Tommaso Marinetti e la pittura metafisica di Giorgio de Chirico. ( Wikipedia )

Nel 1913 il Mercure de France pubblicò la prima grande opera dello scrittore intitolata Alcools: si trattava della raccolta delle migliori poesie scritte in 15 anni di lavoro, tra 1898 e il 1912. Dopo l’esperienza della guerra e della delicata operazione al cranio, nel 1918 apparve la seconda grande raccolta di poesie di Apollinaire dal titolo Calligrammi, poemi della guerra e della pace. Le due raccolte poetiche riuscirono a rinnovare la letteratura francese, influenzando in maniera determinante anche la poesia italiana del Novecento, tanto da essere considerate dei veri e propri capolavori dell’epoca.

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IL PRIMO LIBRO DELLE FAVOLE – C. E. GADDA – GARZANTI 1976

“Codeste favole ciò è piccole fave o vero minutissime favuzze o faville d’un foco sopr’a duo rocchietti stento e d’una manata di stipa, codeste nugae ove non è Francia né Spagna, né coturno tragico né penziere eccelso di filosafo, sonsi accestite come le foglie pazze d’un cavolo d’attorno il grumolino qual principiomi germogliar del capo a Panettopoli e fu in luogo d’altra melior escrescenza, o corona, di che non potette unquanco venirmene ‘l capo indurato, o coronato, donna non avendo tolta a’ miei anni.
E fu nell’anno de la Salute Nostra milnovecento trentanove: e di poi vi stetti insino a presso mezzo giugno il quaranta..

Durava il passo tuttavia de’ Lanzi [ Lanzichenecchi ]: e l’accorto colono si divisò di rendere invisiva [ invisibile ] la vacca, che aveva molto più cara della moglie: onninamente invisiva a quelle soldatesche pestifere. Ma nessun luogo gli pareva proprio. Nel mezzo d’una brughiera scavò fossa, un poco più fonda di quanto non andasse alta dallo strame la testa della vacca, e le corna pure computò. E trattavi la cornuta in sull’orlo, per un tavolino a sdrucciolo ch’avea ben bene saponato ve la fe’ sdrucciolare del sedere: avendovi ogni diligenza, acciò la non si frangesse l’ossa delle gambe. Quando indi i Lanzi messono a sacco il paese, scrutarono a lungo la desolazione della brughiera, con cigli aggrottati e schermando anco il solecchio, della man destra. Ma nulla vi scorsero.

Giuseppe Verdi compose una Messa da Requiem che in Paradiso, appena la udirono, gli pareva d’essere tutti in palco. Alla Scala.

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